Tra recesso e risoluzione, in relazione alla qualificabilità come cvlausola vessatoria ex art. 1341. c.2 cc

Cass. 5 agosto 2022, n. 24.318 , sez. 2, rel. Trapuzzano, sulla qualifica di una clausola di preliminare per immobile da costruire, purtroppo non riportata testualmente ma così riassunta dalla SC sub § 7.2 , qualifica oscillante tra patto risolutorio e condizione risolutiva:

<<la clausola di cui all’art. 10 del preliminare di vendita di immobile sulla carta, concluso tra le parti in data 23 maggio 2004, testualmente ha stabilito che il contratto doveva ritenersi nullo – rectius inefficace – nel caso che la promittente venditrice non avesse ottenuto il permesso a costruire e le ulteriori autorizzazioni entro il mese di settembre 2004, con la contestuale previsione della rinuncia del promissario acquirente ad agire, nei confronti del promittente alienante, a titolo di risarcimento dei danni derivanti dalla mancata vendita dell’immobile>>.

Pertanto la dichiarzine dell’ipresa di sciogliersi dal contratto per mancato ottenimetno delle cocnessioni pujbliche costuisce esercizio del dirtto risolutoorio e non di ercesso: << 7.3.- Ora, l’opzione ermeneutica cui ha aderito il Giudice di merito non è confortata dai termini letterali contemplati dalla clausola in questione. E ciò atteso che il riconoscimento, in favore di una delle parti, dello ius poenitendi, ai sensi dell’art. 1373 c.c., inserisce nel contratto un diritto potestativo di sciogliersi ad nutum dal negozio, attraverso una semplice manifestazione di volontà da comunicare alla controparte. Tale evenienza e’, per definizione, ontologicamente diversa dalla previsione secondo cui l’efficacia del negozio è subordinata (in via sospensiva o in via risolutiva) alla verificazione di un avvenimento futuro e incerto.

Sicché è intrinsecamente contraddittoria la qualificazione in termini di recesso di una previsione contrattuale che subordini lo scioglimento del negozio alla mancata verificazione di un determinato evento ad una certa data.

In proposito, si osserva che la pattuizione, inserita in un preliminare di vendita immobiliare, che preveda la risoluzione ipso iure qualora – con riferimento al bene, che ne costituisce l’oggetto (nella fattispecie in una vendita di appartamenti facenti parte di un fabbricato da costruire) – non vengano rilasciati i permessi a costruire entro una determinata data, per fatto non dipendente dalla volontà delle parti, deve qualificarsi come condizione risolutiva propria, determinando l’effetto risolutivo di quel contratto, evidentemente consistente nella sua sopravvenuta inefficacia, in conseguenza dell’avverarsi di un evento estraneo alla volontà dei contraenti (sebbene specificamente dedotto pattiziamente) nonché dello spirare del termine, pure ritenuto nel loro interesse comune (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 21215 del 27/08/2018; Sez. 2, Sentenza n. 22310 del 30/09/2013; Sez. 2, Sentenza n. 17181 del 24/06/2008).

Ne discende che dal tenore testuale della clausola emerge che la statuizione sull’efficacia del negozio contemplata dall’art. 10 del preliminare dovesse essere ancorata, non già ad una facoltà del predisponente di sciogliersi unilateralmente dal contratto con efficacia ex nunc, bensì ad un avvenimento futuro e incerto con efficacia ex tunc (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 26365 del 16/12/2014; Sez. 2, Sentenza n. 3626 del 07/08/1989; Sez. 3, Sentenza n. 2504 del 18/09/1974).

Difettando qualsiasi riferimento ad una potestà di sciogliersi dal contratto ove ricorra una determinata condizione – ed essendo, per converso, previsto che il preliminare non abbia efficacia qualora la condizione stabilita non si verifichi entro la data indicata -, neanche può ritenersi che si tratti dell’attribuzione ad una delle parti della facoltà di recesso subordinata ad un avvenimento futuro ed incerto (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 2873 del 19/05/1979).>>

Blockchain e diritto di autore: interessante raccola di saggi in un quaderno di ALAI

ALAI tra i suoi Quaderni ha pubblicato il n° 3 <La tecnologia blockchain e il diritto d’autore: miraggio o realtà> , Atti del Convegno Roma, 19 giugno 2019 a cura di V. Coltellacci, Aracne ed. 2021 (link diretto al pdf qui).

