Il software di Salesforce , per ottimizzare la gestione di una piattaforma di marketplace, è coperto dal safeharbour ex § 230 CDA

In Backpage.com (piattaforma di compravendite rivale di craiglist) comparivano anche molti annunci a sfondo sessuale.

A seguito di uno di questi, una minorennme (tredicennne all’epoca!) cadeva vittoma di predatori.

Agiva quindi assieme alla madre in giudizio contro Salesforce (poi: S.) per aver collaborato e tratto utile economico dagli incarichi ricevuti da Backpage, relativi alla collaborazione nella gestione online dei contatti con i suoi utenti.

Il distretto nord dell’Illinois, eastern div., Case: 1:20-cv-02335 , G.G. (minor) v. Saleforce.com inc., 16 maggio 2022, accoglie l'(immancabile) eccezione di S. della fruibilità del predetto safeharbour.

Il punto è trattato con buona analisi sub I Section 230, pp. 6-24.

La corte riconocse che S. sia in interactive computer service, , sub A, p. 8 ss: difficilmente contestabile.

Riconosce anche che S. sia chiamato in giudizio come publisher, sub B, p. 13 ss: asserzione, invece, meno scontata.

Chi collabora al fatto dannoso altrui (sia questi un publisher -come probabilmente Backpage- oppure no) è difficile possa essere ritenuto publisher: a meno di dire che lo è in quanto la sua condotta va qualificata col medesimo titolo giuridico gravante sul soggetto con cui collabora (si v. da noi l’annosa questione del titolo di responsabilità per concorrenza sleale ex art. 2598 cc in capo al terzo privo della qualità di imprenditore concorrente).

(notizia e link alla sentenza dal blog del prof. Eric Goldman)

Attualmente il sito web di Backpage.com è sotto sequestro della forza pubblica statunitense. Compare questo:

Sulla natura contrattuale del rapporto di amministrazione nelle società di capitali

Cass. n. 14.592 del 09.05.2022, rel. Nazzicone,  offre qualche delucidazione sull’oggetto.

La natura contrattuale è incontestabile , nonostante qualche contraria originale dottrina passata.

<Non vi è dubbio che il rapporto di amministrazione, di natura contrattuale, si instauri mediante l’incontro dei consensi, avendo l’accettazione la funzione di perfezionare il relativo accordo. Invero, come questa Corte ha da tempo chiarito (Cass. 22 maggio 2001, n. 6928), l’accettazione della nomina ad amministratore di una società è necessaria, avendo i poteri degli amministratori fonte contrattuale.

L’accettazione della nomina non è oggetto di una specifica disciplina nell’art. 2364 c.c., né nell’art. 2383 c.c., laddove si occupano della nomina e della revoca degli amministratori; lo stesso è a dirsi con riguardo agli artt. 2475 e 2479 c.c., in tema di società a responsabilità limitata.>

La SC ricorda poi alcune disposizioni codicistiche, che parlano espressamente di <<accettazione>> da parte di amministratori (e di sindaci).

L’accettazione può essere anche tacita : <<Nel contempo, si è ivi anche sottolineato che l’accettazione, ed in genere il contratto di amministrazione societario, non richiede l’osservanza di specifiche formalità.

Da ciò consegue che l’accettazione può desumersi anche da atti positivi incompatibili con la volontà di rifiutare la nomina: l’accettazione della nomina può essere anche tacita, né dipende in sé dall’adempimento degli oneri pubblicitari, previsti dall’art. 2383 c.c., comma 4.>>

E spesso sarà tacita almeno delle società minori. O meglio, sarà espressa ma limitatamente alla firma dell’atto da depositare in registro imprese (che allora, a ben vedere,  sarà solo riproduzione a fini documentativi di un scambio di consensi già avvenuto ).

