Resposting di fotografie e aggiunta di commento asseritamente ingiurioso è coperto da safe harbour ex § 230 CDA?

Dice di si l’appello calforniano 1st appellate district – division one, 15 dicembre 2022, A165836, A165841, A.H e altri c. Labana.

A seguito della morte di George Floyd e del reperimento della foto su internet di alcuni alunni (della stessa scuola del figlio) col volto dipinto di nero (con significato razzialmnente derisorio), una mamma di colore organizza con altra mamma una marcia di protesta.

Crea allo scopo un “evento Facebook” che include la foto medesima (senza nomi; ma erano stati da altri identificati). Vi aggiunge il commento “This is a protest to [sic] the outrageous behavior that current and former students from SFHS did–A George Floyd [I]nstagram account making fun of his death, the fact that he could not breath [sic] and kids participating in black face and thinking that this is all a joke.

Does the SFHS administration think this is a joke? Please join us at the entrance of the school off of Miramonte St. and make sure this administration knows that this type of behavior will NOT be tolerated.

Please remember to practice social distancing, wear a mask and bring a sign if you would like! Feel free to add people to this list”.

Gli alunni rappresentati nella foto agiscono per difamazione anche verso questa mamma .

Il giudice di primo e secondo grado però confermano che opera il § 230 CDA come safe harbour (come internet service user, direi , non provider) dato che era stato accertato che la mamma no era autrice della foto stessa, trattandosi solo di reposting (condivisione).

(notizia e link alla sentenza dal blog del prof. Eric Goldman)

Per evitare la condanna per diffamazione da post presente nel proprio account, bisogna almeno denunciare per furto di identità

Questo di fatto è l’insegnamento fornito da Cass. pen. sez, 5 n. 40.309 depositata il 25.10.2022, ud. 22.06.2022, Perrone Angelo.

Per vero viene fornito in maniera oppopsta e cioè nel senso che la mancata denuncia di tale reato (art. 494 cp: sostituizione di persona e/o  art. 640 ter c.p. Frode inforamtica) costituisce indizio di colpevolezza.

<< Tale argomentazione appare corretta, rispondendo a criteri logici e a condivise
massime di esperienza trarre elementi di rilievo – in ordine alla provenienza di un
post da un determinato utente – dall’omessa denuncia dell’uso illecito del proprio
profilo, eventualmente compiuto da parte di terzi.
E,
infatti, questa Corte ha già ritenuto che l’omessa denuncia del c.d. “furto
di identità”, da parte dell’intestatario della bacheca sulla quale vi è stata la
pubblicazione di post “incriminati”, possa costituire valido elemento indiziario
(Sez. 5, n. 4239 del 21/10/2021, dep. 2022, Ciocca, n.m.; Sez. 5, n. Sez. 5, n.
45339 del 13/07/2018, Petrangelo, n. m.; Sez. 5, n. 8328 del 13/07/2015, dep.
2016, Martinez, n.nn.).>>

Tutela dell’onore v. diritto di cronaca: sul concetto di verità nell’intervista giornalistica

Cass. n. 23.166 del 25.07.22, rell Pazzi, sez. 1, interviene nella lite tra Il Fatto Quotidiano  e Finivest circa gli allegati danni dal primo cagionati alla seconda in occasione di articoli sul presunto ricorso a finamziamenti illeciti per sopperire alla gravissima crisi finanziaria (circostanze emergenti dal merito ma poco chiaramente dalla SC).

<< 8.3 Il secondo profilo di censura sollevato dalla società ricorrente contesta la tesi della Corte palermitana secondo cui la critica, mirando a valutare soggettivamente una data informazione, non comporta l’obbligo di esporre anche argomenti di segno contrario e sostiene che un simile assunto ha finito per legittimare l’esercizio di un diritto di critica fondato su dati incompleti e superati.

Sotto questo profilo il mezzo in esame merita di essere condiviso.

