Sentenza di appello sul limite della “essenzialità dell’informazione” a carico dei giornalisti: tra data protection e diritto di informazione

App. Roma 14.01.2022, n. 258/2022, rg 1214/2016, decide la lite promssa da AB, persona non nota (ma fratello di persona nota), verso un noto quotidiano nazionale per aver questo riportato, dando notizia della c.d. truffa dei Parioli, anche il nome del primo  e la somma di cui era stato truffato.

La sentenza ruota intorno alla <essenzialità> o meno di questi dati personali, requisito posto all’attività giornalistica dall’rt. 137/3 c. privacy.

Il giudizio è negativo: non erano necessario per una completa informazione.

In particolare : <<In definitiva, occorre verificare se, nel caso in esame, la pubblicazione del nome dell’attore e la relativa somma dal medesimo affidata a titolo di investimento alla società oggetto di investigazione, fosse o meno essenziale rispetto alla rilevanza in sé della notizia inerente la corposa attività di indagine inerente la c.d. “truffa dei Parioli”.   Rileva a tal fine la Corte, che effettivamente la pubblicazione di tali dati non fosse affatto  necessaria ai fini della essenzialità della notizia che in ogni caso, e a prescindere dalla pubblicazione dei dati personali dell’appellante e della somma al medesimo riferibile, aveva già di per sé un notevole impatto mediatico per il numero e per le personalità rimaste coinvolte nella vicenda, pur se come persone offese

Ritiene dunque la Corte che, attesa l’eccedenza della pubblicazione dei dati dell’attore rispetto alla  rilevanza della notizia, via sia stata una violazione della normativa in materia di protezione dei dati personali che non può che portare a ritenere fondata la domanda risarcitoria proposta dal B.>.

La domanda di danno patrimoniale è rigettata , ma viene accolta quella di danno non patrimoniale , determinato in euro 20.000,00.

Marchio generico, di uso comune e parodia dello stesso

Il marchio, costituito dalla parola <Supreme> in bianco su sfondo rettangolare rosso per abbigliamento, è stato oggetto della decisione portata da Trib. Milano 14.07.2020, n. 4218/2020, RG 21982/2018, che ne ha confermato la validità sotto il profilo della non genericità ex art. 13.1.b cpi  e della non qualificabilità come di <uso comuine> ex art. 13.1.b. cpi

Sul primo punto il giudizio è esatto.

Sul secondo invece è assai dubbio, parendo il termine <Supreme> assai comune nel commercio (anche se probabilmente la complessità data da lemma+colori muta questo primo giudizio).  Non persuasivo dunque il Trib. quando così motiva<: < Al fine di stabilire se un marchio sia corrispondente a espressioni del linguaggio comune, si deve prendere in considerazione la sua percezione negli ambienti interessati nel territorio nel quale la registrazione esplica effetto (v. sentenze CGEU 4 maggio 1999, cause riunite C-108/97 e C-109/97, Windsurfing Chiemsee, Race. pag. I-2779, punto 29, 12 febbraio 2004, causa C-363/99, Koninklijke KPN Nederland, Race. pag. I-1619, punto 77, e causa C-218/01, Henkel, Race. pag. I- 1725, punto 50 e, da ultimo, 9 marzo 2006, causa C-421/04, Matratzen Concord AG, punto 24 ).  Nella citata sentenza Matratzen (punto 25) la Corte UE rileva che è ben possibile che, a causa delle differenze linguistiche, culturali, sociali ed economiche tra gli Stati membri, un marchio che è privo di carattere distintivo o è descrittivo dei prodotti o dei servizi interessati in uno Stato membro non lo sia in un altro Stato membro (v., per analogia, quanto al carattere ingannevole di un marchio, sentenza 26 novembre 1996, causa C-313/94, Graffione, Race. pag. I-6039, punto 22).   Nel caso di specie deve escludersi che i consumatori di lingua italiana che operano nel mercato nazionale, venuti in contatto con il segno di causa, lo avvertano, senza ulteriore riflessione, come un segno di uso comune nel linguaggio corrente o negli usi costanti del commercio. Le convenute non hanno dimostrato che la lingua inglese venga utilizzata, anche solo in alternativa alla lingua nazionale, per rivolgere delle indicazioni descrittive ai membri del pubblico considerato (sul punto si ricorda come il Trib. UE, con sentenza 15 ottobre 2008, causa T-405/05, Powerserv Personalservice/UAMI – MANPOWER ha rilev ato, ai fini della valutazione in punto di capacità distintiva del marchio, che “non  è sufficiente una semplice conoscenza diffusa dell’inglese da parte del pubblico pertinente o di una parte significativa del medesimo, se l’inglese non viene effettivamente utilizzato (…) per rivolgersi a questo stesso pubblico”)>.

