Polizze unit linked: investimento previdenziale (assicurazione sulla vita) o finanziario? Dipende dal tipo concretamente stipulato

Cass. sez. I , ord. 09/04/2024,  n. 9.418, rel. Perrino:

premessa

<<1.1. – Al riguardo, la giurisprudenza di questa Corte (vedi, in particolare, Cass. n. 6061/12; conf., n. 10333/18) ha stabilito che, in tema di contratto di assicurazione sulla vita stipulato prima dell’entrata in vigore della l. n. 262/05 e del D.Lgs. n. 303/06, nel caso in cui sia stabilito che le somme corrisposte dall’assicurato a titolo di premi siano versate in fondi di investimento interni o esterni all’assicuratore e che alla scadenza del contratto o al verificarsi dell’evento in esso dedotto l’assicuratore sia tenuto a corrispondere all’assicurato una somma pari al valore delle quote del fondo mobiliare al momento stesso (polizze unit linked), il giudice del merito, al fine di stabilire se l’impresa emittente, l’intermediario e il promotore abbiano violato le regole di leale comportamento previste dalla specifica normativa e dall’art. 1337 c.c., deve interpretare il contratto al fine di stabilire se esso, di là dal nomen iuris attribuitogli, sia da identificare effettivamente come polizza assicurativa sulla vita (in cui il rischio avente ad oggetto l’evento dell’esistenza dell’assicurato è assunto dall’assicuratore), oppure si concreti nell’investimento in uno strumento finanziario (in cui il rischio c.d. di performance sia per intero addossato sull’assicurato).

Tale giudizio, in quanto rispettoso delle regole di ermeneutica contrattuale ed espresso con motivazione congrua e logica, non è sottoposto a censura in sede di legittimità.

2.- Da ultimo, con riguardo alle previsioni contenute nel codice delle assicurazioni private, ma prendendo le mosse da Cass., sez. un., n. 8271/2008, questa Corte (Cass. n. 3785/24) ha sottolineato che è lo scopo previdenziale (attuato nelle polizze vita attraverso l’accumulo di capitale così da garantire all’assicurato e/o alla sua famiglia una rendita) a giustificare il sacrificio dei creditori previsto dall’art. 1923 c.c. Ne consegue che la polizza sulla vita beneficia di una disciplina di favore, come quella dell’impignorabilità dei capitali e delle rendite, non perché formalmente prodotto assicurativo, ma perché adempie una particolare funzione di previdenza complementare rispetto a quella obbligatoria, destinata per lo più a far fronte ai bisogni della tarda età (in questi termini le Sezioni Unite l’hanno considerata “il terzo pilastro” della previdenza).

Quel che occorre verificare è, dunque, la sussistenza della funzione previdenziale.>>

Al punto specifico:

<<2.1. – Orbene, ha chiarito questa Corte con la sentenza citata, la natura previdenziale non è presente soltanto nelle tradizionali polizze di assicurazione della vita oggi appartenenti al ramo I (individuato dall’art. 2 del D.Lgs. n. 209/05), ossia a quelle che soddisfano il bisogno dell’assicurato di ottenere con immediatezza la disponibilità di una somma di denaro al verificarsi di un evento legato alla vita umana, la sopravvivenza e la premorienza, ma, tendenzialmente, anche nelle polizze unit linked nelle quali l’entità della somma dovuta dall’assicuratore varia nel corso della durata del rapporto contrattuale in dipendenza delle oscillazioni del parametro finanziario collegato ed è definitivamente quantificato al momento del verificarsi dell’evento attinente alla vita umana.

3. – Le polizze unit-linked si possono difatti classificare in più categorie a seconda delle loro caratteristiche, che riguardano per lo più le garanzie di restituzione dei premi riconosciute all’assicurato:

le polizze guaranteed unit linked garantiscono all’assicurato la restituzione del capitale, prevedendo la possibilità di una maggiorazione minima;

le polizze partial guaranteed unit linked riconoscono all’assicurato una garanzia di restituzione solo parziale dei premi versati;

– nelle polizze unit linked cd. pure la somma dovuta dall’assicuratore dipende esclusivamente dal valore del parametro finanziario sottostante nel momento in cui l’obbligazione diventa esigibile, realizzandosi un collegamento “integrale” al valore sottostante delle quote di investimento.

