Curatore speciale ex art. 78 cpc per la società in lite: interessante intervento della Cassazione

Cass. n° 38.883 del 07.12.2021, rel. Nazzicone, interviene sul tema.

Nonostante riguardi il diritto processuale, ne dò conto per la sua importanza pratica.

Il provvedimento analizza partitamente l’applicazione dell’art. 78 cpc alle società e dunque sarà la decisione di riferimento in tema

Riporto il principio di diritto, affermato ex art. 383 cpc: <<Non sussiste un conflitto immanente d’interessi, tale da condurre in ogni caso alla nomina di un curatore speciale ex art. 78 c.p.c., nei giudizi di impugnazione delle deliberazioni assembleari di società, in cui il legislatore prevede la legittimazione passiva esclusivamente in capo alla società, in persona di chi ne abbia la rappresentanza legale; nè è fondata una valutazione di conflitto di interessi in capo all’amministratore, solo in quanto la deliberazione assembleare abbia ad oggetto profili di pertinenza dello stesso organo gestorio (come per l’approvazione del bilancio sociale d’esercizio che l’organo amministrativo abbia come per legge redatto, o per la deliberazione di determinazione dei compensi dell’organo gestorio ex art. 2389 c.c. o per la delibera di autorizzazione al compimento di un atto gestorio ex art. 2364 c.c., comma 1, n. 5, etc.), posto che ravvisarvi un’immanente situazione di conflitto di interessi indurrebbe alla nomina di un curatore speciale alla società in tutte o quasi tutte le cause di impugnazione delle deliberazioni assembleari o consiliari, con l’effetto discorsivo, non voluto dal legislatore processuale, per cui il socio impugnante tenterebbe sempre di ottenere, mediante il surrettizio ricorso al procedimento di nomina di un curatore speciale alla società ex art. 78 c.p.c., l’esautoramento dell’organo amministrativo dalla decisione delle strategie di tutela a nome della stessa>.>

Segni distintivi dei partiti: tra segni privati/civili e segni di impresa

La lite sui segni distintivi tra “PARTITO LIBERALE EUROPEO” e “PARTITO LIBERALE ITALIANO” è decisa in sede cautelare (art. 700 cpc.) da  Trib. Roma, sez. specializz., ord.  13.12.2021, g.d.: F. Basile, proc. caut. n. 48755-1 e al n. 48755-2 del R.A.C.C.- per l’anno 2021 .

IN causa erano stato azionati sia segni privato-civili che di impresa. La domanda è rigettata sui secondi (per mancata allegazione di uso coommerciale e per mancata distintività, § 23 ss)  ma è accolta per i primi.

L’iter motivatorio è tradizionale ma interessante , costtuendo un ripasso della disciplina dei partiti e in particolare dei loro segni distintivi (che è poi quella delle assocaizioni non riconosciute).

E’ di buona fattura ma abbisognante di qualche messa a punto . Ad es. :

1) Che la disciplina del segno distintivo associativo sia quello della persona fisica ex artt. 6/7 cc (§ 33 ) è tutt’altro che sicuro. L’art. 6.2 parlando di nome e di prenome si riferisce solo alle seconde (così anche Breccia nel Comm. Scialoia Branca, sub art. 6 , pp. 373 e 375).   Sarebbe servito quanto meno un ragionamento analogico (non certo estensivo)  e probabilmente partendo dalla disciplina dei segni di impresa (denominazione/ragione sociale, art. 2567 cc) più che dalle citt. disposizoni

2) Inoltre è errato applicare i requisiti della originalità/distintività  (§ 41 ss), se la disciplina di riferimento è quella delle persone fisiche: in tale modo infatti surfrettiziamente si va verso la disciplina degli enti commerciali. Cioè si declama l’adesione ad una discipljna ma se ne applica una diversa: le persona fisiche infatti possono senza problema avere un nome diffusissimo (Paolo Rossi) o generico” (il cognome Persona è diffuso e certo ammissibile sarebbe un  prenome Tizio).

La responsabilità amministrativa ex d. lgs. 231/2001 si applica anche alle s.r.l. unipersonali

Secondo Cass. penale 45.100 del 2021, ud. 16.02.2021, rel. Silvestri,  la responsabilità amminsitrativa da reato si applica anche alle srl unipersonali.