Utile instrumentum  per sapere qualcosa di più su una materia ancora poco conosciuta perchè poco praticata in Italia  , almeno nell’abbinamento tra b. e proprietà intellettuale.

 

 

Swap, costi occulti e nullità del contratto: sulla scia di Cass. sez. un. 12 maggio 2020 n. 8770)

Così Cass. sez. 1 , 10 agosto 2022, n. 24.654, rel. Falabella , sulla validità di swap stipulati con opacità di costi da parte della banca:

<< La Corte di appello ha escluso che la violazione di regole di condotta gravanti sull’intermediario, e afferenti l’informazione sul derivato potesse determinare la nullità del contratto concluso tra il detto soggetto e l’investitore. Ha precisato che l’occultamento di costi a svantaggio del cliente, tanto per una valutazione iniziale sfavorevole all’investitore (mark to market negativo), quanto per l’apparente erogazione di somme a parziale indennizzo della posizione sfavorevole assunta dal cliente (upfront), rileverebbe, “nella normalità dei casi, sul piano della violazione delle regole di condotta, sia in punto di obblighi informativi, sia, ove l’intermediario collochi in contropartita diretta i prodotti derivati, in relazione al conflitto di interessi”.

Il Giudice del gravame ha inteso quindi escludere che il profilo relativo all’implicazione, nelle operazioni in derivati, di costi occulti, quali quelli lamentati, nel giudizio di merito, dalla società investitrice (cfr. sentenza impugnata, pag. 16), si ripercuotesse sulla validità del contratto.

Una tale conclusione non è conforme alla giurisprudenza che questa Corte ha espresso nella sua articolazione più autorevole. Le Sezioni Unite hanno infatti avuto modo di precisare che, in tema di interest rate swap, occorre accertare, ai fini della validità del contratto, se si sia in presenza di un accordo tra intermediario ed investitore sulla misura dell’alea, calcolata secondo criteri scientificamente riconosciuti ed oggettivamente condivisi: accordo che non si può limitare al mark to market, ossia al costo, pari al valore effettivo del derivato ad una certa data, al quale una parte può anticipatamente chiudere tale contratto od un terzo estraneo all’operazione è disposto a subentrarvi, ma deve investire, altresì, gli scenari probabilistici e concernere la misura qualitativa e quantitativa della menzionata alea e dei costi, pur se impliciti, assumendo rilievo i parametri di calcolo delle obbligazioni pecuniarie nascenti dall’intesa, che sono determinati in funzione delle variazioni dei tassi di interesse nel tempo (Cass. Sez. U. 12 maggio 2020, n. 8770).

Il Collegio, pur consapevole che la materia prospetta profili di delicata complessità, come evidenziato dalla banca controricorrente nella propria memoria, reputa condivisibile ex art. 374, comma 3, c.p.c. il richiamato principio di diritto, il quale colloca sul piano della nullità del contratto la tutela dell’investitore a fronte di un’operazione in derivati connotata da costi occulti: nullità che – è bene precisare -non è quella, virtuale (art. 1418 c.c., comma 1), di cui si sono occupate due ben note pronunce delle Sezioni Unite (Cass. Sez. U. 19 dicembre 2007, nn. 26724 e 26725) per escludere che essa abbia a prospettarsi in caso di inosservanza degli obblighi informativi da parte dell’intermediario, ma una nullità strutturale (art. 1418, comma 2, c.c.), inerente ad elementi essenziali del contratto (nella pronuncia del 2020 si richiama, a tale proposito, l’oggetto – punto 9.8 -, ma anche la causa del negozio: cfr., segnatamente, punto 9.3 della sentenza). In tale prospettiva, la sentenza impugnata, che ha escluso in radice il vizio genetico degli swap oggetto di giudizio, merita censura>>

Il motivo del ricorso è così riassunto appena sopra dalla stessa SC: <<Il quinto motivo denuncia la violazione o falsa applicazione degli artt. 1323 e 1418 c.c., oltre che dell’art. 21 t.u.f.. Si assume che, contrariamente a quanto affermato nella sentenza impugnata, gli obblighi di informazione e di trasparenza della banca imponevano a questa di fornire una chiara indicazione dei reali costi dell’operazione: costi che incidevano sull’oggetto del contratto, “sia sotto il profilo della pattuizione del compenso della banca, sia sotto il profilo dell’esatta determinazione delle alee rispettivamente assunte”.

