l’eredità sui dati personali, ora, è regolata

la legge di adeguamento (d. lgs. 10 agosto 2018, n. 101) della nostra legislazione al reg. UE 2016/679 ha introdotto un art. 2 terdecies nel codice privacy (d. lgs. 196/2003) , che pone delle regole di rilievo successorio.

Dice infatti:

<<Art. 2-terdecies – Diritti riguardanti le persone decedute

1. I diritti di cui agli articoli da 15 a 22 del Regolamento riferiti ai dati personali concernenti persone decedute possono essere esercitati da chi ha un interesse proprio, o agisce a tutela dell’interessato, in qualità di suo mandatario, o per ragioni familiari meritevoli di protezione.

2. L’esercizio dei diritti di cui al comma 1 non è ammesso nei casi previsti dalla legge o quando, limitatamente all’offerta diretta di servizi della società dell’informazione, l’interessato lo ha espressamente vietato con dichiarazione scritta presentata al titolare del trattamento o a quest’ultimo comunicata.
3. La volontà dell’interessato di vietare l’esercizio dei diritti di cui al comma 1 deve risultare in modo non equivoco e deve essere specifica, libera e informata; il divieto può riguardare l’esercizio soltanto di alcuni dei diritti di cui al predetto comma.
4. L’interessato ha in ogni momento il diritto di revocare o modificare il divieto di cui ai commi 2 e 3.
5. In ogni caso, il divieto non può produrre effetti pregiudizievoli per l’esercizio da parte dei terzi dei diritti patrimoniali che derivano dalla morte dell’interessato nonché del diritto di difendere in giudizio i propri interessi>> (testo da altalex.com)

 

Volendo sintetizzare quanto sopra:

  • i principali diritti sui dati personali possono essere esercitati  anche dopo il decesso del titolare. La legittimazione è triplice, spettando a chi:  i) ha un interesse proprio, o ii) agisce a tutela dell’interessato, in qualità di suo mandatario, o iii) per ragioni familiari meritevoli di protezione.
    • resta da capire la portata di tali legittimazioni; la meno semplice sembra la prima (sub i) ).
  • questo non vale qualora  l’interessto lo abbia espressamente vietato; tale divieto però è possibile solo relativamente “all’offerta diretta di servizi della società dell’informazione”.
    • cioè? Social, posta elettronica, hosting di qualunque tipo, …?
  • il divieto non può essere generale, ma deve concernere l’esercizio di alcuni solo dei diritti indicati (quelli da 15 a 22 del reg. UE);
    • se li riguarda tutti, il divieto sarà verosimilmetne nullo per violazione di norma imperativa.
    • il difficile sarà capire quando è superata la soglia di validità.
  • tale divieto non può pregiudicare l’esercizio  da parte dei terzi :  i) dei diritti patrimoniali “derivanti” dalla successione de qua, nè ii) del diritto di difesa in giudizio
    • Circa l’ipotesi sub ii) :
      • qualunque sia l’oggetto del giudizio, parrebbe.
      • e solo per la tutela giudiziale. In fase stragiudiziale, invece, il divieto pare pienamente operante, costringendo in tale caso il terzo interessato ad andare in Tribunale se ritiene necessario avvalersi dei mezzi difensivi traibili dai dati personali del de cuius

L’Assonime ha già diffuso una  circolare sul punto: Circolare 25/2018 – Trattamento dei dati personali di persone decedute: le disposizioni del decreto legislativo n. 101/2018 ,  del 03.12.2018 (accesso riservato).

diritto all’oblio vs. diritto di cronaca: norma di riferimento

la norma di riferimento sul tema è l’art. 17 del GDPR ( REGOLAMENTO (UE)  2016/679 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 27 aprile 2016 relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati)) , secondo cui:

<< Articolo 17
Diritto alla cancellazione («diritto all’oblio»)
1. L’interessato ha il diritto di ottenere dal titolare del trattamento la cancellazione dei dati personali che lo riguardano senza ingiustificato ritardo e il titolare del trattamento ha l’obbligo di cancellare senza ingiustificato ritardo i
dati personali, se sussiste uno dei motivi seguenti:
a) i dati personali non sono più necessari rispetto alle finalità per le quali sono stati raccolti o altrimenti trattati;
b) l’interessato revoca il consenso su cui si basa il trattamento conformemente all’articolo 6, paragrafo 1, lettera a), o all’articolo 9, paragrafo 2, lettera a), e se non sussiste altro fondamento giuridico per il trattamento;
c) l’interessato si oppone al trattamento ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 1, e non sussiste alcun motivo legittimo prevalente per procedere al trattamento, oppure si oppone al trattamento ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 2;
d) i dati personali sono stati trattati illecitamente;
e) i dati personali devono essere cancellati per adempiere un obbligo legale previsto dal diritto dell’Unione o dello Stato membro cui è soggetto il titolare del trattamento;
f) i dati personali sono stati raccolti relativamente all’offerta di servizi della società dell’informazione di cui all’articolo 8, paragrafo 1.

  1. Il titolare del trattamento, se ha reso pubblici dati personali ed è obbligato, ai sensi del paragrafo 1, a cancellarli, tenendo conto della tecnologia disponibile e dei costi di attuazione adotta le misure ragionevoli, anche tecniche, per informare i titolari del trattamento che stanno trattando i dati personali della richiesta dell’interessato di cancellare qualsiasi link, copia o riproduzione dei suoi dati personali.
  2. I paragrafi 1 e 2 non si applicano nella misura in cui il trattamento sia necessario:
    a) per l’esercizio del diritto alla libertà di espressione e di informazione;
    b) per l’adempimento di un obbligo legale che richieda il trattamento previsto dal diritto dell’Unione o dello Stato membro cui è soggetto il titolare del trattamento o per l’esecuzione di un compito svolto nel pubblico interesse oppure nell’esercizio di pubblici poteri di cui è investito il titolare del trattamento;
    c) per motivi di interesse pubblico nel settore della sanità pubblica in conformità dell’articolo 9, paragrafo 2, lettere h) e i), e dell’articolo 9, paragrafo 3;
    d) a fini di archiviazione nel pubblico interesse, di ricerca scientifica o storica o a fini statistici conformemente all’articolo 89, paragrafo 1, nella misura in cui il diritto di cui al paragrafo 1 rischi di rendere impossibile o di pregiudicare gravemente il conseguimento degli obiettivi di tale trattamento; o
    e) per l’accertamento, l’esercizio o la difesa di un diritto in sede giudiziaria.>>

diritto all’oblio vs. diritto di cronaca: rimessione alle sezioni unite della Corte di Cassazione

La Cassazione ora rimette la questione alle sezioni unite (Cass. 05/11/2018, n. 28084), in quanto  questione di massima di particolare importanza (art. 374/2 cpc), così concludendo  :

<< 9.  Il bilanciamento tra il diritto di cronaca ed il diritto all’oblio incide sul modo di intendere la democrazia nella nostra attuale società civile, che, da un lato fa del pluralismo delle informazioni e della loro conoscenza critica un suo pilastro fondamentale; e, dall’altro, non può prescindere dalla tutela della personalità della singola persona umana nelle sue diverse espressioni.

Sembra al Collegio che, soltanto partendo dal caso concreto, sia possibile definire: quando possa effettivamente configurarsi un interesse pubblico alla conoscenza di fatti (tali non essendo le insinuazioni di dubbi e le voci incontrollate); quando, nonostante il tempo trascorso dai fatti, detto interesse possa essere considerato attuale; in che termini, sulla sussistenza di detto interesse, possa incidere la gravità e la rilevanza penale del fatto, la completezza (o la incompletezza) della notizia del fatto, la finalità di trattamento del dato (se, ad es., per fini di ricerca scientifica o storica, per fini statistici, per fini di informazione o per altri motivi, ad es. di marketing), la notorietà (o la mancanza di notorietà) della persona interessata, la chiarezza della forma espositiva utilizzata (anche evitando l’accorpamento e l’accostamento di notizie false a notizie vere).

