Il diritto all’oblio comporta la deindicizzazione completa cioè anche della copia cache?

Cass. 3952 del 08.02.2022, rel. Falabella, decide il punto in oggetto (v. il testo, purtroppo in formato pdf che parrebbe fotografico e non copiabile ).

A parte ragionamenti sulla giurisdizione, importanti per l’operatore, il cuore della sentenza (emssa a seguito di ricorso ex 152 c. priv.) sta nella distinzione tra deindicizzazione dai motori di ricerca stricto sensu e cancellazione pure della copia cache della pagine web richieste/proposte.

Dice (spt. § 3.7) che si tratta di due aspetti diversi per i quali operano due bilanciamenti diversi tra il diritto di informare e quello all’oblio, p. 23: distinzione assente , si badi, nell’art. 17 GDPR. Non avendo il Trib. a quo dimenticato tale distinzione, rinvia al medesimo in altra sezione.

Affermazione che tiene in tanto in quanto sia vero la cache è richiamata/proposta a seguito di interrogazioni con modalità diverse da quelle che che ottengono/generano le pagine originali: cosa che allo stato non parrebbe e comunque che andrebbe approfondita.

Altro punto interessante è la (innegabile) distinzione tra deindicizzazione e cancellazione della notizia anche dalla pagina web originale: solo che la permanenza su questa ultima, senza la prima (deindicizzazione), di fatto è vanificata,  dato che sarà reperibile solo da quei pochissimi che sanno ivi trovarsi la notizia.

L’interesse sociale coincide con quello dei soci (attuali)?

La risposta è sostanzialmente positiva per Trib. Milano 0.09.2021, n° 7201/2021, RG 75268/2015, ASAM – AZIENDA SVILUPPO AMBIENTALE E MOBILITA’ SPA c. amminstratori e sindaci.

la domanda è avanzata ex art. 2392 cc. da una società pubblica partecipata da Provincia Milano ( poi da Regione Lombardia) e a sua volta deteneva  partecipazioni in altre società pubbliche.

Ebbene, quanto all’oggetto:

<<La natura e i connotati pubblicistici specifici di tale gruppo impongono una valutazione dell’interesse sociale, inteso come interesse delle singole società controllate, che non può prescindere dall’interesse (comune) degli enti controllanti, che si sono avvalsi per meglio gestire i servizi di trasporto pubblico di tale forma di organizzazione. [n.d.s.: errore, conta l’interesse dei soci, non delle società partecipate]

La totalità dei soci, i titolari di tutti le azioni di ASAM, senza eccezione alcuna (e dunque in quel momento la società stessa) hanno (ha) approvato l’operazione straordinaria di diminuzione del capitale sociale. Quale danno ora può chiedere la società agli amministratori sottoposti al volere dell’unanimità dei soci?

Né può la società far valere la lesione di interessi di terzi, ovvero dei creditori (i finanziatori) di ASAM, dal momento che certo non è legittimata ad agire in sostituzione di questi, i quali peraltro – pur potendo – non hanno attivato le tutele a loro disposizione, non avendo neppure tentato di proporre opposizione ex art. 2445 c.c. all’operazione di riduzione del capitale sociale.

L’addebito svolto nei confronti degli amministratori si riduce dunque all’aver agito nell’esclusivo interesse dei soci, sacrificando l’interesse della società. Ma a ben guardare, e dovendo il giudizio necessariamente presupporre una valutazione ex ante della ragionevolezza delle decisioni degli organi sociali, non può non osservarsi che nel momento in cui il c.d.a ha autorizzato l’intera operazione non era dato distinguere interesse della società da quello dei soci che all’unisono chiedevano si procedesse nel senso indicato.>>, p. 36.

Clusole onerose ex art. 1341 cc: serve bensì la predisposizione ex uno latere, purchè destinata a regolare una serie indefinita di rapporti

Sull’oggetto interviene Cass. 1.143 del 14.01.22, rel. Varrone, in questi termini:

<<La Corte d’Appello, come si è detto, ha dedotto la qualificazione del contratto dal raffronto con altri quattro contratti analoghi,rilevando, peraltro, che le condizioni contrattuali con specifico riferimento alla clausola in esame (remunerazione del patto di non concorrenza dopo la cessazione del rapporto) erano differenti, il che depone per una negoziazione del contenuto contrattuale tenuto conto anche della particolare natura del contratto fondato sull’intuitus personae.