Il più interessante è il § 5: <<Si è già detto di come il tema della interferenza tra società unipersonali aresponsabilità limitata e socio unico attenga alla distinzione tra soggettività giuridicaautonoma e presupposti per la responsabilità dell’ente.Sotto il primo profilo, la società a responsabilità limitata unipersonale è un soggettogiuridico a cui il decreto legislativo si applica.

Quanto al secondo profilo, il tema attiene alla verifica dei limiti e delle condizioni inpresenza delle quali la società unipersonale possa rispondere ai sensi del d. Igs. 231 del2001.La questione non si pone nei casi di società unipersonale partecipata da una societàdi capitali o di società unipersonali che evidenzino una complessità e unapatrimonializzazione tali da rendere percettibile, palpabile, l’esistenza di un centro diimputazione di interessi giuridici autonomo ed indipendente rispetto a quello facentecapo al singolo socio.E tuttavia, anche nel caso di società unipersonali di piccole dimensioni, in cui laparticolare struttura dell’ente rende labile e difficilmente percettibile la dualitàsoggettiva tra società ed ente, tra l’imputazione dei rapporti alla persona fisica edimputazione alla persona giuridica, il tema attiene solo al se sia configurabile unaresponsabilità dell’ente sulla base del sistema normativo previsto dal d.lgs. n. 231 del2001.In tal senso deve essere conciliata l’esigenza di evitare violazioni del principio del bisin idem sostanziale, che si realizzerebbero imputando alla persona fisica un cumulo disanzioni punitive per lo stesso fatto, e quella opposta, quella, cioè, di evitare che lapersona fisica, da una parte, si sottragga alla responsabilità patrimoniale illimitata,costituendo una società unipersonale a responsabilità limitata, ma, al tempo stesso,eviti l’applicazione del d. Igs. n. 231 del 2001, sostenendo di essere una impresaindividuale.Il fenomeno è quello della creazione di persone giuridiche di ridottissime dimensioniallo scopo di frammentare e polverizzare i rischi economici e ‘normativi’.

Esiste allora un’esigenza di accertamento in concreto del se, in presenza di unasocietà unipersonale a responsabilità limitata, vi siano i presupposti per affermare laresponsabilità dell’ente; un accertamento che non è indissolubilmente legato solo acriteri quantitativi, cioè di dimensioni della impresa, di tipologia della strutturaorganizzativa della società, quanto, piuttosto, a criteri funzionali, fondatisulla impossibilità di distinguere un interesse dell’ente da quello della persona fisica chelo ‘governa’, e dunque, sulla impossibilità di configurare una colpevolezza normativa dell’ente- di fatto inesigibile – disgiunta da quella dell’unico socio.Un accertamento secondo i criteri dettati dal d. Igs. n. 231 del 2001 di imputazioneoggettiva e soggettiva del fatto della persona fisica all’ente, in cui la dimensionesostanziale interferisce con quella probatoria, in cui assume rilievo la distinzione e ladistinguibilità fra l’interesse della società e quello della persona fisica delrappresentante.

Una verifica complessa che si snoda attraverso l’accertamento della organizzazione della società, dell’attività in concreto posta in essere, della dimensione della impresa, dei rapporti tra socio unico e società, della esistenza di un interesse sociale e del suoeffettivo perseguimento.

In tal senso, proprio allo scopo di prevenire comportamenti abusivi, il codice civilericollega all’unipersonalità (nella s.p.a.) talune previsioni che finiscono per gravare laposizione del socio e degli amministratori di specifici oneri sia in tema di conferimentisia in ambito pubblicitario (a titolo esemplificativo, artt. 2478- 2497 cod. civ.); alrispetto di tali adempimenti è, tra l’altro, «condizionata l’applicazione del regime diresponsabilità esclusiva della società col proprio patrimonio sociale per le obbligazioniinsorgenti dalla propria attività».

L’imputazione dell’illecito all’ente richiede un nesso «funzionale» tra persona fisicaed ente; ciò che conta, si legge nella relazione al decreto legislativo n. 231 del 2001, èche «l’ente risulti impegnato dal compimento […] di un’attività destinata a riversarsi nella sua sfera giuridica». In tal senso si spiega la previsione contenuta nel secondo comma dell’articolo 5 deld.lgs. n. 231 del 2001 che mutua dalla lett. e) della legge delega la clausola di chiusuraed esclude la responsabilità dell’ente quando le persone fisiche (siano esse apici osottoposti) abbiano agito nell’interesse esclusivo proprio o di terzi.

