Assegno divorzile e successiva convivenza di fatto : finalmente le sezioni unite

L’estensione alla convivenza della cessazione dell’assegno in caso di nuove nozze, disposta dall’art. 5/19 l. divorzio  è stata decisa dalla sezioni unite con sentenza 5 novembre 20121 n. 32198, rel. Rubino (leggila ad es. qui nel sito wolters kluwer)

Principi di diritto:

<<L’instaurazione da parte dell’ex coniuge di una stabile convivenza di fatto, giudizialmente accertata, incide sul diritto al riconoscimento di un assegno di divorzio o alla sua revisione nonché sulla quantificazione del suo ammontare, in virtù del progetto di vita intrapreso con il terzo e dei reciproci doveri di assistenza morale e materiale che ne derivano, ma non determina, necessariamente, la perdita automatica ed integrale del diritto all’assegno.

Qualora sia giudizialmente accertata l’instaurazione di una stabile convivenza di fatto tra un terzo e l’ex coniuge economicamente più debole questi, se privo anche all’attualità di mezzi adeguati o impossibilitato a procurarseli per motivi oggettivi, mantiene il diritto al riconoscimento di un assegno di divorzio a carico dell’ex coniuge, in funzione esclusivamente compensativa.

A tal fine, il richiedente dovrà fornire la prova del contributo offerto alla comunione familiare; della eventuale rinuncia concordata ad occasioni lavorative e di crescita professionale in costanza di matrimonio; dell’apporto alla realizzazione del patrimonio familiare e personale dell’ex coniuge.

Tale assegno, anche temporaneo su accordo delle parti, non è ancorato al tenore di vita endomatrimoniale né alla nuova condizione di vita dell’ex coniuge ma deve quantificato alla luce dei principi suesposti, tenuto conto, altresì della durata del matrimonio>>.

Vi era stata rinviata dall’ord.  di Cass. n° 28995 del dicembre 2020.

La SC , accogliendo l’impostazione del collegio rimettente,  distingue dunque tra componente assistenziale e componente compensativa (secondo il noto insegnamento di Cass. sez. un. 18287/2018).

Quanto alla prima, la convivenza fa perdere l’assegno; quanto alla seconda, invece, no.

Il secondo punto ci pare corretto senz’altro; non altrettanto il primo.

Qui interessa solo la giustificazione del primo, che riporto:

<<23.2 – L’instaurazione di una nuova convivenza stabile, frutto di una scelta, libera e responsabile, comporta la formazione di un nuovo progetto di vita con il nuovo compagno o la nuova compagna, dai quali si ha diritto a pretendere, finché permanga la convivenza, un impegno dal quale possono derivare contribuzioni economiche che non rilevano più per l’ordinamento solo quali adempimento di una obbligazione naturale, ma costituiscono, dopo la regolamentazione normativa delle convivenze di fatto, anche l’adempimento di un reciproco e garantito dovere di assistenza morale e materiale (come attualmente previsto dalla L. n. 76 del 2016, art. 1, comma 37), benché non privo di precarietà nel suo divenire, in quanto legato al perdurare della situazione di fatto.

23.3 – Ne consegue che, qualora sia stata fornita la prova dell’instaurarsi di tale stabile convivenza, il cui accertamento può intervenire sia nell’ambito dello stesso giudizio volto al riconoscimento del diritto all’assegno di divorzio, come nella specie, sia all’interno del giudizio di revisione delle condizioni patrimoniali del divorzio, può ritenersi che cessi, in conseguenza del nuovo progetto di vita intrapreso, che indubbiamente costituisce una cesura col passato, e nell’ambito del quale l’ex coniuge potrà trovare e prestare reciproca assistenza, il diritto alla componente assistenziale dell’assegno, anche se il nuovo nucleo familiare di fatto abbia un tenore di vita che non sia minimamente paragonabile al precedente, e neppure a quello che sarebbe assicurato al convivente qualora potesse integrarlo con l’assegno divorzile>>.

Mi pare un errore.  La convivenza , anche se regolata dall’art. 1 commi 36 e segg. legge 76/2016, non attribuisce alcuna pretesa economica/di mantenimento: l’unica è quella dell’assegno alimentare dopo la fine della convivenza stessa, art. 1 c. 65.

Dunque far cadere l’assegno, in caso di nuovo rapporto affettivo convivenziale per la tranquillità economica da esso scaturente (in sostanza dice così),  non pare esattissimo …