le banche ue non di adeguano al dovere di trasparenza sui rischi ambientali e climatici

Bacchettata della BCE alle maggiori banche UE, che sono sotto la sua supervisione (le minori sotto quella nazionale), circa i forti ritardi nell’adeguarsi ai doveri di trasparenza sui richi climatici e ambientali.

E’ appena uscito il reporto marzo 2022 di stima dei profressi fatti circa il tema, essendo già stato emanato negli anni precedenti l’avviso di provvedere.
La risposta è sconortante: poche si son adeguate e queste in modo parziale.

Si v. il report con chiari grafici pubblicato dalla Supervisione della BCE il 14 marzo 2022 Supervisory assessment of institutions’ climate-related and environmental risks disclosures e qui la pagina delle news in ordina cronologico portante il file.

Copiare da un forum ad un altro threads, contenenti post diffamatori e soggetti a copyright, non preclude il safe harbour e costituisce fair use

Copiare post (anzi interi threads) da un forum ad un altro (in occasione ed anzi a causa di cambio di policy nel 2017) non impedisce la fruzione del safe harbour ex 230 CDA in caso di post diffamatori ; inoltre, quanto al copyright , costituisce fair use.

così il l’appello del primo circuito conferma il primo grado con sentenza 10.03.2022, caso n. 21-1146, Monsarrat v. Newman.

Quanto al § 230 CDA, il giudizio è esatto.

La prima piattaforma era LiveJournals, controllata dalla Russia; quella destinataria del trasferimento (operato da un moderatore) è Dreamwidth.

(sentenza a link alla stessa dal blog del profl Eric Goldman)

Riproduzione parziale di opera letteraria da parte di una scuola a fini “motivazionali: è fair use?

Dice di si la corte di appello del 5° circuito, Bell c. Eagle Mountain Saginaw Independent School District, 25.02.2022, Case: 21-10504 .

La squadra sportiva della scuola, al fine di motivare i propri alunni-atleti,  riproduceva in post Twitter il passaggio seguente da un’opera di psicologia motivazionale (cioè 1 pag. su 72 circa, anche se forse la più importante):

<<Winning isn’t normal. That doesn’t mean there’s anything
wrong with winning. It just isn’t the norm. It is highly unusual.

Every competition only has one winner. No matter how many
people are entered, only one person or one team wins each
event.

Winning is unusual. And as such, it requires unusual action.

In order to win, you must do extraordinary things. You can’t
just be one of the crowd. The crowd doesn’t win. You have to
be willing to stand out and act differently.

Your actions need to reflect unusual values and priorities. You
have to value success more than others do. You have to want
it more. Now take note! Wanting it more is a decision you
make and act upon—not some inherent quality or burning
inner drive or inspiration! And you have to make that value a
priority.

You can’t train like everyone else. You have to train more and
train better.

You can’t talk like everyone else. You can’t think like everyone
else. You can’t be too willing to join the crowd, to do what is
expected, to act in a socially accepted manner, to do what’s
“in.” You need to be willing to stand out in the crowd and
consistently take exceptional action. If you want to win, you
need to accept the risks and perhaps the loneliness . . .
BECAUSE WINNING ISN’T NORMAL!
>>

la Corte ricorda i quattri fattori ex lege previsti dal 17 USC § 107: (1) the purpose and character of the use, including whether such use is of a commercial nature or is for nonprofit educational purposes; (2) the nature of the copyrighted work; (3) the amount and substantiality of the portion used in relation to the copyrighted work as a whole; and (4) the effect of the use upon the potential market for or value of the copyrighted work.

Rititene che il primo e l’ultimo siano a favore della scuola, il terzo neutro e il secondo -il meno importante, però- a favore dell’autore del libro.

Quindi rigetta la sua domanda per ricorrenza del fair use.

(notizia e link alla sentenza dal blog del prof. Eric Goldman)

Accettazione di adempimento parziale ex art. 1181 c.c. e risoluzione del contratto di appalto: possono coesistere?

L’accettazione di adempimento parziale ex art. 1181 cc non preclude al creditore di chiedere la risoluzione ricorrendone i presupposti (la non scarsa importanza dell’inademnpouimento, spt..).

Così Cass. 2223 del 25.01.2022, rel. Penta:

<<Questa Corte (Sez. 2, Sentenza n. 3786 del 17/02/2010) ha affermato
che nel contratto d’appalto il committente può rifiutare, ai sensi dell’art.
1181 c.c., l’adempimento parziale oppure accettarlo e, anche se la
parziale esecuzione del contratto sia tale da giustificarne la risoluzione,
può trattenere la parte di manufatto realizzata e provvedere direttamente
al suo completamento, essendo, poi, legittimato a chiedere in via
giudiziale che il prezzo sia proporzionalmente diminuito e, in caso di colpa
dell’appaltatore, anche il risarcimento del danno.

