Copyright e opera fumettistica (sull’opera in collaborazione)

Il Tribunale di Milano interviene in un caso di tutela di autore di opera fumettistica (Trib. MI 09.12.2020 sent. 8090/2020, Cardinale v. Sergio Bonelli Editore ed altri)

Non vi sono particolari approfondimenti in diritto, mentre è ricca l’analisi in fatto.

A p. 22-23 si leggono note considerazioni su novità e creatività.

Si v. poi: <<nel caso della rappresentazione grafica, che in ipotesi di opere a fumetti rappresenta il tramite mediante il quale la narrazione si estrinseca, la tutela autorale potrà essere invocata se questa, necessariamente, risulta essere correlata al livello dell’apporto creativo dell’opera, con la conseguenza che ove la creatività grafica non sia particolarmente accentuata varianti anche minime possono escludere la contraffazione (così Trib. Milano 31 maggio 2010)>> , p. 23.

A p. 24 alcune considrzione sul sempre spinoso tema dell’opera in collaborazione: <<La fattispecie costitutiva della comunione originaria dei diritti prevede, sotto il profilo soggettivo, che più soggetti prendano parte alla creazione dell’opera ciascuno apportando un proprio contributo. Anche chi si limiti ad individuare le idee che stanno alla base di un’opera senza peraltro esteriorizzarle in una forma espressiva particolare soggiace al regime di cui all’art. 10 l.d.a.In particolare “quando l’opera nasce dalla collaborazione tra un soggettista/sceneggiatore che lo caratterizza idealmente ed un disegnatore che lo definisce e rappresenta graficamente, il personaggio dei fumetti è assoggettato al regime previsto dall’art 10 l.d.a”(Trib. Milano 21.10.2003). Sotto il profilo oggettivo, occorre che i requisiti dell’inscindibilità ed indistinguibilità dei contributi debbano essere intesi nel senso che gli apporti dei vari soggetti debbano limitarsi a costituire parte di un insieme organico, anche ove questi siano materialmente distinguibili (App. Milano 13.3.1973; App. Milano 16.6.1981; Trib. Milano 14.5.1990). La fattispecie costitutiva della comunione si perfeziona con la creazione congiunta di più soggetti accompagnata da un accordo (anche tacito) sulla destinazione dei singoli apporti ad essere impiegati nell’opera finale>>, p. 24.

E poi sulla posizione specifica di un convenuto: <<Nel caso in esame non si ravvisano i presupposti, innanzi richiamati, della tutela autorale, anche nello specifico regime riservato all’opera collettiva di cui all’art. 10 l.d.a., dal momento che l’attore lamenta la riproduzione di frammenti isolati provenienti da opere diverse a lui riferibili, non proteggibili però perché costituenti elementi marginali non suscettibili di integrare un nucleo narrativo organico, che, come rilevato, costituisce presupposto minimo necessario ai fini dell’individuazione di un atto creativo meritevoledi protezione>, p. 25.

Di una speciica opera di costui: <<va esclusa la condotta contraffattoria dedotta dal momento che gli elementi contesati integrano un toposletterario tipico del genere (l’utilizzo dell’espediente narrativo del rinvio al mondo onirico), non dotato del carattere della novità, specie in ambito fumettistico, nel quale espedienti di questa natura sono largamente utilizzati. In ogni caso non sono riscontrabili, dall’analisi delle tavole prodotte, elementi che possano far ritenere confondibili le due opere per l’utilizzo di un sovrapponibile nucleo narrativo.  Un secondo elemento di asserita contraffazione sollevato dal Cardinale riguarda la riproposizione, all’interno dell’opera Orfani Nuovo Mondo n. 10” della raffigurazione dei sensi di colpa impersonati da figure oniriche tutte uguali tra loro che intimorirebbero il protagonista assumendo atteggiamenti minacciosi.Anche in riferimento a detta asserita violazione il fumetto contraffatto sarebbe “Mickey”, producendo il Cardinale copia delle pagine oggetto di plagio da porre a confronto con il numero 10 di “Orfani Nuovo Mondo”101Dal confronto tra le due opere emergono però chiare differenze: mentre nel fumetto “Mickey” i sensi di colpa assumono le sembianze di volti di uomini di mezza età e paiono essere dei cloni del padre della protagonista Rose, in “Orfani Nuovo Mondo n. 10” questi sono raffigurati come delle ombre (scheletri di uomini selvaggi che impugnano una lancia) inducendo la protagonista a ritenere che siano un ricordo remoto o delle illusioni. Ferma la chiara differenza a livello narrativo, ascrivibili al diverso espediente psicologico impiegato nelle due opere, occorre ribadire che gli elementi che il Cardinale rinviene come identici sono in ogni caso meri frammenti isolati, che come tali non possono ricevere alcuna tutela perché inidonei a definire un sia pure minimo intreccio narrativo che possa dirsi prodotto di contraffazione>>, p .26

Di altra opera: <<L’opera edita, integralmente prodotta dal Cardinale, consente al Collegio di prendere contezza dell’evoluzione logiconarrativa del fumetto, rimanendo tuttavia le censure formulate da parte attrice limitate a soli frammenti minimi, che, presi di per sé, non sono proteggibili.In particolare, il Cardinale lamenta come la copertina del n. 355 di “Dylan Dog” riproponga un’immagine di “Kepher n. 1”, ovvero quella di un personaggio in primo piano con il capo contornato di luce e sovrastatoda un simbolo esoterico, con ombreggiatura e prospettiva dal basso.Occorre preliminarmente sottolineare che l’inquadratura non è altro che una modalità di rappresentazione dell’immagine e come tale non è astrattamente proteggibile, potendo ricevere tutela solo ove sia concreta estrinsecazione di una forma specifica ed originale>> p. 29-30.

