Libertà di ricerca scientifica e di parola vs. diffamazione: possono i ricercatori dire che un certo anestetico non è superiore agli altri in commercio?

la risposta dovrebbe essere senza esitazioni  positiva e  tale è quella dell’appello del 3 circuito USA in Pacira Biosciences v. AMERICAN SOCIETY OF ANESTHESIOLOGISTS, INC ed altri, 24 marzo 2023, No. 22-1411  (link da JUSTIA US LAW e notizia dal blog di Rebecca Tushnet).

Sentenza interessante, anche perchè riferisce in dettaglio delle opinioni espresse.

Violazione azionata: <<Pacira seeks relief based on two statements: (1) that EXPAREL is “not superior” to local anesthesia; and (2) that it is an “inferior analgesic.”>>

Ma i due gradi rigettano perchè :

i) si tratta di opinioni, non suscettibile di essere sottoposte al test di vero/falso : <<Pacira’s critiques about the Articles’ data and methodology may be the basis of future scholarly debate, but they do not form the basis for trade libel under New Jersey law. To conclude otherwise would risk “chilling” the natural development of scientific research and discourse. Kotlikoff, 444 A.2d at 1088; see also ONY, 720 F.3d at 497 (observing that scientific conclusions inspire other scientists to “respond by attempting to replicate the described experiments, conducting their own experiments, or analyzing or refuting the soundness of the experimental design or the validity of the inferences drawn from the results”). Thus, the verifiability factor supports our conclusion that the statements are nonactionable opinions;>>, P. 17

La corte si sofferma anche sulla (sottile) differenza tra defamation e trade libel, p. 9 ss.

ii) anche il contesto indica che si trattava di opinioni e non di fatti: <<The statements here were made in a peer-reviewed journal for anesthesiology specialists. While statements are not protected solely because they appear in a peer-reviewed journal, such journals are often “directed to the relevant scientific community.” ONY, 720 F.3d at 496-97. Their readers are specialists in their fields and are best positioned to identify opinions and “choose to accept or reject [them] on the basis of an independent evaluation of the facts.” Redco Corp. v. CBS, Inc., 758 F.2d 970, 972 (3d Cir. 1985).
Such is the case here. First, Anesthesiology is a leading journal in the field and is offered as a free benefit to the ASA’s members, who are “physicians practicing in anesthesiology as well as anesthesiologist assistants and scientists interested in anesthesiology.” JA34. Second, the readers were provided with the data and methodology on which the statements were based. The Hussain Article stated that it was based on nine randomized studies, gave the reasons for selecting those studies, and disclosed the possible shortcomings of its methodology. The Ilfeld Review disclosed the seventy-six randomized controlled trials involving EXPAREL it reviewed, what those trials concluded, and the methods the authors used to analyze the data. The CME’s statement that EXPAREL is “inferior” to local anesthetics is based directly on the Ilfeld Review’s finding that “[n]inety-two percent of trials (11 of 12) suggested [standard local anesthesia] provides superior analgesia to [EXPAREL].” JA96. Similarly, the CME’s statement allegedly suggesting that industry-sponsored studies favoring EXPAREL were biased is drawn directly from the Articles, which state that industry-sponsored studies were “considered a potential source of bias.” JA78; see also JA145 (“Explicitly excluded from the Cochrane bias tool is industry funding.”).19 Therefore, the journal’s readers were provided the basis for the statements, have the expertise to assess their merits based on the disclosed data and methodology, and thus are equipped to evaluate the opinions the authors reached.
For these reasons, content, verifiability, and context all support the conclusion that the statements are nonactionable opinions. The District Court, therefore, properly dismissed Pacira’s complaint.>>

Il diritto di critica verso le sentenze può concretizzarsi in un giudizio anche molto negativo

Trib. Roma n° 347/2023 del 09.01.2023, RG 62688/2020, g.u. Bile, decide sulla domanda risarcitoria proposta da due giudici penali che in Cassazione nel 2013 confermarono l’appello di condanna di Berlusconi per reati fiscali.