Quando invece riguarderà società  maggiori (quindi con una retribuzione importante e magari a lungo negoziata), proposta e accettazione saranno consacrate in un documento separato (da vedere chi lo avrà firmato per la società, dato che magari è stato stipulato all’oscuro del CEO in carica …).

la Cassazione sul danno da perdita del rapporto parentale

Si legge in Cass. ,sez. III, n. 9.010 del 21.03.2022, rel. Tatangelo:

– <<2.1 Si premette che, secondo l’indirizzo di questa Corte, in tema di liquidazione equitativa del danno da perdita del rapporto parentale, nel caso in cui si tratti di congiunti appartenenti alla cd. famiglia nucleare (e cioè coniugi, genitori, figli, fratelli e sorelle) la perdita di effettivi rapporti di reciproco affetto e solidarietà con il familiare defunto può essere presunta in base alla loro appartenenza al medesimo “nucleo familiare minimo”, nell’ambito del quale l’effettività di detti rapporti costituisce tuttora la regola, nell’attuale società, in base all’id quod plerumque accidit, fatta salva la prova contraria da parte del convenuto (Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 25774 del 14/10/2019, non massimata; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 3767 del 15/02/2018, Rv. 648035 – 02).

Naturalmente, anche la prova contraria può essere fornita sulla base di elementi presuntivi, tali da far venir meno la presunzione di fatto derivante dall’esistenza del mero legame coniugale o parentale (nel qual caso sarà onere del danneggiato dimostrare l’esistenza del suddetto vincolo in concreto, sulla base di precisi elementi di fatto), ovvero, quanto meno, da attenuarla considerevolmente (nel qual caso delle relative circostanze dovrà tenersi conto ai fini della liquidazione dell’importo del risarcimento, che dovrà essere inferiore a quello riconosciuto nei casi “ordinari”, come eventualmente previsto su base tabellare).>>

Con riguardo alla perdita del rapporto coniugale, in particolare, elementi idonei a far ritenere attenuata ovvero addirittura del tutto superata la presunzione di perdita di effettivi rapporti di reciproco affetto e solidarietà con il coniuge defunto, sotto il profilo dinamico-relazionale, sono stati ravvisati nella separazione, legale e/o di fatto, tra i coniugi stessi (cfr. Cass., Sez. 3, Sentenza n. 1025 del 17/01/2013, Rv, 625065 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 25415 del 12/11/2013, Rv. 629166 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 28222 del 04/11/2019, Rv. 655783 – 01), ferma restando sempre la possibilità per il coniuge superstite di dimostrare la sussistenza di un vincolo affettivo particolarmente intenso nonostante la separazione, ovvero nell’assenza di convivenza, la quale, benché non costituisca, in generale, connotato minimo ed indispensabile per il riconoscimento del danno da perdita del rapporto parentale (Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 18284 del 25/06/2021, Rv. 661702 – 01; Sez. 3, Ordinanza n. 24689 del 05/11/2020, Rv. 659848 – 01; Sez. 3, Ordinanza n. 7743 del 08/04/2020, Rv. 657503 – 01), è certamente rilevante almeno ai fini della determinazione del quantum debeatur>>.

Il che, applicato al caso sub iudice, porta la SC a così giudicare:

<<2.3 In particolare, la corte di appello non ha adeguatamente tenuto conto, in primo luogo, del fatto che i termini dell’effettiva convivenza tra i coniugi sono rimasti quanto meno incerti: l’attrice, infatti (per quanto sia stata sentita dal giudice, avendo anche reso l’interrogatorio formale), non è stata in grado di indicare precisamente, nel corso del giudizio, l’effettivo indirizzo della residenza coniugale, mentre la sua coabitazione con il B. (addirittura smentita dalla documentazione anagrafica) è stata affermata solo da una deposizione testimoniale oggettivamente generica, non avendo neanche la teste saputo indicare l’indirizzo preciso del luogo in cui i coniugi avrebbero convissuto, ma avendo solo fatto riferimento ad una certa zona della città di (OMISSIS).

L’incertezza in ordine ai concreti termini della convivenza dei coniugi costituisce un indizio che depone in senso contrario all’intensità del vincolo relazionale reciso dal fatto illecito e che la corte territoriale avrebbe dovuto considerare in tal senso, indizio peraltro concordante con quello, certamente a sua volta “grave e preciso”, della pacifica esistenza di una stabile relazione extraconiugale intrattenuta dal B. al di fuori del matrimonio (relazione di tipo omosessuale, come precisa la ricorrente, sebbene sia appena il caso di sottolineare che a tale mero dato oggettivo non possa attribuirsi, di per sé, uno specifico rilievo ai fini del risarcimento), che a sua volta attesta quanto meno un certo “affievolimento” della saldezza del rapporto coniugale.