E allora, nelle polizze guaranteed o partial garanteed l’assicuratore assume su di sé, con diverse gradualità, un rischio demografico, nel senso che al verificarsi dell’evento attinente alla vita umana all’assicurato viene comunque sempre riconosciuta la somma di denaro garantita al momento della stipula del contratto, anche a prescindere dal valore sottostante delle quote dei fondi comuni di investimento, che potrebbe essersi ridotto rispetto ai premi versati o addirittura azzerato. Soltanto nelle polizze unit linked “pure” il rischio di investimento è totalmente a carico dell’assicurato, con la conseguenza che, in caso di azzeramento del valore delle quote, nulla è dovuto da parte dell’assicuratore.

3.1. – Coerente è, quindi, la scelta del legislatore che, con l’art. 2 del D.Lgs. n. 209/2005, in base al quale “rientrano nel III ramo le assicurazioni sulla durata della vita umana, di cui ai rami I e II, le cui prestazioni principali sono direttamente collegate al valore di quote di organismi di investimento collettivo del risparmio o di fondi interni ovvero a indici o ad altri valori di riferimento”, ha fatto rientrare nella categorie delle polizze sulla vita del ramo III non tutte le polizze unit linked, ma solo quelle guaranteed e partial garanteed: il legislatore ha così espressamente assunto come requisito qualificante l’idoneità di un evento futuro legato alla vita a incidere sulla prestazione dell’assicuratore, nel senso di riconoscere comunque all’assicurato una somma apprezzabile non legata al rischio finanziario.

4. – In definitiva, il tratto qualificante sta nell’allocazione del cd. rischio demografico, ossia dell’evento legato alla durata della vita umana. Se il rischio d’investimento grava totalmente sull’assicurato, tanto da poter comportare la perdita dell’intero capitale, il cd. rischio demografico, pur apparentemente presente, è in realtà insussistente perché non si garantisce all’assicurato, proprio in base all’accordo, il riconoscimento di una somma di denaro minima, pur ridotta rispetto all’ammontare dei premi versati, che sia completamente “slegata” dal valore sottostante delle quote di investimento; oppure gli si attribuisce una somma del tutto irrisoria.

In tal caso l’evento legato alla durata della vita umana figura come mero parametro temporale per individuare il momento in cui verrà liquidata la polizza, poiché l’assunzione del rischio è soltanto apparente.

4.1. – Non va trascurato, d’altronde, che la giurisprudenza unionale ha inquadrato le polizze unit linked nell’alveo dei contratti di assicurazione, escludendo pertanto l’applicazione della disciplina sui contratti stipulati fuori dai locali commerciali (Corte giust. causa C-166/11, Gonzalez Alonso); e, con riferimento a una consulenza finanziaria offerta da un’impresa di intermediazione assicurativa, relativamente a prodotti ibridi composti da un’assicurazione sulla vita e da un investimento, quella Corte ha escluso l’applicazione della direttiva n. 2004/39/Ce, relativa agli strumenti finanziari, e inquadrato l’attività di consulenza finanziaria nell’ambito di applicazione della direttiva 2002/92/Ce, sull’intermediazione assicurativa (applicabile ratione temporis), quale atto preparatorio alla conclusione di un contratto di assicurazione di cui l’investimento costituisca elemento integrante (Corte giust., causa C-542/16, Strobel e a.).

In linea si pone pure Corte cost. n. 32/2024, la quale, al cospetto di una polizza unit linked che prevedeva la garanzia di restituzione integrale del premio unico versato e garantiva la prestazione a prescindere dai risultati della gestione finanziaria, ha senz’altro ritenuto applicabile l’art. 2952, secondo comma, c.c., nella parte in cui prevede un termine di prescrizione biennale per far valere i diritti derivanti dal contratto di assicurazione sulla vita, del quale ha peraltro dichiarato l’illegittimità costituzionale nella parte in cui non prevede l’esclusione, dal suddetto termine, dei diritti che derivano dai contratti di assicurazione sulla vita, per i quali opera la prescrizione decennale>>.