Il Foglio di Ferrara , nell’ambito di una campagna organizzata dai mass media vicini a Berlusconi, pubblicava articoli assai critici dell’operato dei due magistrati.

Il Trib. Roma ora rigetta la loro domanda risarcitoria

Bisognerebbe ragionare sulle specifiche considerazioni di Ferrara per realmente  comprendere, ma non c’è  tempo: mi limito a riportar il proprium logico del Trib.

Distingue nettamente tra diritto di critica e diritto di cronaca, dicendo che la prima può essere anche di aperto dissenso, soprattutto se alta è la posizione dell’homo publicus criticato.

Ricorda poi la posizione dela Corte EDU sulla importnza di stampa libera in un regime democdatico

Infine ritiene che le espressioni di Ferrara costituiscano esercizio del diritto di critica:

<<Tali espressioni, pur caratterizzate da un tono polemico, non possono ritenersi ingiuriose. Esse prendono spunto da un fatto obiettivo, qual è la registrazione di una conversazione e non valicano mai il limite della continenza. Si tratta dell’espressione di un convincimento personale dell’autore basato su un’opinione, altrettanto personale, attinente alla attendibilità di quanto contenuto nelle richiamate registrazioni. Poiché sono le stesse dichiarazioni contenute nella registrazione che delineano una anomalia nella genesi della decisione, è chiaro che, nella non celata prospettiva di chi le ritiene attendibili, l’elaborazione di un pensiero critico e la manifestazione di un dissenso nei confronti di chi ha assunto quella decisione costituisce attività del tutto legittima.
A ciò si aggiunge che l’autore, pur non facendo mistero del proprio pensiero critico auspica una pubblica presa di posizione del Presidente Esposito là dove scrive: «Forse ha qualcosa in merito da dire, o qualche domanda a cui dovrebbe rispondere, il giudice che lo condannò nell’afa marcescente di un giorno d’agosto del 2013 e che è passato a nuova vita professionale di commentatore sulle colonne del Fatto Quotidiano di Marco Travaglio». Tale passaggio è significativo perché evidenzia una volta di più il tratto critico dell’articolo con il quale l’autore, lo si ripete, ha chiaramente inteso manifestare un’idea personale e non un’oggettiva rappresentazione dei fatti. Tant’è che, sia pure in tono polemico, sollecita una replica>>.

Tik tok responsabile per video che spingono a prove estreme? Sul safe harbour ex § 230 CDA

La corte dell’eastern district della Pennsylvania, Civ. No. 22-1849, del 25.10.2022, Anderson c. TikTOk, decide una dolorosa lite.

la domanda era svolta contro TT dalla madre di ragazza rimasta uccisa (a 10 anni!) nel cimentarsi con una delle pericolosissime prove di  “coraggio” che tristemente circolano sui social tra gli adolescenti. Nel caso era il “Blackout Challenge” (sopportazione di strangolamento crescente).

TT eccepisce il safe harbour ex 230 CDA.

La madre si sforza di provar il fatto proprio della piattaforma e nnn meramente dellutente uploader : <<Anderson bases her allegations entirely on Defendants’ presentation of “dangerous and deadly videos” created by third parties and uploaded by TikTok users. She thus alleges that TikTok and its algorithm “recommend inappropriate, dangerous, and deadly videos to users”; are designed “to addict users and manipulate them into participating in dangerous and deadly challenges”; are “not equipped, programmed with, or developed with the necessary safeguards required to prevent circulation of dangerous and deadly videos”; and “[f]ail[] to warn users of the risks associated with dangerous and deadly videos and challenges.” (Compl. ¶¶ 107, 127 (emphasis added).) Anderson thus premises her claims on the “defective” manner in which Defendants published a third party’s dangerous content.>>

Ma la corte immancabilmente rigetta, ritenendo operante la libertà editoriale.  Sono esmanati i precedenti tra cui quello dello Speed filter sull’applicazione Snapchat

La cosa è però sorprendente, alla luce della ratio di quest’ltima (garantire la libertà di pensiero ).

