Riporto due massime in tema, presenti in Famiglia e diritto, 1/2025, con nota di Maria Novella Bugetti:
Cassazione Civile, Sez. I, 10 settembre 2024, n. 24251, ord. – Pres. Valitutti – Est. Russo : “L’istituto dell’amministrazione di sostegno deve essere modellato dal giudice tutelare in relazione allo stato personale e alle circostanze di vita di ciascun beneficiario e in vista del concreto e massimo sviluppo delle sue effettive abilità (il c.d. “vestito su misura”). In quest’ottica, il giudice deve valutare non solo l’an della misura, ma anche il quid e il quomodo, privilegiando il rispetto del diritto fondamentale della persona di autodeterminarsi nelle scelte di vita e personali, anche quando non approvate dal contesto familiare e sociale, purché da queste scelte non derivi un concreto pregiudizio per la persona stessa. Deciso l’an della misura, non ne conseguono automatismi, e non possono adottarsi provvedimenti stereotipati o usare moduli standardizzati. Dall’apertura dell’amministrazione non discende, quale effetto legale, che la persona debba essere assistita o sostituita in tutte le attività giuridicamente rilevanti, ma solo in quegli ambiti in cui il giudice ha rilevato specifiche criticità, vale a dire deficit di competenze decisorie e gestorie che possono causare un serio pregiudizio alla persona“.
Cassazione Civile, Sez. I, 17 settembre 2024, n. 24878 – Pres. Acierno – Est. Russo: “L’amministrazione di sostegno non può essere disposta in mancanza dell’accertamento della condizione di menomata capacità del soggetto, e dunque in forza di una generica e non specificata condizione di fragilità ed inadeguatezza del beneficiando ad attendere ai propri interessi. Di conseguenza, la misura non può essere finalizzata a verificare se effettivamente detta inadeguatezza sussista e quale sia l’andamento degli affari del soggetto, con finalità di “monitoraggio” “