Ancora sul diritto di parola nei confronti di Twitter

la corte distrettuale northern district della Californa, 9 aprile 2021, Case No. 4:21-cv-00548-YGR, Rutenberg c. Twitter, rigetta l’istanza di Rutenberg (R.), che aveva  impugnato la cbiusura del suo account @realdonaldtrump, tramite il quale interagiva con i tweet dell’ex Presidente.

La domanda è avanzata tramite la § 1983, ma è rigettata in poche righe.

Bisogna che ricorra l’esercizio di funzione statale e che si tratti di state actor, ricorda la corte, p. 3 righe 8 ss.

Nessuno dei due requisiti ricorre nel caso specifico.

A nulla vale la tesi per cui T. sarebbe public forum: l’esercizio dei poteri di piattaforma da parte di T. non costituisce esercizio di potere sovrano statale. Nemmeno è esatto che T. , amministratndo gli account dell’ex presidente, diventi state actor.

R., conclude la corte, confonde la posizione della piattafoma T. con quella di uno dei suoi più famosi utenti, l’ex presidente-.

Ed in effetti (questo è un punto importante, anche se ovvio), una cosa è contestare la decisione della piattaforma, un’altra è contestare la decisione di un suo utente (di cui sei ad es. follower).

(notizie e link alla sentenza dal blog di Eric Goldman)

safe harbour ex § 230 CDA per responsabilità contrattuale: si conferma la non applicabilità

La Northern District Court di S. Josè Californa, 31.03.3021, Case No.20cv04687VKD, Daniels c. Alphabet e altri, conferma la vasta applicazione del § 230 CDA, che però non arriva a coprire la violazione contrattuale.

Infatti di tutte le doamnde avanzate, solo quest’ultima evita il rigetto per safe harbour: p. 20 righe 26.28 sul§ 230.c.1.

All’attore non va bene invece la domanda sul § 230.c.2.A, essendo rigettata la tesi della macnanza di buona fede.

La lamentela consisteva, al solito, nella rimozione di video dell’attore da Youtube.

Inoltre non gli va bene nemmeno la domanda di tutela del diritto di parola ex 42 US code § 1983, dato che questo riguarda solo state law e non federal law, p. 8-9.

Non gli va meglio la domanda ex Primo Emedamento: Google e Youtube infatti sono enti privati, cui non è applicabile la dottrina della state action. 

L’attore aveva in strano e originale modo tentato di argomentare il contrario, valorizzando discorsi pubblici di politici statunitensi (tra cui Nancy Pelosi) , per  cui le piattagorme meritano regolazione per il loro ruolo esteso nella società statunitense. Ciò però varrà de lege ferenda , non de lege lata.

L’account Twitter e Facebook di un senatore (statale, non federale) costituisce “designated public forum”

Un senatore della Florida, a seguito di critiche mossegli da un cittadino, lo “banna” dal suo account di Twitter e poi di Facebook. Dice che lo ha fatto per profanity nei suoi post ma la corte distrettuale USA rigetta e dà ragione al cittadino “bannato”, vedendovi una ritorsione per le critiche al suo operato politico (US DC Northern district of Florida  -Gainesville division , 17.03.2021, Attwood c. Clemons, Case No.: 1:18cv38-MW/MJF).

La domanda è basata sul 42 U.S. Code § 1983. Civil action for deprivation of rights, riferito al 1° e al 14° emendamento dlela costituzione.

Viene  accertato che il senatore abbia agito under color of state law, p. 9 ss.

Qui c’è l’interessante questione sollevata dal senatore ma rigetta dalla corte, attinente al se il legislator speech (statale) possa in linea di principio essere considerato esentato da state action perchè a sua volta tutelato quale inherently private, p. 14-15.

A p. 15 la corte ricorda  i due elementi per ravvisare state action nella gestione degli account social da parte dei politici: << 1) whether the official uses the account in furtherance of their official duties, and 2) whether the presentation of the account is connected with the official’s position. Charudattan, 834 F. App’x at 481–82; Knight First Amendment Inst., 928 F.3d at 235–36>>.
In conclusione <<a reasonable fact finder could find that Defendant’s social media activity constituted state action>>. Ma poi l’indagine prosegue dovend o accertare <<whether Defendant is entitled to summary judgment, this Court must also address which class of forum Defendant’s social media accounts constitute and whether Defendant’s restriction of Plaintiff’s speech is consistent with the class of forum identified>>, p. 19,.

A p. 20-23 evidenzia tre ragioni per applicare la public forum doctrine ai social media: si tratta di passaggio importante, anche se non nuovo.

