Cass. sez. 3 del 8 maggio 2023 n. 12128, rel. Rossi Raff., ai fini della legittimazione ad impugnare:
<<2.2. Muovendo all’esame nel merito del motivo, dirimente valenza assume, al riguardo, il dettato dell’art. 2504 c.c., comma 2, (“L’atto di fusione deve essere depositato per l’iscrizione, a cura del notaio o dei soggetti cui compete l’amministrazione della società risultante dalla fusione o di quella incorporante, entro trenta giorni, nell’ufficio del registro delle imprese dei luoghi ove è posta la sede delle società partecipanti alla fusione, di quella che ne risulta o della società incorporante”) e dell’art. 2504-bis c.c., comma 2, (“La fusione ha effetto quando è stata eseguita l’ultima delle iscrizioni prescritte dall’art. 2504”).
Sulla corretta lettura ermeneutica di tali norme e sull’efficacia della vicenda societaria, si è espressa, di recente, questa Corte, nella sua composizione tipica di organo della nomofilachia, chiarendo che gli effetti giuridici della fusione tra società “si producono dal momento dell’adempimento delle formalità pubblicitarie, concernenti il deposito per l’iscrizione del registro delle imprese dell’atto di fusione previsto dalla norma, avente efficacia costitutiva, con la precisazione che, a mente dell’art. 2504 c.c., comma 3, il deposito relativo alla società risultante dalla fusione o di quella incorporante non può precedere quelli relativi alle altre società partecipanti alla fusione” (Cass., Sez. U, 30/07/2021, n. 21970).
Sulla scorta dell’enunciato principio di diritto – al quale si intende dare convinta continuità – errato si appalesa l’apprezzamento del giudice territoriale, estrinsecato in parte motiva nella (invero alquanto anapodittica) affermazione per cui la banca appellante “che aveva in origine prodotto solo l’atto pubblico ha correttamente, in risposta, documentato l’espletamento delle successive attività necessarie affinché la fusione fosse pienamente efficace erga omnes” (così la sentenza impugnata, alla pag. 12, punto 21).
Ed invero, dall’esame dei documenti versati dall’appellante nel fascicolo del giudizio di secondo grado e specificamente richiamati dall’odierno ricorrente (atti alla cui lettura questa Corte è abilitata, poiché sollecitata allo scrutinio di un error in procedendo), risulta, con inequivoca chiarezza, l’omessa asseverazione della cancellazione della società incorporata, Banco Popolare, dal Registro delle Imprese di Verona (luogo di allocazione della sede legale di detta società), alcun riscontro attestante detto adempimento essendo stato prodotto.
Mancando, per l’effetto, la possibilità di verificare la completezza delle formalità pubblicitarie afferenti la fusione societaria e la regolarità della sequenza cronologica delle stesse, non poteva considerarsi fornita la prova, ad opera della società appellante (Banco BPM S.p.A.), della asserita qualità di successore della parte soccombente in prime cure (Banco Popolare società cooperativa) e, quindi, della legittimazione ad impugnare la pronuncia resa dal Tribunale di Avezzano>>.
Curiosa è la precisazione per cui serve anche la prova di avvenuta cancellazione della incorporata. Infatti la legge non ne parla: le iscrizioni dell’art. 2504 cc, cui rinvia l’art. 2504 bis c.2, non concernono tale cancellazione ma solo l’atto di fusione.
Conseguenza pesante (anche per i difensori …), dato che così è passata in giudicato la sentenza di primo grado : la quale , pur accogliendo in misura ridotta la domanda, pur sempre aveva condannato la banca ad un milione e mezzo di euro di danni.