Intanto la piattaforma ha pesantemente diffuso il video, dice la madre. Però qui potrebbe replicarsi che ciò corrisponde all’ analogico decidere se la notizia vada in prima o quinta pagina.

POi il contributo al libero pensiero, nello spingere i ragazzi verso prove ad elevatissima rischiosità per la salute o la vita,   è scarso se non inesistente: parrebbe invece  istigazione colposa (colpa cosciente se non solo eventuale) alle autolesioni o al suicidio .

Un’intepretazione costituzionalmente corretta dovrebbe dunue indurre a decisione opposta,

E’ da vedere se tale interpretazione possa essere data  anche in base alla lettera della Costituzione usa o se ne serva una evolutiva. Nel secondo caso, con una Corte Suprema come quella attuale -radicalmente originalista per 6 a 3-  e col vincolo del precedente, sarebbe quasi impossobile.

Le pagine Facebook e Twitter dei Trustees di una scuola pubblica sono “public forum” e devono rispettare il Primo Emendamento

Aprofondita sentenza di appello sull’oggetto, resa dal 9° Circuito, 27 luglio 2022, Nos. 21-55118 e 21-55157, D.C. No. 3:17-cv-02215-BEN-JLB, Garnier v. O’Connor-Ratcliff  e Zane.

Alcuni Trustees del Poway Unified School District (“PUSD” or the “District”) Board of Trustees (scuola pubblica, parrebbe: non si potrebbe ravvisare public forum per una scuola privata) bannarono due genitori dalla pagina Facebook (F.) per le loro critiche continue e estese , anche se non offensive

I genitori agirono per violazione del Primo  Emendamento (libertà di parola)  in relazione al 42 U.S. Code § 1983 – Civil action for deprivation of rights.

L’appello conferma il primo grado dicendo che ricorre State Action (color of state law) e che il Primo Emendamento va rispettato anche sui social media, se usati nel dialogo con i cittadini: essi infatti diventano Designated Public Fora.

Succo: << The Garniers’ claims present an issue of first impression
in this Circuit: whether a state official violates the First
Amendment by creating a publicly accessible social media
page related to his or her official duties and then blocking
certain members of the public from that page because of the
nature of their comments. For the following reasons, we
hold that, under the circumstances presented here, the
Trustees have acted under color of state law by using their
social media pages as public fora in carrying out their official
duties. We further hold that, applying First Amendment
public forum criteria, the restrictions imposed on the
Garniers’ expression are not appropriately tailored to serve
a significant governmental interest and so are invalid. We
therefore affirm the district court judgment
>>, p. 6.

Si v. poi:

– i quattro criteri per ravvisare State Action, p. 18.

– il concetto di <designated public forum> e di <limited public forum>, p. 35.

– non è spam giustificativo della censura la continuata rieptizione di post critici, p. 39 ss

– l’usare i filtri Word, permesso da F., non fa diventare chiuso quello che altrimenti  è un public forum, p,. 15 ss

(notizia e link alla sentenza dal blog del prof. Eric Goldman)

La senatrice Warren chiede ad Amazon di modificare il suo algoritmo per combattere la misinformation: è inibizione del diritto di parola a carico delle pubblicazioni contrarie al mainstream e da ciò penalizzate?

Affronta in via sommaria il tema il Western District of Washington at Seattle, 9 maggio 2022, Case No. 2:21-cv-01508-BJR, giudice Barbara Rothstein, Kennedy e altri c. Elizabeth Warren (in proprio e nella funzione) (v. qui la pagina sul caso in CourtListener)

Il libro inibito era <<The Truth About COVID-19>>.

EW scrisse ad Amazon lamentando che favoriva la misinformation in tema di covid.-19 .

Concludeva la lettera byask[ing] [Amazon to] perform an immediate review of [its] algorithms and, within 14 days, provide both a public report . . . and a plan to modify these algorithms.” Id. at 5. The letter also asked Amazon to respond to four questions about its search algorithms and “Best Seller” labels, so that Sen. Warren could “fully understand Amazon’s role in facilitating misinformation about COVID-19 and its actions to address the issue.” Id. at 5-6.

