Inadimplenti non est adimplendum: sull’art. 1460 cc

Cass. sez. III, ord. 18/02/2025 n. 4.134, rel. Tassone:

<<In tal modo la corte territoriale non applica correttamente l’art. 1460 cod. civ., non tenendo conto degli insegnamenti di questa Suprema Corte, per cui nei contratti a prestazioni corrispettive l’esercizio della eccezione di inadempimento ex art. 1460 cod. civ.: a) presuppone che vi sia l’inadempimento della controparte (anche solo in termini di inesatto adempimento: v. Cass., 8/7/2024 n. 18587; Cass., 29/1/2021 n. 2154), dato che integra un fatto impeditivo dell’altrui pretesa di pagamento in costanza di inadempimento dello stesso creditore (Cass., 17/7/2023, n. 20719; Cass., 22/11/2016 n. 23759); b) deve essere sollevata in buona fede oggettiva, in relazione alla quale il giudice di merito dovrà verificare se la condotta della parte inadempiente abbia influito sull’equilibrio sinallagmatico contrattuale, avuto riguardo all’interesse della controparte, e quindi valutare la proporzionalità tra i rispettivi inadempimenti, non in rapporto alla rappresentazione soggettiva delle parti, bensì in rapporto alla situazione oggettiva (cfr. Cass., 28/12/2023, n. 36295, Cass., 29/1/2021, n. 2154 e Cass., 3/7/2000, n. 8880)>>.

Applicato al caso de quo, ove si rileva l’errore della Corte di appello:

<<Orbene, a fronte di questi principi di diritto, nel caso di specie la corte territoriale non ha individuato, né tantomeno accertato un concreto inadempimento di LOGISTICA ITALIA, ma si è limitata a far riferimento a una “forte preoccupazione” che sarebbe stata espressa da rappresentanze sindacali ed al mero “rischio” per DHL di subire “una eventuale azione diretta ai sensi dell’art. 7-ter D.Lgs. 21.11.2005, n. 286” (v. p. 6 della sentenza). Per di più, la corte addebita a LOGISTICA ITALIA un ritardo del pagamento dello stipendio di luglio 2014 ai dipendenti dei sub-vettori, ma, al contempo, per un verso espressamente individua la scadenza stipendiale “entro il 7 agosto” successivo, per altro verso dà atto che gli accordi di DHL con i novantasette soci lavoratori dei subvettori sono avvenuti mediante novantasette scritture private in data 31 luglio 2014, cioè cronologicamente e giuridicamente prima del preteso inadempimento stipendiale dell’attuale ricorrente.

La Corte d’Appello, inoltre, anche se si dovesse reputare -ipotesi appunto insostenibile per i dati cronologici da essa stessa rimarcati – che abbia accertato un inadempimento effettivo (per cui tuttavia non si comprende perché sia ricorsa alle nozioni di “preoccupazione” e di “rischio”, veicolanti solo la sussistenza di possibilità pregiudizievoli), per applicare l’art. 1460 cod. civ. avrebbe dovuto – e lo ha del tutto omesso – di procedere al giudizio di comparazione tra tale inadempimento di LOGISTICA ITALIA e l’inadempimento di DHL al pagamento delle fatture per nolo nn. 8, 10, 11, 12, e 13 del 2014 azionate da LOGISTICA ITALIA in sede monitoria.

L’impugnata sentenza giunge quindi a estendere erroneamente la portata applicativa dell’art. 1460 cod. civ., da un lato trasformandola in strumento non di reazione, bensì di tutela preventiva, valevole per ipotesi di mero “rischio di inadempimento”, e dunque per inadempimento non effettivo ma solo potenziale (e – non si può non notare per inciso – potenziale è ogni inadempimento quando la prestazione non è ancora dovuta), e d’altro lato omettendo di verificare se la parte che rivolge l’eccezione sia in buona fede, cioè rifiuti il proprio adempimento a fronte di un concreto e più rilevante inadempimento della controparte del contratto a prestazioni corrispettive>>.

Vizi della merce venduta e rimedi possibili (eccezione di inadempimento e risarcimento del danno ex art .1494 cc)

Una partita di grano viziato venduto ad un oleificio ha generato ola lite poi dcisa da Cass. n. 14.986 del 28.5.2021, rel. Scarpa.