Per la corte va dunque  applicato il concetto di forum , anche se ve ne sono quattro tipi: << 1) traditional public forums, 2) designated public forums, 3) limited public forums, and 4) non-public forums.Barrett v. Walker Cnty. Sch.Dist., 872 F.3d 1209, 1226 (11th Cir. 2017). As set out below, this Court concludes that Defendant’s social media accounts are designated public forums when the facts are viewed in the light most favorable to Plaintiff.>>, p. 23 . Come si vede, conclude che ricorre il tipo n° 2, dopo aver soprattutto indagato l’alternativa possibile tra il n. 2 e il n. 3 (p .24 ss ove esame dei due cocnetti).

Del resto non c’erano limitazioni per gli utentei poste ex ante : <<in this case, Defendant’s social media settings and absence of any explicit restriction limiting discourse to certain speech shows that Defendant provides unrestricted access to the public for expressive activity. Therefore, this Court concludes that Defendant’s social media accounts are designated public forums>> p. 27

Passa poi all’analisi della violazione costitutizionale, p. 27 ss.

E esamina se ricorra discriminazione , se cioè la gestione e il bannaggio sia stato una viewpoint discrimination, p. 30 ss. La ravvisa: <<because Defendant’s actions arguably constitute viewpoint discrimination, this Court must next determine whether Defendant has a compelling interest in blocking Plaintiff. He does not. When the facts are viewed in the light most favorable to Plaintiff, the only interest in blocking Plaintiff is to suppress Plaintiff’s criticism of Defendant’s viewpoint. Put another way, the only interest Defendant has in blocking Plaintiff is to ensure that Plaintiff’s opposing viewpoints are not shared on his account. Such an interest is not compelling. Indeed, it runs afoul of the First Amendment. As such, Defendant’s actions do not survive strict scrutiny reviewwhen the facts are viewed in the light most favorable to Plaintiff.>>, p .30.

Si noti la precisazione (non particolarmente rivoluzionaria, ma importante a fini pratici), per cui la possibilità per il cittadino di interloquiore in altro modo col Senatore (ad es. aprendo nuovi account) non ha rilevanza , trattandosi di burden on speech inammissibile, pp. 30-31-

(notizia e link alla sentenzi dal blog di Eric Goldman)

Rimozione di pubblicità (già concordata) da giornale e state action doctrine: la rimozione è legittima, mancando state action

La pubblicità politica su giornale di provincia, a seguito di contratto,  può essere rimossa qualora ci si accorga che viola la policy del gioranle stesso, senza che ciò violi il Prmo Emendamento.

Infatti il giornale non è Stato nè suo organo nè public forum.

Nel caso specifico un soggetto aveva concordato una pubblicità politica sul giornale The Astorian (dell’omonima piccola città dell’Oregon-USA) per due candidati a successive elezioni locali. La pubblicità venne  poi rimossa perchè il soggetto, pur avendo inizialmente accettato  di far inserire la precisazione che si trattava di <paid advetisment>, non aveva invece accettato la sucessiva richiesta di inserire anche il proprio nome e indirizzo o telefono (informazione richeista ddall’advertisment policy del giornale).

Si tratta di U.S. D.C. dell’Oregon, 8 marzo 2021, Case No. 3:20-cv-01865-SB, Plotkin c. “The Astorian” ed altri.

In Discussion-I.A, il giudice ricorda i principi generali sulla free speech clause del 1° Emendamento.

Poi in particolare così ragiona <<Defendants argue that The Astorian acted as a private entity—not a state actor—when it removed Plotkin’s advertisement from its publication, and therefore Plotkin’s allegations fail to meet the threshold required to prove that Defendants’ actions violated the First Amendment.

The Court agrees. 

Like the public access television channel in Halleck, here a newspaper does not perform a traditional or exclusive government function. See Halleck, 139 S. Ct. at 1929 (“The relevant function in this case is operation of public access channels on a cable system. That function has not traditionally and exclusively been performed by government.”); see also Brunette v. Humane Soc’y of Ventura Cnty., 294 F.3d 1205, 1214 (9th Cir. 2002) (holding that a newspaper “was not liable as a state actor” under any of the plaintiff’s state action theories); Byers v. The Reg. Guard, No. CV 04-438-HU, 2004 WL 1615220, at *1 (D. Or. July 19, 2004) (dismissing civil rights claims against the Eugene Register Guard in light of “the absence of an allegation that the defendant acted under color of state law”).