Il libro era stato messo in vendita su Amazon e Barnes§Noble , che -dopo la pubblicità data alla lettera- lo esclusero dalle vendite oppure in modo opaco ne diminuirono la visibilità (overtly demoting, downgrading, or otherwise suppressing The Truth About COVID-19” without informing Plaintiffs. )

Essi citano allora EW per farle ritirare la lettera e inibirle simili condotte in futuro.

La Corte -prevedibilmente- rigetta. A nulla serve il precedente Bantham Books del 1963 invocato dagli attori, ove la censura era stata assai chiara, e analizzato dalla Corte. p. 7-8

First, the “thinly veiled threats” in Bantam Books were very thinly veiled. The commission’s notices were “phrased virtually as orders” and made explicit reference to the attorney general, the police, and the possibility of criminal prosecution. Id. at 67-68. Here, Defendant Warren’s alleged threat is derived primarily from her statements that the circulation of The Truth About COVID-19 was “potentially unlawful” and that COVID-19 misinformation has “led to untold illnesses and death.” Dkt. 8, Exh. A, at 1- 2; see Dkt. 7 at 10-17. Plaintiffs argue that booksellers could interpret these statements as threatening them with “legal liability for wrongful death or homicide.” Plaintiffs will have difficulty establishing that this is a reasonable or likely interpretation of Defendant Warren’s letter. The two noted phrases are not in the same paragraph and, even if they were, equating them to an accusation of homicide requires a vivid imagination. Furthermore, the vast majority of Defendant Warren’s letter is dedicated to persuasion—by arguing, for example, that “[o]ther major technology companies have recognized their role in propagating misinformation” and, unlike Amazon, taken steps to address it. Dk.8, Exh. A, at 5.

Next, Defendant Warren is far removed from the power to legally punish booksellers for continuing to sell The Truth About COVID-19. Although Plaintiffs are correct that “the fact that a public-official defendant lacks direct regulatory or decisionmaking authority over a plaintiff [or third-party publisher] . . . is not necessarily dispositive,” that does not mean it will not be dispositive in most cases. Dkt. 7 at 11 (citing Backpage.com, 807 F.3d at 230).

(…) Put another way, the threat of legal sanctions can act as an unlawful restriction on speech, but a threat will only be perceived as such if there is a realistic chance the threatened action can be carried out. Plaintiffs are unlikely to successfully demonstrate that the booksellers reasonably perceived Defendant Warren’s letter as a threat. Cf. id. at 68 (“The Commission’s notices [were]
phrased virtually as orders [and] reasonably understood to be such by the distributor . . . .”).

In summary, the Court finds that Plaintiffs are unlikely to succeed on the merits of their claim that Defendant Warren’s letter constitutes a prior restraint on speech.

Il fumus boni iuris dunque non viene ravvisato: condivisibilmente , direi.

Il blocco dell’account Twitter per post ingannevoli o fuorvianti (misleading) è coperto dal safe harbour ex § 230 CDA

Il distretto nord della California con provv. 29.04.2022, No. C 21-09818 WHA, Berenson v. Twitter, decide la domanda giudiziale allegante un illegittimo blocco dell’account per post fuorvianti (misleading) dopo la nuova Twitter policy five-strike in tema di covid 19.

E la rigetta, riconoscendo il safe harbour ex § 230.c.2.a del CDA.

