La violenza fisica e verbale rende di per se intollerabile la prosecuzione della convivenza e l’addebito della separazione (anche quando intervenuta una sola volta)

Cass. sez. I, ord. 29/11/2024 n. 30.721, rel. Acierno:

<<Certamente, l’orientamento consolidato di questa Corte ritiene che la pronuncia di addebito non possa fondarsi unicamente sul mero riscontro della violazione dei doveri che discendono dal vincolo matrimoniale, che sia invece necessario l’accertamento dell’effettiva idoneità della condotta a essere causa, non necessariamente unica, ma comunque determinante dell’intollerabilità della prosecuzione del rapporto (Cass. civ. 12.05.2017, n. 11929) e che il nesso possa escludersi presuntivamente allorquando la violazione intervenga nel contesto di una globale e consolidata crisi del rapporto (Cass. civ. 07.12.2007 n. 25618).

Pertanto, in capo a chi lamenta la violazione dei doveri coniugali e domanda la dichiarazione di addebito della separazione al coniuge, incombe un doppio onere di prova: un primo concernente l’esistenza della violazione e un secondo riferito alla efficacia causale della stessa a determinare la domanda di separazione. Quanto affermato non contrasta, tuttavia, con il particolare orientamento sviluppato dal giudice di legittimità, che la Corte d’Appello non ha tenuto in considerazione, e che ha ad oggetto la valutazione dell’onere probatorio in tema di violazione dei doveri coniugali mediante condotte violente perpetrate ai danni del coniuge. Dette condotte, a motivo della particolare gravità della violazione dei doveri di cui all’art. 143 c.c., sono idonee non solo a fondare la pronuncia di separazione, ma anche a fondare per sé sole, quand’anche concentratesi in un unico episodio di violenza, la dichiarazione di addebitabilità all’autore. Sono altresì insuscettibili di essere poste a fondamento del giudizio di comparazione con le condotte dell’altro coniuge e non rileva, neanche, la posteriorità delle stesse alla situazione di globale conflittualità fra coniugi. L’onere della prova, ai soli fini della pronuncia della separazione e della dichiarazione di addebito, si affievolisce, pur non esaurendosi, in favore di una presunzione relativa di idoneità (Cass. Civ. n. 7388 del 22 marzo 2017; Cass. civ. n. 27324 del 16 settembre 2022).

Neppure può condividersi il rilievo secondo cui “Ve pretese violenze…, anche se in ipotesi fossero state provate, sono state per parte agite molti anni prima della separazione, e quanto all’episodio più recente, databile al 2017, lo stesso è collocabile in epoca in cui per stessa ammissione della parte appellante, esisteva già tra i coniugi separazione di fatto”, incorrendo il giudice di merito in un duplice errore logico: da un lato, escludendo il nesso causale per il solo decorrere del tempo dalle violenze presunte (fattore che non può, di per sé, escludere ragionevolmente la rilevanza delle stesse ai fini della pronuncia di addebito) e dall’altro, ritenendo non provati fatti che erano oggetto dei capitoli di prova non ammessi e per questo rigettare la domanda della ricorrente. >>

Si v. poi sulla sufficienza di un unico episodio Cass. sez. I, ord. 10/12/2024 n.31.765, rel. Acierno:

