Pinterest corresponsabile per violazione di diritto di autore?

Il Northern District della California affronta la questione del ruolo di Pinterest (P.) in possibili violazioni di copyright (decisione 9 marzo 2021, caso 19-cv-07650-HSG, Davis c. Pintereset inc.).

(non è chiara la fonte delle immagini su P.:  <<These images may be captured by Defendant’s users, or may be copied from other sources on the internet>> p. 3. Copiate da altre sources da parte di chi? da P.?).

L’attore, fotografo professionista, cita P. per correponsabilità (contributory infringement) in violazione di copyright.

Allo scopo, <<to establish a claim for contributory copyright infringement, Plaintiff “must establish that there has been direct infringement by third parties…. Once this threshold issue has been established, Plaintiff must further allege that Defendant “(1) has knowledge of another’s infringement and (2) either (a) materially contributes to or (b) induces that infringement.”>> p. 3.

La material contribution <<“[i]n the online context” requires the defendant to have “actual knowledge that specific infringing material is available using its system, and . . . simple measures [would] prevent further damage to copyrighted works, yet [the defendant] continues to provide access to infringing works.” Id. at 671 (quotation omitted). And inducement requires the defendant to “distribute[] a device with the object of promoting its use to infringe copyright, as shown by clear expression or other affirmative steps taken to foster infringement.” See id. at 672. Here, Plaintiff alleges theories of liability premised on both material contribution and inducement, and Defendant challenges both theorie>>, ivi.

Sebbene riconoscendo la debolezza della propria prova di knowledge, l’attore afferma che -almeno in quello stadio processuale- poteva bastare il  constructive knowledge and willful blindness, p. 4 .

Ma la corte esclude pure la prova di questo elemento soggettivo alleggerito, facilitato. Bisogna infatti che la sua prova riguardi lo specifico atto in violazine dedotto in casua, p. 5 .

Si tratta del passaggio più importante a fini pratici, pure per il nostro ordinamento.

Non è <conoscenza presunta>  lo scambio pregiudiziale di email con l’azienda P., dice la corte: che anzi danneggia l’attore, perchè l’azienda gli aveva chiesto informazioni di dettaglio, che lui non aveva poi inviato, ivi.

Nemmeno è willful blindness la consapevolezza della generica possibilità di materiali illeciti , dovendo anche qui riguardare materiali specifici, p. 5/6.

Infine l’attore allega che P. rimuove metadati, che che potrebbero far capire la provenienza illecita dei materiali ospitati. Ma ciò -conclude la corte- al più rappresenta una indifferenza al rischio di P. alle violazioni, non una sua consapevolezzaa di quella specificamente dedotta in lite, p. 6

Eccezione probabilmente esatta a fil di legge, ma troppo penalizzante per i titolari dei diritti lesi.

Non è menzionata la questione del safe harbour (qui del § 512 DMCA, trattandosi di copyright).

(notizia e link alla notizia tratti dal blog di Eric Goldman)

Sulla willfull blindness , pur se nel diritto dei marchi, v. ora il saggio di Andrew Ligon Fant, Reconsidering the Willful Blindness Doctrine in Contributory Trademark Infringement, 29 J. Intell. Prop. L. 318 (2022).

Il blocco della piattaforma PARLER da parte di Amazon dopo i fatti di Washington

E’ balzata agli onori delle cronache mondiali la piattaforma Parler (poi: “P.”)

Si tratta di piattaforma di orientamento conservatore verso la quale si ipotizzava sarebbe andato Trump , dopo la sua sospensione dell’account Twitter

Dopo i fatti di Capitol Hill a Washington di inizio anno, nei quali seguaci estremisti di Trump hanno cercato di impedire il perfezionamento del processo di investitura del nuovo Presidente (così almeno parrebbe) , la piattaforma social P. è stata sospesa da Amazon, sul cui servizio cloud appoggiava i propri dati. Di fatto quindi le ha impedito di funzionare.

P. è una piattaforma sostanzialmente svolgente un servizio analogo a Twitter.

Il giorno dopo questa sospensione , P. agisce presso la corte distrettuale di Washington nei confronti del servizio cloud di Amazon (poi: A.), Amazon Web Services (AWS) , facendo valere tre titoli giuridici: 1° intesa restrittiva della concorrenza tra Amazon e Twitter, 2° violazione contrattuale, 3° interferenza illecita nei rapporti di business altrui.