On the contrary, a press free and independent from the government is a basic tenet of our democracy. See Miami Herald Publ’g Co. v. Tornillo, 418 U.S. 241, 248-56 (discussing the history  of the press and how the separation between the government and the press is necessary to allow for “the free expression of views”).

Thus, Defendants are not state actors and Plotkin’s constitutional claims have no merit. >>

Nemmeno funziona la difesa del public forum.

<Plotkin attempts to salvage his claims by arguing that the dispositive issue here is not whether The Astorian is a state actor, but whether The Astorian’s creation of a public forum prevents it from limiting Plotkin’s speech under the First Amendment. (Pl.’s Resp. at 2-3; Pl.’s *6 Surreply at 2.)

The Supreme Court has rejected that argument, holding that when a private entity “provides a forum for speech, the private entity is not ordinarily constrained by the First Amendment because the private entity is not a state actor.” Halleck, 139 S. Ct. at 1930 (rejecting the same argument Plotkin raises here, because “[t]hat analysis mistakenly ignores the threshold state-action question”); see also Prager Univ., 951 F.3d at 997 (“YouTube may be a paradigmatic public square on the Internet, but it is ‘not transformed’ into a state actor solely by ‘provid[ing] a forum for speech'” (quoting Halleck, 139 S. Ct. at 1930, 1934)); Belknap v. Alphabet, Inc., — F. Supp. 3d —, 2020 WL 7049088, at *3 (D. Or. 2020) (“The Ninth Circuit, moreover, has explained that private entities who provide the public a forum for speech, including YouTube and Google, are not analogous to private entities who perform all the necessary municipal functions.”) (simplified). 

As a private entity, The Astorian is free to create a public forum subject to its own editorial discretion without running afoul of the First Amendment. See Halleck, 139 S. Ct. at 1930 (“The private entity may thus exercise editorial discretion over the speech and speakers in the forum.”); cf. Tornillo, 418 U.S. at 258 (holding that a privately-owned newspaper “is more than a passive receptacle or conduit for news, comment, and advertising” and “[t]he choice of material to go into a newspaper . . . constitute[s] the exercise of editorial control and judgment.”). Accordingly, Defendants did not violate Plotkin’s First Amendment 7 rights.>>

Pco sopra la corte aveva ricordato che <<A private entity may be a state actor when “the private entity performs a traditional, exclusive public function[.]” Id. (citation omitted). “It is ‘not enough’ that the relevant function is something that a government has ‘exercised . . . in the past, or still does’ or ‘that the function serves the public good or the public interest in some way.'” Prager Univ., 951 F.3d at 997 (quoting Halleck, 139 S. Ct. at 1928-29).>> e che però <<The Supreme Court “has stressed that ‘very few’ functions fall into that category.” Halleck, 139 S. Ct. at 1929 (citing the examples of running elections or operating a company town) (citations omitted). Further, “[t]he Court has ruled that a variety of functions do not fall into that category, including, for example: running sports associations and leagues, administering insurance payments, operating nursing homes, providing special education, representing indigent criminal defendants, resolving private disputes, and supplying electricity.” Id. (citations omitted). *5 Further, “merely hosting speech by others is not a traditional, exclusive public function and does not alone transform private entities into state actors subject to First Amendment constraints.” Halleck, 139 S. Ct. at 1930.>>.

(notizia e link alla sentenza dal blog di Eric Goldman)

Diritto al’immagine vs. diritto di cronaca

La S.C. con sentenza 19.02.2021 n. 4477, rel. Campese, esamina in modo convincente una fattispecie forse non rara sul tema: la partecipazione di un personaggio famoso ad un evento privato e la successiva diffusione sui giornali delle fotografie scattate nell’occasione.

Nel caso specifico un calciatore famoso aveva fatto visita in ospedale ad una bambina gravemente malata ma le fotografie (alla bambina, col viso coperto, e  ai genitori) scattate dal personale medico erano poi state diffuse su svariati quotidiani.