<< Il primo motivo merita accoglimento. La Corte d’Appello incorre in un duplice errore, logico e giuridico, nell’iter motivazionale che conduce alla revoca dell’addebito. In primo luogo, dalle argomentazioni della Corte si desume un’insistenza della verifica circa la sussistenza o meno del nesso eziologico non tanto sul periodo intercorrente tra le condotte violative degli obblighi matrimoniali e l’intervenuta intollerabilità della convivenza quanto, erroneamente, sul tempo trascorso tra la cessazione di detta convivenza e il momento di proposizione della domanda giudiziale. Ne deriva un’illogica traslazione del giudizio di accertamento del nesso causale ad un momento successivo e giuridicamente irrilevante. La prova del nesso causale deve evidentemente essere riferita al periodo intercorrente tra le violazioni dei doveri matrimoniali e l’accertata insorgenza della crisi, non anche al periodo di tempo trascorso dalla maturazione dell’interesse ad agire alla sottoposizione al giudice della relativa istanza di tutela. Vi è da aggiungere che, oltre all’errore sopra evidenziato, la corte territoriale incorre nel concorrente errore di diritto consistente nel non considerare il nettamente inferiore rilievo giuridico del nesso causale nelle ipotesi di addebito fondate su violenze psicologiche o fisiche subite dal richiedente.

In tema di accertamento del nesso causale, infatti, questa Corte riafferma il consolidato orientamento per cui “Le violenze fisiche costituiscono violazioni talmente gravi ed inaccettabili dei doveri nascenti dal matrimonio da fondare, di per sé sole – quand’anche concretantisi in un unico episodio di percosse –, non solo la pronuncia di separazione personale, in quanto cause determinanti l’intollerabilità della convivenza, ma anche la dichiarazione della sua addebitabilità all’autore, e da esonerare il giudice del merito dal dovere di comparare con esse, ai fini dell’adozione delle relative pronunce, il comportamento del coniuge che sia vittima delle violenze, restando altresì irrilevante la posteriorità temporale delle violenze rispetto al manifestarsi della crisi coniugale” (Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 7388 del 22/03/2017).

Inoltre, come già evidenziato, la Corte d’Appello erroneamente fa discendere una conseguenza negativa non prevista dalla legge (il maturarsi di un’implicita “acquiescenza”, da parte della titolare del diritto, in merito ad una situazione di fatto contra legem, consistente nella sistematica violazione degli obblighi matrimoniali e, soprattutto, nella reiterazione delle condotte violente ai danni della coniuge), al mero decorso del tempo tra le violazioni e la proposizione della domanda giudiziale, ricollegando a quest’ultimo elemento fattuale un indebito effetto estintivo del diritto, nonché la perdita della relativa tutela. L’irrilevanza del tempo trascorso per far valere in giudizio un diritto, in relazione al quale la legge non prevede alcun effetto estintivo legato al decorso del tempo è, come correttamente evidenziato dalla ricorrente, sancita dall’art. 160 c.c., a norma del quale i diritti e gli obblighi matrimoniali sono inderogabili dalle parti e, conseguentemente, indisponibili e irrinunciabili. Ne deriva l’imprescrittibilità dei diritti in parola ai sensi dell’art. 2934, comma secondo c.c., ed è pertanto infondato che l’istanza di tutela della Sig.ra Al.Ca. rimanga disattesa esclusivamente in ragione di una mera valutazione del dato cronologico relativo al tempo impiegato a far valere la stessa in giudizio. Tale percorso argomentativo non solo non trova conforto nel dato normativo, ma si rivela contrastante con la giurisprudenza di questa Corte che ha più volte ribadito il principio generale secondo il quale un diritto non può restare pregiudicato dal tempo necessario per farlo valere in giudizio (S.U. n. 32914/2022; Cass. n. 2960/2017; Cass. n.14886/2002; Cass. n.4558/2000; Cass. n.4011/1999).>>

Violenze fisiche e morali sono per se causa di addebito della separaizone

Cass. sez. I, ord. 15/02/2024 n. 12.478, rel. Meloni:

<<Invero, le reiterate violenze fisiche e morali inflitte da un coniuge all’altro, costituiscono violazioni talmente gravi dei doveri nascenti dal matrimonio da fondare, di per sé sole, non solo la pronuncia di separazione personale, in quanto cause determinanti la intollerabilità della convivenza, ma anche la dichiarazione della sua addebitabilità all’autore di esse. Il loro accertamento esonera il giudice del merito dal dovere di procedere alla comparazione, ai fini dell’adozione delle relative pronunce, col comportamento del coniuge che sia vittima delle violenze, trattandosi di atti che, in ragione della loro estrema gravità, sono comparabili solo con comportamenti omogenei (Cass., n. 31351/22, n. 3925/18).

