Non è data azione per accertare fatti (autenticità di un quadro), ma solo di diritti

Cass. sez. I, 09/02/2025  n. 3.231, rel. Caiazzo.

La Sc premette in generale:

<<4.1. La ricorrente censura la statuizione della sentenza impugnata ove è stato affermato che: “l’autenticità dell’opera d’arte fornisce al bene una qualificazione ontologicamente diversa, con inevitabili riflessi sul relativo diritto di proprietà. La Corte non può ignorare che l’attribuire o meno l’opera per cui è causa al Maestro Lu.Fo. incide considerevolmente sulla facoltà della proprietaria Gi.Mo. di alienare il quadro al prezzo corrispondente del mercato o, comunque, di mostrarla a terzi, consentendone la libera circolazione come autentica. L’incertezza scaturita dal rifiuto della Fondazione Lu.Fo. di autenticare l’opera d’arte ha reso, quindi, concreto l’interesse della Gi.Mo. a promuovere l’azione di accertamento”.

La ricorrente critica l’orientamento, fatto proprio dalla Corte territoriale, che ritiene ammissibile l’azione di accertamento a tutela del bene giuridico opera d’arte, presupponendo che l’autenticità di un’opera e l’essere la stessa attribuibile a un autore corrisponda a una qualità della res che si ripercuote sull’essenza stessa del diritto di proprietà, nel senso che la paternità dell’opera rappresenta una qualità del bene rilevante per l’esercizio del diritto di proprietà e per la determinazione del valore di mercato dell’opera.

4.2.Secondo un indirizzo prevalente di questo giudice di legittimità, l’azione di accertamento dell’autenticità dell’opera d’arte non è ammissibile quando non sia strumentale alla tutela di un diritto già sorto (e non meramente potenziale) e quindi all’attuazione di un interesse concreto e attuale, risolvendosi in un accertamento di una situazione di mero fatto, mentre l’azione è ammissibile quando è prodromica ad un’azione risarcitoria, di risoluzione, di annullamento (nel conflitto tra acquirente e venditore).

Invero, in una controversia analoga a quella in esame, in tema di giudizio di cognizione, è stato affermato che l’azione di accertamento non può avere ad oggetto, salvi i casi eccezionalmente previsti dalla legge, una mera situazione di fatto, ma deve tendere all’accertamento di un diritto che sia già sorto, in presenza di un pregiudizio attuale, e non meramente potenziale (Cass., n. 28821/2017); in tale controversia, l’oggetto dell’accertamento richiesto al giudice era stato, inammissibilmente e direttamente, la veridicità dei fatti allegati e cioè l’autenticità di un’opera artistica (quella acquistata dall’attore come di mano del Maestro Boetti) e la sua attribuzione al medesimo artista, nonché l’identità di quanto acquistato con quella oggetto di schedatura. In quel giudizio di merito si era, al contempo, accolta la domanda di accertamento che l’opera era proprio la medesima e corrispondeva a quella certificata nell’anno 1997 come autentica del Maestro Boetti, dall’Archivio convenuto, e respinto la domanda risarcitoria.

Questa Corte in quel giudizio aveva dato rilievo al fatto che il ricorso incidentale per cassazione (proposto avverso il rigetto della pretesa risarcitoria) era inammissibile, con conseguente conferma del rigetto della pretesa risarcitoria.

Nel solco della suddetta sentenza, si colloca anche Cass., n. 30510/23, che ha confermato la sentenza di merito che aveva escluso, in capo al terzo acquirente di un immobile – convenuto, insieme al proprio dante causa, in un giudizio ex art. 2901 c.c. -, l’interesse a proporre domanda riconvenzionale volta a far valere l’incremento di valore conseguito dal cespite per effetto di lavori di ristrutturazione in vista di una futura azione risarcitoria.

