la risposta è negativa secondo la Corte Suprema della Georgia, 15.02.2’022, S21G0798, EDIBLE IP, LLC v. GOOGLE, LLC.
Edible (poi: E.) , accortasi che alcuni suoi marchi sono concessi da Google (G.) a terzi tramite la pratica del keyword advertising, cita G. per violazine non già della disciplina di marchio bensì di quella proprietario/dominicale: <Civil Theft of Personal Property> e <conversion> (appropriazione di risorse altrui, all’incirca).
Tale causa petendi apparentemente ingegnosa (essendo stata infruttuosa la precedente basata sul diritto dei marchi) viene però rigettata in tutti i gradi di giudizio.
Secondo la S.C. , assente rischio di confusione o di inganno, il marchio (come pure il goodwill) non ha tutela. Nè si può considerarlo oggetto della disciplina relativo al furto (theft).
<<Under each of these statutes, it is clear that trade names are only protected from use by others to the extent that such use is deceptive or there is a likelihood of confusion by the public.>>, p. 13.
Cioè la SC non dice che la disciplina si applica solo alle res, corporali, bensì cbe tra le risorse , riservate dalla legge al titolare del marchio e solo per le quali dunque si può discorrere di <furto> o <appropriazione>, figura il proibire l’uso di terzi confusorio o decettivo: non vi figura invece la pretesa che i terzi si astengano in modalità più ampie.
<<Here, Edible IP has not alleged that Google’s use of the “Edible Arrangements” trade name in its keyword advertising program causes any confusion, and in fact, has disclaimed in the complaint that it is “seek[ing] any . . . relief for any consumer confusion.” Thus, we see no basis in Georgia statutory law for Edible IP’s claim that Google has appropriated the “Edible Arrangements” trade name simply by using it in Google’s algorithms and keyword advertising programs.
The common law likewise does not provide a basis for Edible IP’s civil theft claim. Under the common law, a cause of action based on the use of a trademark or trade name has also generally beenpredicated on either an intent to cause consumer confusion or the likelihood of creating confusion or misunderstanding.>>
Da noi con l’istituto del marchio rinomato, che prescinde dalla confondibilità, le cose forse sarebbero potute andare diversamente: se non fosse che la disciplina di marchio è speciale rispetto a quella di diritto civile comune e quindi difficilmente integrabile analogicamene con quest’ultima.
Per non dire che il furto e l’appropriazione indebita (art. 624 e 646 c.pen.) e le azioni a difesa della proprietà (nel c.c. ) paiono applicarsi solo alle res/cose intese nel senso di entità fisiche.
(notizia elink alla setenza dal blog del prof. Eric Goldman)