Col sesto motivo si lamenta la violazione o falsa applicazione degli artt. 1323 e 1418 c.c.. Si deduce l’erroneità della sentenza per violazione dei principi dettati in materia di causa del contratto anche nella parte in cui la stessa sostiene che la valutazione dell’impossibilità di funzionamento dei derivati in termini di copertura del rischio di rialzo dei tassi di interesse sarebbe effettuabile solo ex post dovrebbe risolversi nella generica impossibilità di funzionamento del contratto. Si deduce che i due contratti di swap erano nulli anche per mancanza di causa e che il profilo della violazione dei doveri di correttezza e trasparenza si aggiungeva a tale profilo di nullità, senza escluderlo.

I due motivi, che si prestano a una trattazione congiunta, sono fondati nei termini che si vengono a esporre..>>

Sentenza assai frettolosa, dato che A) richiama sia l’oggetto (assente? indeterminato? indeterminabile?) che la causa e dunque due diversi motivi di invalidità; B)  ciascuno di essi avrebbe dovuto essere spiegato.

Conclusione del patto arbitrale a modifica del rapporto in essere: tra clickwrap e browsewrap agreement

Il distretto nord della california, 8 settembre 2022, Case 4:22-cv-00422-PJH  , Alkutkar c. Bumble, affronta una frequente , ma non per questo poco interessante, fattispecie.

Azionata dall’utente una domanda di inadempiumento verso la piattaforma Bumble (sito di conoscenze e incontri) si vede eccepire la clausola di arbitrato: la quale sarebbe stata approvata in corso di rapporto a seguito di 1) notifica via email e soprattutto 2) di finestra di pop up . -c.d. blocker card- che onerava l’utente di accettar per  proseguire . Onere bloccante e finestra che  come sempre conteneva un link al nuovo testo del contratto aggiornato, ma che già essa riassumeva la più importante modifica (l’arbitrato appunto).

V. lo screenshot del pop up in sentenza (ma tratto dal blog del prof. Eric Goldman):

Ebbene, per la corte la email (simile al browsewrap) non dà prova di accettazione (p. 11) , ma il pop up con i I AGREE (simile al clickwrap) si.

I dati di Bumble infatti dicono che dopo questo pop up l’utente continuò ad usare i suoi servizi , per cui è presumibile che l’avesse vista e accettata (l’utente lo negava).

Ciò per tre motivi:

1) l’unicità delle credenziali,

2) gli accessi successivi rpesuppongono logicamente/informaticamente  accettazione: <<plaintiff’s access and use of the app is a demonstrable consequence of
his assent to the updated Terms. Bumble’s records show that all users were shown the
Blocker Card the first time they signed into the app after January 19, 2021. Wong Decl.
¶ 16 (Dkt. 36-1 at 6-7). The declarations of Bumble’s affiliated engineers make clear that
the Blocker Card functions in a straightforward fashion: it “prevents Bumble users from
accessing or using the Bumble app unless they click on the orange-colored button>>

3) << Lastly, the timeline of events indicates that plaintiff clicked his assent through the
Blocker Card. On January 18, 2021, the Terms governing use of the Bumble app were
updated to include an Arbitration Agreement. Chheena Decl. ¶ 7 (Dkt. 30-1 at 3). On the
same day, the Blocker Card was implemented into the app for existing users, requiring
assent to the updated Terms to access the app the first time a user signed in after
January 18. Chheena Decl. ¶ 11 (Dkt. 30-1 at 3-4); Wong Decl. ¶ 12 (Dkt. 36-1 at 4).
Plaintiff reports that the first time he signed into the app after January 18, 2021, was in
March 2021. Alkutkar Decl., May 14, 2021, ¶ 5 (Dkt. 32-2 at 2). This corresponds neatly
with Bumble’s records, which show that he accessed and used the app on March 4,
2021. Wong Decl. ¶ 18 (Dkt. 36-1 at 7). On that date, plaintiff added new photos to his
profile and swiped on other user profiles, activities that might correspond with a user’s
first time accessing the app following a hiatus. Wong Decl. ¶ 18 (Dkt. 36-1 at 7). Plaintiff
additionally accessed and used the app on March 5, 7, and 11, activities only achievable
following clicking assent on the Blocker Card. Id., ¶ 18. Indeed, plaintiff would not have
been able to purchase the premium features that are the subject of this suit in March,
August, and September 2021 unless he clicked to accept the updated Terms and
Arbitration Agreement. Id., at ¶ 18
>>