La norma stigmatizza il caso di “rottura” dello schema di immedesimazione organica;si riferisce cioè alle ipotesi in cui il reato della persona fisica non sia in alcun modoriconducibile all’ente perché non realizzato neppure in parte nell’interesse di questo»e,ove risulti per tal via la manifesta estraneità della persona giuridica, il giudice non dovràneanche verificare se essa abbia per caso tratto un vantaggio (Cosi la Relazioneministeriale al decreto legislativo; in tal senso, Sez. 6, n. 15543 del 19/01/2021,2Ecologia Servizi srl, Rv. 281052).>>

 

Airbnb non perde il safe harbour per avere evidenziato tra i dati della casa in affitto un idromassaggio non a norma

L’Appello dell’Oregon (15.12.2021, n° 316 Or App 378 (2021), Smith c. Airbnb) ritiene che Airbnb , per aver evidenziato tra i dati del cliente la vasca idromassaggi, rivelatasi poi difettosa e fonte di danni alla persona, e per aver creato una categoria di ricerca ad hoc, non diventi CONTENT PROVIDER e dunque non gli precluda di invocare il safe harbour ex § 230 CDa

Cioè tali operazioni non hanno  augmented il contenuto, proveniente dal locatore, fonte di danno e dunque non gli fanno perdere il titolo al safe harbour: <<Airbnb’s provision of a “special search category”allowing users to search for and obtain results based onuser-provided information about hot tubs does not make Airbnb a content provider or developer. Merely providing that search tool did not augment—much less, materially contribute to—Dennis’s indication that the Old Barn hada hot tub.

Moreover, the search function was simply a neutral tool that provided listings of properties with hot tubsto Airbnb users in response to their queries. See Dart, 665F Supp 2d at 969 (“The word-search function is a ‘neutraltool.’”); Gonzalez, 2 F4th at 893 (“A website is not transformed into a content creator or developer by virtue of supplying ‘neutral tools’ that deliver content in response to userinputs.”); La Park La Brea A LLC, 285 F Supp 3d at 1104(Airbnb’s “auto-complete search function” does “not makeAirbnb an information content provider.”); cf. Carafano, 339F3d at 1124 (“[T]he fact that Matchmaker classifies usercharacteristics into discrete categories,” allowing “highlystructured searches,” did “not transform Matchmaker intoa developer of the underlying misinformation.”).

Likewise, by “highlighting” the user-created listings that mention hot tubs—including Dennis’s Old Barnlisting—Airbnb did not materially contribute to any portionof the hot tub information contained in Dennis’s listing and,thus, did not become a content provider. See Dowbenko v.Cite as 316 Or App 378 (2021) 389Google Inc., 582 Fed Appx 801, 805 (11th Cir 2014) (rejecting argument that Google was transformed into a contentprovider when it “manipulated its search results to prominently feature the article at issue”); Ascentive, LLC v. Op.Corp., 842 F Supp 2d 450, 476 (EDNY 2011) (“The fact thatthe defendants *** alter the way [users’] postings are displayed” and caused content to “appear higher in searchengine results list *** do[es] not render [defendant] aninformation content provider.”); cf. Dyroff, 934 F3d at 1096(The defendant’s website “is immune from liability underCDA because its functions, including recommendations andnotifications, were content-neutral tools used to facilitatecommunications.”)>>

La sentenza cita ampjamente il notissimo precedente Fair Hous. Council of San Fernando Valley v. Roommates.Com del 2008.

La sentenza pare esatta.

(notizia e link alla sentenza dal blog di Eric Goldman)

Determinazione giudiziale del prezzo nell’appalto (sull’art. 1657 cc)

Cass. ord. 11.11.2021 n. 33.575 , rel. dongiacomo, sul tema.