Tali principi, già affermati da questa corte, vanno in questa sede ulteriormente ribaditi ed enunciati, come criteri guida prevalenti nelle valutazioni relative alle controversie sull’addebitabilità della separazione personale tra coniugi.

Nella specie, alla luce della citata consolidata giurisprudenza di questa Corte, cui il collegio intende dare continuità, l’affermato addebito della separazione è conforme ai principi e legittimato dal consumato reato di maltrattamenti da parte del ricorrente, nei confronti di Zi.Fr., condotta che non può trovare esimente nella ipotizzata (ed esclusa dal giudice di merito) violazione dell’obbligo di fedeltà realizzato anteriormente, non trattandosi di condotte bilanciabili, come motivato dalla Corte territoriale, per il prevalente ed assorbente disvalore della condotta violenta e prevaricatrice per quanto in ipotesi successiva rispetto alla ipotizzata violazione dell’obbligo di fedeltà.

Inoltre, è inammissibile la censura di inefficacia causale della condotta violenta (nella specie violenze fisiche efferate, verbali e sessuali, vere e proprie condotte criminali plurime e continuate perpetrate verso la moglie alla presenza dei figli minori) rispetto alla presunta cessazione dell’affectio nel rapporto coniugale, atteso che le condotte criminali perpetrate prima della separazione inter partes assumono carattere preminente in quanto consapevolmente tese ad annientare la persona del coniuge rendendo del tutto irrilevante l’esaurirsi pregresso della comunione di vita, assumendo quelle un carattere assorbente e causativo dell’irreparabile fine del matrimonio per l’azione di tendenziale annientamento dell’altra persona (il coniuge), più facilmente raggiungibile e manipolabile, in ragione della prossimità di vita>>.

Cass. sez. I, Ord. 26 aprile 2024, n. 11.208, rel. Reggiani:

<<Con riguardo all’onere della prova, in base alle regole generali, deve ritenersi gravante sulla parte che richiede l’addebito della separazione l’onere di provare sia la contrarietà del comportamento del coniuge ai doveri che derivano dal matrimonio, sia l’efficacia causale di questi comportamenti nel rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza.

È, invece, onere di chi eccepisce l’inefficacia dei fatti posti a fondamento della domanda nella determinazione dell’intollerabilità della convivenza, provare le circostanze su cui l’eccezione si fonda, vale a dire l’anteriorità della crisi matrimoniale alla violazione dell’obbligo derivante dal matrimonio.

L’anteriorità della crisi della coppia rispetto alla violazione di tali obblighi, quale causa di esclusione del nesso causale tra quest’ultima condotta violativa degli obblighi derivanti dal matrimonio e l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza, integrando un’eccezione in senso lato, è rilevabile d’ufficio, purché sia allegata dalla parte a ciò interessata e risulti dal materiale probatorio acquisito al processo>>.

(massima di Ferrandi Francesca in Ondif)

V. pure mio post a Cass. 10.489/2024.

Infedeltà coniugale, intollerabilità della convivenza e onere della prova

Cass. sez. I, ord. 18/04/2024 n. 10.489, rel. Ioffrida:

<<Questa Corte ha quindi affermato (Cass. 25618/2007) che “In tema di separazione tra coniugi, l’inosservanza dell’obbligo di fedeltà coniugale rappresenta una violazione particolarmente grave, la quale, determinando normalmente l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza, deve ritenersi, di regola, circostanza sufficiente a giustificare l’addebito della separazione al coniuge responsabile, sempre che non si constati la mancanza di nesso causale tra infedeltà e crisi coniugale, mediante un accertamento rigoroso ed una valutazione complessiva del comportamento di entrambi i coniugi, tale che ne risulti la preesistenza di una crisi già irrimediabilmente in atto, in un contesto caratterizzato da una convivenza meramente formale”.