L’analitica sentenza soprattutto distingue  tra diritto di cronaca -cioè il diritto di dare notizia dell’evento- e diritto alla riproduzione delle immagini delle persone cooinvolte: esistente il primo, non è detto che necessariamente ricorra pure il secondo: <<tali presupposti, in presenza dei quali il bilanciamento tra l’interesse individuale alla tutela di diritti della personalità quali l’onore, la reputazione e la riservatezza, e quello, costituzionalmente protetto, alla libera manifestazione del pensiero deve risolversi in favore di quest’ultimo, avuto riguardo al prevalente diritto dell’opinione pubblica ad essere informata ed a formarsi un convincimento in ordine a vicende di rilevante interesse collettivo, possono risultare idonei a giustificare la propalazione di informazioni in contrasto con i predetti diritti, ma non sono sufficienti a legittimare, sic et simpliciter, anche la diffusione della immagine della persona interessata, la quale trova un’autonoma e più rigorosa regolamentazione nell’art. 10 A.B. e della L. n. 633 del 1941, art. 97, di cui si è ampiamente detto in precedenza …. . In quest’ottica, la mera circostanza che l’immagine pubblicata appartenga ad un soggetto cui è riferibile una vicenda rispetto alla quale sia configurabile un interesse alla conoscenza da parte del pubblico non può considerarsi sufficiente a legittimarne la riproduzione e la diffusione, occorrendo a tal fine un quid pluris, consistente nella necessità che tale divulgazione risulti essenziale per la completezza e la correttezza dell’informazione fornita>>, § 2.7.2 e 2.7.3.

La diffusione dell’immagine infatti ha maggiore potenzialità lesiva: <<questa Corte, del resto, ha già avuto modo di affermare che l’accertamento della legittimità della pubblicazione dell’immagine di una persona senza o contro il consenso dell’interessato è un’indagine che va condotta caso per caso, nel rispetto sia dei parametri del diritto di cronaca e dell’essenzialità della diffusione della notizia, sia dei parametri specifici fissati dall’art. 8 citato a presidio della tutela della dignità umana (oltre che, ovviamente, a quello di cui al precedente art. 7 quanto alla tutela dei minori). La più accentuata potenzialità lesiva e la maggiore diffusività dell’immagine comportano inoltre che la relativa valutazione debba essere compiuta con maggior rigore rispetto a quella concernente la semplice pubblicazione della notizia, occorrendo verificare se la pubblicazione delle immagini fosse essenziale ai fini dell’informazione e inoltre considerare se tali immagini, per le loro caratteristiche intrinseche, fossero da considerare lesive della dignità della persona, in considerazione della particolare potenzialità offensiva connessa all’enfatizzazione tipica dello stesso strumento visivo (ed all’idoneità dell’immagine, una volta pubblicata, ad essere riprodotta anche a distanza di tempo sui più svariati mezzi di comunicazione, scissa dall’articolo di cronaca che ne poteva giustificare in origine la pubblicazione e sottratta al controllo del soggetto ritratto), il cui uso nell’attività giornalistica è per questo circondato da particolari cautele (cfr. Cass. n. 12834 del 2014)>>, § 2.7.6.

Inoltre, nel caso specifico <<l’avvenuta pubblicazione di foto centrate (anche) su di una minore allettata, non importa se con il viso oscurato, tra apparecchi e cavi, con medici ed infermieri e con la diffusione delle generalità, è certamente lesiva di quel preminente interesse del minore (soprattutto se in relazione ai principi di cui si è già dato precedentemente conto al p. 2.5.2, da intendersi qui ribaditi) che, dalla menzionata Convenzione di New York in poi, è al centro del diritto a livello internazionale>>, § 2.9. Sembra cioè di capire che sia di per sè lesiva: affermazione , allora, importante.

Pure importante (anche a livello teorico scontato)  è il seguente passo: <<la circostanza che i dati personali siano stati resi noti direttamente dagli interessati in una pregressa occasione non ha valore di consenso tacito al trattamento anche in contesti diversi dalla loro originaria pubblicazione, poichè l’interessato può essere contrario a che l’informazione da lui già resa nota riceva una ulteriore e più ampia diffusione, dovendosi ritenere che la deroga prevista dal D.Lgs. 30 giugno 2006, n. 196, art. 137, u.c., concerna solo l’essenzialità del dato trattato e non anche l’interesse pubblico alla sua diffusione, di cui va apprezzata autonomamente l’idoneità, in ispecie rispetto al diritto del minore alla riservatezza ed alla non diffusione dei sui dati anagrafici e del suo domicilio (cfr. Cass. n. 27381 del 2013)>>, § 2.9.3 (la SC si riferisce all’eccezione dei convenuti per cui poteva desumersi un consenso dei genitori dal fatto che avevano dato notizia dell’evento su una pagina Facebook).

Infine va rimarcato l’interesse della pronuncia per l’esame dei profili specificamente giornalistici del diritto di cronaca  e dunque degli artt. 136 e 137 cod. privacy.