Inoltre, con riferimento alla violazione e falsa applicazione degli artt. 1341 e 1342 cod. civ., la Corte di merito non ha considerato che le clausole onerose subordinate alla specifica approvazione per iscritto sono solo quelle che vengono inserite in contratti con condizioni generali predisposte da uno solo dei contraenti, ovvero conclusi mediante sottoscrizione di moduli o formulari; e che, secondo la giurisprudenza di legittimità consolidatasi in materia, possono qualificarsi come contratti “per adesione” esclusivamente le strutture negoziali destinate a regolare una serie indefinita di rapporti, tanto dal punto di vista sostanziale (se, cioè, predisposte da un contraente che esplichi attività contrattuale all’indirizzo di una pluralità indifferenziata di soggetti), quanto dal punto di vista formale (vale a dire se predeterminate nel contenuto a mezzo di moduli o formulari utilizzabili in serie): cfr. Sez. U n. 3989/1977; n. 4847/1986; n. 8407/1996; n. 2294/2001; n. 12153/2006; n. 7607/2015, fra le molte conformi).

Non possono, invece, ritenersi “per adesione” i contratti predisposti da uno dei due contraenti in previsione e con riferimento a singole e specifiche vicende negoziali e a cui l’altro contraente possa, del tutto legittimamente, richiedere ed apportare le necessarie modifiche dopo averne liberamente apprezzato il contenuto. La clausola in esame, pertanto, si sottrae, diversamente da quanto ritenuto nella sentenza impugnata, all’ambito di applicazione degli artt. 1341 e 1342 cod. civ. già solo per il fatto (pacifico) che il regolamento negoziale di cui si discute sia riferibile ad una platea limitata e ben definita di soggetti, vale a dire i soli agenti della Segafredo ed inoltre per il fatto di non essere stato predisposto a mezzo di moduli e formulari tanto che, con specifico riferimento alla remunerazione del patto di non concorrenza, le condizioni cambiavano di volta in volta.

D’altra parte, ai fini dell’operatività degli artt. 1341 e 1342 cod.civ., non è sufficiente che uno dei contraenti abbia predisposto l’intero contenuto del regolamento (senza il concorso dell’altra parte) ma è necessario che le condizioni in esso fissate non possano che accettarsi (o rifiutarsi), nella loro interezza e, comunque, siano finalizzate a disciplinare una serie indefinita di rapporti; condizioni che, per quanto detto, non sono affatto riscontrabili nel caso di specie.

Sul punto il Collegio intende dare continuità anche al seguente principio di diritto: «in tema di condizioni generali di contratto, perché sussista l’obbligo della specifica approvazione per iscritto di cui all’art. 1341, comma 2, c.c., non basta che uno dei contraenti abbia predisposto l’intero contenuto del contratto in modo che l’altra parte non possa che accettarlo o rifiutarlo nella sua interezza, ma è altresì necessario che lo schema sia stato predisposto e le condizioni generali siano state fissate, per servire ad una serie indefinita di rapporti, sia dal punto di vista sostanziale, perché confezionate da un contraente che esplichi attività contrattuale all’indirizzo di una pluralità indifferenziata di soggetti, sia dal punto di vista formale, in quanto predeterminate nel contenuto a mezzo di moduli o formulari utilizzabili in serie. Ne consegue che non necessitano di una specifica approvazione scritta le clausole contrattuali elaborate in previsione e con riferimento ad un singolo, specifico negozio da uno dei contraenti, cui l’altro possa richiedere di apportare le necessarie modifiche dopo averne liberamente apprezzato il contenuto» (Sez. 6-2, Ord. n. 20461 del 2020; Sez. 6-3, Ord. n. 17073 del 2013).

Risulta erronea, pertanto, l’affermazione della Corte d’Appello di Genova circa la natura del contratto in esame come concluso mediante moduli o formulari predisposto unilateralmente da uno dei contraenti per disciplinare in modo uniforme i rapporti contrattuali con gli agenti>>.

Che debba esserci il requisito  del take or leave e cioè della possibilità solo di accettare in blocco, par corretto.

Che tutti gli agenti della Segafredo Zanetti non integrino la serie indefinita di rapporti, invece,  pare dubbio (necessiterebbe di approfondimento).

La lettera dell’art. 1341 cc, parlando di <predisposizione>, è poco chiara circa la necessità che il modulo si riferisca ad una serie indeterminata ex ante di rapporti.

Rifiuto di ricevere la consegna dell’immobile locato in caso di danneggiamento dello stesso

Può il prorpietario rifiutare di ricevere la resttiuzione formale del’limmobile qualora sia danneggiato e l’iniquilino non versi una somma sufficiente a rimetterlo inpristino stato? Si , secondo Cass. n° 39.179 del 09.12.2021, rel. Dell’Utri.

