La dilazione di due giorni per trascrivere è accettabile, per cui il notaio non risponde dei danni

Questo può desumersi circa l’espressione “nel più breve tempo possibile”, posta dall’art. 2671 cc,a parere di Cass. sez. III, Ord. 13/09/2024, n. 24.662, rel. La Battaglia. Nel caso però aveva trascritto dopo 31 giorni, ma l’ipoteca medio tempore trascritta lo era statao dopo 2 giorni.

La corte di appello:

<<La Corte d’appello di Cagliari confermò la sentenza di primo grado, ritenendo che la formulazione dell’art. 2671 c.c. non imponga al notaio di provvedere alla trascrizione ad horas o il giorno successivo, di modo che, nel caso di specie, pur essendo l’operato del notaio censurabile sotto il profilo della colpa (per avere egli atteso ben trentuno giorni per curare l’incombente), “la trascrizione (rectius, l’iscrizione) pregiudizievole effettuata il secondo giorno (aveva) interrotto il nesso causale fra la condotta negligente e l’evento dannoso” (pag. 12 della sentenza impugnata), tenuto conto che non erano state allegate (né provate) circostanze dalle quali fosse dato desumere la consapevolezza, in capo al notaio, di una particolare situazione di rischio del venditore, che avrebbe consigliato maggiore celerità nell’esecuzione della formalità. Quanto alla scrittura privata sopra menzionata, alla stessa – secondo i giudici di secondo grado – non poteva riconoscersi carattere confessorio, “integrando, semmai, (..) un impegno ad adoperarsi presso la conservatoria per far conseguire al cliente la cancellazione dell’ipoteca” (pag. 13 della sentenza impugnata)><.

La SC

<<La giurisprudenza di questa Corte ha affermato che, “qualora per esplicita richiesta delle parti ovvero per legge, il notaio che ha ricevuto un atto soggetto ad iscrizione o a trascrizione debba procurare che questa venga eseguita nel più breve tempo possibile ovvero immediatamente, spetta al prudente apprezzamento del giudice del merito e alla sua libera valutazione, tenendo conto delle determinanti del caso concreto attinenti sia ai tempi e ai mezzi di normale impiego per l’esecuzione dell’iscrizione, sia alle evenienze non imputabili al notaio, individuare di volta in volta il termine nel quale quell’adempimento deve essere eseguito e stabilire se l’indugio frapposto dal professionista giustifichi l’affermazione della sua responsabilità verso il cliente, tenendo presente che tale responsabilità ha natura contrattuale e che il notaio è tenuto ad espletare l’incarico che le parti gli affidano con la diligenza media di un professionista sufficientemente preparato e avveduto, secondo quanto dispone l’art. 1176  secondo comma c.c..” (Cass., n. 566/2000; si veda anche Cass., n. 1439/2023, in tema di responsabilità disciplinare del notaio, secondo cui “l’art. 2671 c.c., richiedendo che la trascrizione dell’atto sia effettuata dal pubblico ufficiale “nel più breve tempo possibile”, non effettua una rigida predeterminazione del termine, che spetta al giudice del merito stabilire di volta in volta, avuto riguardo alla particolare sollecitudine con la quale la prestazione contrattuale richiesta al professionista deve essere espletata; ne deriva che in caso di reiterati ritardi nel compiere la trascrizione degli atti ricevuti o autenticati sussiste la responsabilità disciplinare del notaio, senza che assuma alcun rilievo l’eventuale danno subito dalle parti stipulanti”).