E’ giusto che l’onere di provarlo spetti ai convenuti. E’ però anche vero che il giudice poteva ritenerlo nullo d’ufficio ex art. 122 cpi , se avesse ravvisato l’ <uso comune>: esito possibilissimo se non probabile, come detto .

Più interessante  è la difesa di uso parodistico da parte dei covnenuti, i quali -a loro dire- lo avrebbero apertamente utilizzato come tale e cioè con apposita dichiarazione in tale senso.

Però l’eccezione di parodia, ammissibile anche per i marchi pur non espressamente prevista  (è invece ora prevista nel diritto di autore dall’art. 102 nonies l. aut. solo per gli usi on line), è di assai difficile (forse impossibile) accoglibilità, quando proposta da un concorrente. Il Tribunale la respinge  così: <Si può quindi affermare che la regola generale sia quella della protezione del marchio contro qualsiasi forma di agganciamento parassitario o di minaccia cheinterferisca con i messaggi comunicati dal marchio stesso e che il rischio diconfusione sull’origine rappresenti soltanto un’ipotesi particolare diagganciamento o di pregiudizio. Restano esclusi dall’ambito di operativitàdell’azione di contraffazione i c.d. usi civili del marchio altrui, da individuarsi inquegli usi che si collocano nella sfera esclusivamente privata. Tra questi rientra la parodia del marchio altrui intesa come genere artistico, che dà luogo ad opere autonome da quelle parodiate. Tale non è l’uso commerciale di segni distintivi, suscettibili di essere avvertiti come caricature di marchi altrui. Tale secondo caso, come osservato in dottrina, non è sussumibile nella scriminante dell’uso parodistico (per finalità artistiche) del marchio altrui ma costituisce, piuttosto, un’ipotesi di contraffazione del marchio, instaurando, per finalità commerciali, un agganciamento al messaggio di cui il marchio parodiato è portatore, che si traduce, per l’autore della parodia, in uno sfruttamento della notorietà del marchio parodiato, cui consegue detrimento (cfr., in giurisprudenza, Trib. Milano,4 marzo 1999, caso “Agip”; Trib. Torino, 9 marzo 2006, caso “Porco Diesel”)>>.

Il raginamento sul punto è corretto , tranne l’inciso <Tra questi rientra la parodia del marchio altrui intesa come genere artistico, che dà luogo ad opere autonome da quelle parodiate.>: non si può parlare di <opere> nei marchi, ma solo nel diritto di autore. Qui il giudice ha fatto una leggera confusione ma per il resto ha ragione.

Marchio figurativo v. marchio 3 D : sul marchio riproducente il Camper Van di Volkswagen

Il marchio <Cultcamper> (nome + figura del muso del noto camper van di volkswagen, poi: VW) viola quello 3D di vw COSTITUITO DALAa riproduizione appunto in cinque posiozini 3D del noto camper van (si v. le riproduzionui de imarchji nella testo della decisione).