In conclusione, i corpi normativi invocati in causa sono stati (la SC non menziona il GDPR, probabilmente perchè i fatti erano anteriori alla sua entrata in vigore):

  1. codice civile (art. 10).
  2. legge d’ autore (artt. 96-97)
  3. cod. privacy  nel testo anteriore al D LGS 101/2018, ratione temporis (spt. artt 136-137)
  4. Conv. New York del 1989 sui diritti del fanciullo
  5. codice deontologico dei giornalisti (dotato di dignità giuridica almeno ex artt-. 137 e 139 cod. privacy)

Al social network non si applica la state action doctrine: altra decisione in tale senso

In Perez c. Linkedin,  la US DC Norther district of California, san Josè Division, 05.02.2021, caso n°  5:20-cv-07238-EJD,  affronta la ormai vechia questione del se esista un diritto dell’utente a non essere “zittito” da un social network (Linkedin, ne,l caso, che prima cancellò dei post e poi sospese l’account).

La risposta è negativa: il primo emendamento si applica solo a casi di <<state action>> e un social è un ente privato.

<< Tthe First Amendment provides that “Congress shall make no law . . . abridging the freedom of Speech. U.S. Const. amend. I. A fundamental precept of the First Amendment establishes “that the Free Speech Clause prohibits only governmental abridgment of speech.” Manhattan Cmty. Access Corp. v. Halleck, 139 S. Ct. 1921, 1928 (2019). The First Amendment does not prohibit a private entity’s abridgment of speech. Denver Area Educ. Telecommunications Consortium, Inc. v. F.C.C., 518 U.S. 727, 737 (1996). This separation of  constitutional enforcement between state actors and private individuals actually “protects a robust sphere of individual liberty.” Manhattan Cmty. Access Corp., 139 S. Ct. at 1928. Courts across the country have found social media companies are private, not state actors. See Young v. Facebook, Inc., No. 5:10-CV-03579-JF/PVT, 2010 WL 4169304, at *3 (N.D. Cal. Oct. 25, 2010); Shulman v. Facebook.com, No. CV 17-764 (JMV), 2017 WL 5129885, at *4 (D.N.J. Nov. 6, 2017).

Here, Perez has not put forth any facts or caselaw to suggest LinkedIn is a state actor subject to the First Amendment >>, p. 6.

La dottrina è divisa, invece: v. il mio <<La responsabilità civile degli internet service provider per i materiali caricati dagli utenti (con qualche considerazione sul ruolo di gatekeepers della comunicazione)>>,  alle note 379-380.

Strano che i giudici statunitensi non ragionino per analogia: come un tempo i pericoli alla libertà potevano provenire dallo Stato, oggi possono provenire (anche) da enti privati dotati di enormi dimensioni e poteri. In effetti impera (o imperava) la dottrina dell’originalism, per cui conta soprattutto l’intento del legislatore storico, portata avanto soprattuitto da Robert Bork (sulla cui figura v. ora Vinceti S.R., L’originalista: l’interpretazione costituzionale nel pensiero e nella vita di Robert Bork, Dirit. pubbl. comp. eur. online, 2020/4 .

(notizia e link alla sentenza dal blog di Eric Goldman)

Privacy, libertà di informazione e copyright nel caso Meghan Markle c. Daily Mail

Si pronuncia l’Alta Corte inglese sul caso Meghan Markle (MM) c. Daily Mail e Mail on Sunday (poi anche : l’Editore).

Precisamente si tratta di HIGH COURT OF JUSTICE CHANCERY DIVISION BUSINESS AND PROPERTY COURTS INTELLECTUAL PROPERTY LIST,  The Duchess of Sussex c. Associated Newspapers Limited, 11.02.2021, [2021] EWHC 273 (Ch) Case No: IL-2019-000110 .

Di fronte alla pubblicazione non autorizzata da parte del Mail della propria lettera al proprio genitore (i rapporti non erano facili) , MM cita l’editore per  violazione di privacy e di copyright., § 61

I fatti sono esposti ai §§ 1 ss.

PRIVACY

Le difese dell’Editore sono:
<<It maintains that the contents of the Letter were not private or confidential as alleged, and that the claimant had no reasonable expectation of privacy. Further or alternatively, any privacy interest she enjoyed was slight, and outweighed by the need to protect the rights of her father and the public at large. The defendant’s pleaded case is diffuse and hard to summarise. But prominent features are contentions that, even if the claimant might otherwise have had any privacy rights in respect of the Letter,

(1) such rights were (a) limited, given the legitimate public interest in the activities of the Royal family and the claimant’s status as a “high-ranking member” of that family, and (b) destroyed, weakened or compromised by (i) her knowledge of her father’s propensity to speak to the media about their relationship, (ii) the fact that publication of the existence and contents of the Letter was lawful in the US, (iii) her own conduct in causing, authorising, or intending publicity about the Letter and/or her relationship with her father more generally, and/or (iv) the publication of information about the Letter;

(2) the People Article gave a misleading account of the father-daughter relationship, the Letter and Mr Markle’s letter in response, such that (in all the circumstances) public disclosure of the contents of the Letter in the Mail Articles was justified to protect the rights and interests of Mr Markle and the public at large>> (§ 6).

