Ancora sulla conclusione online del contratto del tipo “clickwrap”

Eric Goldman segnala Appello New York 25.11.2024, Wu v. Uber, sull’oggetto, naturalmente sempre sull’approvazione o meno della clausola arbitrale (qui predisposta da Uber).

Di seguito lo screenshot rappresentante la modalità richiesta di approvazione:

In generale , dice la corte, non c’è motivo per non applicare la disciplina comune:

<<There is no sound reason why the contract principles described above should not be
applied to web-based contracts in the same manner as they have long been applied to
traditional written contracts. Although this Court has not, until now, had the opportunity
to offer substantial guidance on the question, state and federal courts across the country
have routinely applied “traditional contract formation law” to web-based contracts, and
have further observed that such law “does not vary meaningfully from state to state”
(Edmundson v Klarna, Inc., 85 F4th 695, 702-703 [2d Cir 2023]). Case law from other
jurisdictions may therefore provide useful guidance>>.

Nello specifico, la proposta era sufficientemente chiara:

<< The headline and the larger text in the center of the screen—“We’ve updated our
terms” and “We encourage you to read our updated Terms in full”—clearly advised
plaintiff that she was being asked to agree to a contract with Uber. The terms themselves
were again made accessible by a hyperlink on the words “Terms of Use,” which were
formatted in large, underlined, blue text. A reasonably prudent user would have understood from the color, underlining, and placement of that text, immediately beneath the sentence
“encourag[ing]” users to “read [the] updated Terms in full,” that clicking on the words
“Terms of Use” would permit them to review those terms in their entirety. Finally, Uber
provided plaintiff with an unambiguous means of accepting the terms by including a
checkbox, “Confirm” button, and bolded text expressly stating that, “By checking the box,
I have reviewed and agree to the Terms of Use.” It is undisputed that plaintiff checked and box and clicked the “confirm” button.>>

Cass. sez. III, 24.04.2024, n. 11.126, rel. Cricenti.

<<Ai fini della configurabilità di un definitivo vincolo contrattuale è necessario che tra le parti sia raggiunta l’intesa su tutti gli elementi dell’accordo, non potendosene ravvisare la sussistenza qualora – raggiunta l’intesa solamente su quelli essenziali, pure riportati in apposito documento (cosiddetto “minuta” o “puntuazione”) – risulti rimessa ad un tempo successivo la determinazione degli elementi accessori, con la conseguenza che, rispetto a tale convenzione, non può esservi inadempimento, non essendo la stessa fonte di obbligazioni determinate. (Nella specie, la S.C. ha rigettato il ricorso avverso la sentenza che aveva negato efficacia vincolante ad un accordo, finalizzato ad una divisione di alcuni beni immobili e di alcune società che le parti avevano in comune, che si limitava a prevedere l’assegnazione reciproca degli immobili, indicati solo genericamente, e delle quote sociali alle parti o a persone da nominare). (massima ufficiale)>> (da ilcaso.it)

I fatti di causa, per meglio capire la regola astratta:

<<Ad ogni modo, risulta dal tenore letterale, e dall’intero contenuto,
che l’accordo contiene la previsione che alcuni beni immobili siano
assegnati ad una parte a ed altri all’altra, ma, nello stesso tempo,
si prevede che occorre andare dal notaio per farlo, e gli immobili
sono indicati solo genericamente: si stabilisce infatti che le spese
delle compravendite devono stabilirsi entro un certo tempo; inoltre
i trasferimenti societari sono fatti a favore di una delle parti o di
persona da nominare. Con la conseguenza che né i “trasferimenti
“di immobili né quelli delle società possono dirsi immediati, ossia
immediatamente efficaci, in quanto per alcuni è prevista la stipula
successiva di atti di compravendita, e per gli altri la scelta,
successiva, se attribuirli alle parti o a persona da nominare.
È evidente, dunque, che l’accordo in questione – come ha
puntualmente osservato la Corte d’appello – non costituisce la
regolamentazione finale del rapporto, ma ne è solo una
regolamentazione provvisoria: si tratta di un accordo preparatorio
con il quale le parti hanno raggiunto l’intesa su alcuni aspetti
soltanto del definitivo rapporto, con la conseguenza che le
trattative possono proseguire (ed è previsto che proseguano) sulle
rimanenti parti dell’accordo. Lo dimostra il fatto che le parti stesse
rimandano al futuro (entro un termine dato) di dare incarico al
notaio e di individuare la persona da nominare cui attribuire le
quote.>>