Il delicato assetto dei rapporti tra diritto all’oblio e diritto di cronaca o di manifestazione del pensiero assume così – alla luce del vigente quadro normativo e giurisprudenziale, nazionale ed Europeo, il primo dei quali come di recente innovato, a garanzia del generale principio della certezza del diritto – i contorni della questione di massima di particolare importanza, parendo ormai indifferibile l’individuazione di univoci criteri di riferimento che consentano agli operatori del diritto (ed ai consociati) di conoscere preventivamente i presupposti in presenza dei quali un soggetto ha diritto di chiedere che una notizia, a sè relativa, pur legittimamente diffusa in passato, non resti esposta a tempo indeterminato alla possibilità di nuova divulgazione; e, in particolare, precisare in che termini sussiste l’interesse pubblico a che vicende personali siano oggetto di (ri)pubblicazione, facendo così recedere il diritto all’oblio dell’interessato in favore del diritto di cronaca.

Si rimettono pertanto gli atti al Primo Presidente della Corte per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite della questione di massima di particolare importanza, concernente il bilanciamento del diritto di cronaca – posto al servizio dell’interesse pubblico all’informazione – e del c.d. diritto all’oblio – posto a tutela della riservatezza della persona – alla luce del quadro normativo e giurisprudenziale negli ordinamenti interno e sovranazionale.>>

Si badi la cronologia: fatti storici del 1982, articolo giornalistico del 2009.

diritto all’oblio vs. diritto di cronaca: caso Venditti c. RAI

Secondo Cass. civ. 20/03/2018 n. 6919. Est. Valitutti, Venditti Antonio c. RAI – Radiotelevisione Italiana S.p.a, § 3:

<<Da tale quadro normativo – desumibile da un reticolo di norme nazionali (art. 2 Cost., art. 10 c.c., L. n. 633 del 1941, art. 97) ed Europee (artt. 8 e 10, comma 2 CEDU, artt. 7 e 8 della Carta di Nizza – e giurisprudenziale di riferimento deve, pertanto, inferirsi che il diritto fondamentale all’oblio può subire una compressione, a favore dell’ugualmente fondamentale diritto di cronaca, solo in presenza di specifici e determinati presupposti:

1) il contributo arrecato dalla diffusione dell’immagine o della notizia ad un dibattito di interesse pubblico;

2) l’interesse effettivo ed attuale alla diffusione dell’immagine o della notizia (per ragioni di giustizia, di polizia o di tutela dei diritti e delle libertà altrui, ovvero per scopi scientifici, didattici o culturali), da reputarsi mancante in caso di prevalenza di un interesse divulgativo o, peggio, meramente economico o commerciale del soggetto che diffonde la notizia o l’immagine;

3) l’elevato grado di notorietà del soggetto rappresentato, per la peculiare posizione rivestita nella vita pubblica e, segnatamente, nella realtà economica o politica del Paese;

4) le modalità impiegate per ottenere e nel dare l’informazione, che deve essere veritiera (poichè attinta da fonti affidabili, e con un diligente lavoro di ricerca), diffusa con modalità non eccedenti lo scopo informativo, nell’interesse del pubblico, e scevra da insinuazioni o considerazioni personali, sì da evidenziare un esclusivo interesse oggettivo alla nuova diffusione;

5) la preventiva informazione circa la pubblicazione o trasmissione della notizia o dell’immagine a distanza di tempo, in modo da consentire all’interessato il diritto di replica prima della sua divulgazione al grande pubblico.

In assenza di tali presupposti, la pubblicazione di una informazione concernente una persona determinata, a distanza di tempo da fatti ed avvenimenti che la riguardano, non può che integrare, pertanto, la violazione del fondamentale diritto all’oblio, come configurato dalle disposizioni normative e dai principi giurisprudenziali suesposti.>>