Controllo d’ufficio delle clausole abusive, pure nelle fasi monitoria ed esecutiva

A seguito delle note sentenze della Corte di Giustizia UE, la Cassazione a sezioni unite si è pronunciata -come questione di particolare importanza (la ricorrente aveva rinunciato al ricorso)- sul tema in oggetto .

Ha enucleto un dettagliato decalogo e lo ha fatto nel dispositivo , invece che in motivazione (forse è esatto, essendo proprio questo lo scopo della pronuncia, una volta intervenuta rinuncia del ricorrente).

Si tratta di Cass. sez. un. n° 9.479 del 6 aprile 2023, rel. Enzo Vincenti.

Ecco il decalogo:

<<Fase monitoria
Il giudice del monitorio:
a) deve svolgere, d’ufficio, il controllo sull’eventuale carattere
abusivo delle clausole del contratto stipulato tra professionista e
consumatore in relazione all’oggetto della controversia;
b) a tal fine procede in base agli elementi di fatto e di diritto in
suo possesso, integrabili, ai sensi dell’art. 640 c.p.c., con il potere
istruttorio d’ufficio, da esercitarsi in armonia con la struttura e
funzione del procedimento d’ingiunzione:
b.1.) potrà, quindi, chiedere al ricorrente di produrre il contratto
e di fornire gli eventuali chiarimenti necessari anche in ordine alla
qualifica di consumatore del debitore;
b.2) ove l’accertamento si presenti complesso, non potendo egli
far ricorso ad un’istruttoria eccedente la funzione e la finalità del
procedimento (ad es. disporre c.t.u.), dovrà rigettare l’istanza
d’ingiunzione;
c) all’esito del controllo:
c.1) se rileva l’abusività della clausola, ne trarrà le consequenze
puDblicazione in ordine al rigetto o all’accoglimento parziale del ricorso; cp
c.2) se, invece, il controllo sull’abusività delle clausole incidenti
sul credito azionato in via monitoria desse esito negativo, pronuncerà cUs, O
decreto motivato, ai sensi dell’art. 641 c.p.c., anche in relazione alla
anzidetta effettuata delibazione;
c.3) il decreto ingiuntivo conterrà l’avvertimento indicato o dall’art. 641 c.p.c., nonché l’espresso avvertimento che in mancanza o di opposizione il debitore-consumatore non potrà più far valere o l’eventuale carattere abusivo delle clausole del contratto e il decreto non opposto diventerà irrevocabile.
Fase esecutiva
Il giudice dell’esecuzione:
a) in assenza di motivazione del decreto ingiuntivo in P
riferimento al profilo dell’abusività delle clausole, ha il dovere – da
esercitarsi sino al momento della vendita o dell’assegnazione del bene
o del credito – di controllare la presenza di eventuali clausole abusive
che abbiano effetti sull’esistenza e/o sull’entità del credito oggetto del
decreto ingiuntivo;
b) ove tale controllo non sia possibile in base agli elementi di
diritto e fatto già in atti, dovrà provvedere, nelle forme proprie del cs,
processo esecutivo, ad una sommaria istruttoria funzionale a tal fine;
c) dell’esito di tale controllo sull’eventuale carattere abusivo
delle clausole – sia positivo, che negativo – informerà le parti e
avviserà il debitore esecutato che entro 40 giorni può proporre oo
opposizione a decreto ingiuntivo ai sensi dell’art. 650 c.p.c. per fare
accertare (solo ed esclusivamente) l’eventuale abusività delle
clausole, con effetti sull’emesso decreto ingiuntivo; cc
d) fino alle determinazioni del giudice dell’opposizione a decreto
ingiuntivo ai sensi dell’art. 649 c.p.c., non procederà alla vendita o
o all’assegnazione del bene o del credito;

(ulteriori evenienze)
e) se il debitore ha proposto opposizione all’esecuzione ex art.
615, primo comma, c.p.c., al fine di far valere l’abusività delle
clausole del contratto fonte del credito ingiunto, il giudice adito la
riqualificherà in termini di opposizione tardiva ex art. 650 c.p.c. e
rimetterà la decisione al giudice di questa (translatio
f) se il debitore ha proposto un’opposizione esecutiva per far
valere l’abusività di una clausola, il giudice darà termine di 40 giorni
per proporre l’opposizione tardiva – se del caso rilevando l’abusività di
altra clausola – e non procederà alla vendita o all’assegnazione del
bene o del credito sino alle determinazioni del giudice dell’opposizione
tardiva sull’istanza ex art. 649 c.p.c. del debitore consumatore.
Fase di cognizione
Il giudice dell’opposizione tardiva ex art. 650 c.p.c.:
a) una volta investito dell’opposizione (solo ed esclusivamente
sul profilo di abusività delle clausole contrattuali), avrà il potere di
sospendere, ex art. 649 c.p.c., l’esecutorietà del decreto ingiuntivo, in
tutto o in parte, a seconda degli effetti che l’accertamento
sull’abusività delle clausole potrebbe comportare sul titolo giudiziale;
b) procederà, quindi, secondo le forme di rito>>

Rimane consumatore il privato (coniuge) che presta fideiussione a favore di debito d’impresa?