Se è pur vero che il diritto di critica non si concreta, come quello di cronaca, nella narrazione veritiera di fatti, ma si esprime in un giudizio che, come tale, non può che essere soggettivo e separato rispetto ai fatti stessi, resta comunque fermo che il fatto presupposto ed oggetto della critica deve corrispondere a verità, sia pure non assoluta, ma ragionevolmente putativa per le fonti da cui proviene o per altre circostanze oggettive, così come accade per il diritto di cronaca (Cass. 7847/2011).

In altri termini, il diritto di critica non si concreta nella mera narrazione di fatti, ma si esprime in un giudizio avente carattere necessariamente soggettivo rispetto ai fatti stessi; tuttavia, per riconoscere efficacia esimente all’esercizio di tale diritto, occorre che il fatto presupposto ed oggetto della critica corrisponda a verità, sia pure non assoluta, ma – come già si è detto – ragionevolmente putativa per le fonti da cui proviene o per altre circostanze soggettive (Cass. 25420/2017).>>

Bisogna poi che i fatti siano non solo veri ma anche non ridotti alla bisogna del giornalista  e cioè che siuano esposti per intero:

<< 8.4 E’ evidente, poi, che togliendo porzioni della complessiva realtà fattuale che si intende criticare si può alterare la veridicità della descrizione fattane, nel caso in cui le parti tralasciate abbiano caratteristiche tali da compromettere il significato di quanto espressamente riferito.

La ricostruzione parziale dei fatti, ove sia avvenuta omettendo di riferire circostanze capaci di attribuire a quanto narrato un senso del tutto diverso, influisce quindi sul carattere di veridicità del fatto presupposto ed oggetto della critica.

Il che significa che la narrazione del fatto presupposto dalla critica, per corrispondere a verità, deve avvenire non solo riferendo circostanze in sé veridiche, ma anche avendo cura di non tralasciare ogni rilevante circostanza di contorno che sia, per sua natura, capace di alterare in maniera rilevante il significato della narrazione compiuta.

Non è perciò corretto il procedere a una ricostruzione volontariamente distorta della realtà fattuale, omettendo ad arte porzioni di significativo rilievo con lo scopo di attirare l’attenzione negativa dei lettori sulla persona criticata (v. Cass. 6902/2012).

8.5 La giurisprudenza penale di questa Corte in materia di diffamazione a mezzo stampa ha ritenuto che il diritto di cronaca non ricorra quando si offre il resoconto di fatti distanti nel tempo, in relazione ai quali è legittimo pretendere un’attenta verifica di tutte le fonti disponibili, con la conseguenza che, laddove si dia conto di vicende giudiziarie, incombe l’obbligo di accertare e rappresentare compiutamente lo sviluppo degli esiti processuali delle stesse (Cass. 13941/2015).

Il principio può essere mutuato rispetto alla narrazione del fatto presupposto ed oggetto del diritto di critica – che, come detto, si ispira ai medesimi principi regolatori del diritto di cronaca – con riguardo alla necessaria corrispondenza a verità della notizia di natura giudiziaria su cui l’opinione si fonda e all’obbligo di non tralasciare circostanze che possano influire in maniera rilevante sul significato di quanto narrato.

La necessaria corrispondenza a verità della notizia su cui l’opinione si fonda, laddove si dia conto di vicende giudiziarie risalenti nel tempo, comporta quindi l’obbligo di accertare e rappresentare compiutamente lo sviluppo degli esiti processuali delle stesse, ove tale sviluppo abbia un significativo rilievo nella rappresentazione della realtà fattuale, cosicché un riferimento selettivo ed incompleto delle sorti del procedimento giudiziario costituente il fatto presupposto della critica mina il fondamento del diritto esercitato e con esso la sua portata esimente.>>

Diritto alla reputazione vs. diritto di critica giornalistica: ecco la decisione fiorentina nel caso Renzi v. Travaglio

Sentenza interessante da Trib. Firenze 18.08.2022 n. 2348/2022, RG 9217/2020, G.U. Donnarumma Massimo, nella causa civile per illecito aquiliano diffamatorio di Marco Travaglio ai danni di Matteo Renzi.