Si noti sub 2) : il Mail pretende di fondare la liceità della pubblicazione di ampi brani (v. sotto) della lettera, per corregere l’errore in cui potrebbe cadere il pubblico in base a precedente pubblicazione (da parte di altro gionale: The People) di un articolo sul rapporto padre figlia, a suo dire distorcente la verità.

Ai §§ 28 ss i fondamenti del diritto alla privacy.

Al § 45 il testo integrale della lettera  e al § 46 di quello della replica (di tre righe) del padre a MM.

A § 47 ss trovi  la pubblicazione pretesamente distorcente del People.

Che esista un diritto alla privacy sulla lettera è esaminato a accertato ai §§ 64-95 <<Stage one: reasonable expectation of privacy>>).

Punto interessante è quello per chui è irrilevante l’inclinazione del padre (destinatario della missiva) a violare la privacy altrui: <<But even assuming the facts to be as pleaded, they are not capable of defeating the claimant’s case that, objectively speaking, she had a right to expect her father to keep the contents of the Letter private. A person’s rights against another are not defeated by the prospect that those rights may be ignored or violated. A high level of risk-taking might be capable of affecting the assessment of damages, but does not excuse an intrusion into privacy: see Mosley v News Group Newspapers Ltd [2008] EWHC 1777 (QB) [2008] EMLR 20 [225-226] (Eady J).>>, § 78.

Affermazione importante e condivisibile.

Al § 86 (e § 98) l’affermzione (scontata) per cui la pubblicizzazione di alcuni aspetti della propria vita non autorizza i terzi a pubblicizzarne altri: il controllo riamane in toto in capo all’interessato.

Lo stage 2 , § 96 ss, esamina il bilanciamento con la liberà di espressione, tra cui quella di correggere false impressioni nel pubblico (punto centrale: § 104).

La risposta è negativa nel caso de quo: la pretesa correzione tramite la pubblicazione di quasi metà lettera di un eventuale errore di minima entità  è sproporzionata (§ 120)

La conclusione è dunque questa:

<<The claimant [cioè MM] had a reasonable expectation that the contents of the Letter would remain private. The Mail Articles interfered with that reasonable expectation. The only tenable justification for any such interference was to correct some inaccuracies about the Letter contained in the People Article. On an objective review of the Articles in the light of the surrounding circumstances, the inescapable conclusion is that, save to the very limited extent I have identified, the disclosures made were not a necessary or proportionate means of serving that purpose. For the most part they did not serve that purpose at all. Taken as a whole the disclosures were manifestly excessive and hence unlawful. There is no prospect that a different judgment would be reached after a trial. The interference with freedom of expression which those conclusions represent is a necessary and proportionate means of pursuing the legitimate aim of protecting the claimant’s privacy.>>, § 128.

COPYRIGHT

Sul copyright la quesrtione più interssante è l’eccezione di carenza di legittimazione attiva, dato che la lettera sarebbe stata scritta non da MM (o da lei sola) ma da quattro membri dell’Ufficio segretariale di  Kensington Palace Communications Team, (the “Palace Four”), in realtà poi da uno solo d iquesti, Mr. Knauf.

Resta invece assodato che ricorra la originnalità, § 139-149, ove riepilogo delle principali teorie e dei principali precedenti anche europei (si noti che le allegazioni processuali distinguono tra la lettera realmente inviata e una sua previa Electronic Draft, che  è quella in realtà azionata in causa, § 136)..

Pure la violazione del copyright è accertata, vista la copiatura di 585 parole su 1250 ( § 150).

Sono respinti due motivi di legittimuità della pubblicazione (fair dealing in news reporting, data la concorenza all’eventuale sfruttamento del diritto di autore da parte di MM, e  un altro, § 152-158).

Infine la titolarità, § 159 ss

Che dei quattro ve ne sia uno che collaborò, Mr Knauf, pare probabile (§ 135-138), anche se non in solitaria ma semmai come coautore.

Ma su questo proseguirà il processo, § 169-170.

