A seguito della morte di George Floyd e del reperimento della foto su internet di alcuni alunni (della stessa scuola del figlio) col volto dipinto di nero (con significato razzialmnente derisorio), una mamma di colore organizza con altra mamma una marcia di protesta.
Crea allo scopo un “evento Facebook” che include la foto medesima (senza nomi; ma erano stati da altri identificati). Vi aggiunge il commento “This is a protest to [sic] the outrageous behavior that current and former students from SFHS did–A George Floyd [I]nstagram account making fun of his death, the fact that he could not breath [sic] and kids participating in black face and thinking that this is all a joke.
Does the SFHS administration think this is a joke? Please join us at the entrance of the school off of Miramonte St. and make sure this administration knows that this type of behavior will NOT be tolerated.
Please remember to practice social distancing, wear a mask and bring a sign if you would like! Feel free to add people to this list”.
Gli alunni rappresentati nella foto agiscono per difamazione anche verso questa mamma .
Il giudice di primo e secondo grado però confermano che opera il § 230 CDA come safe harbour (come internet service user, direi , non provider) dato che era stato accertato che la mamma no era autrice della foto stessa, trattandosi solo di reposting (condivisione).
(notizia e link alla sentenza dal blog del prof. Eric Goldman)