Cass. sez. II, ord. 23/01/2025 n. 1.632, rel. Fortunato:
<<L’accertamento delle condizioni di capacità della testatrice si basa sulle risultanze delle cartelle cliniche che descrivevano, nel periodo del ricovero durante il quale era stato redatto il testamento, ricovero esitato nel decesso, una persona vigile, cosciente, consapevole, capace di volere e di autodeterminarsi.
Appare svolto un giudizio di prevalenza di tali elementi documentali rispetto agli elementi contrari, svalutando le deduzioni del ricorrente circa la condizione di angoscia e di annullamento della volontà per effetto della malattia e delle cure, dando rilievo all’autenticità dello scritto quale ulteriore riscontro che le condizioni cliniche non erano tali da comportare un totale annullamento della capacità.
Nessuna anomalia o elemento indiziario utile ha ritenuto di poter dedurre il giudice dal contenuto della scheda o dalla pretesa inadeguatezza dell’erede ad occuparsi dei figli.
La mancata ammissione della prova è dipesa dalla valutazione di sufficienza ed esaustività delle risultanze già acquisite, piuttosto che da una prognosi di fallimento del mezzo istruttorio, in relazione alla puntualità delle risultanze, alla loro convergenza e al carattere tecnico del giudizio espresso dai medici, non essendo il giudice di merito tenuto a respingere espressamente e motivatamente le richieste istruttorie ove i fatti risultino già accertati e i mezzi istruttori formulati appaiano inidonei a vanificare, anche solo parzialmente, detto accertamento (Cass. 14611/2005; Cass. 15502/2009; Cass. 23780/2014; Cass. 14682/2018; Cass. 30855/2019; Cass. 21289/2023).
Resta escluso che il mancato utilizzo del ragionamento presuntivo possa risolversi nella proposta di una diversa soluzione, senza far emergere l’assoluta illogicità e contraddittorietà del ragionamento decisorio del giudice (Cass. 15737/2003; Cass. 5279/2020; Cass. 22366/2021).
Inoltre, pur potendo la parte dolersi che il giudice non abbia fatto ricorso al ragionamento presuntivo sulla base di fatti noti emersi in istruttoria, il vizio, non denunciabile come violazione dell’art. 2729 c.c. (secondo le istruzioni della sentenza delle S.U. n. 8053/2014), può integrare l’omesso esame di un fatto secondario ai sensi dell’art. 360 comma primo n. 5 c.p.c. (Cass. 17720/2018)
Nel caso in esame, non emerge con evidenza la decisività degli elementi indiziari cui si appella il ricorrente, a fronte di contrarie risultanze processuali provenienti dal personale medico munito di specifiche competenze nella valutazione clinica della paziente. Inoltre, le circostanze esposte in ricorso sono state valutate e ritenute irrilevanti e – comunque – è preclusa in questa sede la possibilità di censurare la violazione dell’art. 360 n. 5 c.p.c., norma che contempla un vizio della sentenza la cui deducibilità non si sottrae ai limiti che discendono dalla preclusione imposta dall’art. 348 ter, comma IV e V, c.p.c. in caso di cd. doppia conforme, dato che la sentenza di appello appare fondata sulle stesse ragioni, inerenti alle questioni di fatto, poste a base della decisione di primo grado (Cass. 706/2024; Cass. 14211/2024; Cass. 14944/2024)>>.