A nulla valgono le allegazioni attoree intorno alla mancanza di buona fede in Twitter: << With the exception of the claims for breach of contract and promissory estoppel, all claims in this action are barred by 47 U.S.C. Section 230(c)(2)(A), which provides, “No provider or user of an interactive computer service shall be held liable on account of — any action voluntarily taken in good faith to restrict access to or availability of material that the provider or user considers to be obscene, lewd, lascivious, filthy, excessively violent, harassing, or otherwise objectionable, whether or not such material is constitutionally protected.” For an internet platform like Twitter, Section 230 precludes liability for removing content and preventing content from being posted that the platform finds would cause its users harm, such as misinformation regarding COVID-19. Plaintiff’s allegations regarding the leadup to his account suspension do not provide a sufficient factual underpinning for his conclusion Twitter lacked good faith. Twitter constructed a robust five-strike COVID-19 misinformation policy and, even if it applied those strikes in error, that alone would not show bad faith. Rather, the allegations are consistent with Twitter’s good faith effort to respond to clearly objectionable content posted by users on its platform. See Barnes v. Yahoo!, Inc., 570 F.3d 1096, 1105 (9th Cir. 2009); Domen v. Vimeo, Inc., 433 F. Supp. 3d 592, 604 (S.D.N.Y. 2020) (Judge Stewart D. Aaron)>>.

Invece non  rientrano nella citata esimente (quindi la causa prosegue su quelle) le domande basate su violazione contrattuale e promissory estoppel.

La domanda basata sulla vioalzione del diritto di parola è pure respinta per il solito motivo della mancanza di state action, essendo Tw. un  ente privato: <<Aside from Section 230, plaintiff fails to even state a First Amendment claim. The free speech clause only prohibits government abridgement of speech — plaintiff concedes Twitter is a private company (Compl. ¶15). Manhattan Cmty. Access Corp. v. Halleck, 139 S. Ct. 1921, 1928 (2019). Twitter’s actions here, moreover, do not constitute state action under the joint action test because the combination of (1) the shift in Twitter’s enforcement position, and (2) general cajoling from various federal officials regarding misinformation on social media platforms do not plausibly assert Twitter conspired or was otherwise a willful participant in government action. See Heineke v. Santa Clara Univ., 965 F.3d 1009, 1014 (9th Cir. 2020).  For the same reasons, plaintiff has not alleged state action under the governmental nexus test either, which is generally subsumed by the joint action test. Naoko Ohno v. Yuko Yasuma, 723 F.3d 984, 995 n.13 (9th Cir. 2013). Twitter “may be a paradigmatic public square on the Internet, but it is not transformed into a state actor solely by providing a forum for speech.” Prager Univ. v. Google LLC, 951 F.3d 991, 997 (9th Cir. 2020) (cleaned up, quotation omitted). >>

(notizia e link alla sentenza dal blog del prof. Eric goldman)

Altra conferma (d’appello) che Facebook non è “state actor” e che dunque l’arbitraria rimozione di post non viola il Primo Emendamento

SEcondo l’orientamento dominante il diritto di parola non ha la tutela costituzionale del 1 Emendamento quando la sua inibizione provenga da soggetto privato, quale il filtraggio operato dalle piattaforme digitali.

A tale orientameno si adegua l’Appello del secondo circuito 27.04.2022, Brock v. Zuckerberg e altri, 21-1796-cv .

Motivazione leggera e non particolarmente interessante.

Di fronte alla duplice causa petendi <<two principal arguments as to why the removal of his Facebook posts constituted state action: (1) Facebook was a publicly held company [sic!]; and (2) Facebook was the equivalent of a “public square” or “public forum.” >>, la Corte rigetta.

In particolare osserva:

<< Although Brock alleged some facts, construed liberally, as to his first argument, it clearly fails as a matter of law.   “The management of a corporation is not a public function; and a state’s permission for a corporation to organize itself in a particular manner is not the delegation of governmental authority.” Cranley v. Nat’l Life Ins. Co. of Vt., 318 F.3d 105, 112 (2d Cir. 2003).

As to Brock’s assertion that Facebook is a public square, he failed to make any non-conclusory factual allegations to support that claim.   Instead, the amended complaint merely repeats the legal conclusion that Facebook is a public forum and public square. While we construe pro se complaints liberally, legal conclusions “must be supported by factual allegations,” Ruston v. Town Bd. for Town of Skaneateles, 610 F.3d 55, 59 (2d Cir. 2010) (internal quotation marks omitted). None of Brock’s conclusory allegations “nudged” his claims “across the line from conceivable to plausible.” Bell Atlantic Corp. v. Twombly, 550 U.S. 544, 570 (2007).
In his opposition to the motion to dismiss, Brock conclusorily asserted for
the first time that Facebook is a state actor because it performs the traditional public function of delivering mail. Brock did not raise this argument on appeal or challenge the district court’s conclusion that he cannot “avoid the state action
question” by analogizing “Facebook’s provision of an online messaging service to

the government’s traditional provision of mail services through the United States
Postal Service,” App’x at 188–89.

