Perdita del testamento olografo, prova della stessa e presunzione di revoca

Cass. sez. II, 18/02/2025 n.4.137, rel. Picaro:

<<L’art. 684 cod. civ., consentendo di superare le problematiche esistenti sotto la vigenza del codice civile del 1865, che non conteneva un’analoga disposizione e lasciava dubbi sull’attribuzione del significato di revoca della distruzione del testamento olografo, che non era contemplata tra le ipotesi codificate di revoca testamentaria, stabilisce che il testamento olografo distrutto, lacerato o cancellato, in tutto o in parte, si considera in tutto o in parte revocato, a meno che si provi che fu distrutto, lacerato o cancellato da persona diversa dal testatore, ovvero si provi che il testatore non ebbe l’intenzione di revocarlo.

Secondo la giurisprudenza consolidata della Suprema Corte (vedi in tal senso Cass. n. 22191/2020; Cass. n. 17237/2011; Cass. n. 12098/1995; Cass. n.3286/1975), seguita anche dall’impugnata sentenza, il mancato reperimento del testamento olografo giustifica la presunzione che il testatore l’abbia distrutto, (…) .

La Corte d’Appello di Venezia ha infatti ritenuto che la prova della perdita fortuita dell’originale del testamento olografo, avvenuta senza alcun concorso della volontà del testatore Gr.Be., potesse ritenersi acquisita in virtù:

a) della mancata contestazione della copia del testamento olografo oggetto di pubblicazione all’originale;

b) dell’attestazione di conformità della copia all’originale da parte dello stesso defunto desunta dalle firme al medesimo attribuite sulla copia poi pubblicata e delle dichiarazioni rese dal notaio in sede di pubblicazione;

c) dei codicilli autentici firmati da Gr.Be. che al testamento olografo poi pubblicato in copia facevano solo generico riferimento;

d) delle dichiarazioni rese in sede di interrogatorio formale dal notaio To.Lo., secondo le quali un originale in tutto conforme alla copia del testamento, poi pubblicata, in precedenza consegnatogli dal de cuius, l’avrebbe portato con sé l’8.10.2005 presso l’abitazione di Gr.Be., in occasione del ritiro dell’originale del codicillo integrativo, datato 4.10.2005, inserendolo in una cartellina in seguito smarrita col suo contenuto; e) delle testimonianze delle dipendenti dello studio notarile, Ca.Il. e Ro.St., che pur avendo assistito solo alla pubblicazione della copia del testamento, avvenuta presso quello studio il 15.3.2016, avevano confermato, in base a quanto dichiarato loro dal notaio-datore di lavoro, quanto dal medesimo riferito circa l’esistenza dell’originale del testamento e la conformità ad esso della copia pubblicata.

È opportuno partire dai principi esposti dalla menzionata sentenza n.22191/2020 di questa Corte, che sono i seguenti:

A) L’irreperibilità del testamento, di cui si provi l’esistenza in un certo tempo mediante la produzione di una copia, è equiparabile alla distruzione, per cui incombe su chi vi ha interesse l’onere di provare che esso “fu distrutto lacerato o cancellato da persona diversa dal testatore” oppure che costui “non ebbe intenzione di revocarlo”;

B) La prova contraria può essere data, anche per presunzioni, non solo attraverso la prova dell’esistenza del testamento al momento della morte (ciò che darebbe la certezza che il testamento non è stato revocato dal testatore), ma anche provando che il testamento, seppure scomparso prima della morte del testatore, sia stato distrutto da un terzo o sia andato perduto fortuitamente o comunque senza alcun concorso della volontà del testatore stesso;

C) È ammessa anche la prova che la distruzione dell’olografo da parte del testatore non era accompagnata dall’intenzione di togliere efficacia alle disposizioni ivi contenute;

D) In presenza di una copia informale dell’olografo, il mancato disconoscimento della conformità all’originale diventa rilevante solo una volta che sia stata superata la presunzione di revoca;

E) Ferma la prioritaria esigenza che sia stata data la prova contraria alla presunzione di revoca, sono applicabili al testamento le norme dell’art. 2724 c.c., n. 3 e art. 2725 c.c., sui contratti. E quindi ammessa ogni prova, compresa quella testimoniale e per presunzioni, sull’esistenza del testamento, purché beninteso la scomparsa non sia dovuta a chi chiede la ricostruzione del testamento.

Anzitutto va escluso, per contrasto col principio riportato alla lettera D), il rilievo probatorio attribuito dall’impugnata sentenza alla mancata contestazione della copia del testamento olografo oggetto di pubblicazione all’originale, che sarebbe potuto risultare rilevante solo una volta superata la presunzione di revoca del testamento olografo non reperito e quindi distrutto di cui all’art. 684 cod. civ.

In secondo luogo, nessun valore ai fini della prova dello smarrimento del testamento olografo originale di Gr.Be. avvenuto fortuitamente, e comunque senza concorso della volontà del testatore, può essere attribuito alle firme che il predetto avrebbe apposto sulle pagine della copia oggetto di pubblicazione per attestarne la conformità all’originale, che non sono state fatte oggetto di alcuna verifica e non presuppongono necessariamente che l’originale sia andato smarrito, risultando ben possibile che il de cuius abbia, per generica cautela, deciso di lasciare una copia del testamento olografo nella disponibilità della beneficiaria, a prescindere dalla perdita dell’originale, ma a ciò va aggiunto che i requisiti dell’autografia e della data del testamento olografo richiesti dalla legge non possono essere surrogati da un’attestazione di conformità della copia all’originale asseritamente proveniente dallo stesso testatore, quasi che si trattasse di un pubblico ufficiale abilitato ad attribuire pubblica fede agli atti autenticati.