Orbene, la decisione impugnata e frutto di una valutazione di merito (come tale, in questa sede incensurabile) circa la “giustificatezza” di un ritardo (non già di trenta o trentuno, bensì) di due giorni nell’esecuzione delle formalità di trascrizione dell’atto di compravendita in questione; valutazione, peraltro, ragionevole, proprio in considerazione della formulazione della norma, la quale, mediante il riferimento al “più breve tempo possibile”, impedisce di accedere a un’interpretazione che postuli l’immediata esigibilità (ai sensi dell’ art. 1183 , comma 1, prima parte, c.c.) di una prestazione pur sempre necessitante di un certo spazio temporale per la sua esecuzione. Si è di fronte, in altri termini, ad una fattispecie equiparabile a quella in cui, non essendo previsto dal titolo, il termine viene stabilito dal giudice, con la particolarità che in questo caso tale determinazione avviene ex poste ai fini del giudizio di responsabilità. Una volta che il giudice abbia esercitato tale potere determinativo, trovano applicazione i principi generali in materia di ritardo nell’inadempimento, di modo che, prima della scadenza del termine, la prestazione deve ritenersi inesigibile (e, dunque, inconfigurabile l’inadempimento o inesatto adempimento). Conseguentemente, non applicandosi l’art. 1221  c.c., il debitore non risponde del fatto (lecito) del terzo produttivo del danno (nel caso di specie, l’iscrizione pregiudizievole). La negligenza del notaio (astrattamente riscontrabile nell’aver atteso un mese prima di curare la trascrizione) diviene, pertanto, irrilevante dall’angolo visuale della responsabilità contrattuale, non potendo essere posta in connessione causale con il danno patrimoniale allegato (da ascriversi, come detto, alla condotta del creditore ipotecario)>>.

Sulla determinatezza della individuazione degli immobili nella nota di trascrizione: non è ammessa la modalità “de relato”

Cass. sez. II, ord. 26/04/2024  n. 11.213, rel. Oliva, ribadisce una regola esatta ma consolidata:

<<La Corte di Appello ha rilevato che la domanda giudiziale con la quale Fo.Wi. aveva impugnato il testamento del comune dante causa delle odierne parti, anche per lesione della quota di legittima a lei spettante, aveva ad oggetto l’intero patrimonio relitto dal de cuius, costituente l’asse ereditario, ed ha dunque escluso qualsiasi profilo di incertezza sui beni oggetto della relativa nota di trascrizione (cfr. pag. 6 della sentenza impugnata).

La statuizione collide con l’insegnamento di questa Corte, secondo cui “Per stabilire se e in quali limiti un determinato atto relativo a beni immobili sia opponibile ai terzi, deve aversi riguardo esclusivamente al contenuto della nota di trascrizione, dovendo le indicazioni riportate nella nota stessa consentire di individuare, senza possibilità di equivoci ed incertezze, gli estremi essenziali del negozio ed i beni ai quali esso si riferisce, senza necessità di esaminare anche il contenuto del titolo che, insieme con la menzionata nota, viene depositato presso la conservatoria dei registri immobiliari” (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 4842 del 19/02/2019, Rv. 652628; conf. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 18892 del 31/08/2009, Rv. 609584; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3590 del 25/03/1993, Rv. 481562; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 8066 del 27/06/1992, Rv. 477972; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 10774 del 14/10/1991, Rv. 474196; nonché, in termini analoghi, Cass. Sez. 3, Sentenza n. 13137 del 01/06/2006, Rv. 590715). L’unica fonte alla quale attingere per verificare la sufficienza della nota di trascrizione ai fini dell’individuazione degli immobili sui quali essa incide è dunque la nota stessa, che deve consentire con certezza l’identificazione dei detti cespiti. In tal senso, infatti, va ribadito che “Per stabilire se ed in quali limiti un determinato atto trascritto sia opponibile ai terzi, deve aversi riguardo esclusivamente al contenuto della nota di trascrizione, senza che a nulla rilevi l’effettivo contenuto dell’atto” (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 4726 del 19/02/2019, Rv. 652832).

Il principio è stato affermato anche in relazione alla trascrizione della domanda giudiziale, poiché “Perché la trascrizione delle domande giudiziali possa produrre gli effetti previsti dall’art. 2652 cod. civ., è necessaria una precisa correlazione tra la domanda, così come riportata nella nota di trascrizione, e la sentenza che si vuole opporre ai terzi” (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 6851 del 18/05/2001, Rv. 546800, conf. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 14710 del 29/05/2019, Rv. 654187).