Applicando al caso sub iudice er rigettando il ricorsdo:

<<E allora, il motivo in esame si rivela infondato.

Il giudice d’appello ha difatti ravvisato la natura assicurativo-previdenziale della polizza stipulata, posto che ha accertato che “il contratto garantiva il recupero del capitale versato o il valore delle quote, se maggiore, con l’incremento dell’1% al momento del sinistro”, di modo che “non vi era…alcun rischio di perdita del capitale per il beneficiario…per cui la componente assicurativa del rapporto è stata effettivamente garantita attesa la conservazione (rectius incremento) del capitale alla scadenza”; laddove, ha precisato in narrativa, l’evento assicurato, dato dal decesso di Ca.An., non si era ancora verificato quando la polizza è stata riscattata.

5.1. – L’accertamento del regolamento contrattuale non è stato contrastato; e la qualificazione che ne ha tratto la corte territoriale è conforme ai principi dinanzi richiamati.

Il motivo è respinto>>.

Il diritto degli eredi del beneficiario di assicurazione sulla vita

Cass. sez. III del 27.04.2023 n. 11.101 , rel. Sestini, interviene sul tema  riportando i passi di Cass. sez. un. 11421/2021 (su cui v. mio post) :

<< “la designazione generica degli “eredi” come beneficiari di un contratto di assicurazione sulla vita, in una delle forme previste dal comma 2 dell’art. 1920 c.c., comporta l’acquisto di un diritto proprio ai vantaggi dell’assicurazione da parte di coloro che, al momento della morte del contraente, rivestano tale qualità in forza del titolo della astratta delazione indicata all’assicuratore per individuare i creditori della prestazione;

la designazione generica degli “eredi” come beneficiari di un contratto di assicurazione sulla vita, in difetto di una inequivoca volontà del contraente in senso diverso, non comporta la ripartizione dell’indennizzo tra gli aventi diritto secondo le proporzioni della successione ereditaria, spettando a ciascuno dei creditori, in forza della eadem causa obligandi, una quota uguale dell’indennizzo assicurativo;

allorché uno dei beneficiari di un contratto di assicurazione sulla vita premuore al contraente, la prestazione, se il beneficio non sia stato revocato o il contraente non abbia disposto diversamente, deve essere eseguita a favore degli eredi del premorto in proporzione della quota che sarebbe spettata a quest’ultimo”;

le Sezioni Unite sono intervenute con riferimento ad un’ipotesi in cui l’assicuratore aveva ripartito l’indennizzo, in parti eguali, fra i cinque eredi dell’assicurato, ossia il fratello e i quattro nipoti (figli di una sorella già deceduta all’epoca in cui era stata stipulata la polizza assicurativa); nel caso, i giudici di merito avevano ritenuto che al fratello dell’assicurato spettasse la metà della somma assicurata e avevano pertanto condannato l’assicuratore a versare all’attore la differenza fra quanto già erogato e la metà dovutagli; la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’assicuratore affermando -come detto- che, nel caso in cui uno dei beneficiari di un contratto di assicurazione sulla vita premuoia al contraente, la prestazione da eseguire a favore degli eredi del premorto va commisurata alla quota che sarebbe spettata a quest’ultimo;>>.