L’appello amministrativo presso l’EUIPO con decisione 15.12.2021, caso R 609/2021-2 , riformando la decisione di primo grado e pur rigettando la domanda di rinomanza, ritiene da un lato il segno anteriore in 3D sufficientemente distintivo e dall’altro il segno  posteriore <Cultcamper> fonte di possibile confusione:

<<38  As a result, the opponent can only rely on the inherent distinctiveness of its earlier  marks. As already observed, the earlier marks have an inherently average degree of distinctive character.
39 Considering the above, and in particular the average distinctive character of the earlier marks, the codominance of the figurative element in the contested sign, the visual and conceptual similarity of the signs, the identity and similarity of the goods and services, applying the interdependence principle, the Board finds that, faced with the image of the mark applied for, the relevant Englishspeaking public in the EU will perceive that mark as another version of the earlier marks, rather than as a separate trade mark with a different commercial origin. It follows that there is a likelihood of confusion, including a likelihood of association, on the part of at least the relevant Englishspeaking public in the EU, whose degree of attention is average to high.

40 Even for a public with a high level of attentiveness, the fact remains that the average consumer only rarely has the chance to make a direct comparison between the different marks but must place his or her trust in the imperfect picture of them that he or she has kept in his or her mind (16/07/2014, T324/13, Femivia, EU:T:2014:672, § 48 and the caselaw cited therein; 15/10/2008, T305/06 T307/06, Ferromix, Inomix, Alumix, EU:T:2008:444, § 63).

41 In light of the above, the appeal is upheld, the contested decision is annulled in its entirety, the opposition is upheld and the contested trade mark application is rejected in its entirety>>

DA notare l’uguale rilevanza assegnata alle componenti denominativa e figurativa nel marchio posteriore, contrariamente ad un largo orientamento (ricordato in decisione) per cui in tali casi è di maggior impatto nel pubblico quella denominativa.

(notizia e link tratti dal blog IPKat).

Sentenza veneta in tema di tutela del software (sul concetto di diagramma di flusso)

Alcuni medici avevano consegnato a dei programmatori incaricati dalla ULSS delle idee scrtite sulla realizzazione di un software per le gestione e il monitoraggio dei pazienti affetti da dipendenze , per poi crearne una banca dati.

Avevano quindi agito per l’accertamento della titolarità propria, anzichè in capo alla ULSS, della privativa di autore.

In primo grado il Tribunale rigetta la domanda , osservando che  <la documentazione dimessa non integrasse il c.d. “materiale preparatorio” del software successivamente sviluppato, oggetto di tutela ai sensi dell’art. 2 c.p.i., dovendo esso intendersi solo come quel materiale che consenta ad un programmatore di passare alla successiva fase di stesura del codice sorgente del programma. Precisava che tale definizione poteva essere attribuita solo a diagrammi di flusso o a blocchi completi, mentre il materiale fornito dagli attori, di cui i convenuti comunque avevano tempestivamente eccepito l’assenza di data e di sottoscrizione, non poteva essere qualificato come tale>.

Va però male pure l’appello, deciso da App. Venezia 07.06.2021, sent. 1665/2021, RG 636/2019, est. Micochero.

La corte veneziana infatti conferma con questo passaggio motivatrio: <<Nel caso di specie gli appellanti, nell’atto introduttivo del presente grado di giudizio, compiono un’opera di confronto grafico tra la documentazione dimessa e le interfacce del programma in questione. Tale documentazione viene corredata da una descrizione avente ad oggetto la paternità del documento, che non era stata compiuta in alcun modo nel corso del primo grado, per cui essa costituisce nuova allegazione, inammissibile nel presente grado di giudizio.

Anche prescindendo da tale descrizione e dalla effettiva paternità dei disegni e degli schemi (oggetto del secondo motivo di gravame), va comunque evidenziato che gli schemi e i disegni riprodotti non possono essere qualificati come materiale preparatorio della fase di progettazione, come asserito dagli appellanti. Va infatti evidenziato che il software “….” è il risultato di un progetto denominato “….” voluto dalla Regione Veneto con delibera n. ….seguendo le linee guida dell’Osservatorio Europeo sulle droghe e tossicodipendenze, e affidato, per il suo sviluppo, alla ULSS ……. per migliorare il trattamento dei pazienti affetti da tossicodipendenze e ottimizzare le attività assistenziali del …. Ai tre medici che lavoravano presso il Dipartimento per le dipendenze della suddetta ULSS fu dato l’incarico di seguire il progetto, ed, in particolare, al ….,  fu attribuita la qualifica di direttore tecnico scientifico e di coordinamento del progetto. Risulta quindi evidente che i tre medici abbiano posto in evidenza quale dovesse essere lo scopo e l’utilità del programma, indicando ai programmatori (……) quali dovevano essere le informazioni che lo stesso doveva fornire, giungendo anche a suggerire la veste grafica più idonea allo scopo.