Sul lodo irrituale: <<l‘arbitrato irrituale costituisce uno strumento di risoluzione contrattuale delle contestazioni insorte o che possono insorgere tra le parti in ordine a determinati rapporti giuridici, imperniato sull’affidamento a terzi del compito di ricercare una composizione amichevole, conciliante o transattiva. Poiché le parti si impegnano a considerare la decisione degli arbitri come espressione della loro volontà, il lodo irrituale ha natura negoziale ed è impugnabile ai sensi dell’art. 808 ter c.p.c. Allorché, come nel presente giudizio, viene in discussione quale fosse l’oggetto della controversia deferita agli arbitri, il vizio denunciato si traduce in una questione d’interpretazione della volontà dei mandanti e si risolve, analogamente a quanto accade in ogni altra ipotesi di interpretazione della volontà negoziale, in un apprezzamento di fatto, riservato al giudice di merito e insindacabile in sede di legittimità, se condotto nel rispetto dei criteri di ermeneutica contrattuale e correttamente motivato (cfr. Cass. Sez. 1, 24/03/2014, n. 6830)>>

Sulla eccezione di inadempimento: <<Deve allora considerarsi come l’eccezione di inadempimento funziona quale fatto impeditivo della altrui pretesa di pagamento avanzata, nell’ambito dei contratti a prestazioni corrispettive, in costanza di inadempimento dello stesso creditore. La parte evocata in giudizio per il pagamento di una prestazione rientrante in un contratto sinallagmatico può, pertanto, non solo formulare le domande ad essa consentite dall’ordinamento in relazione al particolare negozio stipulato, ma anche limitarsi ad eccepire – nel legittimo esercizio del potere di autotutela che l’art. 1460 c.c. espressamente attribuisce al fine di paralizzare la pretesa avversaria chiedendone il rigetto – l’inadempimento o l’imperfetto adempimento dell’obbligazione assunta da controparte, in qualunque delle configurazioni che questo può assumere, in esse compreso, quindi, il fatto che il bene consegnato in esecuzione del contratto risulti affetto da vizi o mancante di qualità essenziali (Cass. Sez. 2, 22/11/2016, n. 23759; Cass. Sez. 2, 04/11/2009, n. 23345; Cass. Sez. 2, 01/07/2002, n. 9517) >>

Il compratore può, del resto, sollevare l’eccezione di inadempimento, ai sensi dell’art. 1460 c.c., <<non solo quando venga completamente a mancare la prestazione della controparte, ma anche nel caso in cui dall’inesatto adempimento del venditore derivi una inidoneità della cosa venduta all’uso cui è destinata, purché il rifiuto di pagamento del prezzo risulti giustificato dall’oggettiva proporzione dei rispettivi inadempimenti, riguardato con riferimento al complessivo equilibrio sinallagmatico del contratto e all’obbligo di comportarsi secondo buona fede>>.

Syull’azine di danno ex art. 1494: <<l’azione di risarcimento dei danni proposta dall’acquirente, ai sensi dell’art. 1494 c.c., sul presupposto dell’inadempimento dovuto alla colpa del venditore, consistente nell’omissione della diligenza necessaria a scongiurare l’eventuale presenza di vizi nella cosa, ben può estendersi a tutti i danni subiti dall’acquirente, non solo quindi a quelli relativi alle spese necessarie per l’eliminazione dei vizi accertati, ma anche a quelli inerenti alla mancata o parziale utilizzazione della cosa o al lucro cessante per la mancata rivendita del bene. Da ciò consegue, fra l’altro, che tale azione si rende ammissibile in alternativa ovvero cumulativamente con le azioni di adempimento in via specifica del contratto, di riduzione del prezzo o di risoluzione del contratto medesimo (Cass. Sez. 2, 29/11/2013, n. 26852; Cass. Sez. 2, 07/03/2007, n. 5202; Cass. Sez. 2, 07/06/2000, n. 7718). Il risarcimento per l’inadempimento del venditore correlato ai vizi della cosa esige certamente un rapporto causale immediato e diretto fra tale inadempimento e danno. Questa limitazione – imposta dall’art. 1223 c.c. – è fondata sulla necessità di limitare l’estensione temporale e spaziale degli effetti degli eventi illeciti ed è orientata, perciò, ad escludere dalla connessione giuridicamente rilevante ogni conseguenza dell’inadempimento che non sia propriamente diretta ed immediata, ovvero che comunque rientri nella serie delle conseguenze normali del fatto, in base ad un giudizio di probabile verificazione rapportato all’apprezzamento dell’uomo di ordinaria diligenza. È tuttavia compito del giudice di merito accertare la materiale esistenza del rapporto che abbia i suddetti caratteri normativamente richiesti, così come verificare che il compratore non abbia colpevolmente concorso nel cagionare il danno ed, anzi, abbia mantenuto una condotta diretta a limitare le conseguenze negative dell’inadempimento del venditore: tale valutazione del giudice del merito, risolvendosi in un apprezzamento di fatto, è insindacabile in sede di legittimità se non nei limiti di cui all’art. 360 comma 1, n. 5, c.p.c.>>