L’accettazione tacita può dedursi da atti, che abbiano rilevanza non solo fiscale (come la denuncia di successione) ma anche civile (come la voltura catastale), purchè compiuti dal successibile o su suo incarico

Cass. sez. III, ord. 13/08/2024 n. 22.769, rel. Rossi Raff.:

<<4.2. Così definito il riparto dell’onere probatorio tra i contraddittori, deve ribadirsi che l’accettazione tacita dell’eredità può inferirsi anche dal compimento di atti che non abbiano solo natura meramente fiscale (quale la denuncia di successione, ex se inidonea a denotare in modo univoco l’intento di assumere la qualità di erede, siccome diretta ad evitare l’applicazione di sanzioni sulla imposta: Cass. 19/02/2019, n. 4843; Cass. 28/02/2007, n. 4783; Cass. 13/05/1999, n. 4756), ma siano al contempo di valenza fiscale e civile, come la voltura catastale.

In tal caso, infatti, l’atto voltura catastale rileva non soltanto dal punto di vista tributario (cioè ai fini del pagamento dell’imposta), ma anche dal punto di vista civile quale elemento per l’accertamento, legale o puramente materiale, della proprietà immobiliare e dei relativi passaggi: soltanto chi intende accettare l’eredità ragionevolmente assume l’onere di effettuare la voltura catastale e di censire nei registri catastali il mutamento della titolarità del diritto dominicale dal de cuius a sé stesso (Cass. 30/04/2021, n. 11478; Cass. 21/10/2014, n. 22317; Cass. 11/05/2009, n. 10796; Cass. 12/04/2002, n. 5226).

Del pari, il contegno del chiamato integrante accettazione tacita (il contegno, cioè, che presuppone la sua volontà di accettare e che non avrebbe diritto di compiere se non nella qualità di erede) non postula un’attività negoziale diretta o personale del successibile, potendo invece realizzarsi anche quando l’atto voltura catastale sia compiuto da altri chiamati su conferimento di delega o nello svolgimento di mansioni procuratorie, oppure ancora in fattispecie di negotiorum gestio cui segua la successiva ratifica del chiamato (orientamento consolidato: cfr. Cass. 11/07/2014, n. 15888; ma così anche, in epoca più risalente, Cass. 01/12/1977, n. 5227; Cass. 03/12/1974, n. 3958).

L’accettazione tacita può, tuttavia, desumersi – e la notazione è dirimente – soltanto ed esclusivamente da un comportamento del successibile (o a questi riferibile in via mediata, con le modalità innanzi descritte): sicché, come ha puntualizzato questa Corte, non ricorre quando solo un altro chiamato all’eredità, in assenza di elementi dai quali inferire l’attribuzione di un mandato o la successiva ratifica del suo operato da parte di altri, abbia fatto richiesta di voltura catastale di un immobile del de cuius (Cass. 06/04/2017, n. 8980), sia pure indicando, a necessari fini di completezza della propria dichiarazione, anche l’identità e le generalità degli altri chiamati>>.

Difesa nel merito degli eredi contro il Fisco: vale accettazione tacita?

Precisazioni sempre utili sul tema in oggetto da Cass. sez. trib. 29.10.2020 n. 23989.

Gli eredi, che si difendono nel merito impugnando un atto di accertamento fiscale emesso a loro carico quali eredi, compiono un’acccettazione tacita (per cui la successiva rinuncia è priva di effetto). Ciò purchè l’impugnazione sia stata proposta <<senza contestare l’assunzione di tale qualità e, quindi, il difetto di titolarità passiva della pretesa>>.

Quest’ultima precisazione è decisiva e non è stata evidenziata adeguatamente nella divulgazione giornalistica, anche giuridica.

Se infatti la prima difesa è quella della carenza di legittimazione passiva per assenza della qualità ereditaria e se la difesa nel merito è dunque subordinata, non è ravvisabile alcuna accettazione tacita.

Questo il passaggio:

<<§ 3.6 Partendo da tali premesse, questa Corte ha ritenuto che, qualora i chiamati all’eredità abbiano ricevuto ed accettato la notifica di una citazione o di un ricorso per debiti del de cuius o si siano costituiti eccependo la propria carenza di legittimazione, non siano configurabili ipotesi di accettazione tacita dell’eredità, trattandosi di atti pienamente compatibili con la volontà di non accettare l’eredità (Cass., sez. 3, 3/08/2000, n. 10197).

Qualora, invece, i chiamati all’eredità, come nel caso di specie, abbiano impugnato un atto di accertamento emesso nei loro confronti in qualità di eredi dell’originario debitore, senza contestare l’assunzione di tale qualità e, quindi, il difetto di titolarità passiva della pretesa, ma censurando nel merito l’accertamento compiuto dall’Amministrazione finanziaria, deve ritenersi che essi abbiano posto in essere un’attività che non è altrimenti giustificabile se non con la veste di erede, atteso che tale comportamento esorbita dalla mera attività processuale conservativa del patrimonio ereditario>>

Poi la SC si spende per ricordare un’ovvietà, dimenticata -pare- dal giudice a quo:

<< Nè a tale conclusione vale obiettare, come ritenuto dalla Commissione tributaria centrale, che gli eredi del T. hanno prodotto atto di rinuncia all’eredità formalizzato con atto pubblico dinanzi al Notaio. Infatti, è pur vero che, in base all’art. 521 c.c., comma 1, “chi rinunzia all’eredità è considerato come se non vi fosse mai stato chiamato”, con la conseguenza che, per effetto della rinuncia, viene impedita retroattivamente – cioè a far data dall’apertura della successione -l’assunzione di responsabilità per i debiti facenti parte del compendio ereditario. Va, tuttavia, considerato che, nel caso di specie, l’atto di rinuncia all’eredità, essendo intervenuto successivamente all’impugnazione degli avvisi di accertamento, è, in realtà, privo di effetti, per essere i chiamati all’eredità decaduti dal relativo diritto in quanto già accettanti in dipendenza del comportamento dagli stessi tenuto, posto che la mancata contestazione della loro qualità di eredi configura accettazione tacita dell’eredità (in senso conforme, questa Corte con la sentenza n. 13384 del 8 giugno 2007 ha ritenuto che configurasse accettazione tacita dell’eredità, inconciliabile con la successiva rinuncia, il fatto del chiamato che era rimasto contumace in due giudizi di merito concernenti beni del de cuius e, nella fase d’appello e informalmente, mediante uno scritto, aveva dichiarato il disinteresse alla lite; in senso conforme Cass., sez. L., 18/01/2017, n. 1183)>>.