Violazioni di copyright e vicarious liability di eBay

Il prof. Eric Goldman nel suo blog  dà notizia del Trib. Del Maine Case 2:22-cv-00284-LEW del 28 luglio 2023, Okolita v. Amazon Walmart eBay , su allegata coviolazione da parte di dette piattaforme dei diritti sulle sue fotografie.

La domanda è rigettata tranne che in un punto che sarà approfondito : per la vicarious liability .

Ecco il passaggio:

<<Homing in on eBay’s right and ability to supervise and control infringing activity conducted on its online marketplace, Ms. Okolita alleges in her third claim that eBay is liable to her for failing to stop and/or prevent ongoing incidents of infringement of her copyrights.

To be vicariously liable for infringement, the facts need to demonstrate that eBay profited from the direct infringement of third-party users of its services “while
declining to exercise a right to stop or limit it.” Grokster, 545 U.S. at 930. This final claim satisfies the plausibility standard. It does so because the law suggests the need for consideration of the qualitative nature of eBay’s response to Ms. Okolita’s takedown requests and eBay’s knowledge and understanding of the infringers’ conduct on its online marketplace. In the context of a motion to dismiss, a plausible claim is viable and an examination of the quality of eBay’s response to Ms. Okolita’s takedown requests is suited for a summary judgment record or trial. Moreover, to the extent eBay premises its motion to dismiss on the copyright safe harbor found in § 512(c), that entails a separate inquiry that arises in the context of an affirmative defense. Although the current record establishes that eBay has a § 512(c) policy (on paper) and that eBay did remove content that infringed Ms. Okolita’s copyright(s), I am not persuaded that a review of Ms.
Okolita’s FAC and its attachments makes it obvious that eBay is sheltered by the safe harbor>>.

Da noi una domanda analoga difficilemente avrebbe successo in base all’art. 6.2 del Digital serices act reg.- Ue 2022/2065 (2. Il paragrafo 1 non si applica se il destinatario del servizio agisce sotto l’autorità o il controllo del prestatore). Almeno in una interpretazione testuale: ma non ne è escluso affatto un esito opposto con interpretazione estensiva

Superare il safe harbour ex § 230 CDA di FAcebook allegando che il suo algoritmo ha contribuito a raicalizzare l’assassino

Il prof. Eric Goldman ricorda una sentenza del Distretto Sud California-Charleston 24 luglio 2023 che rigetta per safe harbour una domanda di danni verso Meta proposta dai parenti di una vittima dell’eccidio compiuto da Dylan Roof nel 2015 alla chiesa di Charleston.

Purtroppo non c’è link al testo ma c’è quello alla citazione introttiva. Nella quale è ben argomentata la ragione del superamento della posizione passiva di FAcebook.

Può essere utile anche da noi ove però superare la specificità della prevedibilità da parte della piattaforma non è facile (ma come colpa con previsione forse si)

L’intestazione fiduciaria di quote di SRL rimane nonostante trasferimenti multipli

Cass. sez. I del 15 giugno 2023 n. 17.151, rel. Nazzicone:

Principi sulla intestazione fiduciaria:

<<3. – Tuttavia, l’interposizione reale mediante ripetuti passaggi fiduciari ai soggetti più disparati, siano essi persone fisiche o giuridiche, è ammissibile e si inquadra nell’istituto dell’intestazione fiduciaria delle partecipazioni sociali, non escludendo invero certamente la riconducibilità pur sempre al medesimo interponente della titolarità della quota o del pacchetto azionario di riferimento, l’esistenza di ulteriori passaggi e titolarità indirette dello stesso, purché, naturalmente, adeguatamente dimostrati.>>

In generale:

<<Invero, come in ambito civilistico, anche per l’intestazione fiduciaria di partecipazioni societarie vale quanto osservato in modo sintetico e descrittivo in dottrina, secondo cui la posizione del fiduciario è caratterizzata da un potere giuridico eccedente il suo scopo, dato il divario tra ciò che a lui è “giuridicamente possibile” e ciò che invece è “giuridicamente consentito”. Ciò perché l’intestazione delle partecipazioni al fiduciario è strumentale ai fini esclusivi perseguiti dal fiduciante, tipica dell’istituto essendo, inoltre, non una conflittualità ricomposta degli interessi, ma la convergenza di questi, ogni decisione venendo, di necessità, assunta nell’interesse essenziale del fiduciante (Cass. 14 febbraio 2018, n. 3656).

Sulla struttura e sulla causa del negozio – superata la tesi del collegamento negoziale tra due contratti, l’uno ad effetti reali e l’altro ad effetti obbligatori diretto a modificare il risultato finale del primo – la qualificazione è come contratto unitario avente una causa propria, species del genus agire per conto altrui, in cui la causa non risiede né nel trasferimento del bene, né nella sostituzione al mandante ai fini del compimento di specifici atti, ma nella combinazione dei due momenti, in vista dell’obiettivo della c.d. spersonalizzazione della proprietà (cfr. Cass. 9 maggio 2023, n. 12353; Cass. 28 aprile 2021, n. 11226, in tema di arbitrato societario; Cass. 14 febbraio 2018, n. 3656; mentre Cass. civ sez. un., 6 marzo 2020, n. 6459, pur ricordando le diverse ricostruzioni causali, afferma, al riguardo, di non prendere posizione sul punto, perché non rilevante nella soluzione della questione posta), cui non osta, del resto, neppure la remora di una proprietà temporanea, attese le numerose indicazioni in argomento emerse nel sistema (cfr. art. 2645-ter c.c. o le vendite sotto condizione o con riscatto, e così via).

Tutto ciò, grazie al supporto dogmatico offerto da un duplice ordine di considerazioni.

Da un lato, la comprensione del particolare bene “partecipazione sociale”: diversa sia dalla res oggetto del diritto di proprietà, sia dal diritto di credito, ma, piuttosto, posizione complessa costituita da un insieme di situazioni soggettive attive e passive.