Questo il passaggio rilevante:

<<5.2.  L’appaltatore che chieda il pagamento del propriocompenso ha, in effetti, l’onere di fornire la prova dellacongruità di tale somma, alla stregua della natura, dell’entità edella consistenza delle opere, non costituendo idonee provedell’ammontare del credito le fatture emesse dall’appaltatore,trattandosi di documenti di natura fiscale provenienti dallastessa parte (Cass. n. 10860 del 2007).            5.3.  Il potere, conferito al giudice dall’art. 1657 c.c., di determinare il prezzo dell’appalto se le parti non ne abbiano pattuito la misura, né stabilito il modo per calcolarlo, sempre che non possa farsi riferimento, per tale calcolo, alle tariffeesistenti e agli usi, è, pertanto, esercitabile solo ove non si controverta sulle opere eseguite dall’appaltatore: allorquando,invece, il contrasto riguardi anche tale aspetto del rapporto, incombe sull’attore l’onere di fornire la prova dell’entità e della consistenza di dette opere, non potendo il giudice stabilire ilprezzo di cose indeterminate, né, d’altra parte, offrire all’attorel’occasione di sottrarsi al preciso onere probatorio che lo riguarda (Cass. n. 17959 del 2016).         5.4.  Tuttavia, una volta che, come ha ritenuto dallacorte d’appello, le opere eseguite dall’appaltatore siano state,sia pur in parte, dimostrate in giudizio, il giudice di merito, una volta accertato che le parti non avevano determinato la misuradel corrispettivo dovuto all’appaltatore né il modo dideterminarlo, non può, evidentemente, sottrarsi al proprio dovere di determinare il corrispettivo della misuraconseguentemente dovuta, avendo riguardo, a norma dell’art.1657 c.c., alle tariffe esistenti o agli usi, ovvero, in mancanza,procedendo direttamente alla relativa determinazione>>

L’editore può mantenere l’anonimato sugli autori di post critici verso esponenti politici, pubblicati nella sezione commenti del sito web

Sentenza importante della CEDU essenzialmente sull’art. 10 della Covenzione  che recita così: <<“1.  Everyone has the right to freedom of expression. This right shall include freedom to hold opinions and to receive and impart information and ideas without interference by public authority and regardless of frontiers. This Article shall not prevent States from requiring the licensing of broadcasting, television or cinema enterprises.

2.  The exercise of these freedoms, since it carries with it duties and responsibilities, may be subject to such formalities, conditions, restrictions or penalties as are prescribed by law and are necessary in a democratic society, in the interests of national security, territorial integrity or public safety, for the prevention of disorder or crime, for the protection of health or morals, for the protection of the reputation or rights of others, for preventing the disclosure of information received in confidence, or for maintaining the authority and impartiality of the judiciary.”>>

Si tratta di Corte E.D.U. 7 dicembre 2021 , ricorso 39378/15, STANDARD VERLAGSGESELLSCHAFT MBH v. AUSTRIA.

L’editore non può dire che si tratta di fonte giornalistica, protetta da confidentiality, dato che i post dei lettori erano destinati non ai giornalisti ma al pubblico, § 71.

Purtuttavia l’anonimato è giustificato ugualmente perchè , dopo bilanciamento, è necessario per manterere un ambiente democratico vibrante e proteggere gli autori da possibili ritorsioni: <<the Court has no doubt that an obligation to disclose the data of authors of online comments could deter them from contributing to debate and therefore lead to a chilling effect among users posting in forums in general. This affects, indirectly, also the applicant company’s right as a media company to freedom of press. It invites users to comment on its articles in order to further discussion on its journalistic work (see paragraphs 5 and 65 above). To achieve this goal, it allows authors of comments to use usernames (see paragraph 7 above); upon registration, users are informed that their data will not be seen publicly and will only be disclosed if required by law (see paragraphs 6 and 7 above). The forums’ rules dictate that certain content is not accepted, and that comments are screened by a keyword system, may be subject to a manual review and will be deleted if they are not in line with the rules (see paragraphs 7-12 above).>>, § 74

E poi , circa il bilanciamento intorno alla necessità in una società democratica di cui al cit. art. 10, omesso dalle corti di impugnazione che avevano immotivatametne ritenute prevalente il diritto degli “offesi” a conoscere il nome dell’offensore: <<95. (…) However, even a prima facie examination requires some reasoning and balancing. In the instant case, the lack of any balancing between the opposing interests (see paragraph 94 above) overlooks the function of anonymity as a means of avoiding reprisals or unwanted attention and thus the role of anonymity in promoting the free flow of opinions, ideas and information, in particular if political speech is concerned which is not hate speech or otherwise clearly unlawful. In view of the fact that no visible weight was given to these aspects, the Court cannot agree with the Government’s submission that the Supreme Court struck a fair balance between opposing interests in respect of the question of fundamental rights (see paragraph 60 above).