Tuttavia detta attività ancora non integra il concetto di lavoro preparatorio di progettazione perché, come correttamente spiegato nei considerando sopra riportati [N.d.s.: cons. 7 e 11 della dir. Ue 24 del 2009] , in quanto esso già presuppone l’utilizzo di un linguaggio tecnico che permetta al programmatore di procedere immediatamente alla realizzazione successiva dei codici sorgente. Rientrano in detto ambito i “flowchart” – diagrammi di flusso –   che già presuppongono una dimestichezza con il linguaggio informatico (algoritmi) e che permettono al programmatore di realizzare direttamente le stringhe nel linguaggio informatico, essendo diretti a creare una rappresentazione grafica delle operazioni da eseguire per l’esecuzione di un algoritmo. I documenti dimessi non sono, all’evidenza, diagrammi di flusso, ma costituiscono nient’altro che una spiegazione del risultato che si voleva attenere con il programma, una indicazione specifica ai programmatori su ciò che il programma doveva fornire all’utente. Ne consegue che essi non possono assurgere alla qualità di “lavori preparatori”, anche se riferibili ai tre medici>>.

Prova delle movimentazioni di conto corrente: non solamente tramite l’estratto del conto

Per Cass. 1538 del 19.01.2022, rel. Falabella, la prova dei movimenti del conto corrente non è fornibile solamente tramite gli estratti relativi: si tratta infatti di fatto oggetto di prova libera, assente un contrastante dato normativo.

Precisamente: << l’estratto conto non costituisce l’unico mezzo di prova attraverso cui ricostruire le movimentazioni del rapporto; esso consente bensì di avere un appropriato riscontro dell’identità e consistenza delle singole operazioni poste in atto: ma, in assenza di alcun indice normativo che autorizzi una diversa conclusione, non può escludersi che l’andamento del conto possa accertarsi avvalendosi di altri strumenti rappresentativi delle intercorse movimentazioni (così Cass. 2 maggio 2019, n. 11543, in motivazione): il correntista non è cioè tenuto a documentare le singole rimesse suscettibili di ripetizione soltanto mediante la produzione in giudizio di tutti gli estratti conto periodici, ben potendo la prova dei movimenti del conto desumersi anche aliunde, vale a dire attraverso le risultanze degli altri mezzi di prova offerti dalla parte o assunti d’ufficio, che spetta al giudice di merito valutare con un accertamento in fatto insindacabile innanzi al giudice di legittimità (Cass. 19 luglio 2021, n. 20621). In tal senso, le movimentazioni occorse sono da considerare alla stregua di fatti suscettibili di prova libera, essendo dimostrabili anche mediante argomenti di prova ed elementi indiretti che compete al giudice di merito valutare nell’ambito del suo prudente apprezzamento (Cass. 21
dicembre 2020, n. 29190, in motivazione)>>

Rifiuto di ricevere la consegna dell’immobile locato in caso di danneggiamento dello stesso

Può il prorpietario rifiutare di ricevere la resttiuzione formale del’limmobile qualora sia danneggiato e l’iniquilino non versi una somma sufficiente a rimetterlo inpristino stato? Si , secondo Cass. n° 39.179 del 09.12.2021, rel. Dell’Utri.