Nel medesimo senso, poi, in quanto certamente rilevante ai fini della valutazione dell’aspetto dinamico e relazionale della vita dell’attrice su cui ha inciso il fatto illecito, la corte avrebbe dovuto considerare la circostanza (anch’essa pacifica) che, a breve distanza di tempo dal decesso del coniuge, la stessa aveva già ricostruito uno stabile rapporto sentimentale e di comunanza di vita con un altro uomo, con il quale, dopo non più di tre anni dalla perdita del primo marito, risultava già convivere, dopo aver generato in precedenza un figlio.

Tutte le indicate circostanze di fatto, costituenti indizi gravi, precisi e concordanti in ordine, se non alla stessa insussistenza, quanto meno ad una minore intensità (rispetto all’ordinario) del concreto vincolo affettivo esistente tra l’attrice ed il coniuge vittima del fatto illecito, non sono stati adeguatamente valutati dalla corte territoriale, in modo complessivo ed unitario, come sarebbe stato necessario, ai fini del riconoscimento e, comunque, ai fini della liquidazione del risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale in favore della D.C., quanto meno sotto l’aspetto dinamico-relazionale (fermo restando il danno relativo all’aspetto della sofferenza morale soggettiva conseguente all’evento luttuoso, questione che peraltro non risulta oggetto di specifiche censure nel ricorso).>>

– << 2.4 Sotto altro aspetto, deve poi tenersi presente che la liquidazione è pacificamente avvenuta (secondo quanto affermano le stesse parti) mediante l’applicazione delle tabelle elaborate dal Tribunale di Milano nel 2018, caratterizzate, per quanto riguarda la perdita del rapporto parentale, dall’individuazione di un importo minimo e di un “tetto” massimo, con un intervallo molto ampio tra l’uno e l’altro, senza utilizzazione della tecnica cd. “del punto”, nonché dalla commistione dell’aspetto dinamico-relazione conseguente all’illecito e di quello relativo alla sofferenza interiore (danno morale).

Ai fini della determinazione dell’importo del risarcimento nell’ambito dell’indicato ampio intervallo tra il valore tabellare “minimo” e “massimo”, la corte di appello ha inoltre considerato, in concreto, una serie di circostanze di fatto espressamente indicate e relative tanto all’aspetto dinamico-relazione quanto a quello della sofferenza interiore derivanti dal fatto illecito (in particolare: la giovane età della coppia, la particolare intensità del dolore e la lunghezza del periodo dell’agonia sofferta dal B., la sofferenza che necessariamente accompagna lo sgretolarsi di un progetto di vita migliore in un paese straniero, il lasso di tempo che presumibilmente i due coniugi avrebbero trascorso insieme, i benefici relazionali fatalmente perduti, le legittime aspettative di assistenza reciproca definitivamente venute meno), senza però alcuna considerazione delle altre circostanze, deponenti in senso contrario, di cui si è detto in precedenza>>.

Si v. i richiami finali di giurisprudenza cui dovrà attenersi il giudice del rinvio:

<< (…) risarcimento,  che dovrà comunque avvenire in applicazione dei criteri precisati nella più recente giurisprudenza di questa stessa Corte (cfr. Cass., Sez. 3, Sentenza n. 901 del 17/01/2018, Rv. 647125 – 02 e 04; Sez. 3, Ordinanza n. 23469 del 28/09/2018, Rv. 650858 – 03; Sez. 3, Sentenza n. 28220 del 04/11/2019, Rv. 655782 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 28989 del 11/11/2019, Rv. 656223 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 25843 del 13/11/2020, Rv. 659583 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 25164 del 10/11/2020: “in tema di risarcimento del danno non patrimoniale, in assenza di lesione alla salute, ogni “vulnus” arrecato ad altro valore costituzionalmente tutelato va valutato ed accertato, all’esito di compiuta istruttoria, in assenza di qualsiasi automatismo, sotto il duplice aspetto risarcibile sia della sofferenza morale che della privazione, ovvero diminuzione o modificazione delle attività dinamico-relazionali precedentemente esplicate dal danneggiato, cui va attribuita una somma che tenga conto del pregiudizio complessivamente subito sotto entrambi i profili, senza ulteriori frammentazioni nominalistiche“; cfr. altresì Cass., Sez. 3, Sentenza n. 10579 del 21/04/2021, Rv. 661075 – 01: “in tema di liquidazione equitativa del danno non patrimoniale, al fine di garantire non solo un’adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto, ma anche l’uniformità di giudizio in casi analoghi, il danno da perdita del rapporto parentale deve essere liquidato seguendo una tabella basata sul “sistema a punti”, che preveda, oltre all’adozione del criterio a punto, l’estrazione del valore medio del punto dai precedenti, la modularità e l’elencazione delle circostanze di fatto rilevanti, tra le quali, indefettibilmente, l’età della vittima, l’età del superstite, il grado di parentela e la convivenza, nonché l’indicazione dei relativi punteggi, con la possibilità di applicare sull’importo finale dei correttivi in ragione della particolarità della situazione, salvo che l’eccezionalità del caso non imponga, fornendone adeguata motivazione, una liquidazione del danno senza fare ricorso a tale tabella”).>>

Pratiche pubblicitarie digitali manipolative: dettagliato studio per la Commissione europea

è uscito il Final Report del <<Behavioural study on unfair commercial practices in the digital environment: dark patterns and manipulative personalisation>>, aprile 2022, per la Commissione UE, ad opera di Lupiáñez-Villanueva, Francisco ;  Boluda, Alba ;  Bogliacino, Francesco ;  Liva, Giovanni ;  Lechardoy, Lucie ;  Rodríguez de las Heras Ballell, Teresa.

Analizza dettagliatametne le modalità “troppo persuasive” della pubblicità (commerciale e non) oggi praticate da chi comunica sul web.

Si legge che i c.d. dark patterns sono diffusissimi (non una gran novità, per vero). Il concetto di “Dark patterns” è <<generally used to refer to practices in digital interfaces that steer, deceive, coerce, or manipulate consumers into making choices that often are not in their best interest , 20>>.

Interessante tabella 2, p. 30, contentente la tassonomia di tali pratiche, e in generale , sul medesimo tema, i §§  2.1 e 2.2.

Chi ha poco tempo, può limitarsi a leggere l’iniziale Executive summary e/o soprattutto il cap. 6 Conclusions and recommendations.

Interesssante è il loro inquadramento giuridico : in linea di massima consisterà quanto meno nella fattispecie delle pratiche commerciali scorrette in quanto ingannevoli.

Il motore di ricerca di Google potrebbe essere un common carrier, però non è una public utility

Questa in sintesi è l’insegnamento della Corte di common pleas, Delaware county, Ohio, State of Ohio c. Google, 24.05.2022, di cui dà notizia il blog del prof. Eric Goldman.

Si noti la differenza tra common carrier e public utility nella common law: la seconda è necessariamente anche un common carrier , mentre non è vero il contrario.

Non è public utility perchè, in mancanza di vincolo di legge , non c’è un diritto alle prestazione del motore di ricerca, dice la Corte , p.14-15.

Del resto , aggiunge, per quanto importante, esso non costituisce un <life-essential service>. Infatti i concorrenti (Bing, Ask, Duck and go) , per quanto ben minori, comunque riempirebbero subito il vuoto lasciato da Google qualora cessasse l’erogaizone del servizio di search engine

Quanto , infine, alla questione del se tali qualifiche comportino un vincolo incostituzionale perchè lesivo della libertà di impresa di Google da intendere come diritto di parola/free speecch  (editorial judgment, cooperto da Primo Emendamenot), la Corte non si pronuncia (sub IV).

Obbligo c.d. “di salvataggio” assicurativo (art. 1914 c. 1 cc) e dovere di accettare la transazione proposta dall’Assicuratore al danneggiato

Molto interessante fattispecie decisa da App. Roma sent. n. 3542/2022 del 24.05.2022 , RG 1717/2017, rel.  Pellegrini, di cui dà notizia e fornisce il testo lo studio D&D-D’Aiello & de Luca Avvocati Associati s.t.a. a r.l.