Dall’altro lato, la teoria della causa concreta, la quale ha reso probabilmente superflue le figure del negozio indiretto e del collegamento negoziale, destinate a divenire non più necessarie o utili, se non sul piano puramente descrittivo: dopo che – superata la visuale atomistica della funzione economico-sociale, accolta dal codice civile del 1942 in un intento di controllo della meritevolezza degli atti di autonomia privata, e venuta meno quella matrice ideologica, anche in forza di una vorticosamente accresciuta articolazione della realtà economica e sociale – la nozione di causa ha subito una sensibile evoluzione, onde la “realtà viva” ed individuale del contratto ha riconquistato importanza anche teorica, permettendo a tutti gli interessi rilevanti di entrare nel contratto, cosicché l’intero regolamento descrive l’operazione negoziale realizzata come unitaria, perché appunto così voluta dalle parti. Proprio la capacità di guardare alla complessiva operazione economica realizzata rende gli interpreti in grado di cogliere la rilevanza delle ragioni concrete poste a base dei comportamenti giuridici, cioè il significato pratico dell’operazione, ivi comprese tutte le finalità esplicitamente o tacitamente penetrate nel contratto.

Si aggiunga come, in materia, questa Corte ha già chiarito che: a) varie sono, nella prassi, le modalità tecniche per realizzare l’interposizione reale: con riguardo al diritto comune dei contratti, le Sezioni unite (Cass., sez. un., 6 marzo 2020, n. 6459) ricordano che il negozio fiduciario “si presenta non come una fattispecie, ma come una casistica: all’unicità del nome corrispondono operazioni diverse per struttura, per funzione e per pratici effetti”. Può darsi, infatti, un atto di alienazione dal fiduciante al fiduciario; un acquisto compiuto dal fiduciario in nome proprio con denaro del fiduciante; o se un soggetto, già investito ad altro titolo di un determinato diritto, si impegna ad esercitarlo da un dato momento nell’interesse altrui, in conformità a quanto previsto dal pactum fiduciae;

b) nell’intestazione fiduciaria ordinaria, titolare della quota è solo il fiduciario, ai più vari fini: è suo il diritto di sottoscrivere le azioni in occasione dell’aumento del capitale; la legittimazione a impugnare le deliberazioni assembleari; la legittimazione a far valere il diritto di prelazione ai sensi di statuto, o a percepire i dividendi erogati dalla società; la legittimazione attiva ex art. 2476 c.c. e passiva nel giudizio intrapreso ai sensi dell’art. 2495 c.c., comma 2, dai creditori rimasti insoddisfatti dopo la cancellazione della società dal registro delle imprese (cfr., per qualche profilo, Cass. 8 maggio 2009, n. 10590; Cass. 23 giugno 1998, n. 6246);

c) il fiduciario e’, peraltro, obbligato a riversare al fiduciante i dividendi maturati sulla quota o sulle azioni, onde la sua inesecuzione costituisce inadempimento, con tutte le conseguenze dettate per tale fattispecie dal diritto delle obbligazioni e l’irrilevanza di situazioni di buona fede o mala fede proprie del possesso ex artt. 1147 e 1148 c.c. (Cass. 9 maggio 2023, n. 12353);

d) la forma del negozio fiduciario su partecipazioni sociali è libera: il patto fiduciario, al pari dei negozi traslativi delle azioni o quote che lo realizzano, è sempre a forma libera, non rilevando affatto se la società abbia, nel suo patrimonio, beni immobili; in tal senso, dopo qualche incertezza (Cass. 17 settembre 2019, n. 23093, non massimata; Cass. 26 maggio 2014, n. 11757; non riconducibile alla tesi invece Cass. 9 dicembre 2019, n. 32108, posto che si trattava del trasferimento di un alloggio), l’esatto principio, riconfermato da plurime decisioni, per l’insussistenza di un vincolo formale ad substantiam o ad probationem vuoi del trasferimento azionario, vuoi del trasferimento fiduciario (Cass. 28 aprile 2021, n. 11226; Cass. 19 maggio 2020, n. 9139; Cass. 27 ottobre 2017, n. 25626; Cass. 11 ottobre 2013, n. 23203; Cass. 16 dicembre 2010, n. 25468; Cass. 2 maggio 2007, n. 10121; e, con riferimento alla società di persone, es. Cass. 17 aprile 2013, n. 9334; Cass. 10 maggio 2010, n. 11314; Cass. 28 febbraio 1998, n. 2252). Ne’ la conclusione muta, ove si voglia qualificare il patto fiduciario come contratto preliminare, per il quale l’art. 1351 c.c. prescrive la stessa forma del contratto definitivo, in quanto allora il patto fiduciario di trasferimento su quote sociali e’, al pari di questo, a forma libera, ove pure la società sia proprietaria di immobili, oppure ove si ripudi la ricostruzione del negozio fiduciario come contratto preliminare, così come stabilito dalle S.U. (Cass., sez. un., 6 marzo 2020, n. 6459), perché in tal modo si negherà “a monte” che esso, ove abbia ad oggetto diritti reali immobiliari, sia soggetto all’obbligo della forma scritta>>.

Sulla censurabilità in Cassazione della interpretazione di un contratto:

<Tale interpretazione della domanda, come emerge dalla sentenza impugnata, non è stata in alcun modo censurata dalla ricorrente. Al riguardo, occorre ricordare che, secondo principio consolidato, l’interpretazione degli atti di autonomia privata, mirando a determinare una realtà storica e obiettiva, è tipico accertamento in fatto istituzionalmente riservato al giudice del merito ed è censurabile soltanto per violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale e per vizi di motivazione, nei limiti in cui ancora rileva, qualora sia appunto, però, espressamente censurata proprio l’interpretazione operata: il sindacato di questa Corte non può, dunque, investire il risultato interpretativo in sé, che appartiene all’ambito del giudizio di fatto riservato al giudice di merito. Pertanto, onde far valere una violazione di legge, il ricorrente per cassazione non solo deve fare puntuale riferimento alle regole legali di interpretazione mediante specifica indicazione dei canoni asseritamente violati e ai principi in esse contenuti, ma è tenuto altresì a precisare – al di là della indicazione degli articoli di legge in materia – in qual modo e con quali considerazioni il giudice del merito se ne sia discostato, riportando, per il principio di specificità e autosufficienza del ricorso, il testo integrale dell’atto (Cass. 24 giugno 2008, n. 17088, che cita a sua volta Cass. nn. 16132/2005, 8296/2005, 4063/2005, 2394/2004, 4948/2003, 4905/2003), oppure lamentare fondatamente un vizio di motivazione, nei limiti in cui esso è tuttora proponibile (cfr. Cass. 3 dicembre 2019, n. 31546)>.