La Corte di Cassazione, con ord. n. 742 del 16.01.2020, sez. 6 -sottosez. 1, rel. Dolmetta, interviene sulla annosa questione del se sia (rimanga) “consumatore” il privato che rilascia fideiussione a favore di un soggetto imprenditoriale (nella veste di imprenditore, se persona fisica, la quale possiede la duplice veste ne lsuo agire).

Nel caso specifico la fideiussione era prestata a favore del coniuge, quale titolare di impresa individuale. La questione come spesso succede era nata da una questione (processuale) di competenza territoriale. Curiosamente però nel caso specifico è il garantito (la  banca) a far valere la qualità di consumatore del fideiussore: quando invece nella prassi l’interesse del garantito è di solito opposto (escludere tale qualità nel garante). Secondo la normativa sulle clausole abusive infatti il foro competente per il consumatore è senz’altro quello di residenza o di domicilio elettivo (art 33 comma 2 lettera u), cod. cons., come ricorda la Corte al paragrafo 14

La questione centrale dunque  <<concerne l’interrogativo se la persona fisica – che, pur fuori dall’ambito di sue (eventuali) attività professionale, presti fideiussionè a garanzia di un debito di un soggetto che non è consumatore – rimanga tale o debba per contro essere considerato come soggetto diverso dal consumatore (c.d. professionista di “riflesso” o di “rimbalzo”), secondo quanto è stato appunto ritenuto dalla pronuncia del Tribunale di Fermo.>>, § 15.

Tradizionalmente si ritiene <<che la persona fisica, che presta fideiussione per la garanzia di un debito ricadente su di un soggetto “professionale”, non assume lo status di consumatore>>, § 16

La Corte ricorda però precedenti in senso contrario ai §§ 18-19, tra cui alcuni europei.

A questo punto la Corte, aderendo a questo secondo orientamento, abbandona <<l’orientamento tradizionalmente seguito da questa Corte in punto di criteri selettivi dell’eventuale ascrizione del fideiussore alla categoria normativa di consumatore.       Non può di certo essere ignorato, invero, il forte rilievo che, per la ricostruzione del diritto interno, vengono a rivestire gli interventi della Corte di Giustizia Europea (in proposito cfr., tra le altre, Cass., 3 marzo 2017, n. 5381; Cass., 8 febbraio 2016, n. 2468).     D’altra parte, quello dell’accessorietà fideiussoria si manifesta tratto oggettivamente estraneo alla normativa di protezione del consumatore. Connotante la struttura disciplinare dell’impegno e dell’obbligazione assunti dal fideiussore, l’accessorietà non può non rimanere confinata entro tale ristretto ambito; di certo, non può venire proiettata fuori da esso, per spingerla sino a incidere sulla qualificazione dell’attività – professionale o meno – di uno dei contraenti; tanto meno, l’accessorietà potrebbe far diventare un soggetto (il fideiussore o, più in generale, il terzo garante) il replicante, ovvero il duplicato, di un altro soggetto (il debitore principale).     Non è un caso, del resto, che gran parte della letteratura ha censurato aspramente la costruzione del fideiussore quale professionista di riflesso, pure evidenziando gli esiti paradossali a cui la stessa conduce in modo diretto, quale quello di dovere ritenere consumatore la banca, che presta fideiussione per il debito contratto da una persona fisica che non svolga alcun tipo di attività professionale>>, § 20.

Aggiunge che, esclusa la rilevanza dell’attività svolta dal debitore principale per la qualificazione della posizione (di consumatore o meno) del fideiussore, le citate decisioni della Corte di Giustizia <<indicano – quale criterio per la positiva identificazione di un fideiussore nell’ambito della categoria del consumatore – la “valutazione se il rapporto contrattuale” di cui alla fideiussione nel concreto rientri, oppure no, “nell’ambito di attività estranee” all’esercizio della eventuale professione specificamente svolta dal soggetto che ha prestato la garanzia.     Come si vede, si tratta del criterio generale, comune per l’identificazione di una contraente persona fisica nell’alveo protettivo di consumatore (cfr. la norma dell’art. 3 cod. consumo, comma 1, lett. a). Non si vede, d’altro canto, quale ragione oggettiva potrebbe mai giustificare un’identificazione del fideiussore (del terzo garante, in genere) in tale figura (di consumatore, appunto) sulla base di criteri diversi da quelli generali e comuni.     Di conseguenza, alla stregua dell’interpretazione che, nell’attuale, questa Corte dà della nozione generale di consumatore (cfr., da ultimo, Cass., 26 marzo 2019, n. 8419), tale dev’essere considerato il fideiussore persona fisica che, pur svolgendo una propria attività professionale (o anche più attività professionali), stipuli il contratto di garanzia per finalità non inerenti allo svolgimento di tale attività, bensì estranee alla stessa, nel senso che si tratti di atto non espressivo di questa, nè strettamente funzionale al suo svolgimento (c.d. atti strumentali in senso proprio).>>, § 21.

La sentenza va positivamente segnalata per chiarezza, precisione e concisione, come consueto per questo giudice relatore