Per poi così osservare:

<<più precisamente, le Sezioni Unite hanno osservato che “l’attribuzione del diritto iure proprio al beneficiario per effetto della designazione giustifica (…) l’applicabilità all’assicurazione sulla vita per il caso morte del comma 2 dell’art. 1412 c.c.”; “in tal caso, l’acquisto del diritto alla prestazione assicurativa in favore degli eredi del beneficiario premorto rispetto allo stipulante opera, peraltro, iure hereditatis, e non iure proprio, e quindi in proporzione delle rispettive quote ereditarie, trattandosi di successione nel diritto contrattuale all’indennizzo entrato a far parte del patrimonio del designato prima della sua morte, nella medesima misura che sarebbe spettata al beneficiario premorto, secondo la logica degli acquisti a titolo derivativo”; “dunque, con la regola che implica l’identificazione degli “eredi” designati con coloro che abbiano tale qualità al momento della morte del contraente coopera la regola della trasmissibilità del diritto ai vantaggi dell’assicurazione in favore degli eredi del beneficiario premorto, quale conseguenza dell’acquisto già avvenuto in capo a quest’ultimo”; “la premorienza di uno degli eredi del contraente, già designato tra i beneficiari dei vantaggi dell’assicurazione, comporta, quindi, non un effetto di accrescimento in favore dei restanti beneficiari, ma, stando l’assenza di una precisa disposizione sul punto ed in forza dell’assimilabilità dell’assicurazione a favore di terzo per il caso di morte alla categoria del contratto a favore di terzi, un subentro per “rappresentazione” in forza dell’art. 1412, comma 2, c.c.”; tanto premesso e rilevato che, nel caso specifico, la sorella dell’assicurato era deceduta prima della stipula della polizza (e, quindi, prima che potesse essere designata fra i beneficiari della stessa), la Corte ha affermato che “non vi era spazio per applicare il comma 2 dell’art. 1412 c.c., ovvero per ravvisare una trasmissione per “rappresentazione” agli eredi (della sorella) dei vantaggi dell’assicurazione nella medesima quota che sarebbe spettata a quella”;>>

La clausola di designazione era così formulata: “beneficiari gli eredi testamentari e, in mancanza, gli eredi legittimi”.

Assicurazione sulla vita, assicurazione per conto altrui e collegamento con rimborso di mutuo bancario

Una complicata vicenda assicurativo-successorio-bancaria è al centro dell’ottimamente redatta Cass. sez. 3 n° 21.863 del  11.07.2022, rel. Rossetti.

Complicata anche o soprattutto perchè la clausola del contratto di assicuraizone era strata scritta in modo … non perspicuo, come si dice. Lo rileva pure la SC: <<2.3. Prima di esaminare nel merito questa articolata censura, è doveroso premettere che la Corte d’appello di Venezia si è trovata dinanzi a patti contrattuali che costituivano oggettivamente un perfetto esempio di come non si dovrebbe scrivere un contratto di assicurazione (ed anzi qualsiasi contratto): tante e tali erano le contraddizioni, le ambiguità e le aporie giuridiche in esso presenti, con buona pace dell’art. 166, comma 1 cod. ass., il quale – già in vigore da un anno e mezzo all’epoca della stipula del mutuo – proclama solennemente che “il contratto va redatto in modo chiaro ed esauriente”.>>

Mi limito a riprodurre i principi di diritto (§ 2.8), dovendo altrimenti l’esposizione protrarsi troppo:

A) “le disposizioni dettate dall’art. 1891 c.c. in tema di assicurazione per conto altrui non sono incompatibili con l’assicurazione sulla vita”;

B) “l’assicurazione sulla vita per il caso di morte non impedisce di designare quale beneficiario lo stesso portatore di rischio: in tal caso l’indennizzo si devolverà mortis causa ai suoi eredi”.

C) “Il contratto di assicurazione sulla vita del mutuatario il quale preveda che, in caso di morte di quest’ultimo, l’indennizzo sia dovuto alla banca mutuante, e nello stesso tempo che il versamento dell’indennizzo estingue il credito residuo della banca verso il mutuatario, senza diritto dell’assicurazione di surrogarsi alla banca, è un contratto il cui scopo è soddisfare due interessi convergenti: quello della banca al rimborso del mutuo, e quello del mutuatario (e dei suoi eredi) a non restare esposti all’azione esecutiva della banca. Ne consegue che gli eredi del mutuatario, in caso di inadempimento dell’assicuratore, sono legittimati a domandare la condanna dell’assicuratore al pagamento dell’indennizzo nelle mani della banca”.