Cass. sez. I, 23/04/2024, ord. n. 10.889, rel. Catallozzi:
<<- con particolare riferimento al primo requisito si osserva che il conflitto di interessi, da accertarsi non in termini astratti e ipotetici, ma con riferimento alla singola delibera, sussiste quando vi è, di fatto, un conflitto tra un interesse non sociale – quindi un interesse che non è in alcun modo riconducibile al contratto di società – e uno qualsiasi degli interessi che sono riconducibili a tale contratto e, quindi, che sono comuni ai soci (cfr. Cass. 13 marzo 2023, n. 7279; Cass. 12 dicembre 2005, n. 27387)
– la situazione di conflitto di interessi tra socio e società presuppone, dunque, che il primo si trovi nella condizione di essere portatore, con riferimento a una specifica delibera, di un duplice e contrapposto interesse – da un lato il proprio interesse di socio [NO: di persona non socia: come socio può perseguire solo l’interesse sotteso al contratto sociale] e dall’altro l’interesse della società – e che questa duplicità di interessi sia tale per cui il socio non possa realizzare l’uno se non sacrificando l’altro;
– pertanto, la circostanza che una siffatta delibera consenta al socio il conseguimento (anche) di un suo personale interesse non comporta, di per sé, un pregiudizio all’interesse sociale (cfr. Cass. 21 marzo 2000, n. 3312);
– in applicazione di tale principio è stato affermato che la deliberazione determinativa del compenso dell’amministratore non può considerarsi invalida per il mero fatto che essa sia stata adottata col voto determinante espresso dallo stesso amministratore che abbia preso parte all’assemblea in veste di socio, se non ne risulti altresì pregiudicato l’interesse sociale (così, Cass. 3 dicembre 2008, n. 28748);
– ne consegue che, con riferimento al caso in esame, la mera circostanza che il socio privato, per il tramite dell’amministratore della società, abbia votato la delibera avente a oggetto la determinazione del compenso dell’amministratore medesimo non è idonea a dare luogo a una situazione di conflitto di interesse, rilevante ai fini che qui interessano, non avendo la Corte territoriale accertato – né la parte ricorrente dedotto di aver allegato – la presenza di elementi significativi di una incompatibilità dell’interesse sociale con l’interesse individuale perseguito;
– al contrario, il giudice di appello, nell’argomentare l’insussistenza della denunciata situazione di conflitto di interesse, ha valorizzato il fatto che con la impugnata delibera di approvazione del compenso degli amministratori l’assemblea ha disposto la riduzione dello stesso – da Euro 58.800,00 a Euro 41.040,00 – per il periodo decorrente dal 1° aprile 2015 al 31 dicembre dello stesso anno, in ragione delle difficoltà economiche della società;
– si osserva, inoltre, che non risulta decisiva la dedotta ripetuta sollecitazione rivolta dal socio privato al socio pubblico ad alienare la propria quota, ritenuta dal ricorrente strumentale a determinare un deprezzamento del valore della quota medesima e un suo più conveniente acquisto della stessa, atteso che la Corte di appello ha accertato che il socio privato si è limitato a chiedere al socio pubblico di procedere alla indizione di una gara a evidenza pubblica per la cessione di tale quota, in conformità con gli obblighi di legge, e che, dunque, la riferita finalità di deprimere il valore della quota per poi acquistarla a trattativa diretta non era ipotizzabile, stante l’incertezza dell’esito di una procedura a evidenza pubblica;
– con il secondo motivo il ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione degli artt. 2477 e 2479-ter, secondo comma, cod. civ. e degli artt. 2,3 e 4D.Lgs. 19 agosto 2016, n. 175, per avere la sentenza impugnata ritenuto insussistente il danno alla società e il conflitto di interessi del socio privato in relazione alla mancata nomina dell’organo di controllo;>>