Sulla solidarietà in sede processuale:

<<Invero, a tale riguardo, i condebitori solidali non sono litisconsorti necessari, potendo il creditore agire soltanto contro uno o più di essi (Cass. 4 giugno 2020, n. 10596, fra le tante).

L’unicità del fatto dannoso, richiesta dall’art. 2055 c.c., ai fini della configurabilità della responsabilità solidale, deriva dall’intento di rafforzare la garanzia del danneggiato, sicché ricorre tale responsabilità pur se il fatto dannoso sia derivato da più azioni od omissioni, dolose o colpose, costituenti fatti illeciti distinti, e anche diversi (e multis, Cass. 28 gennaio 2021, n. 1842; Cass. 15 gennaio 2020, n. 542; Cass. 5 settembre 2019, n. 22164).

Il vincolo di responsabilità solidale lega, pertanto, tutti coloro che abbiano concorso in modo efficiente a produrre il danno, ai sensi dell’art. 2055 c.c., il quale, anche se dettato in tema di responsabilità extracontrattuale, si estende all’ipotesi in cui taluno degli autori del danno debba rispondere a titolo di responsabilità contrattuale (ex plurimis, Cass. 3 settembre 2020, n. 18289; Cass. 12 marzo 2020, n. 7044; Cass. 11 marzo 2020, n. 7016; Cass. 6 dicembre 2017, n. 29218)>>.

Principio di diritto:

“In caso d’intestazione fiduciaria di partecipazione sociale, sia pure attuata mediante una “catena” di diversi soggetti interposti reali, persone fisiche o giuridiche, la violazione del pactum fiduciae da parte dell’ultimo fiduciario, in concorso con altri soggetti cui questi abbia ritrasferito il bene in luogo del fiduciante, comporta il sorgere dell’obbligo in capo ai medesimi di risarcire il danno, in tal modo cagionato al socio originario che abbia visto leso il suo diritto al ritrasferimento del bene, non ostando alla condanna dei concorrenti nell’illecito, i quali abbiano ottenuto il ritrasferimento indebito in loro favore, la mancata evocazione in giudizio dell’ultimo fiduciario inadempiente, trattandosi di un litisconsorzio facoltativo, in cui il creditore ha facoltà di convenire in giudizio anche solo uno o taluno dei condebitori responsabili”.

Lo studente che lascia diffamare i docenti dando le credenziali del social a suoi amici, autori dei post, non è protetto dal safe harbor ex 230 CDA

L’appello del 6° circuito, n° 22-1748, JASON KUTCHINSKI c. FREELAND COMMUNITY SCHOOL DISTRICT; MATTHEW A. CAIRY and TRACI L. SMITH , decide una lite promossa dall’alunno impugnante la sanzione disciplinare irrogatagli per aver dato le credenziali Instagram ad amici , autori di post diffamatori di docenti della scuola.

L’alunno non è infatti qualificabile come publisher o spealker, essendo invece coautore della condotta dannosa:

<<Like the First, Fourth, and Ninth Circuits, we hold that when a student causes, contributes to, or affirmatively participates in harmful speech, the student bears responsibility for the harmful speech. And because H.K. contributed to the harmful speech by creating the Instagram account, granting K.L. and L.F. access to the account, joking with K.L. and L.F. about their posts, and accepting followers, he bears responsibility for the speech related to the Instagram account.
Kutchinski disagrees and makes two arguments. First, Kutchinski argues that Section 230 of the Communications Decency Act, 47 U.S.C. § 230, bars Defendants from disciplining H.K. for the posts made by K.L. and L.F.     This is incorrect. Under § 230(c)(1), “[n]o provider or user of an interactive computer service shall be treated as the publisher or speaker of any information provided by another information content provider.” To the extent § 230 applies, we do not treat H.K. as the “publisher or speaker” of the posts made by K.L. and L.F. Instead, we have found that H.K. contributed to the harmful speech through his own actions>>.

Che poi aggiunge:

<<Second, Kutchinski argues that disciplining H.K. for the posts emanating from the Instagram account violates H.K.’s First Amendment freedom-of-association rights. “The First Amendment . . . restricts the ability of the State to impose liability on an individual solely because of his association with another.” NAACP v. Claiborne Hardware Co., 458 U.S. 886, 918–19 (1982). “The right to associate does not lose all constitutional protection merely because some members of the group may have participated in conduct or advocated doctrine that itself is not protected.” Id. at 908. But Defendants did not discipline H.K. because he associated with K.L. and L.F. They determined that H.K. jointly participated in the wrongful behavior. Thus, Defendants did not impinge on H.K.’s freedom-of-association rights>>.

(notizia e link alla sentenza dal blog del prof. Eric Goldman)

Youtube non è corresponsabile delle violazioni di copyright consistite in ripetuti upload sulla sua piattaforma

Youtube non è corresponsabile delle violazioni di copyright date da ripetuti upload sulla sua piattaforma. Così US distr. court southern district of Florida 16 maggio 2023, Case No. 21-21698-Civ-GAYLES/TORRES, Athos overseas ltc c. Youtube-Google.

domanda attorea:

According to Plaintiff, Defendants are liable under direct and secondary infringement theories for YouTube’s failure to prevent the systematic re-posting of Plaintiff’s copyrighted movies to its platform. Plaintiff contends that YouTube has turned a blind eye to rampant infringement of Athos’ copyrights by refusing to employ proprietary video-detection software to block or remove from its website potentially infringing clips, and not just clips specifically identified by URL in Plaintiff’s DMCA takedown notices. In essence, Plaintiff argues that evidence of YouTube’s advanced video detection software, in conjunction with the thousands of takedown notices Athos has tendered upon YouTube, give rise to genuine issues of fact as to whether Defendants have forfeited the DMCA’s safe harbor protections.

