Avevo già dato conto di Cass. n° 25.732 del 22.09.2021 sull’oggetto con post 28.09.2021.
Ora la SC interviene sul tema confermando l’orientamento (Cass. sez. lav. 12.11.2021 n. 34.092). I controlli difensivi son sopravvissuti alla modifica portata all’art. 4 Stat .lav., dovendosi però distinguere così: <<In tale ottica, tenuto conto della elaborazione giurisprudenziale maturata nel vigore della disciplina previgente, si è avvertita la necessità di distinguere tra i controlli difensivi in senso lato, vale a dire quelli a difesa del patrimonio aziendale che riguardano tutti i dipendenti (o gruppi di dipendenti) nello svolgimento della loro prestazione di lavoro che li pone a contatto con tale patrimonio, controlli che dovranno necessariamente essere realizzati nel rispetto delle previsioni dell’art. 4 novellato in tutti i suoi aspetti e controlli difensivi in senso stretto, diretti ad accertare specificamente condotte illecite ascrivibili – in base a concreti indizi – a singoli dipendenti, anche se questo si verifica durante la prestazione di lavoro; si è ritenuto che tali ultimi controlli, anche se effettuati con strumenti tecnologici, non avendo ad oggetto la normale attività del lavoratore, si situino, anche oggi, all’esterno del perimetro applicativo dell’art. 4. Ciò in quanto la istituzionalizzazione della procedura richiesta dall’art. 4, per l’installazione dell’impianto di controllo appare coerente con la necessità di consentire un controllo sindacale, e, nel caso avrebbe l’applicazione della stessa procedura anche nel caso di eventi straordinari ed eccezionali costituiti dalla necessità di accertare e sanzionare gravi illeciti di un singolo lavoratore>> § 21.7.
I controlli devono però essere <mirati> e <ex post>, § 21.9.
Che significa ciò? la SC lo spiega: <<Occorre però chiarire cosa si intenda per tale controllo. Esso infatti non dovrebbe riferirsi all’esame ed all’analisi di informazioni acquisite in violazione delle prescrizioni di cui all’art. 4 St.lav., poichè, in tal modo opinando, l’area del controllo difensivo si estenderebbe a dismisura, con conseguente annientamento della valenza delle predette prescrizioni. Il datore di lavoro, infatti, potrebbe, in difetto di autorizzazione e/o di adeguata informazione delle modalità d’uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli, nonchè senza il rispetto della normativa sulla privacy, acquisire per lungo tempo ed ininterrottamente ogni tipologia di dato, provvedendo alla relativa conservazione, e, poi, invocare la natura mirata (ex post) del controllo incentrato sull’esame ed analisi di quei dati. In tal caso, il controllo non sembra potersi ritenere effettuato ex post, poichè esso ha inizio con la raccolta delle informazioni; quella che viene effettuata ex post è solo una attività successiva di lettura ed analisi che non ha, a tal fine, una sua autonoma rilevanza. Può, quindi, in buona sostanza, parlarsi di controllo ex post solo ove, a seguito del fondato sospetto del datore circa la commissione di illeciti ad opera del lavoratore, il datore stesso provveda, da quel momento, alla raccolta delle informazioni. Facendo il classico esempio dei dati di traffico contenuti nel browser del pc in uso al dipendente, potrà parlarsi di controllo ex post solo in relazione a quelli raccolti dopo l’insorgenza del sospetto di avvenuta commissione di illeciti ad opera del dipendente, non in relazione a quelli già registrati” (Cass. Sentenze nn. 25731 e 25732 del 2021)>>