Secondo l’art. 29 del d. lgs. 10 settembre 2003, n. 276, <<in caso di appalto di opere o di servizi il committente imprenditore o datore di lavoro e’ obbligato in solido con l’appaltatore, nonche’ con ciascuno degli eventuali ulteriori subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell’appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi e i contributi previdenziali dovuti>> (testo vigente all’epoca dei fatti)
La sezione lavoro dela Cassazione con sentenza 25.10.2019 n. 27.382, ha precisato che:
1) <<la norma si traduce in un’obbligazione di garanzia prevista dalla legge, incentrata sulla previsione di un vincolo di solidarietà tra committente ed appaltatore, secondo un modulo legislativo che intende rafforzare l’adempimento delle obbligazioni retributive e previdenziali, ponendo a carico dell’imprenditore che impiega lavoratori dipendenti da altro imprenditore il rischio economico di dover rispondere in prima persona delle eventuali omissioni di tale imprenditore>>.
2) La ratio è <<intesa ad incentivare un utilizzo più virtuoso dei contratti di appalto, inducendo il committente a selezionare imprenditori più affidabili per evitare che i meccanismi di decentramento e di dissociazione tra titolarità del contratto di lavoro e utilizzazione della prestazione vadano a danno del lavoratore (Cass. n. 31768 del 07/12/2018).>>.
3) <<L’obbligazione contributiva, derivante dalla legge e che fa capo all’INPS, è dunque distinta ed autonoma rispetto a quella retributiva ( Cass n 8662 del 2019, Cass. n. 13650 del 2019) e soprattutto se ne deve sottolineare la sua natura indisponibile nonché la sua commisurazione alla retribuzione che al lavoratore spetterebbe sulla base della contrattazione collettiva vigente (cd. “minimale contributivo>>.
Su questa base la Corte ha concluso che la responsabilità solidale del committente, per i contributi dovuti da parte delle imprese subappaltatrici, opera anche se nel contratto di appalto era stata vietato il subappalto