Conclusione on-line del contratto e clausola di arbitrato

Le piattaforme quasi sempre , quando convenute, eccepiscono la clausola di arbitrato stipulata on line tramite i terms of service TOS, in cui è inserita.

In questo caso il distretto nord della California, S. Josè division, 16 dicembre 2022, Case No. 22-cv-02638-BLF, Houtchens e altri c. Google, affronta il tema del se sia stata o no validamente conclusa la clausola di arbitrato col metodo c.d. clickwrap agreement per l’apertura di un account Fitbit (di proprietà di Google).

Si vedano in sentenza le quattro schermate a seconda del dispositivo (pc, cell. etc): in breve, si deve cliccare per i TOS su un quadratino che ad essi rinvia tramite link, e in essi pure alla  clausola di arbitrato.

Per la corte, l’accordo si è validamente formato:

<<The Court finds that the hyperlinks to Fitbit’s Terms of Service in each of the above screens provided Plaintiffs “reasonably conspicuous notice” of the terms. See Berman v. Freedom Fin. Network, LLC, 30 F.4th 849, 856 (9th Cir. 2022). In the first three screens, the hyperlinks to Fitbit’s Terms of Service are presented in blue text in a sentence that otherwise uses gray text; they are next to the box a user must select to accept the terms; and the screens on which they appear are uncluttered. Court’s have routinely found that such a presentation supplies reasonably conspicuous notice of hyperlinked terms. See, e.g., Adibzadeh, 2021 WL 4440313, at *6 (reasonably conspicuous notice provided “where users must agree to the website’s terms and conditions before they can proceed, and the terms and conditions are offset in a blue text, hyperlinked text”). In the final screen, the hyperlinks are again presented next to the box that a user must select to accept the terms and the screen on which they appear is uncluttered; but instead of using blue font to distinguish the hyperlinks from the surrounding text, the page uses boldunderlined font. The Court finds that this page, too, provides reasonably conspicuous notice of the terms to which a consumer will be bound. Cf. Nguyen, 763 F.3d at 1177 (“The conspicuousness and placement of the ‘Terms of Use’ hyperlink, other notices given to users of the terms of use, and the website’s general design all contribute to whether a reasonably prudent user would have inquiry notice of a browsewrap agreement.”)>>

Conclusione del patto arbitrale a modifica del rapporto in essere: tra clickwrap e browsewrap agreement

Il distretto nord della california, 8 settembre 2022, Case 4:22-cv-00422-PJH  , Alkutkar c. Bumble, affronta una frequente , ma non per questo poco interessante, fattispecie.

Azionata dall’utente una domanda di inadempiumento verso la piattaforma Bumble (sito di conoscenze e incontri) si vede eccepire la clausola di arbitrato: la quale sarebbe stata approvata in corso di rapporto a seguito di 1) notifica via email e soprattutto 2) di finestra di pop up . -c.d. blocker card- che onerava l’utente di accettar per  proseguire . Onere bloccante e finestra che  come sempre conteneva un link al nuovo testo del contratto aggiornato, ma che già essa riassumeva la più importante modifica (l’arbitrato appunto).

V. lo screenshot del pop up in sentenza (ma tratto dal blog del prof. Eric Goldman):

Ebbene, per la corte la email (simile al browsewrap) non dà prova di accettazione (p. 11) , ma il pop up con i I AGREE (simile al clickwrap) si.

I dati di Bumble infatti dicono che dopo questo pop up l’utente continuò ad usare i suoi servizi , per cui è presumibile che l’avesse vista e accettata (l’utente lo negava).