Viene riportato l’intero passo censurato:

<<GRUBER: “Tu, oggi, definisci Renzi un mitomane?”»
T
RAVAGLIO: “Si, è una forma di mitomania molesta che, probabilmente, risale a fattori prepolitici che
andrebbero studiati da specialisti clinici. Probabilmente vuole farci pagare colpe ataviche, non so se
lo prendevano in giro da bambino, non so se vuole farci pagare il fatto che gli italiani non lo hanno
capito e lo hanno bocciato più volte, che il mondo non comprende il suo genio. Sta di fatto che lo
spettacolo penoso di ieri sera denota, secondo me, una svolta che non può essere nemmeno definita più
uno show, è una cosa penosa. Secondo me per l’igiene della politica bisognerebbe cominciare a fare
una specie di silenzio stampa, cioè una moratoria nel continuare a mettere il microfono davanti a una
persona che chiaramente non è compos sui, non è in sé. Ha appiccato il fuoco al governo Letta lo ha
fatto cadere, poi ha silurato se stesso. Sta cercando di silurare Conte e ieri ha proposto una soluzione
per rafforzare il premier, eleggendolo direttamente. Cosa che non accade in nessun paese del mondo
tranne che in Israele, credo. Voleva abolire la prescrizione e adesso vuole sfiduciare il ministro
Buonafede che l’ha, in parte, abolita. Diffida l’attuale maggioranza dal cercare altre maggioranze e
poi lui, ieri, ha proposto un’altra maggioranza con il centrodestra, che non se lo è filato di pezza, per
fare il sindaco di Italia. Non si capisce neanche di che stia parlando, dovrebbe cambiare venti o trenta
articoli della Costituzione per farlo, in una situazione in cui già non si riescono a far passare le leggi
ordinarie, figurarsi se passerebbero leggi costituzionali. Bisognerebbe cominciare a trattarlo come un
caso umano e dirgli, va bene, quando fai cadere il governo avvertici, per il momento ci siamo stufati.
Perché, poi queste cose, come diceva il professor Monti, si pagano. Nel senso che lo spread si era
abbassato quando c’era una parvenza di stabilità. C’è un governo che sta cercando di fare delle cose
importanti e che tutti i giorni si ritrova di fronte ai ricatti di uno che dice sempre il contrario degli altri
a prescindere, contraddicendo tutta la sua storia quotidianamente, quindi un minimo di moratoria,
secondo me, sarebbe igienica
>>

Il punto critico , naturalmente, è laddove T. dà a R. del <mitomane> , <caso umano> e <fattori prepolitici che andrebbero studiati da specialisti clinici>. Qui infatti per il Tribunale si eccede la critica politica.   Resta però da accertare la idoneità lesiva; la quale viene negata, così motivando:

< E2) Andando, ora, al cuore del problema poc’anzi prospettato, fa d’uopo rilevare che le espressioni in esame, pur connotandosi a tratti per un sarcasmo pungente, teso a dileggiare la figura del senatore Renzi, non risultano concretamente idonee a ledere la reputazione e l’onore di quest’ultimo.
Trattasi di affermazioni e locuzioni che, a ben vedere:
– non hanno alcuna pretesa di veridicità;
– pur investendo (come si è visto) la dimensione personale del Renzi, sono disancorate da riferimenti specifici a fatti od episodi afferenti.
Di conseguenza, nessun telespettatore può, ragionevolmente, prendere sul serio le espressioni che rimandano genericamente alla “mitomania” o la proposizione dubitativa per cui “
lo prendevano in giro da bambino”.
Ed è chiaro che lo stesso convenuto non ha detto ciò con l’intento di convincere qualcuno circa il fondamento delle espressioni pronunciate, ma al solo fine di ironizzare sulle condotte e sulla figura di Renzi. Ciò si evince, non solo dal tenore complessivo del discorso, ma anche dalla circostanza che le espressioni in oggetto sono spesso formulate in forma ipotetica (“
andrebbero studiati da specialisti clinici”; “non so se lo prendevano in giro da bambino”).
Come si è già detto, peraltro, le affermazioni in esame sono decontestualizzate, scevre da qualsivoglia riferimento a vicende od esperienze concrete del vissuto personale dell’attore, per cui risulta evidente che trattasi di una sorta di invenzione scenica ovvero di un espediente comunicativo che il giornalista
ha utilizzato per attirare l’attenzione degli ascoltatori, colorendo il proprio discorso ed introducendo i predetti al nucleo del proprio intervento, che afferisce per l’appunto alla critica politica.
Detto in altri termini, il registro linguistico sin qui esaminato, pur essendo a tratti graffiante e pur colorandosi di sarcasmo, è di fatto innocuo, non avendo – come si è detto – concreta idoneità lesiva rispetto all’onore ed alla reputazione dell’attore, proprio perché trattasi di espressioni, per un verso, prive di disvalore intrinseco, quali, ad esempio, le ingiurie, le contumelie, gli epiteti scurrili o le affermazioni che aggrediscono in termini universalmente oltraggiosi il patrimonio morale del destinatario; per altro verso, anche quando investono la dimensione personale, sono affermazioni, locuzioni e proposizioni scevre da riferimenti specifici e contestualizzanti
>

Il passaggio è importante. In breve , mancando di specificità, le offese non possono cagionare danno. Il giudizio però è di assai dubbia esattezza: non sono offensive solo le espressioni riferite a fatti specifici, ma anche anche quelle generali sulla persona.

Ancora,  viene rigettata l’eccezione di satira dato che T. è giornalista e non un comico (sub E1): non è però chiaro il nesso logico sottostante, potendo la satira essere usata da chiunque e non solo da comici di professione.

Altrettanto perplessa è la compensazione integrale delle spese di lite, a fronte di un rigetto integrale delle domanda di Matteo Renzi.

Responsabilità civile per danno alla reputazione tramite testata giornalistica (cartacea e on line)

È stata pubblicata la sentenza del Tribunale di Firenze 22 ottobre 2018 nella causa civile per danno alla reputazione tra Tiziano Renzi, padre dell’ex capo del governo, e il quotidiano Il Fatto Quotidiano (in Il Foro It., 2018/12, c. 4069 ss).

Il signor Tiziano Renzi ha censurato sei articoli de Il Fatto Quotidiano , due dei quali tratti dalla testata online. Il Tribunale ha accolto la domanda per alcuni articoli e non per altri. Qui segnalo i seguenti aspetti, non registrandosi particolari novità circa il (consueto) bilanciamento tra diritto di cronaca e diritto alla reputazione (la peculiarità concerne semmai l’interesse pubblico per i fatti di causa, stante la strettissima partentela dell’attore con una figura politicamente assai rilevante).

1°  Sul riparto interno della responsabilità ex art. 2055 c.c. (comma 2, probabilmente, e cioè ai fini del regresso tra corresponsabili: il che significa che è stato proposta apposita domanda) tra autore dell’articolo e direttore del quotidiano, da una parte, ed editore, dall’altra, quest’ultimo responsabile ex art. 11 legge sulla stampa n° 47 del 1948 (secondo cui <<Responsabilità civile – Per i reati commessi col mezzo della stampa sono civilmente responsabili, in solido con gli autori del reato e fra di loro, il proprietario della pubblicazione e l’editore>>)  – Il  riparto è stato accertato rispettivamente nella misura del 70%-30% e cioè 30% a carico dell’editore e 70% a carico di autore e direttore (articoli di giornale 2 e 6, secondo la numerazione data dal giudice). Autore e direttore, si badi, coincidevano.