Il punto di interesse è se nel dovere (rectius: onere, probabilmente) di diminure il danno  (art. 1914 c.1 cc) a carico del’assicurato rientri il dovere di accettare la proposta transattiva dell’assicuratore , concordata col danneggiato.

La corte dice di si. I punti allora sono due: 1) se in tale dover di ridurre il danno rientri pure quello di ridurre il danno da assistenza legale (cioè per spese di lite); in caso positivo,  2) se l’assicurato abbia l’onere di accettare la transazione proposta dall’Assicuratore.

Sub 1 la corte e il tribunale dicono di si: tuttavia il tenore letterale dell’art. 1914 parrebbe in senso opposto.

Sub 2 , corte e tribunale dicono pure di si, senza dare (almeno lA Corte) una persuasiva motivaizone.

Pare di capire che la transazione fosse stata proposta in base alla stima di danno permanente operata dal CTU (in primo grado) e conseguente all’accertamento di una lesione della salute del 18/20 per cento.  La danneggiata aveva allegato nella domanda introduttiva una lesione pemanente del 35%.

L’assicurato (AUSL Rieti) aveva però in primo grado eccepito l’infondatezza della domanda  , chiedendone il rigetto.

Ora, non si vede perchè debba prevalere la volontà transattiva dell’assicuratore, quando magari la responsabiità dell’assicurato sia parecchio incerta.

Il richiamo a buona fede e correttezza non è svolto adeguatamente: la corte dimentica infatti che essi non sono invocabili, quando c’è un pregiudizio per la parte nel tenere la condotta censurata.

E nel caso c’é : non solo nel quantum (negato in toto nell’atto difensivo) , ma ad es. anche come immagine di una amministrazione che assume medici negligenti

La Corte avrebbe probabilmente dovuto mettere a paragone le opposte esigenze e bilanciarle entrando nel merico dei termini transattivi in via incidentale  (come nella annosa questione della revocabilità della transaizone). .

Breve ma denso saggio su Nature intorno alla brevettabilità delle ivnenzioni prodotte da intelligenza artificiale: è meglio una legge ad hoc

Breve ma interessante intervento su Nature circa il tema in oggetto (George A.-Walsh T., Artificial intelligence is breaking patent law, Nature, 24.05.2022).

In tre pagine gli aa. illustrano efficacemente lo stato dell’arte.

Ritengono sia meglio una legge ad hoc che un’integrazione delle disposizioni esistenti.

Significativo è il ragionamento sui rapporti internazionali, sopratuttto in relazione agli Stati importatori di tecnologica che hanno poche risorse per pagare le licenze (e il caso dei vaccini anti covid19).   Propongono allora un trattato interenazinale

E’ proteggibile come copyright il claim pubblicitario che elabora un marchio altrui?

La risposta è negativa qualora la componente creativa non sia separabile/distinguibile dal marchio denominativo alla base.

Si tratta del noto claim  << 500%Fiat >>,  che si appoggia sul marchio/denominazione sociale della nota casa automobilistica.

La Cassazione , sez. 1, con sentenza 8276 del 14.03.2022, rel. Fraulini ha in tale senso osservato: <<Del resto, riguardato in via generale, Nell’ipotesi in cui il messaggio pubblicitario faccia riferimento a marchi particolarmente noti e comunque esposti all’ammirazione del pubblico, è evidente che ciò che si cerca di ottenere è l’effetto di trascinamento che, nel costume sociale, è riconnesso alla commercializzazione dei prodotti che recano il detto marchio. Una tecnica di marketing ormai estremamente diffusa, che riguarda non solo le persone fisiche che sovente prestano la loro notorietà a beneficio del prodotto sponsorizzato, ma anche gli slogan che, in tutto o in parte, contengono al loro interno il riferimento essenziale alla notorietà del marchio cui alludono. E tanto accade perché il messaggio pubblicitario viene veicolato facendo leva proprio sulla notorietà, sulla diffusione, sul successo o sulla fama del claim in esso rappresentato.    Di talché è ben vero che, nell’accoppiamento dell’elemento notorio con il quid pluris del messaggio, tale elemento innovativo potrebbe astrattamente essere qualificato come innovativo, siccome certamente non comunemente associato all’elemento noto. Ma certamente, in astratto, la necessità che il claim debba essere valutata nella sua complessità può certamente condurre il giudice del merito, cui in concreto spetta l’accertamento caso per caso, a concludere nel senso dell’inscindibilità del claim, siccome derivante da un motivato accertamento che, senza l’effetto di trascinamento dell’elemento notorio, il messaggio pubblicitario non avrebbe alcuna capacità evocativa nel consumatore del settore.