Domanda rigettata: il provider non pèerde il suo safe harbour ex 17 US code § 512 per assenbza dell’element soggettivo:

<<Indeed, in Viacom the Second Circuit rejected identical arguments to the ones asserted here by Athos, which were presented in a lawsuit brought by various television networks against YouTube for the unauthorized display of approximately 79,000 video clips that appeared on the website between 2005 and 2008. Viacom, 676 F.3d at 26. Among other things, the Viacom plaintiffs argued that the manner in which YouTube employed its automated video identification tools—including liming its access certain users—removed the ISP from the safe harbor. Id. at 40–41. Yet, the court unequivocally rejected plaintiffs’ arguments, holding that the invocation of YouTube’s technology as a source of disqualifying knowledge must be assessed in conjunction with the express mandate of § 512(m) that “provides that safe harbor protection cannot be conditioned on ‘a service provider monitoring its service or affirmatively seeking facts indicating infringing activity[.]’”9 Viacom, 676 F.3d at 41 (quoting 17 U.S.C. § 512(m)(1))>>

poi:

<<Plaintiff conflates two concepts that are separate and distinct in the context of YouTube’s copyright protection software: automated video matches and actual infringements. As explained by YouTube’s copyright management tools representative, software-identified video matches are not necessarily tantamount to  copyright infringements. [D.E. 137-7, 74:21–25]. Rather, the software detects code, audio, or visual cues that may match those of a copyrighted work, and presents those matches to the owner for inspection. Thus, while YouTube systems may be well equipped to detect video matches, the software does not necessarily have the capacity to detect copyright infringements. See id. Further, the accuracy of these automatically identified matches depends on a wide range of factors and variable. [Id. at 75:1–10, 108:2–110:17, 113:3–114:25]. That is why users, not YouTube, are required to make all determinations as to the infringing nature of software selected matches. [Id.].
Second, Plaintiff does not point to any evidence showing that YouTube, through its employees, ever came into contact, reviewed, or interacted in any way with any of the purportedly identified video matches for which Athos was allegedly required to send subsequent DMCA takedown notices (i.e., the clips-in-suit). As explained by YouTube’s product manager, the processes of uploading, fingerprinting, scanning, and identifying video matches is fully automated, involving minimal to no human interaction in the part of YouTube. [Id. at 68:22–69:18, 118:17–119]. The record shows that upon upload of a video to YouTube, a chain of algorithmic processes is triggered, including the automated scanning and matching of potentially overlapping content. If the software detects potential matches, that list of matches is automatically directed towards the copyright owner, by being displayed inside the user’s YouTube interface. [Id. at 68:22–70:25]. Therefore, the record only reflects that YouTube does not rely on human involvement during this specific phase of the scanning and matching detection process, and Plaintiff does not proffer any evidence showing otherwise>>.

sintesi:

<<As the relevant case law makes clear, evidence of the technologies that ISPs independently employ to enhance copyright enforcement within their system cannot form the basis for ascribing disqualifying knowledge of unreported infringing items to the ISP. Such a conception of knowledge would contradict the plain mandate of § 512(m), “would eviscerate the required specificity of notice[,] . . . and would put the provider to the factual search forbidden by § 512(m).” Viacom, 718 F. Supp. 2d at 528. Thus, we find that Athos’ theory that specific knowledge of non-noticed infringing clips can be ascribed to Defendants by virtue of YouTube’s copyright management tools fails as a matter of law>>.

Notizia e link alla sentenza dal blog del prof Eric Goldman

Corresponsabilità delle piattaforme per la stragi terroistiche ? Dice di no la Corte Suprema

Corte Suprema USA n. 21-1496 del 18 maggio 2023. nega responsabilità di Twitter et alios, alla luce della disposizione per cui c’è responsabilità quando: <<In an action under subsection (a) for an injury arising from an act of international terrorism committed, planned, or authorized by an organization that had been designated as a foreign terrorist organization under section 219 of the Immigration and Nationality Act (8 U.S.C. 1189), as of the date on which such act of international terrorism was committed, planned, or authorized, liability may be asserted as to any person who aids and abets, by knowingly providing substantial assistance, or who conspires with the person who committed such an act of international terrorism.>> (18 US code § 2333 (d) (2))

E poi:

Plaintiffs, however, allege that for several years the companies have knowingly allowed ISIS and its supporters to use their platforms and “recommendation” algorithms as tools for recruiting, fundraising, and spreading propaganda; plaintiffs further allege that these companieshave, in the process, profited from the advertisements placed on ISIS’ tweets, posts, and videos (dal Sillabo): ma il profitto nulla ha a che fare con la causalità.

Il vero problema è se le piattaforme sapevano dell’imminente attacco dedotto, non di generiche e possibili illiceità future dell’ISIS.

La SC risponde di no: <<It thus is not enough for a defendant to have given substantial assistance to a transcendent enterprise. A defendant must have aided and abetted (by knowingly providing substantial assistance) another person in the commission of the actionable wrong—here, an act of international terrorism>> (dal sillabo).

Affermazione ovvia.