Precusanebte; <<secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, in tema di locazione, allorché il conduttore abbia arrecato gravi danni all’immobile locato, o compiuto sullo stesso innovazioni non consentite, tali da rendere necessario per l’esecuzione delle opere di ripristino l’esborso di somme di notevole entità, in base all’economia del contratto e tenuto comunque conto delle condizioni delle parti, il locatore può legittimamente rifiutare di ricevere la restituzione del bene finché tali somme non siano state corrisposte dal conduttore, il quale, versando in mora, agli effetti dell’art. 1220 cod. civ., rimane tenuto altresì al pagamento del canone ex art. 1591 cod. civ., quand’anche abbia smesso di servirsi dell’immobile per l’uso convenuto (cfr. Sez. 3, ordinanza n. 7424 del 17 marzo 2021; Sez. 3, ordinanza n. 30960 del 27 dicembre 2017; Sez. 3, ordinanza n. 10394 del 27 aprile 2017; Sez. 3, Sentenza n. 12977 del 24/05/2013, Rv. 626376 – 01).>>

L’onere della prova del decorso del termine prescrizionale nell’appalto (art. 1667 c. 3 cc)

Spetta al committente provare i fatti (a lui favorevoli) circa il dies a quo, quando l’appaltatore eccepuisce la prescrizione dell’azione.

Così’ Cass. 13.12.2021 n. 39.599, rel. giannaccari:

<<Ai sensi dell’art. 1667 c.c., infatti, colui che agisce nei confronti dell’appaltatore per le difformità ed i vizi dell’opera ha l’onere di provare i fatti posti a fondamento della sua domanda e quelli necessari per contrastare le eventuali eccezioni della controparte; pertanto, qualora l’appaltatore eccepisca la prescrizione biennale del diritto di garanzia, la prova della data di consegna dell’opera, da cui il termine di garanzia decorre, incombe sul committente stesso e non sull’appaltatore (Cass. Civ., Sez. 2, Sentenza n. 14039 del 15/06/2007; Cass. Civ. Sez. 2, Sentenza n. 10579 del 25/06/2012).>>,  2.3.

Laffermazione però non è affatto certa. E’ l’appaltatore che, quanto eccepisce il ritardo per intervenuta prescrizione, deve provare la prescrizione: il che avviene provando la data in cjui consegnò l’opera al committente.

Inoltre :

  • Il termine di prescrizione biennale decorre, ex art. 1667 c.c., comma 3 “dal giorno della consegna dell’opera” da tenere <<distinto dalla accettazione dell’opera, in quanto la consegna è un mero atto materiale mentre l’accettazione è un atto giuridico che contiene una valutazione dell’opera e che produce effetti diversi, fra cui quello riconosciuto dal comma 1 medesimo art., ossia l’esclusione della garanzia per i vizi riconosciuti o riconoscibili a meno che non siano in mala fede taciuti dall’appaltatore (Cass. 19010/2017; Cass. 15711/2013)>>.
  • la gravità del vizio è oggetto di giudizio in fatto incensurabile in Cassazione, § 1.3: opinione di assai dubbia esattezza, essendo <in fatto> solo il giudizio sui fatti storici, non quello circa il se essi integrino il requisito legislativo di <vizio grave>

Sulla distintività del marchio tridimensionale degli stivali da neve Moon Boot arriva la decisione del Tribunale UE

Avevo dato conto  nel mio post 04.07.2020 della decisione amministrativa presso EUIPO del 2020, che aeva rigettato la domanda di registazione del marchio costituito dalla forma dei notissimi stivali da neve/dopo sci Moon Boot.

Ora è stato deciso il primo grado della fase giurisdizionale ed  in senso ancora una volta sfavorevole alla società TEcnica, confermando dunque la nullità del marchio per carenza di distintività.

Si tratta di Trib. UE 19.01.2022, T-483/20, Tecnica Group spa c. EUIPO-Zeitneu GmbH.

Non ci son passaggi particolarmente interessanti in diritto, essendo largamente basata sui fatti (previa un’ ampia trattazione di questioni processuali, questa si interessante: §§ 20-74).