Precusanebte; <<secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, in tema di locazione, allorché il conduttore abbia arrecato gravi danni all’immobile locato, o compiuto sullo stesso innovazioni non consentite, tali da rendere necessario per l’esecuzione delle opere di ripristino l’esborso di somme di notevole entità, in base all’economia del contratto e tenuto comunque conto delle condizioni delle parti, il locatore può legittimamente rifiutare di ricevere la restituzione del bene finché tali somme non siano state corrisposte dal conduttore, il quale, versando in mora, agli effetti dell’art. 1220 cod. civ., rimane tenuto altresì al pagamento del canone ex art. 1591 cod. civ., quand’anche abbia smesso di servirsi dell’immobile per l’uso convenuto (cfr. Sez. 3, ordinanza n. 7424 del 17 marzo 2021; Sez. 3, ordinanza n. 30960 del 27 dicembre 2017; Sez. 3, ordinanza n. 10394 del 27 aprile 2017; Sez. 3, Sentenza n. 12977 del 24/05/2013, Rv. 626376 – 01).>>

Anche Taiwan conferma che l’inventore deve essere un umano, per cui non può esserlo un sistema di Intelligenza Artificiale (ancora su DABUS)

GRUR International dà notizia di una decisione dell’ufficio brevettuale taiwanese (incardinato presso un Tribunale/Court, parrebbe dal nome) che rigetta la domanda di brevetto intestata alla intelligenza artificiale.

Manco a dirlo, si tratta del noto sistema di A.I. detto DABUS, autore del quale è il solito Stephen L. Thaler.

Ecco le massime presenti nella cit. rivista:

1. Only a natural person qualifies as an inventor under the patent laws of Taiwan. This reading is confirmed by a plain reading of the relevant statutes, the overall purpose of the patent system, and the inventor’s moral rights to indicate their name in the patent application.

2. An artificial intelligence system (AI) is not a person but an object of rights under the law of Taiwan. As such it cannot become a subject of rights, have legal capacity, or be entitled to legal rights.

3. The fact that an applicant only provides the name of an AI can be considered a failure to indicate the name and nationality of the inventor. If the applicant fails to remedy the omission within the statutory or specified time periods, the patent application shall be lawfully dismissed.

Giudice USA sulla illecita estrazione di audio da un audiovisivo su Youtube (c.d. stream ripping)

Interessante il Report and Recommendations del giudice Buchanan della Virginia per la District Court  sulla pratica di business in oggetto, attuata da tal sig. Kurbanov, titolare e creatore dei siti www.FLVTO.biz e www.2conv.com .

La proposta segue un precedente contenzioso, reperibile in rete.

Si tratta di East. Dist. of Virginia, Alexandria Division, 16 dicembre 2021, Case 1:18-cv-00957-CMH-TCB, UMG Recordings e altri c. Kurbanov.

Interessante non è tanto il giudizio di illiceità (violazine del diritto di riproduzione e di distribuzione), che è ovvio; quanto invece, da un lato,  la descrizione della pratica del ripping (stream-ripping, con circonvenzione delle misure di sicurezza predisposte da Youtube) dell’audio dall’audiovisivo e, dall’altro,  la quantificazione dei danni ($ 1.250,0 per ogni violazione, che , moltiplicate per 1.618 violazioni, danno un totale di $ 2.022.500).

Da segnalare pure che viene accertata sia una violazione diretta che in compartecipazione alla violazione altui (contributory infringement), laddove incitava gli utenti a procedere in tale senso.

Ciò in base al DMCA.

In base al copyright act, poi, liquida aggiuntivi $ 80.990, dati da $ 50 per ogni violazione.   I criteri sono i soliti, parzialmente simili al ns. art. 158 l. aut.: spese risparmiate, profitti maturati , elemento soggettivo etc. (v. IV requested relief, sub A e sub B).

Rifiuto di Apple di inserire applicazioni di terza parte sul suo marketplace: non è abuso di dominanza

Un tribunale californiano esamina la domanda giudiziale di un soggetto le cui applicazioni sono escluse dal marketplace di Apple

Si tratta del distretto nord della California, 30 novembre 2021 , Case No. 21-cv-05567-EMC, Coronivirus reportter e altri c. Apple .

Si trattava soprattutto di applicazioni per finalità sanitarie tra cui la gestione di dati sull’infezione da covid-19.

La domanda era basata su violazione dello sherman act e di contratto.

La domanda in antitrust è respinta sia per motivi processuali (insufficiente definizione del mercato rilevante; “implausibilità” del claim, secondo le regole  processuali ) sia nel merito.

Circa quest’ultimo egli aveva l’onere di allegare un danno <<to “competition in the market as a whole”—such as marketwide  reduction in output or increase in prices—“not merely injury to itself as a competitor” in the market>>, p. 22.15-17.