It is well settled in the Second Circuit “that issues not discussed in an appellate brief will normally be deemed abandoned.” Beatty v. United States, 293 F.3d 627, 632 (2d Cir. 2002); see also Cruz v. Gomez, 202 F.3d 593, 596 n.3 (2d Cir. 2000) (“When a litigant – including a pro se litigant – raises an issue before the district court but does not raise it on appeal, the issue is abandoned.”).  And although “[a]n abandoned claim may nevertheless be considered if manifest injustice would otherwise result,” Ocean Ships, Inc. v. Stiles, 315 F.3d 111, 117 (2d Cir. 2002), such circumstances are not present here; Brock’s complaint and opposition below is devoid of any facts that would support a conclusion that Facebook has assumed a heretofore exclusively public function>>.

E’ assorbita la censura sul § 230 CDA ,.

E’ noto che da noi, invece, la tutela dei diritti fondamentali ex art. 2 Cost. opera anche nelle relazioni tra soggetti privati.

(notizia e link alla sentenza dal sito del prof. Eric Goldman)

I social media, utilizzati da un politico locale per attività ufficiali, costituiscono “public forum”, soggetto alla libertà di parola ex Primo Emendamento (ennesima conferma)

Il Tribunale NORTHERN DISTRICT OF ILLINOIS EASTERN DIVISION cofnerma che la pagina Facebook di un consigliere circoscrizionale (Alderman) del 45° Ward di Chcago (v. l’elenco qui)  è public forum. Quindi soggetta alla lbiertà di parola costituzionale sicchè la censura da aprte deel Consigliere dei post sgraditi non è ammessa, tranne i strettissimi limiti ricosciuti dalla giurisprudenza.

Si tratta della decisione 10.02.2022, PETE CZOSNYKA, et al. v. JAMES GARDINER, Alderman of the 45th Ward of the City of Chicago,Case: 1:21-cv-03240  .

<<In his motion, Alderman Gardiner argues that plaintiffs have insufficiently alleged that hisFacebook Page is a public forum, especially because Facebook is a private entity. The SeventhCircuit has held that public forums are “locations or channels of communication that thegovernment opens for use by the public for expressive activity.” Surita v. Hyde, 665 F.3d 860, 869(7th Cir. 2011).

Indeed, federal courts have “extended public speech protection to less traditional,designated public forums.” One Wisconsin Now v. Kremer, 354 F. Supp. 3d 940, 953 (W.D. Wis. 2019).The Supreme Court discussed similar conceptions of less traditional public forums in Packingham,which addressed the issue of a lack of access to public forums in our “cyber age,” specifically socialmedia. See Packingham v. North Carolina, — U.S. —, 137 S. Ct. 1730, 1736, 198 L. Ed. 2d 273 (2017).The Supreme Court provides guidance in determining whether a designated forum has beenintentionally created by the government, including (1) the “policy and practice of the government”and (2) “the nature of the property and its compatibility with expressive activity.” Cornelius v.NAACP Legal Defense & Educ. Fund. Inc., 473 U.S. 788, 802, 105 S.Ct. 3439, 87 L.Ed.2d 567 (1985).

Although the Seventh Circuit has yet to address this issue, other Circuit Courts have reliedon Cornelius’ expressive activity factor when examining whether social media platforms canconstitute a public forum. For example, the Fourth Circuit has held that expressive activity can bewhen one “intentionally open[s] the public comment section” and invites commentary, noticeablymarked by an interactive component of (say) a Facebook Page, “on [any] issue, request, criticism,complement or just …thoughts.” Davison v. Randall, 912 F.3d 666, 682 (4th Cir. 2019), asamended (Jan. 9, 2019).