Notifica di cartella esattoriale con firma illeggibile, atto pubblico e impugnabilità con querela di falso

Una cartella esattoriale dell’Agenzia delle Entrate, notificata ex art. 26 dpr 602/1973, che sia stata notificata tramite le Poste ma con firma ileggibile nello spazio del destinatario, può essere impugnata con querela di falso?

Cioè l’attestazione, che il plico è stato ricevuto dal destinatario o dal suo addetto, costituisce atto publbico?

La risposta è positiva secondo Appello Milano 03.07.2020 n. 1662/2020, RG 4060/2018, pres. ed est. Ranieri C.R..

Sentenza che si appoggia largamente a Cass. sez. un. 9962/2010 (riguardante notifca ex L. 890/1992)

Protezione d’autore ex art. 2 n. 10 degli stivali da neve Moon Boot

Il Trib. Milano con sent. 493/2021 del 25.01.2021, RG 30937/2018, conferma la protezione d’autore come opera di design ex art. 2 n. 10 dello stivale da neve Moon Boot della Tecnica Group spa, già affermata nel 2016.

Il punto significativo è naturalmente spt. il concetto di <valore artistico>

A tale proposito, osserva il collegio riprendendo passaggi dalla sua sentenza del 2016 , <non potendo il giudice arrogarsi il compito di stabilire l’esistenza o meno in una determinata opera di un valore artistico – occore rilevare nella maniera più oggettiva possibile la percezione che di una determinata opera del design possa essersi consolidata nella collettività ed in particolare negli ambienti culturali in senso lato, estranei cioè ai soggetti più immediatamente coinvolti nella produzione e commercializzazione per un verso e nell’acquisto di un bene economico dall’altro. In tale prospettiva ha ritenuto questo Tribunale di dare rilievo – al fine di riconoscere una positiva significatività della qualità artistica di un’opera del design – al diffuso riconoscimento che più istituzioni culturali abbiano espresso in favore dell’appartenenza di essa ad un ambito di espressività che trae fondamento e che costituisce espressione di tendenze ed influenze di movimenti artistici o comunque della capacità dell’autore di interpretare lo spirito dell’epoca, anche al di là delle sue intenzioni e della sua stessa consapevolezza, posto che l’opera a contenuto artistico assume valore di per sé e per effetto delle capacità rappresentative e comunicative che essa possiede e che ad essa vengono riconosciute da un ambito di soggetti più ampio del solo consumatore di quello specifico oggetto.
In tale contesto il giudice dunque non attribuisce all’opera del design un “valore artistico” ex post in quanto acquisito a distanza di tempo, bensì ne valuta la sussistenza con un procedimento che in qualche modo richiede un apprezzamento che contestualizzi l’opera nel momento storico e culturale in cui è stata creata, di cui assurge in qualche modo a valore iconico, che può richiedere (come per tutti i fenomeni artistici) una qualche sedimentazione critica e culturale.>, p. 17.

Vi aggiunge alcuni successivi riconoscimenti artistici, p. 18-19.

Irrilevante è la preesistenza di altri modelli: <Né particolare rilievo sembrano assumere – al fine di sostenere una pretesa mancanza di novità dei Moon Boots – le pretese anteriorità costituite dalle calzature utilizzate dagli astronauti nella missione Apollo, cui il modello dell’attrice traeva diretto ed esplicito spunto ma dando luogo ad una del tutto autonoma e diversa autonomia di forme avente indubbio carattere creativo, o di altri modelli di calzature da neve per le quali tuttavia non è stata fornito alcun elemento in base al quale poter confermare la loro preesistenza rispetto all’immissione in commercio dei Moon Boots originali.> p. 19.

Sulla elaborazione creativa, diversa dalla contrraffazione: <l’elaborazione creativa si differenzia dalla contraffazione, in quanto mentre quest’ultima consiste nella sostanziale riproduzione dell’opera originale, con differenze di mero dettaglio che sono frutto non di un apporto creativo ma del mascheramento della contraffazione, la prima si caratterizza per un’elaborazione dell’opera originale con un riconoscibile apporto creativo. Ciò che rileva, pertanto, non è la possibilità di confusione tra due opere, alla stregua del giudizio d’impressione utilizzato in tema di segni distintivi dell’impresa, ma la riproduzione illecita di un’opera da parte dell’altra, ancorché camuffata in modo tale da non rendere immediatamente riconoscibile l’opera originaria (così Cass. 9854/12)…Al di là dell’inconferenza alla tematica del plagio/contraffazione di un’opera del design tutelata dal diritto d’autore della presenza di un marchio sul prodotto, la pretesa autonomia creativa si ridurrebbe di fatto all’estrosità conferita ai modelli dall’uso del glitter.     Ritiene il Collegio che tale profilo sia del tutto inessenziale a conferire l’autonomia ed originalità creativa necessaria per conferire al modello “glitterato” dignità di opera autonoma, tenuto presente l’assoluta identità delle forme della calzatura – come si rileva facilmente dal confronto tra le immagini innanzi riportate – con il Moon Boots originale>, p. 21/2.