L’unico temperamento a questo criterio è il caso in cui la nota presenti mere irregolarità. In questa specifica ipotesi, infatti, vige il principio secondo cui “In tema di trascrizione, ai sensi dell’art. 2665 c.c. l’omessa indicazione dei dati catastali degli immobili -e a fortiori l’indicazione di dati catastali non corretti- determina l’invalidità della relativa nota di trascrizione solo se induca incertezza sui soggetti, sui beni o sul rapporto cui essa inerisce e sempre che non sia consentito individuare, senza possibilità di equivoci, gli elementi essenziali del contratto” (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 20543 del 30/07/2019, Rv. 654894; cfr. anche Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 21758 del 04/12/2012, Rv. 624441). L’accertamento della sufficienza, o meno, degli elementi contenuti nella nota di trascrizione ai fini della corretta individuazione dei beni che ne formano oggetto si risolve in un giudizio di fatto devoluto al giudice di merito, dovendosi dare continuità, sul punto, all’ulteriore principio secondo cui “In forza dell’art. 2665 c.c. non ogni omissione od inesattezza nella nota di trascrizione determina l’invalidità della trascrizione stessa, ma solo quelle che ingenerano incertezze sulle persone, sul bene e sulla natura giuridica dell’atto; e l’accertamento dell’esistenza dello stato di incertezza, soprattutto ove incentrato sulla ritenuta idoneità dell’univocità del riferimento ritraibile dal codice fiscale, costituisce giudizio di fatto insindacabile in Cassazione se immune da vizi logici e giuridici e sorretto da congrua motivazione” (Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 13543 del 30/05/2018, Rv. 648808).

A ben vedere, tuttavia, anche la disciplina dell’ipotesi eccezionale, rappresentata dalla presenza di mere irregolarità nella nota di trascrizione, non fa che confermare il criterio generale, secondo cui la nota deve comunque essere autosufficiente, e dunque contenere tutti gli elementi atti a consentire l’esatta e non equivoca individuazione dei beni sui quali essa incide. Solo nella ricorrenza di tale presupposto, infatti, può verificarsi se vi siano mere irregolarità, non suscettibili di creare incertezza sugli elementi essenziali (soggetti coinvolti, beni sui quali la trascrizione incide e tipo di atto trascritto).

Nel caso di specie, la Corte di Appello ha affermato che una nota di trascrizione, avente ad oggetto una domanda di impugnazione di un testamento per lesione dei diritti spettanti all’erede legittimo, incidesse necessariamente sull’intero patrimonio immobiliare compreso nell’asse ereditario relitto dal de cuius. Nel quale ultimo rientravano anche i beni oggetto dell’atto di alienazione oggetto della domanda.

L’affermazione, in sé corretta sul piano civilistico, non vale a superare il criterio della necessaria specificità ed autosufficienza della nota di trascrizione, il cui tenore letterale -che viene riportato a pag. 10 del ricorso- non contiene alcun elemento idoneo ad individuare con certezza i cespiti inclusi nell’asse ereditario. La nota, infatti, fa riferimento esclusivamente allo “… atto di citazione notificato a cura dell’Ufficiale Giudiziario S. Grimaldi addetto all’Ufficio Unico Notifiche presso il Tribunale di Bassano del Grappa in data 9.11.1990 a favore di Fo.Wi. contro 1) St.Ma. … 2) Fo.Fr. … 3) Fo.En. … 4) Fo.Gi. … 5) Fo.Gi.. Con il predetto atto di citazione Fo.Wi. ha convenuto i signori . dinanzi il Tribunale di Bassano del Grappa … per l’udienza del… per ivi sentire accertare la simulazione dell’atto di compravendita 2.11.88 rep. n. 2078 not. Fi., con conseguente dichiarazione di nullità dell’atto stesso, registrato a Bassano il 22.11.88 al n. 1452 mod. 2V e trascritto presso questa conservatoria il 23.11.88 al nn. 6975 rg e 5336 rp, nonché per sentir accertare, con successiva declarativa, l’invalidità del testamento olografo pubblicato il 20.6.89 dal not. De. con atto n. 17419 di rep., registrato in Bassano del Grappa il 3.7.89 al n. 795, mod. 1” (cfr. pag. 10 del ricorso).