Inoltre, il committente può rifiutare l’adempimento parziale (art. 1181
c.c.) oppure accettarlo, secondo la propria convenienza, sicché,
quand’anche la parziale o inesatta esecuzione del contratto sia tale da
giustificarne la risoluzione, ciò non impedisce al committente stesso di
trattenere la parte di manufatto realizzata e di provvedere direttamente al
completamento e alla eliminazione degli eventuali difetti riscontrati,
chiedendo poi (al giudice) il risarcimento dei danni, che può tradursi in
una riduzione del prezzo pattuito, tenuto conto sia del valore dell opera
ineseguita che dell’ammontare delle spese sostenute dal suddetto (Sez. 2,
Sentenza n. 2573 del 12/04/1983).

E’ chiaro, poi, che la parte contraente la quale, di fronte all’inadempienza
dell’altra, anziché ricorrere alla domanda di risoluzione (o all’eccezione di
inadempimento), preferisce comunque dare esecuzione al contratto,
dimostra con tale comportamento di attribuire scarsa importanza,
nell’economia del negozio, all’inadempimento della controparte, con la
conseguenza che non sussiste per la risoluzione del contratto il
presupposto costituito dall’inadempimento di non scarsa importanza
secondo il disposto dell’art. 1455 c.c. (Sez. 2, Sentenza n. 4630 del
12/05/1994).

Senza tralasciare che, ai sensi dell’art. 1665, comma 4, c.c., è necessario
distinguere tra atto di “consegna” e atto di “accettazione” dell’opera,
atteso che, mentre la consegna costituisce un atto puramente materiale
che si compie mediante la messa a disposizione del bene a favore del
committente, l’accettazione esige, al contrario, che il committente esprima
(anche per facta concludentia) il gradimento dell’opera stessa, con
conseguente manifestazione negoziale la quale comporta effetti ben
determinati, quali l’esonero dell’appaltatore da ogni responsabilità per i
vizi e le difformità ed il conseguente suo diritto al pagamento del prezzo
(cfr. Sez. 1, Sentenza n. 19019 del 31/07/2017)
>>

In conclusione, <<l’accettazione, da parte del creditore, dell’adempimento
parziale che, a norma dell’art. 1181 c.c., egli avrebbe potuto rifiutare
non estingue il debito, ma semplicemente lo riduce, non precludendo
conseguentemente al creditore stesso di azionare la risoluzione del
contratto, nè al giudice di dichiararla, ove la parte residuale del credito
rimasta scoperta sia tale da comportare ugualmente la gravità
dell’inadempimento (Sez. 1, Sentenza n. 20 del 08/01/1987).

Nella fattispecie in esame, del resto, la risoluzione del contratto si pone
sullo sfondo, laddove la domanda principale della originaria opponente
accolta dalla corte di merito è quella di risarcimento dei danni, che può
anche essere sganciata dalla prima>>

La SC si dilunga anche sulla differenza: i) tra accettazione e consegna nell’appalto; ii) tra eccezione e mera difesa nel diritto processuale

Il diritto all’oblio comporta la deindicizzazione completa cioè anche della copia cache?

Cass. 3952 del 08.02.2022, rel. Falabella, decide il punto in oggetto (v. il testo, purtroppo in formato pdf che parrebbe fotografico e non copiabile ).

A parte ragionamenti sulla giurisdizione, importanti per l’operatore, il cuore della sentenza (emssa a seguito di ricorso ex 152 c. priv.) sta nella distinzione tra deindicizzazione dai motori di ricerca stricto sensu e cancellazione pure della copia cache della pagine web richieste/proposte.

Dice (spt. § 3.7) che si tratta di due aspetti diversi per i quali operano due bilanciamenti diversi tra il diritto di informare e quello all’oblio, p. 23: distinzione assente , si badi, nell’art. 17 GDPR. Non avendo il Trib. a quo dimenticato tale distinzione, rinvia al medesimo in altra sezione.

Affermazione che tiene in tanto in quanto sia vero la cache è richiamata/proposta a seguito di interrogazioni con modalità diverse da quelle che che ottengono/generano le pagine originali: cosa che allo stato non parrebbe e comunque che andrebbe approfondita.

Altro punto interessante è la (innegabile) distinzione tra deindicizzazione e cancellazione della notizia anche dalla pagina web originale: solo che la permanenza su questa ultima, senza la prima (deindicizzazione), di fatto è vanificata,  dato che sarà reperibile solo da quei pochissimi che sanno ivi trovarsi la notizia.

L’interesse sociale coincide con quello dei soci (attuali)?