Afferma anche la violazione di un obbligo contrattuale di non contestzione, il cui danno è però risarcito dalla pronuncia sulle spese, p. 24.

Non c’è spazio per autonomo danno da concorrenza sleale, che non ha autonomia rispetto alla violazione di autore, p. 24.

Sul profilo soggettivo: <Quanto all’illecito consistito nella lesione dei diritti di utilizzazione economica del design dei Moon Boots esistenti in capo a TECNICA GROUP s.p.a., deve confermarsi l’orientamento costante della giurisprudenza in ordine al fatto che nei confronti di tale titolare ogni soggetto che abbia partecipato alla filiera produttiva e distributiva del prodotto contraffatto debba risponderne in via solidale con gli altri appartenenti a tale filiera, avendo essi posto in essere un contributo causale comunque rilevante ai fni della consumazione dell’illecito (v. in tal senso Tribunale Milano 25.1.2006).>, p. 25.

Segue elenco dettagliato delle condotte addebitabili a ciascuno dei convenuti che giustifica la corresponsabilità

Sulla nullità brevettuale per carenza di attività inventiva

Il Trib. Milano con sent. 1015 del 08.02.2021, Rg 14639/2017, rel. Barbieri, relativa a farmaci (principio attivo Glatiramer Acetato), dichiara la nullità della frazione italiana di un brevetto delle convenute per carenza di inventività.

Cos’ si esprime: <Sul punto, il Collegio condivide le considerazioni svolte dal CTU, che ha concluso per la nullità di EP’962 sulla base delle medesime argomentazioni che hanno condotto il medesimo ausiliario a ritenere non valido EP’335, definitivamente revocato, lo si ricorda, per carenza di attività inventiva, poiché la caratteristica aggiuntiva della rivendicazione 1 (di EP’962), relativa al PH della composizione farmaceutica in cui è contenuto il Glatiramer acetato, nella sostanza non modifica in maniera significativa l’analisi e le conclusioni raggiunte per il brevetto EP’335>.

La valutazione centrale sul punto <muove dalla individuazione della closest prior art maggiormente pertinente all’analisi di non ovvietà del trovato. In particolare, l’individuazione della stessa in WO ‘975 Pinchasi, elide l’attività inventiva, dal momento che nello stesso è chiaramente e specificamente rivendicato – in alternativa alla somministrazione quotidiana – il regime di dosaggio di 40 mg. di Glatiramer Acetato applicato a giorni alterni, che risulta dal testo letterale della riv. 3 di tale domanda e risulta indicato nel testo della descrizione (v. pag. 8 della descrizione: “In another embodiment, the periodic administration is every other day”; v. anche pag. 9, righe 20 e 21).
E’ vero che tale indicazione non trovava ancora all’epoca un supporto diretto di natura sperimentale, ma tale circostanza non è parsa alla CTU di effettivo rilievo nello specifico contesto in cui essa era formulata in quanto la ricchezza di informazioni tecniche espresse in tale documento sui regimi di dosaggio di 40 mg non avrebbero distolto il tecnico del ramo dal considerare tale indicazione come meritevole di considerazione ed approfondimento nella prosecuzione delle ricerche in merito alla individuazione di un regime di trattamento con il Glatiramer Acetato volto ad aumentarne la tollerabilità complessiva per i pazienti>.

Ancora: <Condivisa l’individuazione della closest prior art in WO ‘975 Pinchasi, occorre ritenere – a parere del Collegio – che l’esperto del ramo avrebbe potuto confidare sulla base del quadro dello stato della tecnica innanzi descritto in una ragionevole aspettativa di successo nell’individuazione di una soluzione alternativa di somministrazione rispetto a quella corrente all’epoca aumentando la dose di Glatiramer Acetato da 20 mg a 40 mg e riducendone la frequenza di somministrazione. Evidentemente tale aspettativa non poteva ritenersi estesa fino al punto di prevedere con esattezza l’effetto complessivo di tale soluzione ma nel senso di poter ragionevolmente ritenere che una sperimentazione ulteriore – che non presentava in sé particolari profili di difficoltà – avrebbe potuto conseguire effetti positivi ancorchè quale soluzione alternativa di somministrazione del medesimo principio attivo.
Deve dunque ritenersi, condividendo le conclusioni del CTU, che l’esperto del ramo avrebbe potuto confidare sulla base del quadro dello stato della tecnica innanzi descritto in una ragionevole aspettativa di successo nell’individuazione di una soluzione alternativa di somministrazione rispetto a quella corrente all’epoca aumentando la dose di Glatiramer Acetato da 20 mg a 40 mg e riducendone la frequenza di somministrazione. Evidentemente tale aspettativa non poteva ritenersi estesa fino al punto di prevedere con esattezza l’effetto complessivo di tale soluzione ma nel senso di poter ragionevolmente ritenere che una sperimentazione ulteriore – che non presentava in sé particolari profili di difficoltà – avrebbe potuto conseguire effetti positivi ancorchè quale soluzione alternativa di somministrazione del medesimo principio attivo. Tale variante nel regime di somministrazione integra dunque una ovvia modifica del regime a giorni alterni>.

