Responsabilità in eligendo del Condominio e del suo amministratore per l’infortunio occorso al lavoratore mentre esegue un contratto di appalto

Trib. Palermo n. 1561/2023 del 9 maggio 2023, RG 11995/2019, g.  del lavoro Martino:

<<La mancata adozione di qualsiasi misura di sicurezza da parte dell’impresa esecutrice, come sopra evidenziata, dimostra, infatti, la chiara violazione da parte del committente [cioè l’amministratore del condominio] dei principi di diligenza cristallizzati nelle norme sopra citate e quindi, la responsabilità colposa dello stesso, ai sensi dell’art. 2043 c.c., per l’infortunio mortale occorso a Spatola.
Ove, infatti, il committente, nella fase di progettazione ed esecuzione del progetto di ristrutturazione avesse rispettato i principi e le misure generali di tutela di cui all’articolo 3 del decreto legislativo n. 626 del 1994 ed avesse scelto un’impresa idonea sotto il profilo tecnico-professionale, è ragionevole ritenere che l’evento in questione non si sarebbe realizzato.
Non v’è dubbio altresì che sussista anche la responsabilità del condominio.
Va ricordato infatti che il rapporto tra condominio e amministratore è riconducibile a quello del mandato con rappresentanza (Cass. 16 agosto 2000, n. 10815, Cass. 12 febbraio 1997, n. 1286, inoltre, Cass., S.U., 8 aprile 2008, n. 9148) con la conseguenza che dell’operato dell’amministratore che abbia agito in esecuzione del mandato, risponde il condominio in forza dell’articolo 2049 c.c (sulla responsabilità ai sensi dell’art. 2049 c.c. del mandante per l’illecito del mandatario cfr. Cass 18691 del 22.9.2015, Cass 12945 del 19.12.1995).

Nel caso di specie, sulla scorta della documentazione in atti, è indubbio che Levantino abbia agito nell’espletamento di un incarico del condominio. Ciò emerge dalle dichiarazioni rese dai condomini Inserra e Garonna i quali sentiti a sommarie informazioni nel corso del procedimento penale hanno dichiarato nell’immediatezza del fatto che i lavori di ristrutturazione dell’immobile erano stati decisi in seguito a riunione condominiale sulla base dell’offerta ritenuta più conveniente sotto il profilo economico>>.

Principio importante anche a livello teorico, essendo assai dubbio se possa onerarsi il Condominio di vagliare l’idoneità tecnico-professionale dell’impresa scelta, in mancanza di disposizione di legge.

Solo che tale disposizione c’è : art. 90 c. 9 del Testo unico per la sicurezza sul lavoro d. lgs. 81 del 2008. Si applica a tutti i “committenti” nel cui concetto, in assenza di deroga ex lege, dovrebbe rientra pure il Condominio.

Da vedere la responsabilità del Condominio è contrattuale, in  mancanza di rapporto diretto col lavoratore, oppuire aquiliana, come quella dei medici ospedalieri (dopo la legge Gelli Bianco n. 24 del 2017).

L’indennità di malattia non spetta se il lavoratore si infortuna nella c.d. pausa caffè

Cass. n. 32743 del 08.11.2021, rel. Calafiore, Inail c. Becciolini, insegna che non spetta al lavoratore l’indennità malattia, se questa è stata procurata in occasione della c.d. pausa caffè (nel caso: in bar esterno all’azienda, non essendo questa provvista di bar interno)

Dopo la premessa per cui <<la questione di diritto che il motivo propone è quella della corretta interpretazione dell’art. 2 del d.P.R. n. 1124 del 1965, secondo il quale l’assicurazione comprende tutti i casi di infortunio avvenuti per causa violenta in occasione di lavoro>>, ecco il  passaggio centrale:

<<quando, dunque, l’infortunio si verifica al di fuori, dal punto di vista spazio-temporale, della materiale attività di lavoro e delle vere e proprie prestazioni lavorative (si verifica, cioè, anteriormente o successivamente a queste, o durante una “pausa”), la ravvisabilità della “occasione di lavoro” è rigorosamente condizionata alla esistenza di circostanze che non ne facciano venir meno la riconducibilità eziologica al lavoro e viceversa la facciano rientrare nell’ambito dell’attività lavorativa o di tutto ciò che ad essa è connesso o accessorio in virtù di un collegamento non del tutto marginale; sulla scorta dei principi sopra enunciati, cui si intende dare piena continuità, è da escludere la indennizzabilità dell’infortunio subito dalla lavoratrice durante la pausa al di fuori dell’ufficio giudiziario ove prestava la propria attività e lungo il percorso seguito per andare al bar a prendere un caffè, posto che la lavoratrice, allontanandosi dall’ufficio per raggiungere un vicino pubblico esercizio, si è volontariamente esposta ad un rischio non necessariamente connesso all’attività lavorativa per il soddisfacimento di un bisogno certamente procrastinabile e non impellente, interrompendo così la necessaria connessione causale tra attività lavorativa ed incidente>>