Il principio è stato ribadito (Cass. 16859/2015) : “In tema di separazione tra coniugi, l’inosservanza dell’obbligo di fedeltà coniugale rappresenta una violazione particolarmente grave, la quale, determinando normalmente l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza, costituisce, di regola, circostanza sufficiente a giustificare l’addebito della separazione al coniuge responsabile, sempreché non si constati, attraverso un accertamento rigoroso ed una valutazione complessiva del comportamento di entrambi i coniugi, la mancanza di nesso causale tra infedeltà e crisi coniugale, tale che ne risulti la preesistenza di una crisi già irrimediabilmente in atto, in un contesto caratterizzato da una convivenza meramente formale”.

Sempre questa Corte in punto di riparto dell’onere probatorio ha affermato che “grava sulla parte che richieda, per l’inosservanza dell’obbligo di fedeltà, l’addebito della separazione all’altro coniuge l’onere di provare la relativa condotta e la sua efficacia causale nel rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza, mentre, è onere di chi eccepisce l’inefficacia dei fatti posti a fondamento della domanda, e quindi dell’infedeltà nella determinazione dell’intollerabilità della convivenza, provare le circostanze su cui l’eccezione si fonda, vale a dire l’anteriorità della crisi matrimoniale all’accertata infedeltà”, cosicché “laddove la ragione dell’addebito sia costituita dall’inosservanza dell’obbligo di fedeltà coniugale, questo comportamento, se provato, fa presumere che abbia reso la convivenza intollerabile, sicché, da un lato, la parte che lo ha allegato ha interamente assolto l’onere della prova per la parte su di lei gravante, e dall’altro la sentenza che su tale premessa fonda la pronuncia di addebito è sufficientemente motivata” (Cass. 2059/2012; Cass. 3923/2018).

In sostanza, la mancanza di nesso causale tra infedeltà e crisi coniugale deve essere accertata in modo rigoroso attraverso una valutazione complessiva del comportamento di entrambi i coniugi, tale che ne risulti la preesistenza di una crisi già irrimediabilmente in atto, in un contesto caratterizzato da una convivenza meramente formale e chi eccepisce l’inefficacia dei fatti posti a fondamento della domanda di addebito (nella specie, dell’infedeltà nella determinazione dell’intollerabilità della prosecuzione della convivenza) deve provare i fatti su cui l’eccezione si fonda, vale a dire l’anteriorità della crisi matrimoniale all’accertata infedeltà>>.

La tolleranza di infedeltà pregressa è di ostacolo all’addebito della separazione? La Cassazione sulla separazione Ferragamo

E’ stato diffuso il testo di   Cass. 25.966 del 02.09.2022 sez. 1, rel. Mercolino dal collega Alessandro Casartelli.

La SC accoglie la critica al rigetto della domanda di addebito avanzata dal marito.

Premette che <<Grava dunque sulla parte che richieda l’addebito della separazione all’altro coniuge, per l’inosservanza dell’obbligo di fedeltà, l’onere di provare la relativa condotta e la sua efficacia causale nel rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza, mentre spetta a chi eccepisce l’inefficacia dei fatti posti a fondamento della domanda, e quindi l’inidoneità dell’infedeltà a determinare l’intollerabilità della convivenza, fornire la prova delle circostanze su cui l’eccezione si fonda, vale a dire dell’anteriorità della crisi matrimoniale all’accertata infedeltà (cfr. Cass., Sez. VI, 19/02/2018, n. 3923; Cass., Sez. I, 14/02/2012, n. 2059). Ai fini di tale accertamento, è stata ritenuta peraltro irrilevante la prova della tolleranza eventualmente manifestata da un coniuge nei confronti della condotta infedele tenuta dall’altro, essendosi esclusa la configurabilità della stessa come “esimente oggettiva”, idonea a far venire meno l’illiceità del comportamento, o l’ammissibilità di una rinuncia tacita allo adempimento dei doveri coniugali, in quanto aventi carattere indisponibile, ed essendosi ritenuto che la sopportazione dell’infedeltà del coniuge possa essere piuttosto presa in considerazione, unitamente ad altri elementi, quale indice rivelatore di una crisi in atto da tempo, nell’ambito di una più ampia valutazione volta a stabilire se tra le parti fosse già venuta meno raffectio coniugalis (cfr. Cass., Sez. I, 20/09/2007, n. 19450; 27/06/1997, n. 5762; 2/03/1987, n. 2173)>>.