Sperimentazione medico-farmacologica dannosa, responsabilità contrattuale e contatto sociale

Interessante fattispecie decisa da Cass. 20.04.2021 n. 10.348, rel. Sestini.

Una signora, affetta da carcinoma mammario, era stata invitata a partecipare ad un programma di sperimentazione medica a base di Herceptin, prodotto da Roche (R.), effettuata dall’azienda ospedaliera.

Avendovi aderito, erano però successivamente insorte complicanze.

Il Tribunale accolse la domanda anche se in misura ridotta; la corte di appello confermò la reponsaiblità di R. e a titolo di contatto sociale.

R. ricorre in Cass. dicendo che non c’era stato alcun contatto tra essa e la paziente, che era invece intercorso solo tra questa e i medici dell’azienda ospedaliera.

La SC accoglie il motivo di ricorso. Se non c’è stato contatto alcuno in via diretta, osserva, o la sua responsabilità è aquiliana oppure, per essere contrattuale, bisogna che i medici dell’azienda ospedaliera (o questa stessa) siano qualificabili come ausiliari ex art. 1228 cc.

La SC cassa quindi con rinvio per l’effettuazione di questo accertamento.

<Va premesso che la categoria della responsabilità da “contatto sociale” in ambito di responsabilità sanitaria venne elaborata (a partire da Cass. n. 589/1999) per inquadrare secondo il paradigma contrattuale la responsabilità dei medici dipendenti di strutture sanitarie che, pur in assenza di un rapporto propriamente contrattuale coi pazienti, entravano tuttavia in rapporto immediato con gli stessi, effettuando prestazioni in tutto sovrapponibili a quelle scaturenti da un contratto di prestazione di opera professionale; una siffatta categoria giuridica (ormai superata, nello specifico ambito sanitario, a seguito dell’entrata in vigore della L. n. 24 del 2017, art. 7, che ha ricondotto in ambito extracontrattuale la responsabilità del sanitario esercente la propria attività alle dipendenze di una struttura, “salvo che abbia agito nell’adempimento di obbligazione contrattuale assunta con il paziente”) presuppone dunque l’accertamento di un rapporto diretto fra due soggetti (il “contatto”, per l’appunto) che valga a far sorgere obblighi di condotta assimilabili a quelli derivanti dal contratto e che comporti una successiva valutazione in termini contrattuali dell’eventuale responsabilità conseguente alla prestazione svolta>.

Perciò va esclusa – nel caso specifico – <la possibilità di fondare la responsabilità contrattuale della casa farmaceutica su un “contatto sociale” che certamente non vi è stato, giacchè è pacifico che la I. ha avuto rapporti diretti soltanto con i sanitari dell’Azienda Ospedaliera. L’affermazione di una responsabilità (non “da contatto”, ma propriamente) contrattuale può pertanto conseguire soltanto all’accertamento dell’assunzione, da parte della Roche, di un’obbligazione nei confronti della I. a seguito del suo reclutamento nel programma sperimentale; e ciò sia direttamente che indirettamente e, in questo secondo caso, a condizione che tale reclutamento risulti riferibile (oltrechè alla struttura ospedaliera) anche alla casa farmaceutica, in modo che l’inadempimento individuato a carico dei sanitari (quale quello evidenziato dalla Corte territoriale) risulti imputabile anche alla società farmaceutica a norma dell’art. 1228 c.c. >.

Nè il rapporto ex art. 1228 cc può essere presunto per il solo fatto <che la Roche sia stata promotrice della sperimentazione, dovendosi accertare in concreto, in base alla concreta conformazione della convenzione di sperimentazione fra la casa farmaceutica produttrice del farmaco e la struttura ospedaliera nel cui ambito si è svolta la sperimentazione (mediante la somministrazione del farmaco ai pazienti), se vi sia stata partecipazione – anche mediata – della casa farmaceutica al reclutamento e alla gestione dei pazienti sottoposti alla cura sperimentale, tale da consentire di qualificare la struttura ospedaliera e i medici “sperimentatori” come ausiliari della prima, in modo da poter predicare la responsabilità della società farmaceutica ai sensi degli artt. 1218 e 1228 c.c.; ove non emerga una siffatta riconducibilità dell’attività degli sperimentatori alla casa farmaceutica (per la quale non è sufficiente la sola esistenza di un interesse ai risultati della sperimentazione), la responsabilità della casa farmaceutica non può essere affermata in termini contrattuali, ma, eventualmente a titolo extracontrattuale, in relazione alle fattispecie di cui all’art. 2050 c.c. o all’art. 2043 c.c., semprechè ne risultino provati tutti gli elementi>.