In terzo luogo, i codicilli integrativi certamente autentici di Gr.Be., contenenti un mero riferimento generico al testamento olografo integrato, non forniscono alcuna prova specifica sull’esistenza e sul successivo smarrimento di un testamento olografo di contenuto conforme alla copia oggetto di pubblicazione notarile.

Quanto alle dichiarazioni rese dal notaio To.Lo., la Corte d’Appello ha riconosciuto ad esse valenza confessoria, in quanto il predetto ha ammesso il fatto a sé sfavorevole dello smarrimento del testamento che l’8.10.2005 avrebbe portato con sé presso l’abitazione di Gr.Be. inserendolo in un fascicolo poi inavvertitamente smarrito, ed ha ritenuto di poter attribuire quel valore alle dichiarazioni anche in ordine all’esistenza alla data dell’8.10.2005 dell’originale del testamento ed alla conformità di esso alla copia che in seguito il notaio ha fatto oggetto di pubblicazione.

Se però per quanto riguarda lo smarrimento del testamento, costituente un fatto sfavorevole, alle dichiarazioni del notaio poteva attribuirsi valore confessorio rispetto alle richieste risarcitone per responsabilità professionale contro di lui avanzate, in ordine all’esistenza dell’originale del testamento ancora alla data in cui il notaio si era recato presso l’abitazione di Gr.Be. che voleva parzialmente modificare le proprie volontà testamentarie pregresse (8.10.2015), portando con sé in un fascicolo quell’originale, ed alla conformità di quell’originale alla copia poi oggetto di pubblicazione (riferita dal notaio anche nel verbale di pubblicazione al di fuori del perimetro di fidefacienza proprio del verbale), che non erano fatti sfavorevoli al notaio, essendo destinati ad incidere sulla domanda di nullità del testamento olografo in copia oggetto di pubblicazione, avanzata a favore degli eredi legittimi e contro i beneficiari del testamento, alla quale il notaio era estraneo, quelle dichiarazioni non potevano certo avere valore di confessione, e quindi di prova legale ai sensi dell’art. 2733 cod. civ.

In realtà la stessa Corte d’Appello, pur definendo confessorie quelle dichiarazioni, non ha attribuito ad esse valore di prova legale per la loro interezza, ed ha ritenuto necessario corroborarle, in punto di esistenza dell’originale del testamento e di conformità ad esso della copia poi oggetto di pubblicazione notarile, con le testimonianze rese dalle dipendenti dello studio notarile, Ca.Il. e Ro.St.

In disparte la valutazione dell’attendibilità delle suddette testimoni in relazione al loro rapporto di dipendenza rispetto al notaio ed al lungo tempo trascorso dai fatti alla loro deposizione, che non compete a questa Corte, essendo riservata al giudice di merito, quel che è certo è che esse hanno solo assistito alla pubblicazione della copia del testamento di Gr.Be. da parte del notaio To.Lo., avvenuta presso il suo studio il 15.3.2016, mentre non erano presenti l’8.10.2005 presso l’abitazione di Gr.Be. allorché il notaio vi si sarebbe recato per ritirare il codicillo integrativo del 4.10.2005 ed avrebbe portato con sé l’originale del testamento olografo inserendolo in una cartellina, che poi in seguito sarebbe andata inavvertitamente smarrita.

Ne deriva che, a tutto concedere, le suddette testimoni hanno solo potuto ripetere quanto loro riferito dal notaio in occasione della pubblicazione della copia del testamento il 15.3.2016, che è evidentemente privo di qualsiasi valore probatorio trattandosi di informazioni fornite da una parte in causa del giudizio, il notaio To.Lo., che peraltro ben sapeva che poteva essere chiamato a risarcire i danni per lo smarrimento ed aveva quindi tutto l’interesse, per non incorrere in una futura responsabilità professionale, a sostenere non solo di avere avuto la disponibilità dell’originale del testamento olografo di Gr.Be., ma anche la conformità ad esso della copia pubblicata. La circostanza che le due testimoni abbiano reso dichiarazioni concordanti con quanto dichiarato dal notaio, non può quindi costituire conferma dell’attendibilità delle dichiarazioni di To.Lo., come invece ritenuto dalla Corte d’Appello, circa l’esistenza dell’originale del testamento olografo di Gr.Be. e circa la conformità ad esso della copia fatta oggetto di pubblicazione da parte di quel notaio il 15.3.2016. Si tratta infatti non solo di deposizioni de relato e non di testimonianze dirette, ma di deposizioni basate sulle dichiarazioni rese in proprio favore da una delle parti in causa, il notaio To.Lo., che a loro volta in quanto non confessorie, devono ritenersi totalmente prive di valore probatorio. Secondo la giurisprudenza di questa Corte la testimonianza de relato basata sulle dichiarazioni rese da una parte deve ritenersi priva di qualunque valore probatorio (vedi Cass. 21.5.2024 n. 14030; Cass. 15.1.2015 n. 569; Cass. 3.4.2007 n. 8358; Cass. 5.1.1998 n.43), o al più può assumere valore probatorio se sostenuta da altri elementi probatori oggettivi (Cass. 8.2.2006 n.2815; Cass. 29.11.1986 n. 7062; Cass. 19.4.1971 n. 1121; Cass. 16.3.1971 n. 735), che evidentemente non possono essere rappresentati dalle dichiarazioni della parte che è stata fonte della notizia riferita dal teste de relato, né da attestazioni di conformità della copia all’originale del testamento olografo attribuite al defunto che non possono sostituire la forma del testamento olografo smarrito, né da codicilli in originale a firma del de cuius che al testamento olografo originale si riferiscono solo genericamente senza riprodurne integralmente il contenuto>>.