96.The Court finds that in the absence of any balancing of those interests the decisions of the appeal courts and of the Supreme Court were not supported by relevant and sufficient reasons to justify the interference [la comunicaizone dei nomi]. It follows that the interference was not in fact “necessary in a democratic society”, within the meaning of Article 10 § 2 of the Convention.

97.  There has accordingly been a violation of Article 10 of the Convention>>.

Per l’esposizione dell’immagine del figlio minore sui social serve il consenso di entrambi i genitori

Sull’annosa questione si pronuncia l’ordinanza Trib.Trani 30.08.2021 rel. M.A. Guerra, pubblicata in varii siti tra cui ad es. in avvocatoandreani .

La capacità di agire circa la condotta sui social è raggiunta ad anni 16 per il GDPR (art. 89) ma ad anni 14 da noi (art. 2 quinqies cod. priv,. permesso dal GDPR).

Nel caso, la minore aveva nove anni e la foto su TikTok era stata pubblicata dalla sola madre.

Il padre agisce in via cautelare d’urgenza ma il ricorso  è rigettato per mancata indicazoine della domanda di merito.

Il padre reclama e ottiene ragione.

Questo il passaggio sul punto di interesse: << Passando all’esame del merito, la domanda proposta in primo grado può trovare accoglimento, sussistendo entrambi i requisiti per la concessione della tutela cautelare. Appare opportuno ribadire,come già precisato da questo Tribunale in analoga fattispecie, che “i requisiti del fumus e delpericulum vengono valutati anche tenendo conto di elementi quali l’a – territorialità della rete, checonsente agli utenti di entrare in contatto ovunque, con chiunque, spesso anche attraverso immaginie conversazioni simultanee, nonché la possibilità, insita nello strumento, di condividere dati con unpubblico indeterminato, per un tempo non circoscrivibile” (Trib. Trani, ord. 7.6.2021). Il fattostorico è incontestato, in quanto la stessa Caia, nella comparsa di costituzione e risposta in primogrado (depositata il 4.6.2021) non ha negato di aver postato i video della minore ,,,, sul socialnetwork Tiktok a partire dal maggio 2020. Tale comportamento integra violazione di plurimenorme, nazionali, comunitarie ed internazionali: art. 10 c.c. (concernente la tutela dell’immagine),artt. 1 e 16 I co. della Convenzione di New York del 20.1111989 ratificata dall’Italia con L. n.176/1991 (in particolare, l’art. 1 prevede l’applicazione delle norme della convenzione ai minori dianni diciotto mentre l’art. 16 stabilisce che “1. Nessun fanciullo sarà oggetto di interferenzearbitrarie nella sua vita privata, nella sua famiglia, nel suo domicilio o nella sua corrispondenza eneppure di affronti illegali al suo onore e alla sua reputazione. 2. Il fanciullo ha diritto allaprotezione della legge contro tali interferenze o tali affronti”); art. 8 Reg. 679 /2016 (entrato invigore il 25.5.2018) che considera l’ immagine fotografica dei figli dato personale, ai sensi del c.d.Codice della Privacy (e specificamente dell’art. 4, lett. a), b) c) D.Lgs n. 196/20039 e la sua diffusione integra un’interferenza nella vita privata, sicchè nel caso di minori di anni sedici, è necessario che il consenso alla pubblicazione di tali dati sia prestato dai genitori, in vece dei propri figli, concordemente fra loro e senza arrecare pregiudizio all’onore, al decoro e alla reputazionedell’immagine del minore (art. 97 L.n. 633/41). In tale prospettiva, il legislatore italiano, all’art. 2quinquies del D.Lgs. 101/2018 ha fissato il limite di età da applicare in Italia a14 anni>>.