Deve dunque affermarsi <in termini generali, che la casa farmaceutica che abbia promosso, mediante la fornitura di un farmaco, una sperimentazione clinica – eseguita da una struttura sanitaria a mezzo dei propri medici – può essere chiamata a rispondere a titolo contrattuale dei danni sofferti dai soggetti cui sia stato somministrato il farmaco, a causa di un errore dei medici “sperimentatori”, soltanto ove risulti, sulla base della concreta conformazione dell’accordo di sperimentazione, che la struttura ospedaliera e i suoi dipendenti abbiano agito quali ausiliari della casa farmaceutica, sì che la stessa debba rispondere del loro inadempimento (o inesatto adempimento) ai sensi dell’art. 1228 c.c.; in difetto, a carico della casa farmaceutica risulta predicabile soltanto una responsabilità extracontrattuale (ai sensi dell’artt. 2050 c.c. o, eventualmente, dell’art. 2043 c.c.), da accertarsi secondo le regole proprie della stessa>.

Il marchio “Heartfulness” per servizi di spiritualità è confermato generico

Era stato chiesto in registrazione il marchio denominativo (dice però figurativo, il T.) “Heartfulness” per servizi educativi e di spiritualità. Il richeidente è una fondazione che si occupava appunto di questo.

IN sede amministrativa la domanda è stata responta perchè segno descrittivo

In sede giuiziaoe il Tribunale UE (T.) con sentenza 03.03.2021, T-48/20, Sahaj Marg Spirituality Foundation c. EUIPO , conferma la decisione ammnistrativa.

Il nome era stato creato dal ricorrente “in order to designate a particular relaxation and meditation technique and that, therefore, consumers identify the applicant with the mark applied for“, § 13. Nell’Oxford Dicionary online Lexico, però, risulta di origine settecentesca

La domanda viene esaminata ex art. 7.1.b-c (spt. lettera c) del reg. 2017/1001 , che regola le indicazioni descrittive, sanzionandole con nullità-.

Ebbene il T. trova il termine descrittivo e conferma il rigetto del Board of Appeal: <<As the Board of Appeal was right to consider in paragraphs 15 and 16 of the contested decision, the mark applied for will be understood, without the need for further reflection on the part of the consumer, as containing direct information on the nature and subject matter of the goods and services concerned, namely goods or services having as their subject matter a particular meditation and relaxation method or technique>>, § 28.

Non era decisione difficile.

Viene solo da pensare alla vecchia questione del marchio, costituito dal nome di  prodotto nuovo (volendo ravvisare nello specifico servizio di spiritualità un nuovo servizio): si v. Di Cataldo, I segni distintivi, Giuffrè, 1985, pp. 87-89.

Solo che qui da un lato non c’è brevettazione (nè potrebbe esserci), come avviene di solito in relazione a detta questione. Dall’altro, il termine scelto ha già (di per sè) nella percezione dei consumatori un riferimento al tipo di servizio offerto. Quindi il riferimento probabilmente non è calzante.

Responsabilità degli amministratori e transazione della lite

In Trib. Torino n°3399/2021 del 29.09.2020, Rg 23701/2016, sulla responsabilità di amministratori e sindaci di SRL (al solito, promossa da Fallimento), ci sono inter alia due passaggi interessanti: uno assai importante ma abbastanza pacifico, l’altro invece di portata -credo- innovativa.

Il primo concerne l’effetto della transazione di quota da parte di alcuni debitori sulla responsabilità dei restanti (i non transigenti): <<I principi qui rilevanti in materia sono quelli enunciati da Cass., 2016, n. 26113, richiamata anche da parte convenuta in memoria di replica: “Ove siaintervenuta una precedente transazione tra il creditore ed uno dei condebitori solidali avente ad oggetto solo la quota del condebitore che l’ha stipulata, il residuo debito gravante sugli altri debitori in solido si riduce in misura corrispondente all’importo pagato dal debitore che ha transatto solo se costui ha versato una somma pari o superiorealla sua quota ideale di debito; se, invece, il pagamento è stato inferiore alla quota che in applicazione di cui all’art. 1298 cc faceva idealmente capo alcondebitore che ha raggiunto l’accordo transattivo, il debito residuo gravante sugli altri coobbligati deve essere ridotto in misura pari alla quota di chi ha transatto”>>, p. 13.

Il secondo  è subito dopo: <<Presupposto di fatto per l’applicazione di quanto sopra è la circostanza che gli atti transattivi siano stati resi noti alle altre parti e prodotti in giudizio, dovendosi in difetto ritenere che la transazione (che, come si è visto, può anche riguardare una quota superiore a quella ideale di debito) abbia riguardato l’intero. (T. Torino, sezione specializzata in materia di impresa, sentenza in causa RG 4072/2006 e sentenza in causa RG 2183/2017).>>. Ripreso poi a p. 18: <<I sindaci hanno definito bonariamente la loro posizione e non vi sono in atti elementi per conoscere la quota di responsabilità transatta (uguale, maggiore o minore alla loro quota di responsabilità interna). In questo contesto, come già delineato al precedente punto 7, i principi giuridici che governano la materia impongono di ritenere che la transazione operata dai sindaci sia stata satisfattiva dell’intera pretesa risarcitoria del Fallimento attore, con la conseguenza che, il danno cagionato dall’operato del Benzi è già stato per questa voce reintegrato>>, p. 18.

Si badi: il fatto che il documento transattivo (o basta la notizia generica?), specificante il fatto che si è trattato di transazione di quota, non sia stato comunicato alle altre parti e prodotto in giudizio (in realtà basterebbe questo secondo adempimento), permette al giudice di ritenere che la transazione abbia invece riguardato l’intero.
L’affermazione lascia perplessi.

