divisione ereditaria: preferenza per i beni in natura e automaticità dell’obbligo di collazione

Cass. sez. II, Sent. 23/01/2025 n. 1.686, rel. Fortunato:

<< Il motivo è fondato.    L’asse ereditario era composto da una pluralità di immobili che il giudice di merito ha ritenuto di accorpare nei singoli lotti in modo da rispettare una divisione in natura, anziché per equivalente.

A norma dell’art. 718 c.c. a ciascun condividente spetta, difatti, una parte in natura dei beni da dividere, siano essi mobili o immobili; in presenza di una pluralità di immobili, è rimesso al giudice di merito valutare, secondo il suo prudente apprezzamento, se il diritto dei singoli condividenti sia meglio soddisfatto attraverso il frazionamento di ciascuna entità immobiliare, oppure attraverso l’assegnazione di interi immobili ai singoli aventi diritto (Cass. 1816/1979) e, qualora i singoli beni consentano, da soli o insieme con altri beni, di comporre la quota di alcuno dei condividenti in modo che le altre possano formarsi con i restanti immobili, non può più farsi questione di indivisibilità o di non comoda divisibilità, essendo comunque ottenuta la ripartizione quantitativa e qualitativa dei vari cespiti compresi nella comunione, rispettando il valore di ciascuna quota (Cass. 2177/1966; Cass. 1816/1979; Cass. 7700/1994; Cass. 590/1961; Cass. 372/1957).

Tuttavia, per accertare la corretta formazione del progetto divisionale e della soluzione individuata dal c.t.u. non poteva prescindersi dal conferire il giusto rilievo all’entità dei conguagli.

La ridotta entità del conguaglio è criterio che deve sempre ispirare la scelta della soluzione più appropriata in materia di divisione in modo da evitare che sia alterata l’equilibrata distribuzione dei beni, che deve avvenire in natura, mentre il conguaglio ha la funzione di ristabilire l’equilibrio tra le quote e di superare eventuali differenze di valore (Cass. 7961/2003; Cass. 726/2018; Cass. 12965/2020).

(…)

8. Il quarto motivo denuncia che erroneamente la sentenza abbia ritenuto necessaria una domanda di parte per ottenere la collazione della donazione, che invece opera di diritto senza necessità di una specifica azione.

Il motivo è infondato poiché la richiesta di collazione implicava il previo accertamento della natura di donazione indiretta della consegna, mediante assegno, della somma impiegata per l’acquisto di un immobile.

La collazione, che, in presenza di donazioni fatte in vita dal “de cuius” e salva apposita dispensa di quest’ultimo, impone il conferimento del bene che ne è oggetto in natura o per imputazione, ha la finalità di assicurare l’equilibrio e la parità di trattamento tra i vari condividenti nella formazione della massa ereditaria, così da non alterare il rapporto di valore tra le varie quote determinate attraverso la sommatoria del “relictum” e del “donatum” al momento dell’apertura della successione, sicché il relativo obbligo sorge automaticamente senza necessità di un’ espressa domanda da parte del condividente, essendo a tal fine sufficiente che sia chiesta la divisione del patrimonio relitto e che sia menzionata, in esso, l’esistenza di determinati beni quali oggetto di pregressa donazione.

Tuttavia, in caso di donazione indiretta, è pregiudiziale all’obbligo di collazione la proposizione della domanda di accertamento dell’esistenza dell’atto di liberalità, nel rispetto delle preclusioni processuali (Cass. 23403/2022; Cass. 19833/2019)>>.