Va poi al caso sub iudice, con l’interessante precisaizone:

<< deve riternersi che la tolleranza manifestata dal ricorrente nei confronti della relazione extraconiugale intrapresa dalla moglie alcuni anni prima della proposizione della domanda in tanto potesse impedirgli di far valere la violazione del dovere di fedeltà, in quanto fosse stato dedotto e dimostrato che la predetta relazione non aveva costituito causa della crisi coniugale, all’epoca già in atto e mai più sanata, ovvero che la stessa era rimasta un episodio isolato, eventualmente dovuto ad un temporaneo appannamento del vincolo affettivo tra i coniugi, e superato da una piena e completa ripresa dei rapporti tra gli stessi, nuovamente deterioratisi in epoca successiva per altre ragioni.

A sostegno della domanda di addebito, il ricorrente aveva invece allegato e chiesto di essere ammesso a provare che la predetta relazione era stata seguita da altre, intraprese successivamente alla cessazione della prima e fino all’instaurazione del giudizio di separazione, in tal modo lasciando chiaramente intendere che la tolleranza da lui inizialmente manifestata nei confronti della condotta del coniuge era venuta meno, a causa della reiterata violazione del dovere di fedeltà da parte dello stesso, che aveva determinato il fallimento dell’unione. A fronte di tale allegazione, l’atteggiamento tenuto dal ricorrente nei confronti della prima relazione non poteva essere considerato sufficiente a giustificare il rigetto della domanda di addebito della separazione, a tal fine occorrendo prendere in esame la successiva evoluzione del rapporto coniugale, ed in particolare accertare se si fossero verificate nuove violazioni del dovere di fedeltà da parte della G., e quale fosse stata la reazione del F.: soltanto ove fosse risultato che a seguito delle cessazione della predetta relazione la vita coniugale era ripresa regolarmente senza ulteriori violazioni del dovere di fedeltà, oppure che la donna aveva intrapreso altre relazioni extraconiugali senza che l’uomo vi desse importanza, si sarebbe potuto concludere che non erano state le predette infedeltà ad impedire la prosecuzione della convivenza, divenuta intollerabile per altre ragioni, che avevano fatto venir meno l’affectio coniugalis.>>

Quindi cassa con rinvio.

Però non ritiene assorbito il motivo impugnatorio relativo alla determinazione dell’assegno: <<se è vero, infatti, che, ai sensi dell’art. 156 c.c., comma 1, l’esclusione dell’addebito costituisce presupposto indispensabile per il riconoscimento dell’assegno, è anche vero, però, che nel caso in cui la predetta statuizione dovesse trovare conferma a conclusione del giudizio di rinvio, la questione posta con il secondo motivo diverrebbe nuovamente rilevante, sicché non può escludersi l’interesse delle parti all’esame della stessa, il cui esito resta tuttavia condizionato a quello del riesame della domanda di addebito (cfr. Cass., Sez. I, 27/09/2017, n. 22602; Cass., Sez. III, 29/02/2008, n. 5513; 6/06/ 2006, n. 13259).>>. Motivo però che viene respinto perchè non in diritto ma sostanzialmente volto a rivalutare il giudizio fattuale, senza rispettare l’art. 360 n. 5 cpc