Non è chiaro se si tratti di presunzione e, in caso positivo, dove stiano precisione , chiarezza e concordanza.

Inooltre, determinare l’ampiezza dell’oggetto del negozio transattivo in base al fatto che sia stato o meno documentato in causa, non pare avere alcun fondamento.   Si applichi invece il consueto regime dell’onere della prova

Denominazioni di origine ed “evocazione”

Il sempre delicato tema del capire quando ricorra <evocazione> nella disciplina ferrea delle denomanzioni di origine è affrontato dall’AG Pitruzzella nelle sue conclusioni 29.04.2021, C-783/19, Comité Interprofessionnel du Vin de Champagne c. GB .

L’ente francese , titolare della denominazione <Champagne>, aveva agito contro il segno spagnolo CHAMPANILLO, azionando l’art. 103 reg. 1308/2013.

Questioni pregiudiziali al § 12-.

Circa la prima, l’AG risponde che la tutela  è data anche verso servizi evocativi, non solo verso prodotti, §§ 32-33 e 34 ss. Ci pare sensata.

Circa la seconda e terza questione (evocazione) ricorda che <<emerge dalla giurisprudenza della Corte (46) che l’analisi circa l’esistenza di un’evocazione deve tener conto di ogni riferimento implicito o esplicito alla denominazione registrata, che si tratti di elementi verbali o figurativi inclusi nell’etichetta del prodotto convenzionale (47) o figuranti sul suo imballaggio, o di elementi che riguardano la forma o la presentazione al pubblico di tale prodotto (48). Tale analisi deve prendere in considerazione altresì l’identità o il grado di somiglianza tra i prodotti in causa e le modalità di commercializzazione di questi, anche per quanto riguarda i rispettivi canali di vendita, nonché elementi che consentano di accertare l’intenzionalità del richiamo al prodotto coperto dalla denominazione protetta o, viceversa, la sua casualità. L’accertamento dell’esistenza di un’evocazione procede pertanto dalla valutazione di un insieme di indici senza che la presenza o l’assenza di uno di tali indici consenta di per sé sola di affermare o di escludere l’esistenza di un’evocazione.>>, § 54.

Ricorda pure che <<55.  Sulla base di quanto precede ritengo che l’identità o la comparabilità tra il prodotto che beneficia di una DOP o di un’IGP e il prodotto (o il servizio) contraddistinto dal segno controverso o tra il primo e un ingrediente caratterizzante del secondo (49) non costituisca un elemento da valutare in via preliminare al fine di eventualmente escludere a priori un’evocazione ai sensi dell’articolo 103, paragrafo 2, lettera b), del regolamento n. 1308/2013.  56.      Nondimeno, una tale identità o comparabilità, o la sua assenza, costituisce un elemento che deve essere preso in considerazione al fine di valutare, nel quadro di un esame dell’insieme delle circostanze pertinenti, se ricorrano in concreto gli estremi di una siffatta evocazione. La circostanza che tali prodotti presentino caratteristiche obiettive comuni, che corrispondano a occasioni di consumo identiche, o che abbiano un’apparenza analoga, ma anche che siano concorrenti o complementari (50), è dunque un elemento di valutazione pertinente, così come, nel caso in cui il segno controverso si riferisca a un servizio, il fatto che quest’ultimo sia collegato alla distribuzione del prodotto coperto dalla denominazione registrata o di un prodotto identico o comparabile>> .

Affronta poi il tema del pubblico di riferimento, § 58-59, e della graduabilità dell’evocazione (escludendola), § 60 ss

Applica poi i cocnetti al provedimeot principale, anche se spetterebbe al giudice a quo: << 65.   Nel caso in cui, come nella controversia principale, si tratti di accertare l’esistenza di un’evocazione con riferimento all’uso di una denominazione, il giudice nazionale dovrà, in base alla giurisprudenza sopra richiamata, tener conto dell’eventuale incorporazione parziale della denominazione registrata nella denominazione controversa, di una similarità fonetica e/o visiva di quest’ultima con la denominazione registrata (59), o ancora di una somiglianza concettuale tra i termini in conflitto, pur se di lingue diverse (60).    66.      Nelle circostanze del procedimento principale, la DOP «Champagne», nella forma in cui è stata registrata, è stata parzialmente incorporata nella denominazione controversa. La traduzione in spagnolo di tale DOP («Champàn») ha fatto invece oggetto di un’incorporazione totale (ad eccezione dell’accento). Ne risulta una rilevante somiglianza sia visiva che fonetica tra le due denominazioni, sia che si tenga conto della forma in cui la DOP «Champagne» è stata registrata sia che si consideri la traduzione in spagnolo di tale denominazione. Dal punto di vista concettuale, come si è già avuto modo di rilevare, parrebbe esistere un nesso diretto con il prodotto coperto dalla DOP «Champagne», se – come sembra, ma come spetta al giudice del rinvio confermare – in spagnolo il termine «Champanillo» significa letteralmente «piccolo champagne».>>

Impugnazione di delibera di società quotata: la sentenza nella lite (Vivendi-)Simon Fiduciaria c. Mediaset

E’ giunta a decisione la lite tra Simon Fiduciaria (SF) e Mediaset, a seguito della impugnazione da paate della prima della delibera adottata dalla seconda 27.06.2018 sulla non ammissione al voto della stessa SF

Si tratta di Trib. Milano 23.04.2021, n. 3396/2021,  RG 50173/2018, rel. Simonetti.