In altre più brevi parole <<Bumble has shown that plaintiff used unique credentials to access the app on March 4, 2021, that his access and use of the app on that date was a demonstrable  a consequence of his assent to the updated Terms because he only could have done so by clicking through the Blocker Card, and that the timeline of events indicates that plaintiff clicked his assent to the updated Terms. These facts are similar to those found sufficient to authenticate an electronic signature in Ngo, 2018 WL 6618316, at *6, and they are sufficient to authenticate an electronic signature here. Bumble thus establishes by a preponderance of evidence that clicking through the Blocker Card was “the act of” plaintiff necessary to show that he electronically signed and agreed to the updated Terms, including the Arbitration Agreement. >>

(notizia e link alla sentenza dal blog del prof. Eric Goldman)

Ancora sull’assegno divorzile

Si legge in Cass. 28 luglio 2022 n. 23.583, sez. 1, rel. Fidanzia:

<< L’assegno di divorzio deve essere riconosciuto, non in rapporto al pregresso tenore di vita familiare, ma in misura adeguata anzitutto a garantire, in funzione assistenziale, l’indipendenza o autosufficienza economica dell’ex coniuge, secondo un criterio di normalità, avuto riguardo alla concreta situazione del coniuge richiedente nel contesto in cui egli vive, e inoltre, ove ne ricorrano i presupposti e vi sia una specifica prospettazione in tal senso, deve essere adeguato a compensare il coniuge economicamente più debole, in funzione perequativo-compensativa, del sacrificio sopportato per aver rinunciato a realistiche occasioni professionali-reddituali (che il coniuge richiedente ha l’onere di dimostrare nel giudizio), al fine di contribuire ai bisogni della famiglia, rimanendo, in tal caso, assorbito l’eventuale profilo assistenziale (Cass. 24250/2021).

La giurisprudenza di legittimità ha poi costantemente ritenuto inidonea ad escludere l’obbligo di corrispondere un contributo di natura assistenziale la sola generica (e nella specie non professionale) capacità lavorativa. In particolare, ha stabilito che, con riguardo alla capacità lavorativa del coniuge beneficiario dell’assegno, l’indagine del giudice di merito, onde verificare se risulti integrato o escluso il presupposto dell’attribuzione dell’assegno, va condotta “secondo criteri di particolare rigore e pregnanza, non potendo una attività concretamente espletata soltanto saltuariamente (nella specie, di estetista) giustificare l’affermazione della “esistenza di una fonte adeguata di reddito” – onde negare il diritto all’assegno divorzile in capo all’istante -, specie a fronte della rilevazione, da parte dello stesso giudice di merito, del carattere meramente episodico e occasionale di tale attività, e non potendosi, in tal caso, legittimamente inferire, “sic et simpliciter”, la presunzione della effettiva capacità del coniuge a procurarsi un reddito adeguato” (Cass. 6468/1998; conf. Cass. 4584/2000). E l’irrilevanza, al riguardo, della generica ed astratta possibilità del coniuge di procurarsi lavori saltuari è stata più volte ribadita da questo giudice di legittimità (Cass. 10260/1999), essendosi chiarito che tale indagine, condotta in sede di merito, deve esprimersi sul piano della concretezza e dell’effettività, tenendo conto di tutti gli elementi e fattori (individuali, ambientali, territoriali, economico sociale) della specifica fattispecie (Cass. 432/2002; Cass. 13169/2004).

Ora, nella specie, è mancata un’effettiva valutazione dei presupposti dell’assegno divorzile in quanto si doveva accertare [1] l’effettiva mancanza della “indipendenza o autosufficienza economica” di uno dei coniugi, intesa come impossibilità di condurre con i propri mezzi un’esistenza economicamente autonoma e dignitosa, e [2] , nel caso di accertamento dell’autosufficienza ma di riscontro di uno squilibrio reddituale-patrimoniale, verificare se vi fosse la necessità di compensare uno dei coniugi per il particolare contributo che egli dimostri di avere dato alla formazione del patrimonio comune o dell’altro coniuge durante la vita matrimoniale, avendo sacrificato le proprie concrete (e non aleatorie) aspettative professionali (cfr. Cass. civ. 21234/2019, 5603/2020, 22499/2021).>> (numeri in rosso aggiunti)

Nessuna particolare novità.