<<But plaintiffs’ allegations do not show that defendants gave such knowing and substantial assistance to ISIS that they culpably participated in the Reinaattack.
Plaintiffs allege that defendants aided and abetted ISIS in the following ways: First, they provided social-media platforms, which are generally available to the internet-using public; ISIS was able to upload content to those platforms and connect with third parties on them.Second, defendants’ recommendation algorithms matched ISIS-related content to users most likely to be interested in that content. And, third, defendants knew that ISIS was uploading this content but tookinsufficient steps to ensure that its content was removed. Plaintiffs do not allege that ISIS or Masharipov used defendants’ platforms to plan or coordinate the Reina attack. Nor do plaintiffs allege that defendants gave ISIS any special treatment or words of encouragement. Nor is there reason to think that defendants carefully screened any contentbefore allowing users to upload it onto their platforms.
None of plaintiffs’ allegations suggest that defendants culpably “associate[d themselves] with” the Reina attack, “participate[d] in it assomething that [they] wishe[d] to bring about,” or sought “by [their] action to make it succeed.” Nye & Nissen, 336 U. S., at 619 (internal quotation marks omitted). Defendants’ mere creation of their media platforms is no more culpable than the creation of email, cell phones, or the internet generally. And defendants’ recommendation algorithms are merely part of the infrastructure through which all the content on their platforms is filtered. Moreover, the algorithms have been presented as agnostic as to the nature of the content. At bottom, the allegations here rest less on affirmative misconduct and more on passive nonfeasance. To impose aiding-and-abetting liability for passivenonfeasance, plaintiffs must make a strong showing of assistance and scienter. Plaintiffs fail to do so.
First, the relationship between defendants and the Reina attack is highly attenuated. Plaintiffs make no allegations that defendants’ relationship with ISIS was significantly different from their arm’s length, passive, and largely indifferent relationship with most users.And their relationship with the Reina attack is even further removed,given the lack of allegations connecting the Reina attack with ISIS’ useof these platforms. Second, plaintiffs provide no reason to think that defendants were consciously trying to help or otherwise participate inthe Reina attack, and they point to no actions that would normally support an aiding-and-abetting claim.
Plaintiffs’ complaint rests heavily on defendants’ failure to act; yetplaintiffs identify no duty that would require defendants or other communication-providing services to terminate customers after discovering that the customers were using the service for illicit ends. Even if such a duty existed in this case, it would not transform defendants’ distant inaction into knowing and substantial assistance that could establish aiding and abetting the Reina attack. And the expansive scope of plaintiffs’ claims would necessarily hold defendants liable as having aided and abetted each and every ISIS terrorist act committedanywhere in the world. The allegations plaintiffs make here are not the type of pervasive, systemic, and culpable assistance to a series of terrorist activities that could be described as aiding and abetting eachterrorist act by ISIS.
In this case, the failure to allege that the platforms here do more than transmit information by billions of people—most of whom use theplatforms for interactions that once took place via mail, on the phone, or in public areas—is insufficient to state a claim that defendants knowingly gave substantial assistance and thereby aided and abetted ISIS’ acts. A contrary conclusion would effectively hold any sort of communications provider liable for any sort of wrongdoing merely for knowing that the wrongdoers were using its services and failing to stopthem. That would run roughshod over the typical limits on tort liability and unmoor aiding and abetting from culpability. Pp. 21–27>>.

E poi: <<To be sure, plaintiffs assert that defendants’ “recommendation” algorithms go beyond passive aid and constitute active, substantial assistance. We disagree. By plaintiffs’own telling, their claim is based on defendants’ “provision of the infrastructure which provides material support toISIS.” App. 53. Viewed properly, defendants’ “recommendation” algorithms are merely part of that infrastructure.  All the content on their platforms is filtered through these algorithms, which allegedly sort the content by information and inputs provided by users and found in the content itself. As presented here, the algorithms appear agnostic as to the nature of the content, matching any content (including ISIS’ content) with any user who is more likely to view that content. The fact that these algorithms matched some ISIS content with some users thus does not convert defendants’ passive assistance into active abetting. Once the platform and sorting-tool algorithms were up and running, defendants at most allegedly stood back and watched; they are not alleged to have taken any further action with respect to ISIS>>, p. 29.

Decisione scontata in base alle allegazioni riportate: pare strano che sia potuta arrivare sino alla corte suoprema una così mal costruita domanda giudiziale.

Solo che lo stesso dovrebbe dirsi per tutto il contenzioso italiano ed europeo sulla responsabilità del provider (disciplina oggi immutata in sostanza nel Digital Services Act: Reg. UE 2022/2065,  che ha abrogato gli articoli 12-15 della direttiva 2000/31/CE)

Nello stesso giorno invece la SC declina la decisione nell’analogo caso Gonzalez v. Google, n° 21-1333 per motivi procedurali: quindi non va a vagliare la costituizionalità del safe harbour ex § 230 CDA, come molti pensavano.

Big IP day presso la Corte Suprema oggi 18 maggio. Sono infatti stati decisi anche altri due casi importanti : – Andy Wharol Foundation v. Goldsmith, n° 21–869,  (in tema di opera elaborata fotografica (copyright) e – AMGEN INC. ET AL. v. SANOFI ET AL. (brevetto farmaceutico) su cui v. mio post.

Il motore di ricerca è corresponsabile per associazioni indesiderate ma errate in caso di omonimia?

La risposta è negativa nel diritto USA, dato che Microsoft è coperta dal safe harbour ex § 230 CDA:

Così , confermando il 1° grado, la 1st District court of appeal della Florida, Nos. 1D21-3629 + 1D22-1321 (Consolidated for disposition) del 10 maggio 2023, White c. DISCOVERY COMMUNICATIONS, ed altri.

fatto:

Mr. White sued various nonresident defendants for damages in tort resulting from an episode of a reality/crime television show entitled “Evil Lives Here.” Mr. White alleged that beginning with the first broadcast of the episode “I Invited Him In” in August 2018, he was injured by the broadcasting of the episode about a serial killer in New York also named Nathaniel White. According to the allegations in the amended complaint, the defamatory episode used Mr. White’s photograph from a decades-old incarceration by the Florida Department of Corrections. Mr. White alleged that this misuse of his photo during the program gave viewers the impression that he and the New York serial killer with the same name were the same person thereby damaging Mr. White.