Ciò per tre motivi:

1) l’unicità delle credenziali,

2) gli accessi successivi rpesuppongono logicamente/informaticamente  accettazione: <<plaintiff’s access and use of the app is a demonstrable consequence of
his assent to the updated Terms. Bumble’s records show that all users were shown the
Blocker Card the first time they signed into the app after January 19, 2021. Wong Decl.
¶ 16 (Dkt. 36-1 at 6-7). The declarations of Bumble’s affiliated engineers make clear that
the Blocker Card functions in a straightforward fashion: it “prevents Bumble users from
accessing or using the Bumble app unless they click on the orange-colored button>>

3) << Lastly, the timeline of events indicates that plaintiff clicked his assent through the
Blocker Card. On January 18, 2021, the Terms governing use of the Bumble app were
updated to include an Arbitration Agreement. Chheena Decl. ¶ 7 (Dkt. 30-1 at 3). On the
same day, the Blocker Card was implemented into the app for existing users, requiring
assent to the updated Terms to access the app the first time a user signed in after
January 18. Chheena Decl. ¶ 11 (Dkt. 30-1 at 3-4); Wong Decl. ¶ 12 (Dkt. 36-1 at 4).
Plaintiff reports that the first time he signed into the app after January 18, 2021, was in
March 2021. Alkutkar Decl., May 14, 2021, ¶ 5 (Dkt. 32-2 at 2). This corresponds neatly
with Bumble’s records, which show that he accessed and used the app on March 4,
2021. Wong Decl. ¶ 18 (Dkt. 36-1 at 7). On that date, plaintiff added new photos to his
profile and swiped on other user profiles, activities that might correspond with a user’s
first time accessing the app following a hiatus. Wong Decl. ¶ 18 (Dkt. 36-1 at 7). Plaintiff
additionally accessed and used the app on March 5, 7, and 11, activities only achievable
following clicking assent on the Blocker Card. Id., ¶ 18. Indeed, plaintiff would not have
been able to purchase the premium features that are the subject of this suit in March,
August, and September 2021 unless he clicked to accept the updated Terms and
Arbitration Agreement. Id., at ¶ 18
>>

In altre più brevi parole <<Bumble has shown that plaintiff used unique credentials to access the app on March 4, 2021, that his access and use of the app on that date was a demonstrable  a consequence of his assent to the updated Terms because he only could have done so by clicking through the Blocker Card, and that the timeline of events indicates that plaintiff clicked his assent to the updated Terms. These facts are similar to those found sufficient to authenticate an electronic signature in Ngo, 2018 WL 6618316, at *6, and they are sufficient to authenticate an electronic signature here. Bumble thus establishes by a preponderance of evidence that clicking through the Blocker Card was “the act of” plaintiff necessary to show that he electronically signed and agreed to the updated Terms, including the Arbitration Agreement. >>

(notizia e link alla sentenza dal blog del prof. Eric Goldman)

Conclusione del contratto via e arbitrabilità

nel dubbio sulla conclusione o meno del contratto relativo alla arbitrabilità con Walmart, la corte di appello rinvia a processo sulla stessa arbitrabilità, come prevede la legge federale.

Si tratta dell‘appello dell’8 circuito n. 20-1787 dell’8 ottobre 2021 .

La sentenza è interessante per l’esame delle modalità di conclusione dei contratti via internet, “clickwrap” arrangements oppure “browsewrap” arrangements.

Nel caso de quo era relativo a gift cards di Walmart cui erano stati sottratti ilecitamente i denari ivi caricati.

Il punto per decidere la conclusione o meno del patto è capire se vi sia stata o meno <notice> adeguata:  il rinvio alle condizioni generali di Walmart stava sul retro della carta (ove si leggeva “[s]ee Walmart.com for complete terms.” ), condizioni reperibili nel sito web.

In primo grado la corte aveva escluso la conclusione di patto sul punto; la corte di appello invece è in dubbio e perciò rinvia al trial per decidere sul punto.

(sentenza e link dal blog di Eric Goldman)

Web/data scraping e secondary ticketing: è inadempimento contrattuale?