SF è la fiduciaria cui Vivendi (V.) trasferì la partecipazione in osseguio al provveduimenti del AGCom in quanto eccedente il lmite ex art. 43/11 TUSMAR

Il divieto di accesso era stato motivato così:

<< • che Vivendi SA avesse acquistato e detenuto la Partecipazione del 28,8% del c.s. di Mediaset in violazione del Contratto di partnership concluso l’8 aprile 2016 includente un implicito impegno di stand still e in violazione di una specifica norma di legge (quella di cui all’art. 43 Tusmar);
• che le suddette violazioni permanessero nonostante l’intestazione fiduciaria a Simon della Partecipazione Fiduciaria;
• che, relativamente alla Partecipazione Fiduciaria, fossero pur sempre opponibili ai sensi degli artt. 1993 c. c. e 83-septies TUF a Simon le eccezioni relative a Vivendi SA circa l’esercizio dei diritti amministrativi inerenti alla Partecipazione Vivendi, anche considerando che l’esercizio dei diritti amministrativi incorporati nelle azioni costituiva reiterazione dell’inadempimento contestato (cfr. doc. 17 citazione)>>.

Il T. afferma la legitimazione ad agire di SF e che la prova di resistenza ex art. 2377/5 cc non si applica al caso de quo : <<Può dunque affermarsi che è inammissibile la prova di resistenza con riferimento all’esclusione di un socio legittimato alla assemblea. La diversa opzione interpretativa di Mediaset spa legittimerebbe, come osservato anche dal Tribunale di Roma nella sentenza citata da Simon in comparsa conclusionale (Trib Roma 17 ottobre 2016 n. 19326), la sistematica esclusione senza sanzione alcuna della minoranza da ogni assemblea perché in ogni caso il voto della minoranza non supererebbe per definizione la prova di resistenza>> p. 7

Il divieto di accesso era stato basato sull’art. 83 septies TUF.

Disattendendo le ragioni di SF, il T. ritiene che le eccezioni addotte da Mediaset (M.) rientrino nella cit. disposizione TUF, di cui dà interptazione estesa: <<La nozione di eccezioni personali cui si riferisce l’art 83 septies tuf è dunque la medesima della disciplina del diritto comune dell’art. 1993 c.c., data l’identità di funzione tra le discipline, favorire una circolazione celere e sicura dei titoli; il riferimento nell’art 83 septies tuf alle eccezioni personali consente di comprendere nella categoria tutte quelle fondate sui rapporti personali che trovano la loro causa in una determinata relazione in cui si sono venuti a trovare l’emittente e il soggetto in favore del quale è avvenuta la registrazione ex art 83 quater e segg tuf e che possono trarre fondamento sia nel contratto c.d. causale (statutario) sottostante lo strumento finanziario, sia in rapporti extra e diretti tra emittente e titolare del conto, non statutari per quanto riguarda le azioni quali strumenti finanziari.
NOTA 3 : Infatti non può dubitarsi che sia sempre oggetto di possibile eccezione personale ex art 1993 comma 1 c.c. la compensazione fondata su un qualsiasi controcredito e non si dubita che l’art 1993 c.c. si applichi ad alcune eccezioni fondate sui rapporti personali extrastatutari tra azionista e società, anche; la compensazione non può esservi se non in caso di autonoma fonte delle reciproche e contrapposte obbligazioni pecuniarie>>

Ma anche qualora si volesse restringere il concetto di eccezioni personali, come prospettato dalla difesa di Simon, alle sole eccezioni che si riferiscono a quei rapporti che hanno avuto direttamente ad oggetto la pretesa che il possessore del titolo esige oppure a quei rapporti che costituiscono il fondamento o la giustificazione di quella pretesa, <<le due eccezioni sollevate da Mediaset ricadrebbero in questa nozione avendo ad oggetto in radice la contestazione sulla stessa titolarità delle azioni vuoi in relazione all’art. 43 co 11 Tusmar – la cui violazione era sanzionata da nullità dell’acquisto ex art 43 comma 4 Tusmar – vuoi alla dedotta violazione di un accordo contrattuale che, secondo la tesi di Mediaset, impegnava Vivendi a non acquistare azioni Mediaset in misura così rilevante come accaduto a dicembre 2016.>>