La nota di trascrizione, dunque, non contiene alcun elemento idoneo ad individuare i beni immobili sui quali, in concreto, essa incide. Né si potrebbe affermare che il terzo sia onerato di verificare anche il contenuto degli atti richiamati nella nota stessa (compravendita e testamento), sia perché la nota deve, come già visto, contenere in sé i riferimenti opportuni e sufficienti ad individuare i cespiti che ne formano oggetto, sia perché, nel caso di specie, la compravendita del 2.11.88, oggetto della domanda di simulazione, aveva ad oggetto un immobile non coincidente con quello oggetto della compravendita del 24.6.94 di cui è causa, e sia perché, infine, il testamento olografo potrebbe, a sua volta, non contenere alcun riferimento identificativo dei cespiti, ben potendo il testatore disporre del suo patrimonio in favore degli eredi o legatari anche senza indicare i riferimenti catastali dei singoli cespiti che ne formano parte (cfr., sul punto, Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1649 del 23/01/2017, Rv. 642475, secondo cui “Il testamento -olografo o pubblico che sia- non deve necessariamente contenere, a pena di nullità, le indicazioni catastali e di configurazione degli immobili cui si riferisce, essendo invece sufficiente, per la validità dell’atto, che tali beni siano comunque identificabili senza possibilità di confusioni, salva la necessità -non attinente, peraltro, ad un requisito di regolarità e validità del testamento- che gli eredi, in sede di denuncia di successione e di trascrizione del testamento medesimo, indichino specificamente gli immobili predetti, menzionandone dati catastali, confinazioni ed altro”; conf. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1112 del 14/02/1980, Rv. 404596).

Per ogni negozio giuridico una distinta nota di trascrizione (non potendosi usare il solo quadro D)

Cass. sez. 2 del 16.10.2023 n. 28.694, rel. Scarpa, relativo alla menzione nel solo quadro D della costituzione di servitù a carico di altro  fondo del venditore e a favore del compratore:

<<qualora un contratto di compravendita di un fondo contenga una ulteriore convenzione, costitutiva di un diritto di servitù in favore dell’immobile alienato ed a carico di altro fondo di proprietà del venditore, agli effetti della L. n. 52 del 1985, art. 17, comma 3, è necessario presentare distinte note di trascrizione per il negozio di trasferimento della proprietà e per la convenzione di costituzione della servitù, né rileva, ai fini della opponibilità della servitù ai terzi, la menzione del relativo titolo contrattuale nel “quadro D” della nota di trascrizione della vendita, trattandosi di inesattezza che induce incertezza sul rapporto giuridico a cui si riferisce l’atto>>.

Precisazione assai utile nella pratica, anche se scontata (ma la prassi è in effetti incerta. Il quadro D contiene precisazioni o specificaizoni ma giammai ciò che, costituendo negozio autonomo, va distrituito nei quadri A, B e C.

Differenza tra sentenza costitutiva ex art. 2932 cc e sentenza accertativa di (già) avvenuto trasferimento a fini trascrizionali

Cass. sez. 3 del 5 settembre 2022 n. 26.136, rel. Gorgoni:

premessa: <<Dal tessuto argomentativo posto a suo supporto e dal complesso del ricorso emerge in maniera inequivoca che il ricorrente ha introdotto il giudizio allo scopo di chiedere l’accertamento dell’avvenuto trasferimento del diritto di proprietà, salvo poi prospettare la sussistenza di una situazione avente i requisiti per ottenere tutela attraverso la sentenza costitutiva di cui all’art. 2932 c.c., con argomentazioni accentriche ed incompatibili con la domanda originaria.

Il che rende difficile persino la comprensione del contenuto di alcune censure mosse alla sentenza d’appello. Ad ogni modo, dal complesso del ricorso e soprattutto dal primo motivo, si evince che egli non ha ben chiara la natura della sentenza ex art. 2932 c.c., il quale prevede che se chi è obbligato a concludere un contratto non adempie l’obbligazione, l’altra parte, qualora sia possibile e non sia escluso dal titolo, può ottenere una sentenza che produca gli effetti del contratto non concluso.           Si tratta, infatti, di uno strumento sui generis attraverso cui il codificatore ha reso coercibile l’obbligo di concludere un contratto, dando vita ad un contratto, malgrado manchi il consenso di una delle parti, attraverso la sostituzione alla manifestazione di volontà mancante, ma dovuta, di una delle due parti, un provvedimento giudiziale che attua la volontà di legge, a favore della parte adempiente.>>

