Cass. sez. II, ord. 03/06/2024 n. 15.387, rel. Criscuolo:
<<Infine da ultimo è stato ribadito che in tema di distinzione tra erede e legatario, ai sensi dell’art. 588 c.c., l’assegnazione di beni determinati configura una successione a titolo universale (“institutio ex re certa”) qualora il testatore abbia inteso chiamare l’istituito nell’universalità dei beni o in una quota del patrimonio relitto, mentre deve interpretarsi come legato se egli abbia voluto attribuire singoli, individuati, beni, così che l’indagine diretta ad accertare se ricorra l’una o l’altra ipotesi si risolve in un apprezzamento di fatto, incensurabile in cassazione, se congruamente motivato. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito che aveva interpretato come disposizione a titolo universale l’attribuzione testamentaria di beni determinati, valorizzando, sia il fatto che al beneficiato fosse stata assegnata la generalità dei beni mobili, oltre che la quota di un immobile, sia le peculiari espressioni allo stesso riservate dal testatore, attestanti un trattamento, sul piano del riconoscimento affettivo, differente rispetto a quello destinato agli altri soggetti indicati nel testamento, così Cass. n. 6125/2020).
Nella fattispecie emerge che la sentenza gravata nel pervenire all’approdo interpretativo qui contrastato è partita proprio dal tenore letterale delle espressioni usate nell’atto di ultima volontà, evidenziando che l’unico bene immobile, che peraltro costituiva il cespite di maggior valore facente parte dell’asse ereditario, era stato attribuito al Be.Vi., cui la testatrice era legata anche da un rapporto di parentela, sottolineandosi altresì il particolare valore affettivo che legava la de cuius al bene, nel quale appunto viveva. È stata altresì valorizzata la scelta di ricorrere alla forma del testamento pubblico, accompagnata dalla volontà di revocare ogni altra disposizione testamentaria, e ciò al fine di rimarcare la particolare importanza che la de cuius annetteva a tale previsione testamentaria.
Il riferimento alla particolare importanza, sia in chiave patrimoniale che affettiva, che aveva il bene per la testatrice, e tenuto conto della formula neutra adottata (lascio), che si presta anche per legittimare la tesi della istituzione di erede ex certa re, implica un adeguato apprezzamento anche delle specifiche volontà testamentarie, così che risulta evidente come il ricorrente con il motivo in esame aspiri ad un’alternativa soluzione interpretativa, senza che però quella contestata si palesi come assolutamente insostenibile o evidentemente affetta da irragionevolezza.
La conclusione del giudice di merito non appare seriamente censurabile in questa sede, trovando conforto anche nella decisione della testatrice di attribuire nel complesso la generalità dei suoi immobili al ricorrente, e senza che rilevi a tal fine, come invece sostenuto in ricorso, la necessità di voler qualificare il lascito di un singolo bene come universalità dei beni o come quota parte dell’asse ereditario, trovando la soluzione criticata la sua giustificazione non già nel primo comma dell’art. 588 c.c., ma nel secondo comma.
Né appare superflua, come pure sostenuto, l’attribuzione al Be.Vi., oltre che della casa anche delle pertinenze, in quanto, a differenza dell’istituzione espressa quale erede, quella ex re certa implica l’attribuzione solo dei beni specificamente individuati nel testamento, e potendo la cd. vis expansiva della quota ex certa re esplicarsi solo relativamente ai beni sopravvenuti rispetto alla data di redazione della scheda ovvero ignoti al testatore (Cass. S.U. n. 17122/2018), così che, ove fosse mancato il riferimento
alle pertinenze, e non potendosi invocare il regime di trasferimento proprio delle stesse ex art. 818 c.c., per assicurare l’acquisto da parte del Be.Vi. effettivamente si imponeva un esplicito riferimento.
Né appare dirimente il richiamo all’esistenza di altri beni mobili relitti, in quanto, in disparte la genericità del riferimento agli stessi, la sentenza impugnata, sia pure in relazione al rigetto delle richieste istruttorie formulate da parte appellante, ha sottolineato come i beni de quibus fossero di valore evidentemente e di gran lunga inferiore all’attribuzione immobiliare compiuta in favore di Be.Vi., di guisa che non potevano inficiare la correttezza della qualificazione dell’attribuzione in termini di istituzione di erede>>.