Commento sostanzialmente favorevole da parte dell’ex direttore del Guardian, Alan Rusbridger, in It will come as a surprise to some, but even Meghan has a right to her privacy del 14.02.2021.

Piano d’azione per la democrazia europea

Qualche giorno prima di far uscire l bozze della legge sui servizi digitali e della legge mercati digitali , la Commissione UE ha fatto uscire il Programma (action plan) –niente po’ po’ di meno che-  per la democrazia europea.

Si tratta della COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO, AL CONSIGLIO, AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO E AL COMITATO DELLE REGIONI sul piano d’azione per la democrazia europea, COM(2020) 790 final, del 03.12.2020 .

L’obiettivo (§ 1) è quello di:

  1. promuovere elezioni libere e regolari e una forte partecipazione democratica;
  2. sostenere mezzi d’informazione liberi e indipendenti; nonché
  3. contrastare la disinformazione.

Circa il punto 1, i sottoargomenti sono:

Trasparenza della pubblicità e della comunicazione di natura politica: importante, visto che mirerà ad introdurre una < legislazione volta a garantire una maggiore trasparenza nel settore dei contenuti sponsorizzati in un contesto politico (“messaggi pubblicitari di natura politica”)>.

Regole più chiare sul finanziamento dei partiti politici europei;

Rafforzamento della cooperazione nell’UE per garantire elezioni libere e regolari;

Promozione dell’impegno democratico e della partecipazione attiva al di là delle elezioni;

Circa il punto 2, i sottoargomenti sono:

Sicurezza dei giornalisti;

Lotta al ricorso abusivo di azioni legali strategiche tese a bloccare la partecipazione pubblica;

Cooperazione più stretta per lo sviluppo e l’attuazione di standard professionali;

Ulteriori misure a sostegno del pluralismo dei media.

Circa il punto 3, i sottoargomenti sono:

Miglioramento delle capacità dell’UE e degli Stati membri di contrastare la disinformazione, con azioni che -a parole- sono assi importanti: *** Sviluppare il pacchetto di strumenti dell’UE per contrastare l’ingerenza straniera e le operazioni di influenza, compresi nuovi strumenti che consentono di imporre oneri ai responsabili e di rafforzare le attività e le task force di comunicazione strategica del SEAE; *** Istituire un nuovo protocollo per rafforzare le strutture di cooperazione esistenti per combattere la disinformazione, sia nell’UE che in ambito internazionale; *** Sviluppare un quadro e una metodologia comuni per raccogliere prove sistematiche sull’ingerenza straniera e un dialogo strutturale con la società civile, i soggetti del settore privato e con altri portatori di interessi al fine di riesaminare con regolarità la situazione di minaccia;  *** Aumentare il sostegno allo sviluppo delle capacità delle autorità nazionali, dei media indipendenti e della società civile nei paesi terzi al fine di individuare e rispondere alle operazioni di disinformazione e ingerenza straniera;

Ulteriori obblighi e responsabilità per le piattaforme online : spt. rafforzerà il Codice di buone pratiche sulla disinformazione del 2018 (ove anche l’elenco delle stesse in allegato) , ed altro;

Consentire ai cittadini di assumere decisioni informate.

Si possono azionare diritto di parola e diritti fondamentali verso Google e Twitter? Non è pregiudizialmente escluso

L’annosa questione, del se il diritto di parola negli USA sia azionabile anche contro le grandi piattaforme (Big Tech), trova una possibile risposta positiva in US D.C. corte distrettuale del New Hampshire 28.01.2021, Civil No. 1:19-cv-978-JL, N. DeLima c. Google-Twitter.

Erano stato azionati (“pro se” : senza difesa tecnica) la violazione sia dei dirtti fondamentali ex 42 US Code § 1983 , sia  del Primo Emendamento: disposizioni, però, che sono riferite a condotte statali o pubbliche (state action), non a condotte di enti privati quali sono le Big Tech.

La corte ha rigettato ma non perchè sia pregiudizialmente escluso, bensì perchè l’attrice non ha sufficientemente argomentato in modo da poter ravvisare state acrtion anche nella condotta delle Big Tech.

Osserva infatti: <<Defendants are private companies and not state actors, and thus cannot be held liable under 42 U.S.C. § 1983, absent factual allegations that could lead to a finding of state action. DeLima’s complaint is devoid of any allegation that could transform either defendant into a state actor for purposes of a § 1983 claim>>, p. 12.