Sul periculum in mora bene osserva: <<l’inserimento di foto di minori sui social network costituisce comportamento potenzialmente pregiudizievole per essi in quanto ciò determina la diffusione delle immagini fra un numero indeterminato di persone, conosciute e non, le quali possono essere malintenzionate e avvicinarsi ai bambini dopo averli visti più volte in foto on-line, non potendo inoltre andare sottaciuto l’ulteriore pericolo costituito dalla condotta di soggetti che taggano le foto on-line dei minori e, con procedimenti di fotomontaggio, ne traggono materiale pedopornografico da far circolare fra gli interessati. Dunque, il pregiudizio per il minore è insito nella diffusione della sua immagine sui social network sicché l’ordine di inibitoria e di rimozione va impartito immediatamente” (cfr. Trib. Mantova, 19.9.2017). Alla luce delle suesposte considerazioni, dunque, il provvedimento gravato deve essere integralmente riformato conconseguente accoglimento della domanda cautelare e condanna di Caia alla rimozione dai propriprofili social delle immagini relative alla minore … … ed alla contestuale inibitoria dalla futuradiffusione di tali immagini, in assenza del consenso di entrambi i genitori>>.

Viene impartita la penale per il ridardo: <<Infine, merita accoglimento la richiesta di condanna ex art. 614 bis c.p.c., tenuto conto della necessità, nella vicenda in esame, di tutelare l’integrità della minore e l’interesse ad evitare ladiffusione delle proprie immagini a mezzo web nonchè, in quanto collegato a questo, dell’interessedel genitore a cui spetta pretendere il rispetto degli obblighi sopra sanciti>> pari ad euro 50,00 al giorno (v. dispositivo).

Pro memoria della Cassazione sulla responsabilità precontrattuale

Cass. 34.150 del 16.11.2021, rel. Abete, Passaponti Metal c. Ferrari spa, ricorda sinteticamente la disciplina della responsabilità precontrattuale.

questa ricorre se: <<e tra le parti siano in corso trattative; che queste siano giunte ad uno stadio idoneo ad ingenerare, nella parte che invoca l’altrui responsabilità, il ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto; che esse siano state interrotte, senza un giustificato motivo, dalla parte cui si addebita detta responsabilità; che, infine, pur nell’ordinaria diligenza della parte che invoca la responsabilità, non sussistano fatti idonei ad escludere il suo ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto; la verifica della ricorrenza di tutti tali elementi si risolve in un accertamento “di fatto” riservato al giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità ove adeguatamente motivato (cfr. Cass. 15.4.2016, n. 7545), recte, ove non inficiato da “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti” >>, § 15.

Safe harbour ex 230 CDA per Armslist, piattaforma per vendita on line di armi? Questione dubbia

Due corti statunitensi negano il safe harbour ex 230 CDA alla piattaforma di vendita di armi Armslist  , non trattandosi di azioni in cui son considerati editori/publisher/speaker .

Si trattava di responsabilità consguente ad uccisioni cagionate tramite armi da fuoco acquistate su Armslist: la quale sarebbe stata negligente nel permettere tale commercio incontrollato, avendo implementato  un software inadeguato alla base del proprio marketplace.

 Si tratta di due tribunali del Wisconsin, east. dis.:

1) BAUER and ESTATE OF PAUL BAUER v. ARMSLIST, del 19.11.2021, caso 20-cv-215-pp, sub V.B: <<The court does not mean to imply that §230(c) never can provide protection from liability for entities like Armslist. But that protection is not, as Armslist has argued, a broad grant of immunity. It is a fact-based inquiry. For example, the Seventh Circuit affirmed the district court’s grant of Craigslist’s motion for judgment on the pleadings in Chi. Lawyers’ Comm. The court recounted that “[a]lmost in passing, ” the plaintiff had alleged that Craiglist was liable for violations of the Fair Housing Act because although it had not created the discriminatory posts, it had “caused” the discriminatory third-party posts to be made. Chi. Lawyers’ Comm., 519 F.3d at 671. Emphasizing that Craigslist was not the author of the discriminatory posts, the Seventh Circuit found that the only causal connection between Craigslist and the discriminatory posts was the fact that “no one could post a discriminatory ad if craiglist did not offer a forum.” Id. The court stated that “[n]othing in the service craigslist offers induces anyone to post any particular listing or express a preference for discrimination; for example, craigslist does not offer a lower price to people who include discriminatory statements in their postings.” Id. at 671-72. For that reason, the court concluded that “given § 230(c)(1) [the plaintiff] cannot sue the messenger just because the message reveals a third party’s plan to engage in unlawful discrimination.” Id. at 672.

