Safe harbour per Youtube circa la diffusione di immagini di persona fisica

La corte di Dallas 17.05.21, KANDANCE A. WELLS c. Youtube, civil action No. 3:20-CV-2849-S-BH, decide una domanda giudiziale risarcitoria (per dollari 504.000,00) basata sulla illecita diffusione (da parte di terzi utenti) della propria immagine, finalizzata alla minacaccia personale.

Diverse erano le leggi invocate come violate.

Immancabilmente Y. eccepisce il safe harbour ex § 230 CDA , unico aspetti qui esaminato.

La corte accoglie l’eccezione e giustamente.

Esamina i consueti tre requisiti e come al solito il più interssante è il terzo (che la domanda tratti il convenuto come publisher o speaker): <<Plaintiff is suing Defendant for “violations to [her] personal safety as a generalconsumer” under the CPSA, the FTCA, and the “statutes preventing unfair competition, deceptiveacts under tort law, and/or the deregulation of trade/trade practices” based on the allegedlyderogatory image of her that is posted on Defendant’s website. (See doc. 3 at 1.) All her claimsagainst Defendant treat it as the publisher of that image. See, e.g., Hinton, 72 F. Supp. 3d at 690(quoting MySpace, 528 F.3d at 418) (“[T]he Court finds that all of the Plaintiff’s claims againsteBay arise or ‘stem[ ] from the [ ] publication of information [on www.ebay.com] created by thirdparties….’”); Klayman, 753 F.3d at 1359 (“[I]ndeed, the very essence of publishing is making thedecision whether to print or retract a given piece of content—the very actions for which Klaymanseeks to hold Facebook liable.”). Accordingly, the third and final element is satisfied>>.

(notizia e link alla sentenza dal blog di Eric Goldman)

Pinterest corresponsabile per violazione di diritto di autore?

Il Northern District della California affronta la questione del ruolo di Pinterest (P.) in possibili violazioni di copyright (decisione 9 marzo 2021, caso 19-cv-07650-HSG, Davis c. Pintereset inc.).

(non è chiara la fonte delle immagini su P.:  <<These images may be captured by Defendant’s users, or may be copied from other sources on the internet>> p. 3. Copiate da altre sources da parte di chi? da P.?).

L’attore, fotografo professionista, cita P. per correponsabilità (contributory infringement) in violazione di copyright.

Allo scopo, <<to establish a claim for contributory copyright infringement, Plaintiff “must establish that there has been direct infringement by third parties…. Once this threshold issue has been established, Plaintiff must further allege that Defendant “(1) has knowledge of another’s infringement and (2) either (a) materially contributes to or (b) induces that infringement.”>> p. 3.

La material contribution <<“[i]n the online context” requires the defendant to have “actual knowledge that specific infringing material is available using its system, and . . . simple measures [would] prevent further damage to copyrighted works, yet [the defendant] continues to provide access to infringing works.” Id. at 671 (quotation omitted). And inducement requires the defendant to “distribute[] a device with the object of promoting its use to infringe copyright, as shown by clear expression or other affirmative steps taken to foster infringement.” See id. at 672. Here, Plaintiff alleges theories of liability premised on both material contribution and inducement, and Defendant challenges both theorie>>, ivi.

Sebbene riconoscendo la debolezza della propria prova di knowledge, l’attore afferma che -almeno in quello stadio processuale- poteva bastare il  constructive knowledge and willful blindness, p. 4 .

Ma la corte esclude pure la prova di questo elemento soggettivo alleggerito, facilitato. Bisogna infatti che la sua prova riguardi lo specifico atto in violazine dedotto in casua, p. 5 .

Si tratta del passaggio più importante a fini pratici, pure per il nostro ordinamento.

Non è <conoscenza presunta>  lo scambio pregiudiziale di email con l’azienda P., dice la corte: che anzi danneggia l’attore, perchè l’azienda gli aveva chiesto informazioni di dettaglio, che lui non aveva poi inviato, ivi.

Nemmeno è willful blindness la consapevolezza della generica possibilità di materiali illeciti , dovendo anche qui riguardare materiali specifici, p. 5/6.