E poco sotto, circa il Primo Emendamento: <<DeLima repeatedly alleges in her complaint that Defendants’ have violated the First Amendment and discriminated against her based on her protected speech and viewpoint. Yet she acknowledges that Defendants are private companies and not government entities, which is fatal to her claim. “[T]he constitutional guarantee of free speech is a guarantee only against abridgment by government, federal or state.” Hudgens v. NLRB, 424 U.S. 507, 513 (1976). “[E]very First Amendment claim thus requires state action in some sense,” and DeLima has failed to allege any state action on the part of Defendants that could give rise to an alleged violation of her free speech rights. … She accordingly has failed to state a claim for violation of the First Amendment and Defendants’ motion to dismiss this claim is granted>>, p. 13.

Non c’è quindi chiusura pregiudiziale. Bisogna però argomentare, nel senso che la condotta delle Big Tech, in relazione alla esigenze soddisfatte dalle disposizioni de quibus, è parificabile alla condotta statale.

Da noi è pacifico che l’art. 2 Cost. riguiardi il rapporto verso qualunque ente, pubblico o privato che sia.

La corte poi rigetta pure per il safe harbour posto dal noto § 230 CDA communication decency act

(notizia della sentenza  e link presi dal blog di Eric Goldman)

Può un politico bannare un follower dal proprio account Twitter? Si , se non si tratta di account ufficiale

La canditata Reisch (R.)  alle elezioni del parlamento del Missouri 44° distretto banna un follower (Campbell; poi: C.) per il semplice di aver ritweettato un post critico (caricato da terzi) nei suoi confronti.

C. agisce, facendo valere la violazione del diritto di parola in connessione con il 42 US Code § 1983, che suona così : “Every person who, under color of any statute, ordinance, regulation, custom, or usage, of any State or Territory or the District of Columbia, subjects, or causes to be subjected, any citizen of the United States or other person within the jurisdiction thereof to the deprivation of any rights, privileges, or immunities secured by the Constitution and laws, shall be liable to the party injured in an action at law, suit in equity, or other proper proceeding for redress, except that in any action brought against a judicial officer for an act or omission taken in such officer’s judicial capacity, injunctive relief shall not be granted unless a declaratory decree was violated or declaratory relief was unavailable. For the purposes of this section, any Act of Congress applicable exclusively to the District of Columbia shall be considered to be a statute of the District of Columbia“.

La questione allora è se R. agì “under color of state law”: l’attore dice di si, il convenuto di no. Così la corte: <<so the question this case presents is whether Reisch acted under color of statelaw when she blocked Campbell on Twitter. Campbell maintains that she did becauseshe blocked him for criticizing her fitness for political office even though she hadcreated a virtual forum for the public to discuss “the conduct of her office.” Reischsays she didn’t act under color of state law because she runs this Twitter account ina private capacity, namely, as a campaigner for political office>>, p. 4.

La corte di primo grado aveva ravvisato azione under color of state law.

La corte di appello del Missouri (8° circuito), con sentenza 27.01.2021, Campbell c. C. T. Reisch, n° 19-2994, invece, dice che non si tratta di account pubblico e dunque ben può il titolare bloccare chi vuole.

L’account era stato aperto prima dell’elezione e dunque non era ufficiale. Nè cambia tale qualificazione  il fatto che successivamente la canditata sia stata eletta: <<We don’t intimate that the essential character of a Twitter account is fixedforever. But the mere fact of Reisch’s election did not magically alter the account’scharacter, nor did it evolve into something different. A private account can turn intoa governmental one if it becomes an organ of official business, but that is not whathappened here. The overall theme of Reisch’s tweets—that’s she’s the right person forthe job—largely remained the same after her electoral victory. Her messagesfrequently harkened back to promises she made on the campaign trail, and she toutedher success in fulfilling those promises and in her performance as a legislator, oftenwith the same or similar hashtags as the ones she used while a candidate. So it seemsto us that Reisch used the account in the main to promote herself and position herselffor more electoral success down the road—a conclusion supported by the campaign-related tweet that led to this litigation>>, p. 7.

In breve, la corte pensa che l’account Twitter di R.  <<is more akin to a campaign newsletter than to anything else, and so it’s Reisch’s prerogative to select her audienceand present her page as she sees fit. She did not intend her Twitter page “to be like a public park, where anyone is welcome to enter and say whatever they want”>>.

La pensa all’opposto il giudice Kelly, autore della dissenting opinion: <<In short, Reisch’s persistent invocation of her position as an electedofficial overwhelmed any implicit references one might perceive to her campaign orfuture political ambitions>>.

(notizia e link alla sentenza presi dal  blog di Eric Goldman)