Non è però spiegato come si è giunti a quantificare così il riparto.

Incongruenza nella motivazione relativa ad uno dei due articoli usciti nell’edizione online (articolo di giornale 5, secondo la numerazione in sentenza) –  Il giudice prima afferma la responsabilità della giornalista Scacciavillani e dell’editore (sempre ex art. 11 L. 47/’48; mentre non sarebbe responsabile il direttore, in quanto testata on line: v. punto seg.), ma poi prosegue così: <<Ai fini della ripartizione interna della responsabilità, quella dell’autore e direttore responsabile Marco Travaglio deve essere indicata nella misura del cinquanta per cento ciascuno>>.  Il riparto è poco comprensibile, visto che concerne autore e direttore responsabile, mentre appena prima afferma la responsabilità ex art. 2055 c.c. di giornalista ed editore. E’ poco comprensibile anche perché il direttore della testata online, semmai, pare essere Peter Gomez, non Marco Travaglio. Oscurità che indurrebbe all’appello sul punto.

Sulla irresponsabilità del direttore della testata on line (v. punto precedente)  – Si legge in sentenza che <<infatti non viene in rilievo la responsabilità del direttore per il reato di omesso controllo ex art. 57 c.p., giacchè l’attività on line non è riconducibile nel concetto di stampa periodica ex articolo 1 L. 8 febbraio 1948 n. 47>>. La motivazione non è limpida, poichè:

i) non è chiaro se l’articolo de quo manchi del requisito della “periodicità”, fermo restando che di stampa si tratta, oppure se non sia nemmeno qualificabile come “stampa” (alla luce del cit. art. 1, secondo cui <<Definizione di stampa o stampato – Sono considerate stampe o stampati, ai fini di questa legge, tutte le riproduzioni tipografiche o comunque ottenute con mezzi meccanici o fisico-chimici, in qualsiasi modo destinate alla pubblicazione>>);

ii) qualora si ritenga che manchi addirittura il requisito di “stampa”, è vero che le norme penali non possono essere applicate a casi non previsti tramite analogia. Tuttavia bisogna appurare se la stampa digitale sfugga all’art. 57 c.p. pure in base ad un’interpretazione estensiva, dai più invece ammessa. Quest’ultima via è per vero difficilmente percorribile, come in tutti i casi di  novità tecnologica non prevista dal legislatore dell’epoca: sarebbe stata in ogni caso necessaria una motivazione sul punto. Ciò tanto più se si ricorda che proprio la via dell’interpretazione estensiva è stata battuta da recente giurisprudenza penale: – con estensione in bonam partem, v. Cass. sez. un., ud.  29.01.2015, dep. 17.07.2015, n. 31022 sulla guarentigia ex art. 21 Cost. in tema di sequestrabilità preventiva di un sito web (§§ 17-22, commentata in varie riviste); – con estensione in malam partem (sta qui il puntum dolens, ovviamente), v. Cass. sez. V pen., ud., 11-12-2017, dep. 22-03-2018, n. 13398,  sull’applicabilità dell’art. 57 c. pen. al direttore di testata telematica registrata (§ 4, ad es. in Il foro it., 2018, II, 305 ss., ed annotata da S. Vimercati, Il revirement della Cassazione: la responsabilità per omesso controllo si applica al direttore della testata telematica, in www.medialaws.eu); – sempre con estensione in malam parte dell’art. 57 c. pen., v. Cass. sez. V penale, ud., 23/10/2018, dep. (pare) 11.01.2019, n. 1275 (§ 9.2, criticamente annotata da L. Amerio in medialaws.eu, § 7).