La sua allegazione era:

“Apple’s refusal to sell notarization stamps or onboarding
software . . . is intended to harm competition app developers,
like Plaintiffs and Class Members.” FAC ¶ 173.
• “The artificial monopoly created by notarization stamps and
software onboarding results in damages to nearly twenty
million proposed class members of approximately one
thousand dollars each. . . When the stamps aren’t issued,
further damages accrue from lost app revenues. . . In China,
‘open’ app stores are ten times the size of Apple’s App Store
in China.” FAC ¶ 174.
• “Much damage is done to the overall competition within the
institutional app markets, as a result of Apple’s
anticompetitive practices in userbase access, notarization and
onboarding. But the damages extend beyond those markets,
into the overall US economy, and even public health
response, in the case of Coronavirus Reporter.” FAC ¶ 179
• “Apple’s conduct and unlawful contractual restrains harm a
market that forms a substantial part of the domestic
economy, the smartphone enhanced internet device app
market.” FAC ¶ 200.

Il tribuale però ritiene non rispetti il requisito di cui sopra.

Sentenza alquanto ragionata e utile per eventuale approfondimento.

Uno dei massimi esperti USA suggerisce l’adozione nel suo paese della disciplina europea dell’abuso di posizione dominante : v. il breve ma chiaro articolo 20.12.2021 di Hovenkamp in promarket.org.

Registrazione come marchio di segni di particolare interesse pubblico (art. 7.1.i, reg. 207/2009)

Un’astuto soggetto austriaco chiede la registrazione come marchio per olio di semi di un segno figurativo/denominativo  contenente (in posizione preminente ) il segno IGP (in tedesco ….)= dell’Unione Europea, posto dal reg. 1152/2021 sul regime di qualità dei prodotto alimetnaire, ivi § 6 (però in GUCE L343 del 14.12.2012 il segno non c’è, salvo errore).

Vi aggiugne l’espressine <<Olio di semi di zucca, conforme all’indicazione geografica protetta “olio di semi di zucca della Stiria”>> (in tedesco).

La domanda è respinta per inottemperanza all’art. 7.1.i del reg. 207-2009: <<i marchi che comprendono distintivi, emblemi o stemmi diversi da quelli previsti dall’articolo 6 ter della convenzione di Parigi e che presentano un interesse pubblico particolare, a meno che le autorità competenti ne abbiano autorizzato la registrazione;>>.

Decide Trib. UE , 01.12.2021, T-700/20, Schmid c. EUIPO , annullando la decisione amminsitrativa di rigetto , perchè non ha considerato nel suo esame  <<se il pubblico rischi di credere, a causa della presenza nel marchio contestato della riproduzione del simbolo IGP, che i prodotti designati da tale marchio beneficino dell’approvazione o della garanzia dell’autorità alla quale tale emblema rinvia, vale a dire l’Unione, oppure che siano collegati in altro modo con quest’ultima. I>>, § 34.

Tale condizione per vero non è prescritta in modo esplicito, ma viene desunta dalla precedente lettera h) del medesimo art. 7.1: il quale rinvia all’art. 6 ter della Conv. Unione di Parigi (e qui al § 1.c), ove invece figura.

Solo che mentre la lett. h contiene un rinvio espresso, la lettera i) tace. Per cui, se si dà importanza al brocardo ubi lex voluit dixit , ubi noluit tacuit, la soluzione appare faticosa.

Curatore speciale ex art. 78 cpc per la società in lite: interessante intervento della Cassazione

Cass. n° 38.883 del 07.12.2021, rel. Nazzicone, interviene sul tema.

Nonostante riguardi il diritto processuale, ne dò conto per la sua importanza pratica.

Il provvedimento analizza partitamente l’applicazione dell’art. 78 cpc alle società e dunque sarà la decisione di riferimento in tema

Riporto il principio di diritto, affermato ex art. 383 cpc: <<Non sussiste un conflitto immanente d’interessi, tale da condurre in ogni caso alla nomina di un curatore speciale ex art. 78 c.p.c., nei giudizi di impugnazione delle deliberazioni assembleari di società, in cui il legislatore prevede la legittimazione passiva esclusivamente in capo alla società, in persona di chi ne abbia la rappresentanza legale; nè è fondata una valutazione di conflitto di interessi in capo all’amministratore, solo in quanto la deliberazione assembleare abbia ad oggetto profili di pertinenza dello stesso organo gestorio (come per l’approvazione del bilancio sociale d’esercizio che l’organo amministrativo abbia come per legge redatto, o per la deliberazione di determinazione dei compensi dell’organo gestorio ex art. 2389 c.c. o per la delibera di autorizzazione al compimento di un atto gestorio ex art. 2364 c.c., comma 1, n. 5, etc.), posto che ravvisarvi un’immanente situazione di conflitto di interessi indurrebbe alla nomina di un curatore speciale alla società in tutte o quasi tutte le cause di impugnazione delle deliberazioni assembleari o consiliari, con l’effetto discorsivo, non voluto dal legislatore processuale, per cui il socio impugnante tenterebbe sempre di ottenere, mediante il surrettizio ricorso al procedimento di nomina di un curatore speciale alla società ex art. 78 c.p.c., l’esautoramento dell’organo amministrativo dalla decisione delle strategie di tutela a nome della stessa>.>