Un’agenzia di viaggio acquista biglietti aerei da Southwest Airlines (SA), rivendendoli poi a terzi, ed estrae sistematicamente vari dati, pubblicamente accessibili nel sito web di questa: ciò nonostante le condizioni di acquisto lo proibissero.

SA agisce per varie causae actiones tra cui violazione contrattuale. Decide la NORTHERN DISTRICT COURT OF TEXAS – DALLAS DIVISION , CIVIL ACTION NO. 3:21-cv-00098-E, Soutwest Airlines c. Kiwi, 30.09.2021, accogliendone la domanda.

Kiwi cita il noto precedente hiQ Labs c. Linkledin del 2019, ove fu ritenuto lecito lo scraping dei dati.

Però prevale l’orientmento del divieto di scrapintg fondato su patto apposito, presente nelle Terms  and Conditions : <<Kiwi has purchased over 20,000 flights on the Southwest Digital Platforms.  In connection with its sales of Southwest flights, Kiwi specifically acknowledges that: “All services provided by Southwest Airlines are subject to their Terms and Conditions. More information is available on their website.”  The Terms are hyperlinked at the bottom of each page of Southwest’s website with a statement that use of the website constitutes acceptance of the Terms. For all online purchases, the  user  must  affirmatively  acknowledge  and  accept  the  Terms  by  clicking  a  button  that  states:  “By clicking ‘Purchase,’ I agree to the Terms and Conditions below, the privacy policy, and the contract of carriage,” which appears just above a yellow “Purchase” button with hyperlinks to the Website Terms, Privacy Policy, and Contract of Carriage.  For each purchase, Kiwi affirmatively accepted  the  Terms.    Southwest  sent  multiple  cease-and-desist  notices  to  Kiwi’s  chief  legal  counsel, Kiwi’s CEO, and to Kiwi’s registered agents in the United States.  Southwest specifically referenced the Terms and attached a copy of them, pointing out examples of how Kiwi’s conduct violated the Terms. Kiwi acknowledged receipt of one such cease-and-desist notice in September 2019.  As  in  BoardFirst, when  Kiwi  continued  to use  the  Southwest  website  in  connection  with  Kiwi’s  business  with  actual  knowledge  of  the  Terms,  Kiwi  “bound  itself  to  the  contractual  obligations imposed by the Terms.”  See BoardFirst, 2007 WL 4823761, at *7>>, p. 7

E’ poi intgersante anche il ragionamemnot sul danno irreparabile , requisito per la cocnessione della cautgela: viene ravvisato e la cautela  èconcessa: <<Balance of harms: Southwest must also demonstrate the threatened injury if the injunction is denied outweighs any harm that will result if the injunction is granted. Southwest argues Kiwi’s business practices interfere with customer communications, misrepresent Southwest customer-friendly policies,
charge customers unnecessary fees, divert traffic away from Southwest’s website, and tarnish  Suthwest’s reputation and goodwill. Southwest argues Kiwi will suffer little if any damage by ceasing unauthorized sales of Southwest flights and that Kiwi’s interest in using the Southwest website for its own commercial purposes is entitled to “scant consideration.” Kiwi can continue its business and sell flights for other carriers.
Kiwi alleges the balance of harms tips strongly in its favor. Kiwi argues an injunction poses a significant threat to its business model, reputation, and partner relationships. Kiwi asserts removing Southwest flights from its website will drastically affect its ability to build dynamic travel itineraries for its customers. According to Kiwi, for many key travel routes and destinations,
it is impossible to fly without traveling on Southwest. It also contends that an unspecified “threat of further injunctions against brokering ticket sales poses a potentially existential threat to Kiwi.com’s US operation.”
The Court concludes the threatened injury to Southwest if the injunction is denied outweighs the harm to Kiwi. Southwest has shown that Kiwi’s unauthorized sales of its flights  poses a significant disruption to its customer operations. Kiwi has not convinced the Court that the injunction will significantly threaten its business. As Southwest notes, Southwest is not listed as one of Kiwi’s “top 20 airlines” on its website>

(notizia e link alla sentenza  dal blog di Erik Goldman)