 La Corte adita però rigetta la domanda con provvedimento D.C. for the Western District of Washington at Seattle, 21.01.2021, Parler c. Amazon Web Services, case n° 2:21-cv-0031-BJR .

P. non nega che certi post siano abusivi o che violino le clausole di Amazon, pagina 3. Dice però che Amazon sapeva e che anzi apparentemente collaborava, p. 34

Emerge che dopo i fatti di inizio gennaio e il bannaggio di Trump da Twitter e Facebook, P. ha avuto un’enorme richiesta di adesioni,  pagina 4.

Tra il 10 e l’  11 gennaio , A. ha sospeso tutti i servizi di P.  oscurandola.  Per cui il giorno dopo (l’11 gennaio ) P. deposita  domanda giudiziale, pagina 5

I requisiti  per ottenere la preliminary injunction sono quelli indicati a pagina 5: << (1) that it is likely to succeed on the merits; (2) that it is likely to suffer irreparable harm in the absence of preliminary relief; (3) that the balance of equities tips in its favor; and (4) that an injunction serves the public interest>>

Circa la prima domanda azionata (antitrust), P.  non ha dato prova dell’azione concertata tra Amazon e Twitter, limitandosi a sollevare meri sospetti di un trattamento preferenziale a favore di Twitter da parte di Amazon, pagina 6/7.

In breve << Parler has proffered only faint and factually inaccurate speculation in support of a Sherman Act violation. AWS, in contrast, has submitted sworn testimony disputing Parler’s allegations. Parler therefore has failed to demonstrate at this stage a likelihood of success on its Sherman Act claim>>, p. 8

Viene rigettata anche la seconda domanda, relativa alla violazione contrattuale, precisamente basata sulla mancata concessione del preavviso di trenta giorni.

La corte valorizza però la condotta di P. , a sua volta in violazione, la quale per tanto -secondo i termini contrattuali- ha permesso ad A. di negare il preavviso, pagina 8/9.

Circa la terza domanda (le interferenze illecite nei rapporti contrattuali) come detto sopra non ci sono prove sufficienti, pagina 9/10

Circa il periculum in mora (irreparable injury) , non sarebbe necessario discuterne, mancando il fumus boni iuris. Ciononostante , data la gravità dei temi denunciati, La Corte va anche a discutere sul danno irreparabile.

Anche sotto questo profilo , però , la corte rigetta le allegazioni di P.,  in quanto il danno può  essere irreparabile, ma non è probabile: cioè è solo potenziale, non probabile (likely), pagina 10-11

Circa il bilanciamento dei danni reciproci, manca la prova che il bilanciamento sia nettamente favorevole a P. , come richiesto.  Dice infatti la corte: <<while the “balance of hardships” may fall heaviest on Parler in the form of potential monetary loss, AWS has convincingly argued that forcing it to host Parler’s users’ violent content would interfere with AWS’s ability to prevent its services from being used to promote—and, as the events of January 6, 2021 have demonstrated, even cause—violence…. It cannot be said, therefore, that the balance of hardships “tips sharply” in Parler’s favor>>, p. 12.

Cerca l’ultimo punto (l’interesse pubblico) , la corte respinge l’idea che questo induca a privilegiare l’obbligo di Amazon di ospitare contenuti anche abusivi e violenti. Anche sotto tale profilo dunque rigetta la domanda di P., pp. 12/13

Precisamente così dice: <<The Court explicitly rejects any suggestion that the balance of equities or the public interest favors obligating AWS to host the kind of abusive, violent content at issue in this case, particularly in light of the recent riots at the U.S. Capitol. That event was a tragic reminder that inflammatory rhetoric can—more swiftly and easily than many of us would have hoped—turn a lawful protest into a violent insurrection. The Court rejects any suggestion that the public interest favors requiring AWS to host the incendiary speech that the record shows some of Parler’s users have engaged in. At this stage, on the showing made thus far, neither the public interest nor the balance of equities favors granting an injunction in this case>> p. 13

Viene segnalato che P. non è più scaricabile nemmeno da altri due giganti del web (Google Play Store Apple App Stor) e che -a fine antitrust- Amazon raccoglie circa un terzo dei fatturati nei servizicCloud (così Hal Singer , There Are Lots of Competition Problems on the Internet. Parler’s Takedown Is Not One of Them, 21.01.2021, promarket.org , centrato sui profili antitrust)

(notizia delle sentenza e link alla stessa dal blog di Eric Goldman)