La risposta è sostanzialmente positiva per Trib. Milano 0.09.2021, n° 7201/2021, RG 75268/2015, ASAM – AZIENDA SVILUPPO AMBIENTALE E MOBILITA’ SPA c. amminstratori e sindaci.

la domanda è avanzata ex art. 2392 cc. da una società pubblica partecipata da Provincia Milano ( poi da Regione Lombardia) e a sua volta deteneva  partecipazioni in altre società pubbliche.

Ebbene, quanto all’oggetto:

<<La natura e i connotati pubblicistici specifici di tale gruppo impongono una valutazione dell’interesse sociale, inteso come interesse delle singole società controllate, che non può prescindere dall’interesse (comune) degli enti controllanti, che si sono avvalsi per meglio gestire i servizi di trasporto pubblico di tale forma di organizzazione. [n.d.s.: errore, conta l’interesse dei soci, non delle società partecipate]

La totalità dei soci, i titolari di tutti le azioni di ASAM, senza eccezione alcuna (e dunque in quel momento la società stessa) hanno (ha) approvato l’operazione straordinaria di diminuzione del capitale sociale. Quale danno ora può chiedere la società agli amministratori sottoposti al volere dell’unanimità dei soci?

Né può la società far valere la lesione di interessi di terzi, ovvero dei creditori (i finanziatori) di ASAM, dal momento che certo non è legittimata ad agire in sostituzione di questi, i quali peraltro – pur potendo – non hanno attivato le tutele a loro disposizione, non avendo neppure tentato di proporre opposizione ex art. 2445 c.c. all’operazione di riduzione del capitale sociale.

L’addebito svolto nei confronti degli amministratori si riduce dunque all’aver agito nell’esclusivo interesse dei soci, sacrificando l’interesse della società. Ma a ben guardare, e dovendo il giudizio necessariamente presupporre una valutazione ex ante della ragionevolezza delle decisioni degli organi sociali, non può non osservarsi che nel momento in cui il c.d.a ha autorizzato l’intera operazione non era dato distinguere interesse della società da quello dei soci che all’unisono chiedevano si procedesse nel senso indicato.>>, p. 36.

Clusole onerose ex art. 1341 cc: serve bensì la predisposizione ex uno latere, purchè destinata a regolare una serie indefinita di rapporti

Sull’oggetto interviene Cass. 1.143 del 14.01.22, rel. Varrone, in questi termini:

<<La Corte d’Appello, come si è detto, ha dedotto la qualificazione del contratto dal raffronto con altri quattro contratti analoghi,rilevando, peraltro, che le condizioni contrattuali con specifico riferimento alla clausola in esame (remunerazione del patto di non concorrenza dopo la cessazione del rapporto) erano differenti, il che depone per una negoziazione del contenuto contrattuale tenuto conto anche della particolare natura del contratto fondato sull’intuitus personae.

Inoltre, con riferimento alla violazione e falsa applicazione degli artt. 1341 e 1342 cod. civ., la Corte di merito non ha considerato che le clausole onerose subordinate alla specifica approvazione per iscritto sono solo quelle che vengono inserite in contratti con condizioni generali predisposte da uno solo dei contraenti, ovvero conclusi mediante sottoscrizione di moduli o formulari; e che, secondo la giurisprudenza di legittimità consolidatasi in materia, possono qualificarsi come contratti “per adesione” esclusivamente le strutture negoziali destinate a regolare una serie indefinita di rapporti, tanto dal punto di vista sostanziale (se, cioè, predisposte da un contraente che esplichi attività contrattuale all’indirizzo di una pluralità indifferenziata di soggetti), quanto dal punto di vista formale (vale a dire se predeterminate nel contenuto a mezzo di moduli o formulari utilizzabili in serie): cfr. Sez. U n. 3989/1977; n. 4847/1986; n. 8407/1996; n. 2294/2001; n. 12153/2006; n. 7607/2015, fra le molte conformi).

Non possono, invece, ritenersi “per adesione” i contratti predisposti da uno dei due contraenti in previsione e con riferimento a singole e specifiche vicende negoziali e a cui l’altro contraente possa, del tutto legittimamente, richiedere ed apportare le necessarie modifiche dopo averne liberamente apprezzato il contenuto. La clausola in esame, pertanto, si sottrae, diversamente da quanto ritenuto nella sentenza impugnata, all’ambito di applicazione degli artt. 1341 e 1342 cod. civ. già solo per il fatto (pacifico) che il regolamento negoziale di cui si discute sia riferibile ad una platea limitata e ben definita di soggetti, vale a dire i soli agenti della Segafredo ed inoltre per il fatto di non essere stato predisposto a mezzo di moduli e formulari tanto che, con specifico riferimento alla remunerazione del patto di non concorrenza, le condizioni cambiavano di volta in volta.

