Cass. sez. 2 del 30.11.2023 n. 33.380, rel. Poletti:
<<Il riconoscimento del debito, ricondotto dalla giurisprudenza
di questa Suprema Corte alla categoria degli atti giuridici in senso
stretto, privi di carattere negoziale (Cass. n. 5982/2007; n.
2758/2020), ben può manifestarsi anche in forma tacita quando il
debitore compia un atto o tenga un comportamento incompatibile con
la volontà di contestare l’esistenza del debito, non essendo necessarie
formule particolari ma solo il carattere della sua univocità (Cass. n.
12953/2007, n. 21248/2012, n. 13897/2020).
Con più specifico riguardo alla fattispecie in esame, è frequente
nella giurisprudenza di legittimità l’affermazione che “il
riconoscimento dei vizi della cosa venduta, che ai sensi del 2° co.
dell’art. 1495 cod. civ. rende la denunzia non necessaria, oltre che in
forma espressa può avvenire anche tacitamente e cioè mediante il
compimento di atti incompatibili con l’intenzione di respingere la
pretesa del compratore o di far valere la decadenza dal diritto alla
garanzia” (cfr. Cass. n. 16766/2019; n. 23970/2013; Cass. n.
10288/2002; Cass. n. 4219/1998).
È, questo – come correttamente affermato dalla decisione
impugnata – quanto si verifica anche per effetto del comportamento
del venditore che compia sulla cosa venduta interventi di riparazione,
come nel caso di specie in cui si contano, a partire dalla prima
riparazione consistente nella sostituzione del motorino di avviamento eseguita trascorsi tre mesi dalla consegna dell’autovettura,
innumerevoli interventi riparatori (ben diciotto!), tutti intervallati da
periodi inferiori all’anno, protrattisi fino al 15.02.2012. Tale “impegno
riparatore” del venditore, come lo definisce la sentenza impugnata,
specie se costantemente reiterato, può ritenersi certamente un fatto
incompatibile con la volontà di non riconoscere il diritto del
compratore, rispetto al quale corre il termine prescrizionale>>
Insegnamento condivisibile