Ricordo solo le considazioni generali sul marchio  e su quello di forma :

It is not necessary, for that purpose, for the mark to convey exact information about the identity of the manufacturer of the product or the supplier of the services. It is sufficient that the mark enables members of the public concerned to distinguish the goods or services that it designates from those which have a different commercial origin and to conclude that all the goods or services that it designates have been manufactured, marketed or supplied under the control of the proprietor of the mark and that the proprietor is responsible for their quality (see judgment of 25 April 2018, Romantik Hotels & Restaurants v EUIPO – Hotel Preidlhof (ROMANTIK), T‑213/17, not published, EU:T:2018:225, paragraph 17 and the case-law cited)., § 83;

Average consumers are not in the habit of making assumptions about the origin of goods on the basis of their shape or the shape of their packaging in the absence of any graphic or word element, and it could prove more difficult to establish distinctive character in relation to such a three-dimensional mark than in relation to a word or figurative mark (see judgments of 22 June 2006, Storck v OHIM, C‑25/05 P, EU:C:2006:422, paragraph 27 and the case-law cited, and of 19 September 2012, Tartan pattern in dark grey, light grey, black, beige, dark red and light red, T‑50/11, not published, EU:T:2012:442, paragraph 40 and the case-law cited).   88.    It is apparent from those considerations that only a three-dimensional mark, consisting of the appearance of the product itself, which departs significantly from the norm or customs of the sector and thereby fulfils its essential function of indicating origin is not devoid of any distinctive character for the purposes of Article 7(1)(b) of Regulation No 207/2009, § 87.

Non sfucgge che il concetto chiave è quello a) del motivo per cui si arriva alla necessità di distacco significativo (departs significantly) e b) del conseguente contenuto di tale cocnetto.

Allo scopo, l’assenza di tale requisito non implica necessariamente che debba ricorrere la totale somiglianza con i prodotti già in commercii, potendo anche sussistere qualche differenza: it is important to point out that, contrary to what the applicant claims, in order to ascertain whether the three-dimensional mark departs significantly from the customs or norms of the sector, it is not necessary to show that there are other goods on the market which reproduce all the features of the contested mark. As the Board of Appeal correctly pointed out, in order to conclude that there is no distinctive character, it is not necessary for the contested mark to be identical to existing shapes but for the overall impression conveyed by that mark not to depart significantly from the norms or customs of the sector. In other words, the fact that a mark has an overall shape which is similar to variants of the product which are usually available on the market does not permit the finding that the mark, as a whole, departs significantly from the customary shapes in the sector, § 95.

Si legge poi il vero motivo della mancanza di tale distacco dalla prassi del settore: la preesistenza di altre scarpe sportive di foggia simile , § 97.

Da ultimo, il Trib. condivide la stima di elemento non distintivo della suola, della sua altezza e della disposizione dei lacci, § 100. Pertanto <<the Board of Appeal was right in finding that the constituent elements of the contested mark, taken individually, and the shape of boot taken as a whole, will be perceived by the relevant public as possible, or even common, variants of the presentation and decoration of winter boots and after-ski boots, which are part of the goods at issue since they are incorporated into the ‘footwear’ and which can also include ‘footwear soles; insoles; heelpieces for footwear; footwear uppers’>>, § 101..

La giustizia amministrativa sui concetti di “algoritmo” e di “intelligenza artificiale”

Un bando gara prevedeva la fornitura di pacemaker e tra i criteri per l’assegnazkione <<il parametro tabellare “Algoritmo di prevenzione+trattamento delle tachiaritmie atriali” al quale assegnare 15 punti per l’ipotesi di presenza di entrambi gli algoritmi e 7 punti nel caso di “presenza del solo algoritmo di prevenzione o del solo trattamento delle tachiaritmie atriali>>.