Infine, la difesa dell’attrice ha contestato la riconducibilità alla nozione di <eccezioni personali> delle eccezioni sollevate da Mediaset a Simon con riferimento alla alterità soggettiva tra Vivendi e Simon: <<Il Tribunale ritiene che alla società fiduciaria possono essere sollevate, per paralizzare l’esercizio dei diritti amministrativi, tutte quelle questioni inerenti i rapporti con il titolare sostanziale e che la società avrebbe potuto sollevare al titolare effettivo dell’azione se non vi fosse stato lo schermo del mandato fiduciario. Nel caso di specie l’intestazione fiduciaria a Simon del 19,19% del c.s. di Mediaset spa acquistato da Vivendi non si colloca nel tentativo di eludere norme di legge, bensì di ottemperare ad un ordine di AGCom, ma ciò non esclude che la titolarità sostanziale delle azioni è pacificamente di Vivendi, costituendo Simon lo strumento per l’esercizio del diritto di voto quanto al pacchetto del 19,19% di Vivendi in Mediaset, esercizio di voto che Vivendi ha ritenuto con sue scelte discrezionali di organizzare attraverso anche la conclusione di un contratto di consulenza con Ersel Sim, ma tutto ciò non osta alla chiara riconducibilità delle azioni alla titolarità sostanziale di Vivendi sicché le eccezioni sollevate da Mediaset a Simon, fondate su rapporti personali con Vivendi, sono eccezioni personali alla parte che vuole esercitare il diritto di voto, eccezioni rispetto alle quali assume rilievo la posizione propria di Simon quale fiduciaria di Vivendi titolare sostanziale delle azioni>>PP. 12-13

Nel merito, però , dà ragione a SG.

L’eccezione basata sulla violazine del art. 43/11 TUSMAr è infonddta, alla luce della nota Corte Giustizia 03.09.2020, C-719/18 e del conseguente TAR Lazio che ha disapplicato retroattivamente l’rat. 43 Tusmar.

Il T. precisa anche che <<la decisione della Corte di Giustizia sull’interpretazione dei Trattati sono vincolanti dunque non solo per il giudice del rinvio, il Tar del Lazio, nella controversia avente ad oggetto l’impugnazione della delibera AGCom 178/17 ma spiegano efficacia anche al di fuori del giudizio principale, data la loro portata generale ed astratta con efficacia vincolante erga omnes a garanzia dell’uniforme interpretazione del diritto dell’Unione Europea>>: efficacia su cui è lecito però dubitare.

Sula seconda eccezione (inadempimerno al contratto 08.04.2016), il T. premette che SF non può “chiamarsene fuori”. <<Il patto fiduciario non può comportare, quanto alla contestazione sulla legittimità stessa della titolarità delle azioni, alcuna frazione/separazione tra fiduciante e fiduciaria tale da consentire di ritenere che le questioni che attengono alla legittimità dell’acquisto delle azioni da parte del fiduciante non siano personali anche alla fiduciaria che esercita i diritti amministrativi inerenti quelle azioni su mandato della fiduciante>>.

Tuttavia nel merito l’eccezione di M. è infondata, visto che l’acquisto di azioni in eccesso è avvenuto quando il patto era già risolto per mancato averamento della condizone sospensiva entro il termine concordato.

Sulle spese di lite: <<Nonostante l’accoglimento della domanda ritiene il Tribunale che la novità delle questioni giuridiche trattate, con riferimento all’interpretazione dell’art 83 septies tuf rispetto alle quali le posizioni interpretative di Simon sono state disattese, la circostanza che la fondatezza della domanda è stata in parte ritenuta per effetto di fatti nuovi verificatisi dopo l’esercizio dell’azione, giustifichi ex art. 92 comma 2 cpc la compensazione integrale delle spese processuali della fase di merito e della fase cautelare.>>

sul giudizio di contraffazione di marchio

Il Tribunale UE,  T 56/20, 24.02.2021, Bezos Famuily Foudnation c. EUIPO-SNCF, porta altro materiale per la comprensione di come vada condotto il giudizio di contraffazione.

Diritto pertinent: reg. 2017/1001.

La fondazione aveva chiesto la registrazione di marchio denominativo VROOM in classe 9 per <<Computer software, namely a mobile application for providing information and learning and educational activities and games in the field of early child development and early childhood education’.>>

E’ fatta opposizione per anteriorità costituta da marchio denominativo  POP & VROOM per classi 9 e 42.

La fase amminisrativa va male alla Fondazione.

le va male pure la fase giudiziale, davanti al Tribunale, che rigetta l’impugnaizone.

La sentenza contiene i soliti passaggi logico-giuridici per la conduzione del giudizio, che però è sempre utile ripassare.

V. spt. il § The likelihood of confusion , §§ 48 ss  e l’eccezione della Fondazione di non essere concorrente dell’opponente al momento del deposito. Giustamente il T. ricorda che potrà esserlo in futuro: <Moreover, it should be borne in mind that once a mark has been registered its proprietor has the right to use it as he or she sees fit so that, for the purposes of assessing whether an application for registration falls within the ground for refusal laid down in Article 8(1)(b) of Regulation 2017/1001, it is necessary to ascertain whether there is a likelihood of confusion in all the circumstances in which the marks at issue might be used (see, to that effect and by analogy, judgment of 12 June 2008, O2 Holdings and O2 (UK), C‑533/06, EU:C:2008:339, paragraph 66). Thus, it should be noted that the factors which may vary over time and depend on the wishes of the proprietors of those marks are not suitable for the purposes of the prospective analysis of the likelihood of confusion (see, to that effect, judgment of 15 March 2007, T.I.M.E. ART v OHIM, C‑171/06 P, not published, EU:C:2007:171, paragraph 59). It follows that the applicant’s claim that it was not, at the time when the action was brought, a competitor of SNCF Mobilités does not rule out those marks from, in the future, being used so as to create, on the part of the relevant public, a likelihood of confusion within the meaning of that provision>, § 53.