The plaintiffs in this case have not raised claims of defamation or obscenity or copyright infringement—the types of claims that would require the court to determine whether Armslist is a “publisher” or “speaker” of content, rather than a provider of an interactive computer service that hosts content created by third parties. None of the nine claims in the second amended complaint challenge the content of ads posted on the Armslist.com website—not even Caldwell’s ad. The plaintiffs have alleged that Armslist should have structured the website differently—should have included safeguards and screening/monitoring provisions, should have been aware of the activity of individuals like Caldwell, should have implemented measures that would prevent illegal firearms dealers from using the website to sell guns without a license.

In declining to dismiss the complaint on §230(c) grounds, the court in Webber v. Armslist recently stated that because the plaintiff in that case had alleged “negligence and public nuisance based on Defendants’ affirmative conduct, ” it appeared that “§ 230 is not even relevant to this case.” Webber v. Armslist, No. 20-cv-1526, 2021 WL 5206580, at *6 (E.D. Wis. Nov. 9, 2021). This court agrees. Section 230 does not immunize Armslist from suit and the court will not dismiss the complaint on that basis.>>

2) Webber v. Armslist, del 9 novembre 2021, caso 20-C-1526, più dettagliata sul punto: <<But even if § 230 applies to this type of case, Plaintiff’s claims do not seek to treat Defendants as the “publisher or speaker” of the post in question. Here, Plaintiff seeks to hold Defendants liable for their “role in developing or co-developing [their] own content.” Dkt. No. 13 at 18. Specifically, Plaintiff faults Defendants for failing to prohibit criminals from accessing or buying firearms through Armslist.com; actively encouraging, assisting, and facilitating illegal firearms transactions through their various design decisions; failing to require greater details from users, such as providing credit-card verified evidence of users’ identities; failing to require that sellers certify under oath that they are legal purchasers; and failing to provide regularly updated information regarding applicable firearms laws to its users, among many other things. Compl. at ¶ 165. In essence, the complaint “focuses primarily on Armslist’s own conduct in creating the high-risk gun market and its dangerous features, ” not on the post in question. Dkt. No. 13 at 23. This type of claim, then, does not seek to treat Defendants as the “publisher or speaker” of the post that led to Schmidt’s killer obtaining a firearm; rather, it seeks to hold Defendants liable for their own misconduct in negligently and recklessly creating a service that facilitates the illegal sale of firearms. 47 U.S.C. § 230(c)(1). For these reasons, the Court concludes that § 230 does not immunize Defendants from liability in this case>>.

Viene però osservato dal prof. Eric Goldman (da cui ho tratto notizia e link alle sentenze),  che  la corte suprema del Wisconsin nel 2019 in Daniel v. Armslist aveva invece concesso il safe harbour

Sempre il prof. Goldman con post 16 luglio 2023 ora ci aggiorna su altra decisione relAtiva ad Armslist (Webber v. Armslist)

Ancora su responsabilità per violazione di privacy/right of publicity etc. da parte dei redattori di annuari (yearbooks) e safe harbour ex § 230.

Ancora sul tema in oggetto e ancora (giusto) rigetto dell’eccezine di safe harbour ex § 230 CDA.

Si tratta di filone giudiziario di una certa consistenza , di cui avevo dato conto qui e qui.

1) BONILLA v. ANCESTRY.COM OPERATIONS INC. de 7 dic. 2021 No. 20-C-07390, Colrte ND Illinois, eastern division : <<Ancestry argues that each of Plaintiff’s claims should be dismissed because Ancestry is immune from liability under the Communications Decency Act (“CDA”). The CDA provides that “[n]o provider or user of an interactive computer service shall be treated as the publisher or speaker of any information provided by another information content provider.” 47 U.S.C. § 230(c)(1). The CDA applies to online forums that serve as “a mere passive conduit for disseminating (actionable) statements.” Huon v. Denton, 841 F.3d 733, 742 (7th Cir. 2016). Because affirmative defenses such as CDA immunity frequently turn on facts not before the court at the pleading stage, dismissal is appropriate only when the factual allegations in the complaint unambiguously establish all the elements of the defense. See Siegel v. Zoominfo Techs., LLC, 2021 WL 4306148, at *4 (N.D. Ill. Sept. 22, 2021) citing Hyson USA, Inc. v. Hyson 2U, Ltd., 821 F.3d 935, 939 (7th Cir. 2016)