La sentenza ex art. 2932 c.c.,e’ ben diversa <<da quella, dichiarativa, meramente accertativa dell’avvenuto perfezionamento del contratto, perché ne sono diversi i presupposti: la sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c., implica un obbligo a contrarre rimasto inattuato, la sentenza dichiarativa presuppone, all’opposto, che un contratto si sia già perfezionato. Di qui la differente natura degli effetti: costituitivi, la prima, perché il provvedimento giudiziale provoca una modificazione della realtà giuridica preesistente al giudizio; dichiarativi, la seconda, la quale ha valore meramente ricognitivo di un effetto traslativo già prodotto.

Oltre a non aver chiara la differenza tra sentenza accertativa del contratto concluso e sentenza costitutiva ex art. 2032 c.c., che sostituisca il consenso di una delle parti obbligata a contrarre visto che dimostra di considerare i due provvedimenti giudiziali come fungibili – il ricorrente dà prova di non conoscere l’indirizzo di questa Corte quanto allo strumento di tutela invocabile da chieda un titolo giudiziale per trascrivere e quindi rendere opponibile a terzi il proprio titolo di acquisto. Di fronte ad una proposta contrattuale relativa ad un contratto consensuale con effetti reali, quale la compravendita immobiliare, si pone, sotto il profilo dell’esecuzione negoziale richiesta, un’alternativa secca. Delle due l’una: o la proposta non è stata ritualmente accettata, ed allora non vi è alcuna obbligazione da eseguire in quanto nessun contratto si è perfezionato; o la proprietà è stata accettata ed allora il contratto è già stato perfezionato nella sua componente consensuale e nei suoi effetti reali, per cui l’unico elemento ancora richiesto per l’opponibilità ai terzi è la redazione in atto pubblico con negozio ripetitivo, che trova rispondenza in sede giudiziale, non nell’azione costitutiva ex art. 2932 c.c., ma nell’azione di accertamento dell’avvenuto trasferimento di proprietà.

Ed invero, la sentenza prevista dall’art. 2932 c.c., si inquadra nella categoria delle sentenze costitutive (art. 2908 c.c.) e la sua funzione è quella di operare ex nunc quel mutamento della situazione sostanziale che avrebbe dovuto verificarsi con il consenso promesso, ma non prestato, dalla parte che vi era obbligata.

Nel caso in cui ad una proposta contrattuale segua una conforme accettazione si perfeziona il contratto, la cui riproduzione in forma di atto pubblico, con le modalità del contratto ripetitivo, non richiede, in caso di mancata esecuzione, una sentenza costitutiva, non occorrendo una sostituzione di manifestazione di volontà che già vi sia stata, ma una semplice sentenza di accertamento che supplendo alla documentazione mancante, soddisfi l’interesse della parte alla documentazione in forma pubblica del negozio.

Deve ritenersi, dunque, pacifico che l’interesse della parte alla documentazione del negozio nella forma necessaria per la trascrizione non trova tutela nel rimedio previsto dall’art. 2932 c.c., potendo essere soddisfatto, invece, con la pronuncia di una sentenza di mero accertamento (Cass. 22/01/1980, n. 593; Cass. 24/07/1997, n. 6919; Cass. 05/07/2006, n. 15319; Cass. 23/01/2013, n. 1553).>>

Il ricorrente fa confusione: <<Proprio tale rilevante differenza sembra sfuggire al ricorrente che, pur fondando il proprio ricorso sulla tesi che il contratto di cessione dell’alloggio si fosse perfezionato, insiste a tratti circa la natura costitutiva della sentenza chiesta tanto nel giudizio di prime cure quanto in appello, non avvedendosi della differenza, ben colta, ex adverso, dalla sentenza impugnata tra la richiesta di una pronuncia dichiarativa dell’avvenuto effetto traslativo che costituisse titolo per la trascrizione e la domanda di un provvedimento giudiziale che tenesse luogo del mancato consenso della parte asseritamente inadempiente all’obbligo di concludere il contratto.>>

Principi esatti ed esposti in modo chiaro ma risaputi : nulla di nuovo.