In tema, è stato altresì affermato che l’interesse ad agire richiede non solo l’accertamento di una situazione giuridica, ma anche che la parte prospetti l’esigenza di ottenere un risultato utile giuridicamente apprezzabile e non conseguibile senza l’intervento del giudice, poiché il processo non può essere utilizzato solo in previsione di possibili effetti futuri pregiudizievoli per la parte, senza che sia precisato il risultato utile e concreto che essa intenda in tal modo conseguire. Ne consegue che non sono proponibili azioni autonome di mero accertamento di fatti giuridicamente rilevanti che costituiscano solo elementi frazionari della fattispecie costitutiva di un diritto, che può costituire oggetto di accertamento giudiziario solo nella sua interezza (Cass., n. 2051/2011).

Inoltre, è stato ribadito che “la domanda di mero accertamento della natura professionale dell’infortunio, nonché, specificamente, della sussistenza del nesso di causalità tra infortunio e prestazione lavorativa” (in assenza di una inabilità permanente residuata indennizzabile) è inammissibile, “risolvendosi in una richiesta di accertamento di meri fatti, incompatibile con la funzione del processo che può essere utilizzato solo a tutela di diritti sostanziali e deve concludersi (salvo casi eccezionali) con il raggiungimento dell’effetto giuridico tipico, cioè con l’affermazione o la negazione del diritto dedotto in giudizio, onde i fatti possono essere accertati dal giudice solo come fondamento del diritto fatto valere in giudizio e non di per sé e per gli effetti possibili e futuri che da tale accertamento si vorrebbero ricavare” (Cass., n. 21903/2018).

In Cass. N. 10397/2016, citata nella sentenza qui impugnata, ci si è invece occupati di questioni processuali (in tema di CTU) in un giudizio vertente sull’accertamento giurisdizionale della paternità di un’opera d’arte.

Questa Corte in altra pronuncia (Cass. 23935/2023) si è poi pronunciata in una controversia risarcitoria promossa nei confronti dell’autore e della Jeff KOONS LLC da acquirente di una scultura (denominata “Serpents”), attribuita all’artista Jeff Koons e acquistata da una società che, a sua volta, l’aveva acquistata da altra società che se l’era aggiudicato a un’asta di oggetti non reclamati in giacenza da due anni presso la dogana di Milano; la Corte d’Appello di Milano, in riforma della decisione di primo grado, aveva accolto la domanda risarcitoria, ritenendo, in via incidentale, accertata l’autenticità dell’opera, in quanto la domanda di accertamento autonomo era ammissibile perché derivava dall’effettivo ed illegittimo disconoscimento compiuto dall’artista, disconoscimento posto a base della domanda risarcitoria, essendo emerso “il consenso tacito dell’artista, per fatti concludenti, alla circolazione del detto esemplare, attraverso la pubblicazione mediante esposizione dell’esemplare alla mostra di e, da lì, all’immissione sul mercato”.

Il ricorso per cassazione dell’artista è stato respinto, rilevandosi, quanto al primo motivo (riguardante proprio l’ammissibilità della domanda di accertamento dell’autenticità della scultura attribuita all’artista), che lo stesso non aveva attinto la complessiva ratio decidendi della sentenza impugnata, che, pur richiamando il principio affermato dalla giurisprudenza di legittimità in Cass. 28828/2017, aveva affermato come, nella fattispecie in esame, il pregiudizio lamentato dall’acquirente non era potenziale, bensì “effettivo”, e derivava dall’effettivo ed illegittimo disconoscimento compiuto.

Si trattava quindi di una controversia tra l’acquirente dell’opera d’arte e l’artista, il quale riteneva trattarsi di un esemplare non autorizzato e quindi non autentico>>.

Poi applica le regole generali al caso sub iudice:

<<4.3. Nel presente giudizio, la questione controversa è questa: se, vertendo la giurisdizione civile su diritti e non su fatti, esista o meno un diritto assoluto all’autenticità dell’opera d’arte, tutelabile erga omnes, anche al di fuori di un rapporto obbligatorio in cui si lamenti l’inadempimento o l’illecito, con un’azione di mero accertamento.

Nella specie la controversia verte tra l’acquirente terzo e una Fondazione costituita a protezione del patrimonio dell’artista.