Per non dire della possibilità di valorizzare il differente trattamento tra due iniziative editoriali uguali sotto il profilo funzionale (anzi, la testata on line è assai più lesiva di quella cartaca, quanto a platea raggiungibile): con un problema di incostituzionalità non  modesto. Il giudice delle leggi però ha già respinto questa idea. Si veda Corte Cost. 16/12/2011, n.337 : <<È manifestamente inammissibile la q.l.c. dell’art. 11 l. 8 febbraio 1948 n. 47, censurato, in riferimento all’art. 3, comma 1, cost., nella parte in cui, escludendo dalla responsabilità civile ivi prevista il proprietario ed editore del sito web, sul quale vengono diffusi giornali telematici, accorderebbe una tutela ingiustificatamente più ampia alle persone offese da reati commessi col mezzo della carta stampata, rispetto a quelle che il medesimo reato abbiano subito col mezzo di un giornale telematico. L’eventuale accoglimento della questione, infatti, non potrebbe condurre ad una pronuncia di condanna al risarcimento del danno del presunto responsabile civile, perché una sentenza della Corte costituzionale non può avere l’effetto di rendere antigiuridico un comportamento che tale non era nel momento in cui è stato posto in essere (sent. n. 202 del 1991; ord. n. 71 del 2009).>> (massima da De Jure e ivi nota critica di A. Pace da Giur. cost. 2011, 6, 4613).

La disparità di trattamento, però, stava al centro della motivazione nelle citate pronunce della Cassazione penale;

iii) anche rigettata ogni possibilità di applicare la norma penale, nel caso in esame si trattava di responsabilità civile. Dunque si poteva considerare l’ipotesi di responsabilità del direttore di testata on line per estensione delle norme citate (artt. 11 L. 47/48-art. 57 c.p.) bensì analogica ma ai soli fini civili (sempre che non si ravvisi nell’art. 11 una norma eccezionale).

iv) l’equiparazione di stampa telematica a quella cartecea, in ogni caso , varrebbe solo per la testata telematica funzionalmente equiparabile a quella tradizionale cartacea: il che non è per i  blog (Cass. pen., sez. 5,  ud. 08/11/2018, dep. 20/03/2019, n. 12546, sub 3.2, richiamando appunto Cass. pen. sez. un. 31022 del 2015, cit.)

 

Sulla liceità di un link a file audio diffamatorio: indicazioni dalla CEDU

Il link a Youtube , contenente la registrazione di una telefonata dal contenuto  diffamatorio , diffuso da organo giornalistico (portale di informazioni), non costituisce  automaticamente violazione della reputazione altrui (le Corti ungheresi, invece, avevano ravvisato la diffamazione) . Secondo la sentenza MAGYAR JETI ZRT v. HUNGARY del 04.12.2018 della CEDU (caso 11257/16), vanno infatti verificate le circostanze di fatto , dovendosi bilanciare il diritto alla reputazione con la libertà di espressione.  La Corte dà alcune indicazioni:

“The Court identifies in particular the following aspects as relevant for its analysis of the liability of the applicant company as publisher of a hyperlink:

(i) did the journalist endorse the impugned content;

(ii) did the journalist repeat the impugned content (without endorsing it); (iii) did the journalist merely put an hyperlink to the impugned content (without endorsing or repeating it);

(iv) did the journalist know or could reasonably have known that the impugned content was defamatory or otherwise unlawful;

(v) did the journalist act in good faith, respect the ethics of journalism and perform the due diligence expected in responsible journalism?” (§ 77)

Come fa notare Rosati in IPKitten blog , la CEDU menziona (§ 29) dei precedenti in tema, tra cui la nota decisione 08/09/2016 della Corte di Giustizia , C-160/15, caso GS Media BV,  circa l’analogo tema del link nel diritto di autore (ove  il tema era se un link ad opera protetta, su sito liberamente accessibile ma senza consenso del titolare, costituisca “comunicazione al pubblico” secondo l’art. 3 della direttiva UE n. 29 del 2001) .