Diritto :

The persons who posted the information on the eight URLs provided by Mr. White were the “information content providers” and Microsoft was the “interactive service provider” as defined by 47 U.S.C. § 230(f)(2) and (3). See Marshall’s Locksmith Serv. Inc. v. Google, LLC, 925 F.3d 1263, 1268 (D.C. Cir. 2019) (noting that a search engine falls within the definition of interactive computer service); see also In re Facebook, Inc., 625 S.W. 3d 80, 90 (Tex. 2021) (internal citations omitted) (“The ‘national consensus’ . . . is that ‘all claims’ against internet companies ‘stemming from their publication of information created by third parties’ effectively treat the defendants as publishers and are barred.”). “By presenting Internet search results to users in a relevant manner, Google, Yahoo, and Microsoft facilitate the operations of every website on the internet. The CDA was enacted precisely to prevent these types of interactions from creating civil liability for the Providers.” Baldino’s Lock & Key Serv., Inc. v. Google LLC, 285 F. Supp. 3d 276, 283 (D.D.C. 2018), aff’d sub nom. Marshall’s Locksmith Serv., 925 F.3d at 1265.
In Dowbenko v. Google Inc., 582 Fed. App’x 801, 805 (11th Cir. 2014), the state law defamation claim was “properly dismissed” as “preempted under § 230(c)(1)” since Google, like Microsoft here, merely hosted the content created by other providers through search services. Here, as to Microsoft’s search engine service, the trial court was correct to grant summary judgment finding Microsoft immune from Mr. White’s defamation claim by operation of Section 230 since Microsoft did not publish any defamatory statement.
Mr. White argues that even if Microsoft is immune for any defamation occurring by way of its internet search engine, Microsoft is still liable as a service that streamed the subject episode. Mr. White points to the two letters from Microsoft in support of his argument. For two reasons, we do not reach whether an internet streaming service is an “interactive service provider” immunized from suit for defamation by Section 230.
First, the trial court could not consider the letters in opposition to the motion for summary judgment. The letters were not referenced in Mr. White’s written response to Microsoft’s motion. They were only in the record in response to a different defendant’s motion for a protective order. So the trial court could disregard the letters in ruling on Microsoft’s motion. See Fla. R. Civ. P. 1.510(c)(5); Lloyd S. Meisels, P.A. v. Dobrofsky, 341 So. 3d 1131, 1136 (Fla. 4th DCA 2022). Without the two letters, Mr. White has no argument that Microsoft was a publisher of the episode.
Second, even considering the two letters referenced by Mr. White, they do not show that Microsoft acted as anything but an interactive computer service. That the subject episode was possibly accessible for streaming via a Microsoft search platform does not mean that Microsoft participated in streaming or publishing the episode

(notizia e link alla sentenza dal blog del prof. Eric Goldman)

Diligenza nella prestazione del servizio di trasposto di persona disabile

Sul danno da caduta mentre scendeva dal pulmino una persona disabile (grave patologia metnale), Cass. sez. III del 20.03.2023 n. 7922, rel. Gorgoni, così insegna (accogliendo la domanda risarcitoria e cassando la contraria decisione di appello):

<< 15) ebbene, P.M. versava in condizioni di vulnerabilità accertate e note alla cooperativa ed è innegabile che per il fatto che la cooperativa avesse assunto l’obbligo di trasportarla e che si fosse instaurata una relazione con la fonte di pericolo era sorto un dovere di sorveglianza a suo carico, da intendersi alla stregua di un munus e di una funzione liberamente accettati e come tali riconoscibili all’esterno, sì da assumere rilevanza erga omnes (Cass. 16/06/2005, n. 12965), giacché il principio di affidamento implica che un soggetto viene a trovarsi nella sfera di custodia e di vigilanza di altro soggetto che sia in grado di seguirne e controllarne le azioni affinché non si verifichino effetti pregiudizievoli (Cass. 01/06/1994, n. 5306 e successiva giurisprudenza conforme);

16) non poteva non conseguirne la legittima pretesa che la cooperativa tenesse un comportamento “diligente”, da valutare ex art. 1176,2 comma, c.c. norma operante anche in ambito extra contrattuale, in ragione dello statuto dell’attività esercitata (Cass. 08/07/2020, n. 14260, la diligenza richiesta nell’espletamento delle attività di controllo e di sorveglianza non può considerarsi in astratto, o in assoluto, ma va commisurata al caso concreto e alle circostanze di tempo e di luogo di volta in volta presenti);

17) risulta, dunque, evidente che il grado di diligenza e di controllo dovesse essere più intenso proprio in considerazione della vulnerabilità dei fruitori del servizio, in ragione delle loro particolari condizioni soggettive;

ad escluderlo, non bastava, nel caso di specie, il fatto che la condizione della vittima non avesse richiesto l’adozione di misure di assistenza specifica o che la stessa non avesse dato prova di necessitarne;

quand’anche ciò possa rilevare – non può non osservarsi che la denuncia mossa alla sentenza impugnata di non avere esaminato il capitolato di appalto relativo al servizio di trasporto disabili tra la Ausl (Omissis) e la Cooperativa La Romagnola non è stata formulata, secondo le modalità prescritte dall’art. 366, (e’ 1 comma, n. 6, c.p.c., come inteso dalla giurisprudenza di questa Corte (cfr., da ultimo, Cass., Sez Un., 18/03/2022, n. 8540) è sufficiente osservare che il capitolato non è stato riportato nel ricorso neppure per sintesi della parte rilevante, né il ricorrente ha fatto riferimento alla sua presenza negli atti del fascicolo di merito con modalità atte a localizzarlo – implicherebbe solo il difetto di un obbligo specifico di assistenza speciale a favore di P.M., ma giammai significherebbe automatico esonero da responsabilità per la cooperativa per il sinistro occorsole, come è stato ritenuto nella sentenza impugnata dalla Corte di merito, la quale infatti dalla mancata assunzione di un obbligo specifico di assistenza ha tratto la errata conseguenza che “La Romagnola non aveva nei confronti di P.M. un obbligo di assistenza a bordo dell’automezzo utilizzato per il trasporto” (p. 5);

anche a prescindere dalle diatribe in ordine alla sussistenza di un comportamento colpevole, dipendenti dall’accezione della colpa – se criterio di valutazione del comportamento o se comportamento riprovevole di chi non abbia fatto uso delle proprie capacità e facoltà per impedire il verificarsi dell’evento dannoso deve partirsi dal presupposto che il danno di cui è stato chiesto il risarcimento era quello conseguente alla caduta dal pullmino per omessa adozione delle misure di cautela necessarie ad impedirlo;

premesso che il giudizio causale assume come termine iniziale la condotta omissiva e che l‘evento dannoso è una concretizzazione del rischio che la norma di condotta violata tendeva a prevenire – stante che l’omissione di un certo comportamento rileva quale condizione determinativa del processo causale dell’evento dannoso, soltanto quando si tratti di omissione di un comportamento imposto non solo da una norma giuridica specifica (omissione specifica), ma anche, in relazione al configurarsi della posizione del soggetto cui si addebita l’omissione, siccome implicante l’esistenza a suo carico di particolari obblighi di prevenzione dell’evento poi verificatosi e, quindi, di un generico dovere di intervento (omissione generica) in funzione dell’impedimento di quell’evento – deve ritenersi che esistesse a carico della cooperativa l’obbligo di tenere la condotta omessa;>>