Diffamazione e concorrenza sleale da parte dell’ex dipendente

Un ex dipendente pubblica commenti offensivi sull’ex datore di lavoro (anzi, in parte anche quando ancora era al suo servizio)  su piattaforme come ad es. Glassdoor.com, Reddit.com, and Teamblind.com. 

Le sue lamentele era centered on the accusation that LoanStreet and/or Lampl cheated Troia out of $ 100,000 in stock options.

Fece di tutto poi per amplificare la diffusione dei post.

v. qui quelli presenti in sentenza

Il datore lo  cita per diffamazione e concorrenza sleale.

Il caso è deciso dal Distretto sud di New York 17 agosto 2022, Case 1:21-cv-06166-NRB , Loanstrett c. Qyatt Troja.

Qui segnalo l’incomprensibile affermazione del giudice per cui ricorre lo use in commerce del nome commerciale del datore, pur  considerato che l’aveva inserito nel keyword advertising (v. sub C, p. 26 ss).

L’ex dipendente infatti non aveva iniziato alcuna attività commerciale, tanto meno concorrenziale.

(segnalazione e link dal blog del prof. Eric Goldman)

Appello delll’EUIPO su marchio di forma/di posizione

Il 5 board of appeal del l’EUIPO del 29.08.2022, R 197/2021-5 , Blake Holdings appl./appellant, decide un interessante fattispecie di marchio di posizione e/o di forma, consistente in colore grigio applicato a battistrada e porzione laterale esterna di copertoni da camion (“The trade mark comprises the tread and outer portion of a tyre in colour light grey (“Pantone 7527 C”) depicted in the area outside the outer broken line, as shown in the attached representation.”>>).

Ravvisa che manchi di distintività, perchè non si distanzia a sufficienza dalle caratteristiche dei copertoni normalmente reperlbili sul mercato

Premesse:

<< 48   Therefore, contrary to the applicant’s statements, both the claimed light grey
colour and its particular position on the tread and outer portion of the off road tyre
are far for being ‘distinct’ or unique. Thus, taken as a whole, the trade mark
applied for will be perceived only as one of the variants of similar part of off road
tyres existing on the market.

29/08/2022, R 197/2021-5, Outer portion of a tyre in colour light grey (position)
49    In this regard, the Board further recalls that a mere departure from the norm or
customs of the sector is not sufficient to overcome the ground for refusal set out
in Article 7(1)(b) EUTMR. For the mark to fulfil its essential function, namely, to
indicate commercial origin, the difference between the sign applied for and the
norms or customs of the sector must be significant (12/02/2004, C-218/01,
Perwoll, EU:C:2004:88, § 49). In other words, any divergence from the way in
which the competing goods are presented is not sufficient in itself to guarantee
the existence of distinctive character. This difference must also be ‘significant’
and therefore immediately apparent to consumers.
50    What is more, a feature displayed in a sign which is functional in nature and
purpose will generally not be able to confer distinctiveness on the mark, as it will
be associated by the target consumer merely with that specific function, and not as
an indicator of commercial origin, and this, independently of whether the (much
stricter) conditions of Article 7(1)(e) EUTMR are also fulfilled (12/09/2013, T-
492/11, Tampon, EU:T:2013:421, § 23; 18/01/2013, T-137/12, Vibrator,
EU:T:2013:26, § 27; 14/11/2016, R 1067/2016-4, Schlüsselprofil, § 21). In the
present case, as indicated in the communication of Rapporteur of 5 May 2022, the
position mark at stake, consisting of the tread and outer portion of a tyre in light
grey, could also be seen as having a certain functionality, i.e. leaving no black
marks on floors during operations. Contrary to the applicant’s submissions, the
Board observes that that the use of tyres with non-marking properties is
potentially of interest also in relation to the claimed goods, i.e., ‘Off road tires
used with construction, industrial and agricultural equipment; none of the
aforesaid being off road tires for forklift trucks’, including the specific goods for
which the applicant claims that the position mark in question will be used, namely
tyres for Aerial Work Platforms (AWPs), as the examples provided by the
rapporteur show>>.

