Cass. n° 9616 dell’ 11.04.2023, rel. Graziosi:
<< 5.1.3 È evidente la discrasia che così emerge. La clausola viene dichiarata
nulla, ma il contratto “rimane in piedi”: si dovrebbe pertanto ritenere che la
corte territoriale abbia applicato l’articolo 1419, secondo comma, c.c., per cui il
contratto si salva qualora contenga clausole nulle ma queste siano “sostituite
di diritto da norme imperative”. Quali norme imperative siano state applicate
dalla corte territoriale non è evincibile dalla sua, a questo punto palesemente
incompleta, motivazione e/o valutazione con essa illustrata. L’articolo 1419,
secondo comma, c.c. si riferisce infatti, ictu ocu/i, a norme che regolino
imperativamente il contenuto negoziale, giacché esso presidia i limiti così
inferiti dall’ordinamento al loro opposto, id est all’autonomia negoziale:
l’imperio (democraticamente legittimo) del legislatore prevale quindi sul potere
dispositivo sostanziale cioè sulla libertà negoziale delle parti, per tutelare valori
superiori – il che sovente significa tutelare una parte debole, la cui potenziale
inferiorità condiziona appunto il sinallagma -. Radicalmente diversa è invece
una norma relativa alla prescrizione, non alla costituzione dei diritti; e non a
caso la corte territoriale si è astenuta dal menzionarla.
Il giudice d’appello, dunque, più che incorrere in un vizio motivazionale (a
prescindere dal fatto che si sta vagliando anche il quarto motivo, il primo
motivo proposto ben può essere riqualificato: sulla non vincolatività per il
giudicante della configurazione formale offerta dalla rubrica del motivo se
questo è tuttavia riconducibile nel paradigma dell’articolo 360 c.p.c. è noto
l’insegnamento di S.U. 24 luglio 2013 n. 17931, seguito, tra gli arresti
massimati, da Cass. sez. 3, 29 agosto 2013 n. 19882, Cass. sez. 1, 31 ottobre
2013 n. 24553, Cass. sez. 6-3, ord. 20 febbraio 2014 n. 4036, Cass. sez. L, 17
dicembre 2015 n. 25386, Cass. sez. 2, 29 novembre 2016 n. 24247, Cass. sez.
5, ord. 6 ottobre 2017 n. 23381, Cass. sez. 6-5, ord. 27 ottobre 2017 n.
25557, Cass. sez. 2, ord. 7 maggio 2018 n. 10862, Cass. sez. 5, ord. 23
maggio 2018 n. 12690 e Cass. sez. 6-5, ord. 19 giugno 2018 n. 16170), ha
violato – e il primo motivo in realtà denuncia, come appunto il quarto il cui
vaglio è stato perciò congiunto, tale violazione in forza dell’articolo 360, primo
comma, n.3 c.p.c. in tal senso dovendo essere riqualificato – la norma che 5
regola la nullità parziale, consentendo di sostituire ex lege l’illegittima volontà
delle parti, con effetto conservativo del resto.
La corte territoriale, invero, non ha rispettato l’articolo 1419, secondo comma,
c.c., in quanto ha omesso di identificare la norma imperativa con cui supplire la
clausola concreta di claims made presente nella polizza, come pretende
appunto tale norma>>.
pertanto la corte di rinvio << dovrà procedere alla relativa individuazione e, nel caso in cui non rinvenga la “norma protesi” che il capoverso dell’articolo 1419 c.c. esige, trarne la nullità del contratto>>.