Nel caso di specie, la Corte territoriale ha congruamente motivato nel senso che nel claim in esame l’elemento notorio (marchio notorio Fiat) era inscindibilmente collegato all’altra parte del claim (la percentuale allusiva), siccome peraltro riferita a un modello di vettura di grandissima fama nell’ambito della gamma di prodotto della società. Di talché solo combinando i due fattori, il claim poteva elficamente divenire veicolo di comunicazione nei settori specializzati, come presso il grande pubblico, che non recepirebbe il messaggio pubblicitario convogliato tramite una sola parte (non allusiva al marchio notorio) del claim in esame.

Può quindi pronunciarsi il principio di diritto secondo cui: “In tema di diritto di autore, la rivendicazione, ai sensi della L. n. 633 del 1941, art. 2, n. 4, (legge sul diritto d’autore), del diritto di privativa per intervenuta registrazione di un messaggio pubblicitario (cd. slogan) postula che sia dimostrata l’originalità del creato, da escludersi in ipotesi di utilizzazione, nel medesimo messaggio, del riferimento a marchi già registrati e dotati di determinante capacità evocativa, sì che quel collegamento, per la sua forza evocativa autonoma, faccia venir meno la parte creativa del claim ed escluda l’elemento innovativo.>>

A nulla , concluide la SC, che la riforma del 2001 (d. lgs. 95 del 2001, art. 22) abbia tolto il requisito della scindibilità dala testo dell’artg. 2 n. 4 l. aut.

Precisazioni sul rapporto tra danno morale e danno biologico

Cass. , sez. III, 21.03.2022 n. 9.006, rel. Scarano, offre qualche precisaizone sull’oggetto, peraltro di corrente accettazione:

<<successivamente all’emanazione della suindicata L. n. 124 del 2017, si è da questa Corte sottolineato che in tema di danno non patrimoniale da lesione della salute non costituisce duplicazione risarcitoria la congiunta attribuzione del risarcimento del danno biologico, quale pregiudizio che esplica incidenza sulla vita quotidiana e sulle attività dinamico-relazionali del soggetto, e di un’ulteriore somma a titolo di ristoro del pregiudizio rappresentato dal danno morale, quale sofferenza interiore sub specie di dolore dell’animo, vergogna, disistima di sé, paura, disperazione (v. Cass., 19/2/2019, n. 4878).

A tale stregua, si è da questa Corte precisato che, successivamente alla personalizzazione del danno biologico (specificamente disciplinata in via normativa (art. 138, n. 3 nuovo testo c.d.a.: “qualora la menomazione accertata incida in maniera rilevante su specifici aspetti dinamico-relazionali personali documentati e obiettivamente accertati, l’ammontare del risarcimento del danno, calcolato secondo quanto previsto dalla tabella unica nazionale… può essere aumentato dal giudice, con equo e motivato apprezzamento delle condizioni soggettive del danneggiato, fino al 30%”), il danno biologico risultando normativamente definito (art. 138, punto 2 lett. a) quale “”lesione temporanea o permanente all’integrità psico-fisica della persona suscettibile di accertamento medico-legale, che esplica un’incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato)), il danno morale -ove dedotto e provato- deve formare oggetto di separata valutazione ed autonoma liquidazione, giusta il disposto di cui all’art. 138, punto 2, lett. e), nuovo testo C.d.A. (“al fine di considerare la componente morale da lesione dell’integrità fisica, la quota corrispondente al danno biologico… è incrementata in via progressiva e per punto, individuando la percentuale di aumento di tali valori per la personalizzazione complessiva della liquidazione”), con il quale si è dal legislatore elevato a fonte normativa il principio da questa Corte da tempo affermato dell’autonomia del danno morale rispetto al danno biologico, atteso che il sintagma danno morale non è suscettibile di accertamento medico-legale sostanziandosi nella rappresentazione di uno stato d’animo di sofferenza interiore del tutto prescindente dalle vicende dinamico-relazionali della vita (che pure può influenzare) del danneggiato (v. Cass., 10/11/2020, n. 25164; Cass., 19/2/2019, n. 4878).>>