Similarly, the Second Circuit has ruled in the context of Twitter (ananalogous social media platform), that blocking an account from certain users prevents expressiveCase: 1:21-cv-03240 Document #: 39 Filed: 02/10/22 Page 3 of 5 PageID #:1854conduct. See Knight First Amendment Inst. at Columbia Univ. v. Trump, 928 F.3d 226, 237 (2d Cir. 2019)(“The Account was intentionally opened for public discussion when the President, upon assumingoffice, repeatedly used the Account as an official vehicle for governance and made its interactivefeatures accessible to the public without limitation.”).

Thus, based on Packingham and the Cornelius factors, federal courts have concluded that whenthe government or a government official uses a social media account for official business, theinteractive portions of the social media platforms are public forums for First Amendment purposes.  See Davison, 912 F.3d at 682; Knight First Amendment Inst., 928 F.3d at 237; Felts v. Reed, 504 F.Supp.3d978, 985 (E.D. Mo. 2020); One Wisconsin, 354 F.Supp. 3d at 953. The Court agrees with thispersuasive authority.

Correspondingly, the fact that the government only has temporary control over theFacebook Page and that the government does not own the social media platform is not determinativeof whether the property is, in fact, sufficiently controlled by the government to make it a forum inrelation to the First Amendment. See Knight First Amendment Inst., 928 F.3d at 235. Specifically,control is not determined based on private or public ownership, but instead on the government’sexercise of control over the relevant aspects of the social media platformI>>.

Sentenza breve e dall’esito scontato.

Più interssante sarebbe chiedersi:

1) quando la pagina Fb del politico diventa solo privata e non più soggetta al 1° Emend.? Deve mancare di ogni e qualunque riferimento all’attività politico/amministrativa?

2) quale sarebbe da noi la valutazione giuridica di un caso analogo?

(notizia della sentenza e link alla stessa dal blog del prof. Eric Goldman)

La pagina del gruppo Facebook dell’Amministrazione Comunale costituisce “designated public forum” ai fini della libertà di parola

Secondo la corte di Seattle-WA , 21 nov. 2021,Case 2:21-cv-01264-MJP , Kimksey ed altri c. comune di Sammamish, la pagina del  gruppo Facebook, costituito dal Comune di Sammamish per dialogare di temi istituzionali con i cittadini, costituisce <designated public forum> (all’interno della nota tripartizione comnprendente pure <zpublic forum> e <limited public forum>).

Infatti da un lato non c’è censura preventiva e dall’altro i commenti off topic son spesso stati tollerati

Pertanto si applica lo strictg scrutiny nel giudizio sulla legittimità della censura : il quale viene superato solo  <<it furthers a compelling interest and is narrowly tailored to achieve that interest>>

La ragione per cui si trattava di post <fuori tema -off topic-> non è tale: per cui la sua censura è illegittima

(notizia della sentenza e link alla stessa dal blog di Eric Goldman)

Ancora sulla (al momento impossibile da ottenere) qualificazione delle piattaforme social come State Actors ai fini del Primo Emendamento (libertà di parola)

Altra sentenza (d’appello stavolta) che rigetta la domadna vs. Facebook (rectius, Meta) basata sul fatto che illegalmente filtrerebbe/censurerebbe i post o rimuoverebbe gli account , violando il Primo Emendamento (libertà di parola).

Questo diritto spetta solo verso lo Stato o verso chi agisce in suo nome o assieme ad esso.

Si tratta della sentenza di appello del 9° circuito (su impugnazione di una sentenza californiana confermata) ,  emessa il 22.11.2021, No. 20-17489 , D.C. No. 3:20-cv-05546-RS, Atkinson c. Meta-Zuckerberg.

Sono riproposte dall’utente (e la Corte partitamente rigetta) tutte le consuete e note causae petendi in tema.   Nulla di nuovo ma un utile loro ripasso.

Inoltre la Corte conferma pure l’applicazione del safe harbour ex  230 CDA.

(notizia e link alla sentenza dal blog di Eric Goldman)