Significativo il richiamo dell’art. 1176 per responsabilità aquiliana: che è esatto, solo che è da vedere se non sia contrattuale (c. a favore di terzo o meglio con prestazione al terzo, nonostante la opposta soluzione per la responsabilità medica ex art. 7 L. Gelli Bianco n° 24 del 2017)

Violazione diretta, propria e come coautori, nonchè vicaria per un sito di scambio file peer to peer con tecnoclogia bit torrent

Il prof. Eric Goldman dà notizia (e link al testo) di BODYGUARD PRODUCTIONS, INC., et al., Plaintiffs, v. RCN TELECOM SERVICES, LLC, et al., Defendants., Civ. A. No. 3:21-cv-15310 (GC) (TJB), emessa da US District Court, D. New Jersey.
October 11, 2022.

E’ decisione itneressante poichè vengono offerti (commendevolmente, come raramente da noi capita) precisazioni tecnico-informatiche

Ecco i fatti circa la piattaforma di scambio peer peer , con spiegazione tecnica accessibile:

Plaintiffs are the owners of copyrighted works (the “Works”), which are motion pictures listed in Exhibit A to the FAC. (FAC ¶ 50; FAC Ex. A, ECF No. 22-1.)[2] According to the FAC, Defendants operate as an Internet Service Provider (“ISP”) whose subscribers use “BitTorrent,” a peer-to-peer file-sharing protocol. (FAC ¶¶ 38, 56-71.) A BitTorrent user called an “initial seeder” installs BitTorrent’s software system, which is called the “BitTorrent Client,” on a local device to connect to and manage the BitTorrent file-sharing protocol. (Id. ¶ 62.) The initial seeder creates a “torrent” descriptor file using the BitTorrent Client. (Id.) The initial seeder then copies the motion pictures from legitimate sources (id. ¶ 63), and in the process “often modifies the file title of the Work[s],” or the Copyright Management Information (“CMI”) to include a reference to popular websites facilitating piracy, or “torrent sites,” such as YTS, Pirate Bay, or RARBG. (Id. ¶¶ 64, 72.) Including a reference to the torrent site “enhance[s] the reputation for the quality of [the] torrent files and attract[s] users to [these popular] piracy website[s].” (Id. ¶ 64.)

Next, the BitTorrent Client “takes the target computer file, the `initial seed,’ here the copyrighted [w]ork, and divides it into identically sized groups of bits known as `pieces[,]'” before assigning each piece “a random and unique alphanumeric identifier known as a `hash’ and record[ing] these hash identifiers in the torrent file.” (Id. ¶ 65-66.) Pieces of the computer file or copyrighted works are shared among peers using the BitTorrent protocol and BitTorrent Client that the peers installed on their computers. (Id. ¶¶ 75-81.) Once a peer has downloaded the entire file, the BitTorrent Client reassembles the pieces, and the peer is able to both view the movie, and act as an “additional seed” to further distribute the torrent file. (Id. ¶ 82.).

Poi il cenno al tipo di indagini condotte:

Plaintiffs engaged Maverickeye UG (“Maverickeye”), a third-party investigator, in order to “identify the IP addresses that [were] being used by those people that [were] using the BitTorrent protocol and the Internet to reproduce, distribute, display or perform Plaintiffs’ copyrighted Works.” (Id. ¶ 83.) “[Maverickeye] used forensic software to enable the scanning of peer-to-peer networks for the presence of infringing transactions.” (Id. ¶ 84.) Maverickeye then extracted and analyzed the data, and “logged information including the IP addresses, Unique Hash Numbers, and hit dates that show[ed] that Defendants’ subscribers distributed pieces of the copyrighted Works identified by the Unique Hash Number.” (Id. ¶¶ 85-86.) “Maverickeye’s agent viewed the Works side-by-side with the digital media file that correlates to the Unique Hash Number and determined that they were identical, strikingly similar or substantially similar.” (Id. ¶ 89.).

La corte ravvisa sia direct infringement, sia Contributory Infringement, che Vicarious Copyright Infringement.

Circa il primo, a parte il richiamo di precedenti USA (The Court finds that the facts in Cobbler, Park, and Peled are distinguishable from this case. In this case, unlike in Cobbler, Park, and Peled, Plaintiffs seek to impose liability against the ISP, via contributory and vicarious liability, and not an individual subscriber. Plaintiffs sufficiently allege that Defendants’ subscribers, or those using their accounts, employ Defendants’ internet service to copy and distribute the Works to which Plaintiffs hold legitimate copyrights, (FAC ¶¶ 56-71, 90-95.) The procedural posture in this case is more similar to Grande II, RCN I, and Cox, where the courts noted that the reasoning in Cobbler was inapplicable in suits brought against ISP defendants. See Grande II, 384 F. Supp. 3d at 767 n.6 (noting that the defendant’s reliance on Cobbler was misplaced as Cobbler involved an individual internet subscriber who took no affirmative steps to foster infringement whereas the ISP continued to provide internet service to customers despite knowledge of repeated infringement); RCN I, 2020 WL 5204067, at *10 n.5 (noting that Cobbler was inapposite as Cobbler involved an individual subscriber as opposed to the actual 1SP defendant in this case). Although the Park and Peled cases are from this district, those cases are likewise distinguishable as they involved claims asserted against individual subscribers and involved unopposed motions for default judgments filed against the subscribers who were proceeding pro se. See Peled, 2020 WL 831072, at *5-6; Park, 2019 WL 2960146, at *4) è interessante il richiamo alla clausole fatte firmare dalla piattaforma convenuta ai suoi utenti: .

