Cass. ord. 25.11.2021 n. 36.723 chiarisce (e conferma) che per il danno autoprocuratosi dall’alunno minore sono responsabili in via contrattuale sia la scuola che il docente. Quest’ultimo naturalmente a titolo di contatto sociale.
Così di preciso: <<In tema di danno cagionato dall’alunno a se stesso, questa Corte ha già avuto modo di chiarire che la responsabilità dell’istituto scolastico e dell’insegnante non ha natura extracontrattuale bensì contrattuale, atteso, quanto all’istituto scolastico, che l’accoglimento della domanda di iscrizione, con la conseguente ammissione dell’allievo alla scuola, determina l’instaurazione di un vincolo negoziale dal quale sorge a carico dell’istituto l’obbligazione di vigilare sulla sicurezza e l’incolumità dell’allievo nel tempo in cui questi fruisce della prestazione scolastica in tutte le sue espressioni, anche al fine di evitare che l’allievo procuri danno a se stesso; e che, quanto al precettore dipendente dell’istituto scolastico, tra insegnante e allievo si instaura, per contatto sociale, un rapporto giuridico nell’ambito del quale l’insegnante assume, nel quadro del complessivo obbligo di istruire ed educare, anche uno specifico obbligo di protezione e vigilanza, onde evitare che l’allievo si procuri da solo un danno alla persona. Ne deriva che, nelle controversie instaurate per il risarcimento del danno da cd. autolesione nei confronti dell’istituto scolastico è applicabile il regime probatorio desumibile dall’art. 1218 c.c., sicchè, mentre l’attore deve provare che il danno si è verificato nel corso dello svolgimento del rapporto, sull’altra parte incombe l’onere di dimostrare che l’evento dannoso è stato determinato da causa non imputabile nè alla scuola, nè all’insegnante (cfr., sul punto, Cass., Sez. U., n. 9346/2002, costantemente ribadita)>>.
Poco interessante: sull’unico punto teoricamente stimolante (contatto sociale, soprattuto dopo che la legge Gelli Bianco sulla responsabilità dei sanitari l’ha qualificato come fonte di r. aquiliana: L. 24/2017, art. 7.3) la SC sostanzialmente sorvola .
Più interessante il passaggio successivo : <<Tanto premesso – pur dovendo questo giudice di legittimità, facendo uso dei poteri correttivi consentitigli dall’art. 384 c.p.c., comma 2, precisare che nella specie si sarebbe dovuto fare applicazione non della norma di cui all’art. 2048 c.c., ma dei principi in materia di responsabilità contrattuale per stabilire della fondatezza o meno della pretesa risarcitoria avanzata dai sigg. I. – osserva questa Corte che, anche rispetto alla diversa qualificazione giuridica che occorre dare all’azione esperita, la decisione di accoglimento non è censurabile, in quanto risulta acquisita agli atti di causa, secondo l’espresso accertamento compiuto dal giudice del merito, la prova dell’esclusiva responsabilità dell’insegnante nella causazione dell’evento dannoso, oltrechè della mancata adozione, in via preventiva, di misure disciplinari e organizzative tali da evitare il sorgere della situazione di pericolo. Infatti, la Corte territoriale, sulla base delle deposizioni testimoniali, ha ritenuto accertato che l’insegnante non si fosse avvicinata per prendere la mano del minore, nè si fosse attivata prontamente per fermare la sua corsa, a fronte di un comportamento del bambino altamente prevedibile in considerazione della sua tenera età e delle sue condizioni psico-fisiche. Pertanto, la decisione sul punto è conforme a legge ed è sorretta da adeguata e logica motivazione, rispetto alla quale parte ricorrente non evidenzia vizi logici, ma sostanzialmente richiede in questa sede l’inammissibile riesame del materiale probatorio per farne derivare una conclusione diversa da quella cui è pervenuta la Corte territoriale.
Proprio in virtù del fatto che, ai fini del regime probatorio applicabile, è indifferente che venga invocata la responsabilità extracontrattuale per omissione delle cautele necessarie ovvero la responsabilità contrattuale per negligente adempimento dell’obbligo di sorveglianza (cfr., da ultimo, Cass., Sez. VI-3, ord. n. 3081/2015), il motivo incorre nella declaratoria di inammissibilità per difetto di interesse, dovendo all’uopo essere richiamato il principio secondo cui il motivo di impugnazione con cui si deduca la violazione di norme giuridiche priva di qualsivoglia influenza in relazione alle domande proposte, e che sia diretta, quindi, all’emanazione di una pronuncia senza rilievo pratico, risulta inammissibile (cfr., da ultimo, Cass., Sez. ord. n. 12678/2020).>>
In breve, che la si qualifichi come resp. contrattuale o aquiliana, il regime probatorio (cioè quello relativo all’onere della prova, parrebbe) non cambia.
L’affermazione, assai significativa a livello teorico, avrebbe meritato qualche passaggio argomentativo in più.