Il TAR, puntualizzato che “la legge di gara richiede unicamente la presenza di un algoritmo di trattamento (senza altro specificare)” ha definito il concetto di algoritmo, <<affermando che “con esso ci si richiama, semplicemente, a una sequenza finita di istruzioni, ben definite e non ambigue, così da poter essere eseguite meccanicamente e tali da produrre un determinato risultato (come risolvere un problema oppure eseguire un calcolo e, nel caso di specie, trattare un’aritmia)“. Ha aggiunto, il primo giudice, al fine di meglio circoscrivere il concetto, che “non deve confondersi la nozione di “algoritmo” con quella di “intelligenza artificiale”, riconducibile invece allo studio di “agenti intelligenti”, vale a dire allo studio di sistemi che percepiscono ciò che li circonda e intraprendono azioni che massimizzano la probabilità di ottenere con successo gli obiettivi prefissati…..sono tali, ad esempio, quelli che interagiscono con l’ambiente circostante o con le persone, che apprendono dall’esperienza (machine learning), che elaborano il linguaggio naturale oppure che riconoscono volti e movimenti”.     4. Definita la nozione di algoritmo, il primo giudice ha così concluso il suo percorso argomentativo: “l’algoritmo di trattamento dell’aritmia non è altro che l’insieme di passaggi (di stimoli creati dal pacemaker secondo istruzioni predefinite) necessari al trattamento del singolo tipo di aritmia. Questo concetto non include necessariamente, invece, come erroneamente ritenuto dalla stazione appaltante, che il dispositivo debba essere in grado di riconoscere in automatico l’esigenza (quindi di diagnosticare il tipo di aritmia) e somministrare in automatico la corretta terapia meccanica (trattamento). In altre parole, il dato testuale della lettera di invito non richiede che l’algoritmo di trattamento, al verificarsi dell’episodio aritmico, sia avviato dal dispositivo medesimo in automatico. Tale caratteristica attiene a una componente ulteriore, non indicata nella legge di gara, vale a dire a un algoritmo di intelligenza artificiale nella diagnosi dell’aritmia e avvio del trattamento. Fondatamente, pertanto, Abbott ha dedotto l’erroneità della valutazione della commissione di gara che – pur in presenza di un algoritmo di trattamento delle aritmie nel proprio dispositivo (vale a dire l’algoritmo NIPS, pacificamente definibile come tale) – ha attribuito soli 7 punti anziché 15 al dispositivo offerto. Infatti, la commissione ha confuso, sovrapponendoli indebitamente, il concetto di algoritmo con quello di avvio automatico del trattamento”.>>.

Ora interviene il Consiglio di STato, sez. III,  con sentenza 7891 del 25.11.2021, che sul punto così motiva, distaccandosi dal TAR: <<Non v’è dubbio che la nozione comune e generale di algoritmo riporti alla mente “semplicemente una sequenza finita di istruzioni, ben definite e non ambigue, così da poter essere eseguite meccanicamente e tali da produrre un determinato risultato” (questa la definizione fornite in prime cure). Nondimeno si osserva che la nozione, quando è applicata a sistemi tecnologici, è ineludibilmente collegata al concetto di automazione ossia a sistemi di azione e controllo idonei a ridurre l’intervento umano. Il grado e la frequenza dell’intervento umano dipendono dalla complessità e dall’accuratezza dell’algoritmo che la macchina è chiamata a processare. Cosa diversa è l’intelligenza artificiale. In questo caso l’algoritmo contempla meccanismi di machine learnig e crea un sistema che non si limita solo ad applicare le regole sofware e i parametri preimpostati (come fa invece l’algoritmo “tradizionale”) ma, al contrario, elabora costantemente nuovi criteri di inferenza tra dati e assume decisioni efficienti sulla base di tali elaborazioni, secondo un processo di apprendimento automatico.

9.2. Nel caso di specie, per ottenere la fornitura di un dispositivo con elevato grado di automazione non occorreva che l’amministrazione facesse espresso riferimenti a elementi di intelligenza artificiale, essendo del tutto sufficiente – come ha fatto – anche in considerazione della peculiarità del prodotto (pacemaker dotati, per definizione, di una funzione continuativa di “sensing” del ritmo cardiaco e di regolazione dello stesso) il riferimento allo specifico concetto di algoritmo, ossia ad istruzioni capaci di fornire un efficiente grado di automazione, ulteriore rispetto a quello di base, sia nell’area della prevenzione che del trattamento delle tachiaritmie atriali. I pacemakers moderni e di alta fascia sono infatti dotati di un numero sempre maggiore di parametri programmabili e di algoritmi specifici progettati per ottimizzare la terapia di stimolazione in rapporto alle caratteristiche specifiche del paziente. L’amministrazione ha espresso preferenza per la presenza congiunta di algoritmi di prevenzione e trattamento delle “tachiaritmie atriali”.>>