D’altra parte, ai fini dell’operatività degli artt. 1341 e 1342 cod.civ., non è sufficiente che uno dei contraenti abbia predisposto l’intero contenuto del regolamento (senza il concorso dell’altra parte) ma è necessario che le condizioni in esso fissate non possano che accettarsi (o rifiutarsi), nella loro interezza e, comunque, siano finalizzate a disciplinare una serie indefinita di rapporti; condizioni che, per quanto detto, non sono affatto riscontrabili nel caso di specie.

Sul punto il Collegio intende dare continuità anche al seguente principio di diritto: «in tema di condizioni generali di contratto, perché sussista l’obbligo della specifica approvazione per iscritto di cui all’art. 1341, comma 2, c.c., non basta che uno dei contraenti abbia predisposto l’intero contenuto del contratto in modo che l’altra parte non possa che accettarlo o rifiutarlo nella sua interezza, ma è altresì necessario che lo schema sia stato predisposto e le condizioni generali siano state fissate, per servire ad una serie indefinita di rapporti, sia dal punto di vista sostanziale, perché confezionate da un contraente che esplichi attività contrattuale all’indirizzo di una pluralità indifferenziata di soggetti, sia dal punto di vista formale, in quanto predeterminate nel contenuto a mezzo di moduli o formulari utilizzabili in serie. Ne consegue che non necessitano di una specifica approvazione scritta le clausole contrattuali elaborate in previsione e con riferimento ad un singolo, specifico negozio da uno dei contraenti, cui l’altro possa richiedere di apportare le necessarie modifiche dopo averne liberamente apprezzato il contenuto» (Sez. 6-2, Ord. n. 20461 del 2020; Sez. 6-3, Ord. n. 17073 del 2013).

Risulta erronea, pertanto, l’affermazione della Corte d’Appello di Genova circa la natura del contratto in esame come concluso mediante moduli o formulari predisposto unilateralmente da uno dei contraenti per disciplinare in modo uniforme i rapporti contrattuali con gli agenti>>.

Che debba esserci il requisito  del take or leave e cioè della possibilità solo di accettare in blocco, par corretto.

Che tutti gli agenti della Segafredo Zanetti non integrino la serie indefinita di rapporti, invece,  pare dubbio (necessiterebbe di approfondimento).

La lettera dell’art. 1341 cc, parlando di <predisposizione>, è poco chiara circa la necessità che il modulo si riferisca ad una serie indeterminata ex ante di rapporti.

Rifiuto di ricevere la consegna dell’immobile locato in caso di danneggiamento dello stesso

Può il prorpietario rifiutare di ricevere la resttiuzione formale del’limmobile qualora sia danneggiato e l’iniquilino non versi una somma sufficiente a rimetterlo inpristino stato? Si , secondo Cass. n° 39.179 del 09.12.2021, rel. Dell’Utri.

Precusanebte; <<secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, in tema di locazione, allorché il conduttore abbia arrecato gravi danni all’immobile locato, o compiuto sullo stesso innovazioni non consentite, tali da rendere necessario per l’esecuzione delle opere di ripristino l’esborso di somme di notevole entità, in base all’economia del contratto e tenuto comunque conto delle condizioni delle parti, il locatore può legittimamente rifiutare di ricevere la restituzione del bene finché tali somme non siano state corrisposte dal conduttore, il quale, versando in mora, agli effetti dell’art. 1220 cod. civ., rimane tenuto altresì al pagamento del canone ex art. 1591 cod. civ., quand’anche abbia smesso di servirsi dell’immobile per l’uso convenuto (cfr. Sez. 3, ordinanza n. 7424 del 17 marzo 2021; Sez. 3, ordinanza n. 30960 del 27 dicembre 2017; Sez. 3, ordinanza n. 10394 del 27 aprile 2017; Sez. 3, Sentenza n. 12977 del 24/05/2013, Rv. 626376 – 01).>>

Anche Taiwan conferma che l’inventore deve essere un umano, per cui non può esserlo un sistema di Intelligenza Artificiale (ancora su DABUS)

GRUR International dà notizia di una decisione dell’ufficio brevettuale taiwanese (incardinato presso un Tribunale/Court, parrebbe dal nome) che rigetta la domanda di brevetto intestata alla intelligenza artificiale.

Manco a dirlo, si tratta del noto sistema di A.I. detto DABUS, autore del quale è il solito Stephen L. Thaler.

Ecco le massime presenti nella cit. rivista:

1. Only a natural person qualifies as an inventor under the patent laws of Taiwan. This reading is confirmed by a plain reading of the relevant statutes, the overall purpose of the patent system, and the inventor’s moral rights to indicate their name in the patent application.

2. An artificial intelligence system (AI) is not a person but an object of rights under the law of Taiwan. As such it cannot become a subject of rights, have legal capacity, or be entitled to legal rights.

3. The fact that an applicant only provides the name of an AI can be considered a failure to indicate the name and nationality of the inventor. If the applicant fails to remedy the omission within the statutory or specified time periods, the patent application shall be lawfully dismissed.