Pertanto :

<< 51  Taking into account all the above, the Board considers that the sign applied for
cannot be considered to depart significantly from the appearance of (part of) tyres
already found on the market. The relevant public, who is confronted with
numerous more or less similar tyres, will neither carry out a detailed analysis nor
a side by side comparison between the trade mark applied for and the other tyres
on the market, and will therefore perceive the mark applied for solely as being a
mere variety of the tread and outer portion of such tyres. There is no evidence that
the public at large or even the professionals would perceive the sign at hand as a
badge of origin.
52 Therefore, contrary to the applicant’s arguments, none of the features invoked or
their combination support the conclusion that the sign applied for departs
significantly from the norms and customs of the sector. It will therefore not be
perceived as a trade mark without having acquired distinctive character through
use.
>>

(decisione segnalata da Nedim Malovic in IPKat)

Il marchio TAKE FIVE per bevande analcoliche è nullo per carenza di distintività

Questa è la conclusione del Board di appello dell’EUIPO 01.09.2022, Case R 664/2022-1 , Studio Beverage Groupo c. EUIPO (segnalata da in IPKat), confermante il primo grdo amministrativo.

Le disposizioni  di riferimento sono gli artt. 7.1.b – 7.2 reg. UE 2017/1001.

IL pubblico di riferimento è quello english speaking e cioè <<In addition to Ireland and Malta, it consists of those countries in which, at the very least, English is widely understood, in particular, Denmark, Cyprus, the Netherlands, Finland and Sweden>> , § 15.

Motivo: << 20   The assertion of the applicant that the sign is distinctive as it does not describe the
goods claimed is entirely unfounded. In the context of the goods applied for in
Class 32 (essentially non-alcoholic drinks, mineral waters), the public will understand the imperative form of the expression ‘take five’ as an invitation to potential customers not to pass by the goods advertised in this way carelessly, but to
take/buy them in a quantity of five. The invitation to buy conveyed by the sign
could also refer to a variety of five different types of drinks or flavours sold in one
pack, since it is common that those products are offered also in packs. Such
invitations to take or buy are not unusual, and there might be even a
compensation for buying several products, in the form of a (quantity) discount.

01/09/2022, R 664/2022-1, TAKE FIVE
21 Moreover, in advertising language, the public is accustomed to being confronted
with English terms that are intended to convey factual information in a memorable form, without recognising in them any indication of origin. In particular, the
use of the imperative form is a common stylistic device in advertising language to
address potential customers directly and to convey an advertising message to
them. With regard to the relevant goods (i.e., non-alcoholic drinks, mineral waters), it is common business practice to offer and sell daily consumption goods
which are often similar in appearance by addressing consumers directly in a verbal or visually striking manner. The present sign is a direct, obvious and also
widely used advertising statement with ‘five’ being used in the sense of a quantity
specification. Therefore, the public is familiar with receiving such advertising
messages in this form.
22 In the light of the foregoing, the word combination ‘TAKE FIVE’ cannot be
regarded as capable of serving as an indication of the commercial origin of the
goods claimed in this case. On the contrary, the relevant public, which is made up
of end consumers, will see in the word sequence ‘TAKE FIVE’, in connection
with the goods in Class 32, exclusively a general laudatory advertising statement
and an appeal to potential customers to buy. There is no evidence whatsoever that
the relevant public perceives the sign applied for, beyond its obvious advertising
and laudatory content.
>>

L’interesse, oltre che nel giudizio in sè, sta anche nel fatto che la mancanza di distintività, qui  affermata secondo la regola generale (art. 7.1.b), non avrebbe invece potuto esserlo secondo le regole particolari (artt. 7.1.c-d-e) (v. da noi l’art. 7.1.a  – 13.1 cpi): dando quindi un senso alla distinzione tra la prima e le seconde, da taluni criticata.

La frode informatica tramite app scaricata da Apple Store non preclude ad Apple di fruire del safe harbour ex 230 CDA

Il Trib. del North Dist. dell aCalifornia, 2 settembre 2022, HADONA DIEP, et al., Plaintiffs, v. APPLE, INC., Defendant. , Case No. 21-cv-10063-PJH , decide su una domanda contro Apple per aver favorito/omesso controlli su una app (Toast Plus) del suo store , che le aveva frodato diversa criptocurrency

L’immancabile eccezione di porto sicuro ex § 230 CDA viene accolta.

Ed invero difficile sarebbe stato  un esito diverso, trttandosi di caso da manuale.

Naturalmenten gli attori tentano di dire i) che avevano azionato anche domande  eccedenti il suo ruolo di publisher e ii) che Apple è content provider (<<The act for which plaintiffs seek to hold Apple liable is “allowing the Toast Plus application to be distributed on the App Store,” not the development of the app>>) : ma questo palesement non eccede il ruolo di mero hosting.