Infine l’attore allega che P. rimuove metadati, che che potrebbero far capire la provenienza illecita dei materiali ospitati. Ma ciò -conclude la corte- al più rappresenta una indifferenza al rischio di P. alle violazioni, non una sua consapevolezzaa di quella specificamente dedotta in lite, p. 6

Eccezione probabilmente esatta a fil di legge, ma troppo penalizzante per i titolari dei diritti lesi.

Non è menzionata la questione del safe harbour (qui del § 512 DMCA, trattandosi di copyright).

(notizia e link alla notizia tratti dal blog di Eric Goldman)

Sulla willfull blindness , pur se nel diritto dei marchi, v. ora il saggio di Andrew Ligon Fant, Reconsidering the Willful Blindness Doctrine in Contributory Trademark Infringement, 29 J. Intell. Prop. L. 318 (2022).

Concorso in responsabilità tra società, amministratori e Consob verso i risparmiatori?

Interessante fattispecie (pur se non nuova) ma decisa in modo poco plausibile da Cass. , III, ord., 11.03.2020 n. 7016 rel. Fiecconi, Abbondi e altri c. Consob (Foro it., 2021/1).

Un gruppi di rispamiatori aveva citato in giudizio sia gli amministrori ex art. 2395 cc (costituendosi parte civile nel giudizo penale per bancarotta), sia Consob ex art. 2043 per non aver correttamente vigilato.

Pare avessero anche agito in sede di insinuazione al passivo facendo valere un credito restitutorio del capitale investito (per nullità del contratto, è da immaginare), § 13.

La Cass. critica la corte a quo per aver distinto il titolo restitutorio (capitale investito; azionato in sede di insiduazione al passivo del Fallimento) da quello risarcitorio e per aver su ciò fondato una affermazione di diverso termine prescrizionale.

<<Osserva la corte, infatti, che la diversità delle condotte illecite e dei soggetti che le hanno poste in essere, è circostanza del tutto indifferente alla integrazione della fattispecie di cui all’art. 2055 c.c., atteso che l’unica questione rilevante ai fini della responsabilità solidale dei soggetti che hanno contribuito alla produzione dell’eventus damni, attiene alla verifica del rapporto di causalità materiale, ex art. 41 c.p. (da intendersi in senso civilistico secondo il criterio del «più probabile che non») tale per cui tutte le cause concorrenti, preesistenti, simultanee o sopravvenute, debbono ritenersi parimenti determinanti, ove non accertata l’esclusiva efficienza causale di una di esse. Deve al proposito ribadirsi il consolidato principio di diritto, enunciato da questa corte, secondo cui «l’unicità del fatto dannoso richiesta dall’art. 2055 c.c. ai fini della configurabilità della responsabilità solidale degli autori dell’illecito va intesa in senso non assoluto, ma relativo, sicché ricorre tale responsabilità, volta a rafforzare la garanzia del danneggiato e non ad alleviare la responsabilità degli autori dell’illecito, pur se il fatto dannoso sia derivato da più azioni o omissioni, dolose o colpose, costituenti fatti illeciti distinti, e anche diversi, sempre che le singole azioni o omissioni, legate da un vincolo di interdipendenza, abbiano concorso in maniera efficiente alla produzione del danno, a nulla rilevando, a differenza di quanto accade nel campo penalistico, l’assenza di un collegamento psicologico tra le stesse>>, § 16 e poi § 18.

Sorprende l’uscita della SC.

E’ vero che per il 2055 ciò che conta è il concorso a produrre il medesimo evento di danno. Ma appunto se si tratta di azioni in responsbilità ex 2043 cc.

L’art. 2055 invece nulla dice quando siano azionate due causae petendi distinte (indebito e fatto illecito), che peraltro erano stati tenuti ben distinti poco prima dalla SC (§§ 9-10).

Il concorso sarebbe eventualmente tra amministratori e Consob, per entrambi i quali si trattarebbe di fatto illecito aquiliano.

Ma non tra indebito e fatto illecito:  che il secondo sia sostanzialmente stimabile in misura pari al primo, non significa nulla.

La pretesa restitutoria  da caducazione contrattuale  (qualunque ne sia la spiegazione dogmatica , variamente fornita dalla dottrina) va infatti tenuta distinta da quella risarcitoria.

La SC è dunque caduta in (non piccolo) errore concettuale (può capitare a tutti ..!).

La svista non sfugge all’attenta nota in  Foro it. di M. De Chiara , Solidarietà ardita.