L’editorial judgment delle piattafrome social , in quanto esercizio del diritto di parola, è coperto dal Primo Emendamento

E’ stata data la notizia circa la sentenza di appello 23 maggio 2022 dell’11 circuito, USCA11 Case: 21-12355 , Netchoice LLc e altri c. ATTORNEY GENERAL, STATE OF FLORIDA (link fornito da varie fonti), circa la legittimità di una legge della Florida regolante e vincolante in vario modo le piattaforme social.

Soprattuto tre son i vincoli contestati:

i) restrizioni sulla content-moderation, ( p. 10);

ii) obblighi di disclosure (p. 12);

iii) obbligo di  fornire i dati all’utente in caso di deplatforming  (p. 13; disposzione invero molti interessante e probabilmente da accogliere, visti i recenti casi italiani di distruzioni immotivate del materiale postato negli anni dall’utente medesimo)

La corte di appello dell’11° circuito, adita dalle piattaforme la ritiene sostanzialmente incostituzionale, in quanto troppo inibente la freedom of speech tutelata dal Primo Emendamento.

Il presupposto , importante, è che le piattafforme sono soggetti privati titolari appunto dei diritti da First Amendement: <<The question at the core of this appeal is whether the Facebooks and Twitters of the world—indisputably “private actors” with First Amendment rights—are engaged in constitutionally protected expressive activity when they moderate and curate the content that they disseminate on their platforms. The State of Florida insists that they aren’t, and it has enacted a first-of-its-kind law to combat what some of its proponents perceive to be a concerted effort by “the ‘big tech’ oligarchs in Silicon Valley” to “silenc[e]” “conservative” speech in favor of a “radical leftist” agenda. To that end, the new law would, among other things, prohibit certain social-media companies from “deplatforming” political candidates under any circumstances, prioritizing or deprioritizing any post or message “by or about” a candidate, and, more broadly, removing anything posted by a “journalistic enterprise” based on its content. USCA11 Case: 21-12355 Date Filed: 05/23/2022 Page: 3 of 674 Opinion of the Court 21-12355

We hold that it is substantially likely that social-media companies—even the biggest ones—are “private actors” whose rights the First Amendment protects, Manhattan Cmty., 139 S. Ct. at 1926, that their so-called “content-moderation” decisions constitute protected exercises of editorial judgment, and that the provisions of the new Florida law that restrict large platforms’ ability to engage in content moderation unconstitutionally burden that prerogative. We further conclude that it is substantially likely that one of the law’s particularly onerous disclosure provisions—which would require covered platforms to provide a “thorough rationale” for each and every content-moderation decision they make—violates the First Amendment.

Accordingly, we hold that the companies are entitled to a preliminary injunction prohibiting enforcement of those provisions. Because we think it unlikely that the law’s remaining (and far less burdensome) disclosure provisions violate the First Amendment, we hold that the companies are not entitled to preliminary injunctive relief with respect to them>>

Sul conflitto tra editorial judgment/diritto di free speech in capo alle piattaforme social, da una parte, e diritto dello stato di chiedere conto dei criteri seguiti nella content moderation, dall’altro,  v. l’interessante saggio “Rereading Herbert v. Lando” di E. Douek-G. Lakier, 26 maggio 2022 , richiamante la cit. decisione della Suprema Corte del 1979.

Sulla legge della Florida v. Calvert, First Amendment Battles over Anti-Deplatforming Statutes: Examining Miami Herald Publishing Co. v. Tornillo’s Relevance for Today’s Online Social Media Platform Cases, NY Univ. law review-online, aprile 2022.