<<Moreover, Plaintiffs advance facts that Defendants explicitly notified their subscribers in the IIA that accounts identified as infringing could be terminated, regardless of the identity of the infringing individual:

RCN reserves the right to disconnect and/or temporarily suspend an account from RCN’s service without warning if in RCN’s sole discretion there is a reasonable suspicion that such disconnection or suspension would prevent or interrupt a violation of applicable law, this Agreement, or RCN’s Online Policies.

Subject to the provision of the [DMCA] and any other applicable laws and regulations, RCN reserves the right to remove or block access to, either permanently or temporarily, any files which RCN suspects or which a third party alleges are associated with a violation of the law, this Agreement or RCN’s Online Policies or with the account responsible for such violation.

(FAC ¶ 134 (emphasis added).)

The fact that Defendants reserve the right to terminate the accounts of infringing subscribers suggests, at least at the early pleading stage, that Defendants do, in fact, contemplate responsibility over their accounts regardless of the individual accessing the account.

Therefore, Plaintiffs have plausibly pled direct infringement by Defendants’ subscribers>>.

Come sempre , riservarti il potere di far qualcosa, ti obbliga poi a farlo quando è necessario: non puoi più sottrarti.

La sentenza di L’Aquila sul risarcimento danni a seguito del terremoto del 2009

I giornali hanno dato ampio risalto alla sentenza Tribunale di L’Aquila n. 676/2022 del 11 ottobre 2022, RG 878/2015, laddove addossa un concorso di colpa ai deceduti  per essere rimasti nelle loro abitazioni dopo le prime scosse.

Gli attori sono i familiari di soggetti deceduti , che abitavano in  un determinato palazzo a L’Aquila. Avevano agito col rito sommario (art. 702 bis cpc).

La sentenza è interessanti anche per altri aspetti, ad es. :

1) sulla legittimiazione e poi sulla esistenza di doveri e resposnabilità in capo a vari enti pubblici e privati di controllo: ampia analisi che sarà utile studiare in caso di liti analoghe;

2) lo specifico fatto colposo cioè la negligenza accertata: << Dalla Relazione degli ingg. Benedettini e Salvatori risulta come il progetto strutturale e la relazione
di calcolo presentate al Genio Civile al fine di verificare la conformità alla normativa antisismica
fossero entrambi assai carenti, con una marcata sottostima delle azioni simiche previste dalla
normativa all’epoca vigente e dei carichi reali presenti sull’edificio, tali da renderlo particolarmente
vulnerabile proprio dal punto di vista sismico in particolare nella direzione traversale, proprio quella
nella quale si manifestò il collasso (vd. pagg.48/65; 68/71). Ciò attesta come il crollo sia imputabile
all’inosservanza delle normativa antisismica da applicarsi ed alla negligenza del Genio Civile, che
invece certificava la conformità di progetti e connessa costruzione alla predetta normativa.
Parimenti sussiste la responsabilità del Ministero dell’Interno e delle Eredi Del Beato, in ragione
della inosservanza delle prescrizioni dettate dal RDL n. 2229 del 16 novembre 1939 e della buona
tecnica nonché degli omessi controlli sul in punto
>>

3) il sisma non è forza maggiore : gli edifici vicini hanno resistito.

4) niente regresso a favore dei Ministeri: <<Ciò chiarito, va respinta la domanda di regresso ex art.2055 c.c. formulata dai Ministeri verso gli
altri convenuti nonché il convenuto chiamato Condominio nonché in genere verso i proprietari ai
sensi dell’art.2053 c.c.; premesso che il regresso presuppone il previo pagamento dell’intero,
elemento costitutivo di tale diritto (artt.1299, 2055 II comma c.c., che allo stato non sussiste,
apparendo inutile una pronuncia condizionata a tale eventualità, posto che il fatto del pagamento
dovrebbe comunque essere accertato e provato in un giudizio che, quand’anche nelle forme
monitorie, sarebbe comunque di cognizione) sicché non può in questa sede pronunciarsi condanna
di rimborso verso alcuno, si osserva come l’azione di regresso, presupponendo l’accertamento della
colpa, è incompatibile con una responsabilità quale quella di cui all’art.2053 c.c. che ha carattere
oggettivo e che configura anche una fattispecie di responsabilità per fatto altrui laddove accolla al
proprietario anche il vizio di costruzione, quali quelli ricorrenti e fonte del crollo (…) ed essendo
rimaste indimostrate eventuali posteriori condotte colpose dei proprietari influenti sul collasso. Va
quindi respinta la domanda verso il condominio (e/o gli altri proprietari quali al Di Nicola nonché
verso il Comune, vd. infra) e resta pertanto assorbita la domanda di garanzia del Condominio verso
Reale Mutua>>

Affermazione di  dubbia esattezza.

5) il cit. concorso di colpa: << E’ infatti fondata l’eccezione di concorso di colpa delle vittime ai sensi dell’art.1227 I comma c.c.,
costituendo obiettivamente una condotta incauta quella di trattenersi a dormire – così privandosi
della possibilità di allontanarsi immediatamente dall’edificio al verificarsi della scossa – nonostante
il notorio verificarsi di due scosse nella serata del 5 aprile e poco dopo la mezzanotte del 6 aprile,
concorso che, tenuto conto dell’affidamento che i soggetti poi defunti potevano riporre nella
capacità dell’edificio di resistere al sisma per essere lo stesso in cemento armato e rimasto in piedi
nel corso dello sciame sismico da mesi in atto, può stimarsi in misura del 30% (art.1127 I co. c.c.),
con conseguente proporzionale riduzione del credito risarcitorio degli odierni attori.
Ne deriva che la quota di responsabilità ascrivibile a ciascun Ministero è del 15% ciascuno e per il
residuo 40% in capo agli Eredi del costruttore Del Beato>>

Affermazione pure di assai diubbia esattezza: che fa uno se di notte la terra trema un pò? Dorme in auto ogni volta che ciò succede? In Italia ciò capita spesso. Ed inoltre nel caso specifico la terra tremava da settimane o mesi…