La funzione dell’azione di accertamento è quella di reagire ad un comportamento altrui atto a pregiudicare l’esistenza o l’effettiva consistenza – non di una situazione di fatto ma – di un diritto soggettivo. Il limite alle azioni di mero accertamento è dato dall’interesse ad agire ex art.100 c.p.c., dovendo esservi un interesse concreto e attuale del titolare del diritto a rimuovere la situazione d’incertezza.

Nella specie, poi, la Fondazione non aveva mosso contestazioni al diritto di proprietà sull’opera acquistata da parte dell’attrice, nel senso dell’appartenenza quest’ultima, e non si può quindi neppure ipotizzare una lesione del diritto di proprietà.

Né si pone una questione di tutela del diritto morale d’autore, dal contenuto essenzialmente oppositivo, non azionabile se non dai soggetti di cui agli artt. 20 e 23 L.a.

Ritiene il Collegio quindi che vada pienamente condiviso l’ indirizzo interpretativo secondo cui l’azione di accertamento dell’autenticità dell’opera d’arte non è ammissibile quando non sia strumentale alla tutela di un diritto già sorto (e non meramente potenziale) e quindi all’attuazione di un interesse concreto e attuale, risolvendosi in tal modo in un accertamento di una situazione di mero fatto, laddove tale azione è ammissibile quando è prodromica ad un’azione risarcitoria, di risoluzione, di annullamento (ad es., nel conflitto tra acquirente e venditore).

Va evidenziato come la tutela della paternità dell’opera prevista dalla Legge d’autore riguarda solo il diritto di rivendicare la paternità in capo all’autore e, dopo la sua morte, ai familiari (art. 20) e l’azione di accertamento e inibitoria in caso di falsa attribuzione (art.156).

Non si può ritenere, invece, ammissibile azione di accertamento a tutela del bene giuridico opera d’arte, in relazione ad una qualità (la paternità artistica) del bene rilevante per l’esercizio del diritto di proprietà e per la determinazione del valore di mercato dell’opera.

E la domanda della Gi.Mo. riguarda proprio un mero accertamento relativo all’autenticità dell’opera d’arte, non essendo stato prospettato un pregiudizio attuale, ma solo potenziale, in ordine all’eventuale decremento del valore della stessa connesso alla mancanza dell’accertamento richiesto.

Né può sostenersi che il pregiudizio concreto ed attuale afferisca all’istanza di pubblicazione del richiesto accertamento nel catalogo della Fondazione, che costituisce piuttosto un mezzo diretto a

valorizzare la proprietà dell’opera, che si collochi in un mercato ove attingere le informazioni sul bene in vendita. E nel mercato dell’arte vi è una norma (art.64 del Codice dei beni culturali, D.Lgs. n. 42/2004) che obbliga il professionista del settore a rilasciare all’acquirente documentazione sull’autenticità dell’opera o la sua probabile attribuzione o provenienza. Ma il tutto comunque opera nell’ambito obbligatorio della vendita.

Pertanto, si può concludere che nel nostro ordinamento non esiste un diritto assoluto all’autenticità dell’opera d’arte, tutelabile erga omnes, anche al di fuori di un rapporto obbligatorio in cui si lamenti l’inadempimento o l’illecito, con un’azione di mero accertamento.

La funzione dell’azione di accertamento è invero quella di reagire ad un comportamento altrui atto a pregiudicare l’esistenza o l’effettiva consistenza – non di una situazione di fatto ma – di un diritto soggettivo; il limite alle azioni di mero accertamento è dato dall’interesse ad agire ex art.100 c.p.c., dovendo esservi un interesse concreto e attuale del titolare del diritto a rimuovere la situazione d’incertezza.

Nella specie, poi, come sopra detto, la Fondazione non muoveva contestazioni al diritto di proprietà sull’opera acquistata da parte dell’attrice, nel senso dell’appartenenza a quest’ultima, e non si può parlare di lesione del diritto di proprietà>>.