Here, Plaintiff’s complaint includes allegations that Ancestry created records of Plaintiffs reflecting the information from the yearbook record, and uses that information to entice potential customers to subscribe to its services. Plaintiff also alleges that non-users are shown a limited version of the record (including a low resolution photograph) with a promotional pop-up advertisement promising access to Plaintiff’s identity and likeness if they sign up for a paid subscription. Dkt. 29 at ¶¶38-46. Ancestry recasts Plaintiff’s claims on the “mere reposting” of yearbook records, which is inconsistent with Plaintiff’s allegations that Ancestry uses those records and the likeness/identity to sell subscription services beyond his individual yearbook record.   These allegations, taken as true, do not establish that Ancestry is a “passive conduit” that should receive immunity under the CDA. Plaintiff has alleged that Ancestry collected and organized records and subsequently used Plaintiff’s and the putative class members’ names, likenesses, and identities in these records they curated for commercial gain. See Krause v. Rocketreach, LLC, 2021 WL 4282700 (N.D. Ill. Sept. 21, 2021) (rejecting CDA immunity argument where complaint allegations did not establish affirmative defense); see also Lukis v. Whitepages, Inc., 454 F.Supp.3d 746, 763 (N.D. Ill. 2020)>>.

2) CALLAHAN v. PEOPLECONNECT, INC. Case No. 20-cv-09203-EMC.  del 1.11.2021 , Tribunale del N.D. California. , molto più dettagliata , che valorizza la notevole differenza tra l’annuario in cartaceo a diffusione limitata e la sua messa on line: <<in the instant case, the Court concludes that, at the very least, there is a question of fact as to whether a reasonable person in the position of PeopleConnect (the service provider) would conclude that the yearbook authors/publishers (the information content providers) intended the yearbooks to be published on the internet. As Plaintiffs point out, the yearbooks at issue were published in the 1990s and early 2000s when “[t]he Internet was in its infancy and social media did not exist.” Opp’n at 5. Moreover, there is a difference between publishing a yearbook for a school or local community and publishing a yearbook on the internet where the audience is far broader. Thus, it would be hard to conclude that, as a matter of law, PeopleConnect is a publisher of information provided by another information content provider and is thus entitled to immunity under the CDA.

PeopleConnect’s reliance on Judge Beeler’s Ancestry decisions is unavailing. In Ancestry II, Judge Beeler indicated that, under Batzel, it was reasonable for Ancestry to believe that the yearbooks at issue were being provided to it for publication on the Internet, but Judge Beeler’s ruling appears to turn on her view that an information content provider could be people or entities other than the yearbook author/publisher. See Ancestry II, 2021 U.S. Dist. LEXIS 112036, at *17-18 (stating that, “whether the yearbooks were donated by other former students or obtained from other sources, Ancestry is demonstrably not the content creator and instead is publishing third-party content provided to it for publication”; “[n]othing in Batzel requires the original creator’s permission for publication”). But that view is not consistent with the express definition of “information content provider” under the CDA; an information content provider is one who created or developed the information at issue. In the instant case, the yearbook authors/publishers are the only ones who meet that criteria.

At the hearing, PeopleConnect suggested that a service provider should be allowed to assume that the person or entity who provided the information to the service provider was the creator or developer of the information.6 Such an approach, however, would be contrary to Batzel which focuses on the reasonable perception of the service provider. PeopleConnect fails to explain why a service provider should not be held accountable if, e.g., it is obvious that the person or entity providing information to the service provider is not the creator or developer of the information. In such a situation, if it is obvious that the person or entity providing the information is not the creator or developer of the information, then the service provider “is the one making the affirmative decision to publish, and so . . . contributes materially to [the] allegedly unlawful dissemination” of the information[;] [it] is thus properly deemed a developer and not entitled to CDA immunity.” Roommates.com, 521 F.3d at 1171.

In the instant case, it is obvious that the yearbook users/purchasers were not the creators or developers of the yearbooks. Instead, the yearbook authors/publishers were the content providers. PeopleConnect cannot claim the benefit of CDA immunity, absent a reasonable basis to believe that the yearbook authors/publishers intended for there to be publication on the Internet. This presents a question of fact that cannot be resolved at the 12(b)(6) phase of proceedings>>.