Conclusion: Plaintiffs’ allegations all seek to impose liability based on Apple’s role in vetting the app and making it available to consumers through the App Store. Apple qualifies as an interactive computer service provider within the meaning of the first prong of the Barnes test. Plaintiffs seek to hold Apple liable for its role in reviewing and making the Toast Plus app available, activity that satisfies the second prong of the Barnes test as publishing activity. And plaintiffs’ allegations do not establish that Apple created the Toast Plus app; rather, it was created by another information content provider and thus meets the third prong of the Barnes test. For each of these reasons, as well as the inapplicability of an exemption, Apple is immune under § 230 for claims based on the conduct of the Toast Plus developers.

(notizia e link alla sentenza dal blog del prof. Eric Goldman)

Approfondimenti sul safe harbour ex § 230 CDA (casinò virtuali , responsabilità editoriale e compartecipazione all’illecito)

Il distretto nord della California, S. Josè division,  2 settembre 2022, Case No. 5:21-md-02985-EJD , Case No. 5:21-md-03001-EJD e Case No. 5:21-cv-02777-EJD, decide una lite promossa per putative class action verso le major tecnologiche Apple, Google e Facebook per violazione di diverse norme di consumer protection.

In particolare le accusa -in concorso con i gestori di cyber casinò- di aver fatto perdere soldi agli utenti promuovendo attivamente applicazioni di giochi a denaro (casino), meglio detti <social casinos applications>

Le major ovviamente eccepiscono il safe harbour in oggetto.

La corte entra nel dettaglio sia del business dei casinò virtuali sia della storia del § 230 CDA.

Quello che qui però interessa è la qualificazione della domanda proposta.

Infatti solo se l’attore tratta le convenute come speaker/publisher, queste fruire del safe harbour. E delle tre possibili teorie di responsabilità propettate dall’attore, una (la seconda) viene ritenuta di responsabilità per fatto proprio anzichè editoriale: per questa dunque il safe harbour non opera.

In particolare: << Unlike Plaintiffs’ first theory of liability, which attempts to hold the Platforms liable in
their “editorial” function, Plaintiffs’ second theory of liability seeks to hold the Platforms liable
for their own conduct. Importantly, the conduct identified by Plaintiffs in their complaints is
alleged to be unlawful. As alleged, players must buy virtual chips from the Platforms app stores
and may only use these chips in the casino apps. It is this sale of virtual chips that is alleged to be
illegal. Plaintiffs neither take issue with the Platforms’ universal 30% cut, nor the Platforms’
virtual currency sale. Plaintiffs only assert that the Platforms role as a “bookie” is illegal.
Plaintiffs therefore do not attempt to treat the Platforms as “the publisher or speaker” of thirdparty content, but rather seek to hold the Platforms responsible for their own illegal conduct—the
sale of gambling chips.
Compare Taylor v. Apple, Inc., No. 46 Civ. Case 3:20-cv-03906-RS (N.D.
Cal. Mar. 19, 2021) (“Plaintiffs’ theory is that Apple is distributing games that are effectively slot
machines—illegal under the California Penal Code. . . . Plaintiffs are seeking to hold Apple liable
for selling allegedly illegal gaming devices, not for publishing or speaking information.”),
with
Coffee v. Google, LLC
, 2022 WL 94986, at *6 (N.D. Cal. Jan. 10, 2022) (“In the present case,
Google’s conduct in processing sales of virtual currency is not alleged to be illegal. To the
contrary, the [Complaint] states that ‘[v]irtual currency is a type of
unregulated digital currency
that is only available in electronic form.’ If indeed the sale of Loot Boxes is illegal, the facts
alleged in the FAC indicate that such illegality
is committed by the developer who sells the Loot
Box for virtual currency, not by Google
.” (second alteration in original) (emphasis added)) ….

The Court holds that Plaintiffs’ first and third theories of liability must be dismissed under
section 230. However, Plaintiffs’ second theory of liability is not barred by section 230. The
Court thus GRANTS in part and DENIES in part Defendants’ respective motions to dismiss. 
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E’ una questione assai interssante di teoria civilistica quella di capire quando ricorra responsabilità vicaria o per concorso paritario nel fatto altrui o responsabilità solo editoriale.    Interessante anche perchè è alla base della discplin armonizzata UE della  responsabilità del provider.

(notizia e link alla sentenza da blog del prof Eric Goldman)