L’azione di petizione ereditaria (art. 533 ss. c.c.) non può riguardare beni già usciti dal patrimonio del de cuius prima del suo decesso

Esatto giudizio reso da Cass. sez. II, 21/03/2025 n. 7.577, rel. Giannaccari:

<< 5.1. Gli attori avevano, invero, chiesto dichiararsi “la nullità di due assegni bancari” emessi dalla de cuius in vita in favore del nipote Fa.Ra. perché frutto del reato di circonvenzione di incapace e, per l’effetto, avevano invocato la restituzione della somma incassata dal beneficiario e la sua devoluzione alla massa ereditaria.

Si tratta di un’azione di restituzione di somme che avrebbe potuto compiere lo stesso defunto – e per questo trasmissibile agli eredi – a titolo extracontrattuale, per circonvenzione di incapace>>.

Ecco perchè:

<<Trattandosi di un atto che la de cuius aveva posto mentre era in vita, è errata la qualificazione giuridica della domanda come petizione di eredità da parte della Corte d’Appello.

5.2. L’azione di petizione ereditaria richiede, infatti, tre presupposti di diritto: l’attore deve dimostrare la propria qualità di erede legittimo o testamentario, il possesso da parte del convenuto dei beni reclamati e l’appartenenza di tali beni all’asse ereditario.

Presupposto dell’azione è l’impossessamento da parte dei terzi o dell’erede dei beni ereditari sicché essa può avere ad oggetto beni riconducibili al momento dell’apertura della successione all’asse ereditario.

Con l’azione di petizione ereditaria, invero, l’erede può reclamare soltanto i beni nei quali egli è succeduto mortis causa al defunto mentre tale azione non può essere esperita per far ricadere in successione somme di denaro che il de cuius abbia, prima della sua morte, rimesso a mezzo di assegni bancari, senza un’apparente causa di giustificazione, al futuro erede e che questi abbia o abbia avuto in disponibilità in forza di un titolo giuridico preesistente e indipendente rispetto alla morte del de cuius (Cass. 4 aprile 2024, n. 8942; Cass. 9 febbraio 2011, n. 3181; Cass. 19 marzo 2001, n. 3939; Cass. 23 ottobre 1974, n. 3067).

La petitio hereditatis, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, è un’azione nella quale l’erede non subentra al de cuius ma che a lui viene attribuita ex novo al momento dell’apertura della successione (cfr. Cass. 2 agosto 2001, n. 10557; Cass. 16 gennaio 2009, n. 1074).

Nell’azione di petizione dell’eredità – che è un’azione reale, fondata sull’allegazione della qualità di erede e volta a conseguire il rilascio dei beni compresi nell’asse ereditario al momento dell’apertura della successione da chi li possiede senza titolo o in base a titolo successorio che non gli compete – legittimati attivamente e passivamente sono soltanto, rispettivamente, colui che adduce la sua qualità di erede e colui che sia in possesso dei beni di cui il primo chiede la restituzione (Cass. 9 febbraio 2001, n. 3181, cit.; Cass. 1 aprile 2008, n. 8440).

La petizione di eredità, quindi, non può essere esperita al fine di recuperare beni che, al momento dell’apertura della successione del de cuius, erano già fuoriusciti dal suo patrimonio e che, in ragione di ciò, non possono essere considerati quali beni ereditari.

5.3. Nel caso di specie, i due assegni, secondo la prospettazione condivisa dalle parti e l’accertamento svolto dalla Corte d’Appello, erano fuoriusciti dal patrimonio della de cuius quando era ancora in vita e le somme di denaro che costituivano il controvalore di detti assegni non facevano, quindi, parte dell’asse ereditario.

L’azione proposta, come risulta dalla sentenza del giudice di appello e dall’atto di citazione – che questa Corte ha il potere-dovere di esaminare in ragione del vizio dedotto, avente carattere processuale – era di natura extracontrattuale in quanto gli attori avevano lamentato che la de cuius aveva compiuto in favore di Fa.Ra. due atti di disposizione attraverso l’emissione di assegni per l’importo di Euro 433.300,00, approfittando delle precarie condizioni fisiche della medesima.

5.4. È, quindi, errata la qualificazione giuridica della domanda come petitio hereditatis, sulla quale la Corte d’Appello ha fondato la motivazione, pervenendo alla conferma della sentenza di primo grado che aveva accolto la domanda degli attori (fatto salvo che per il profilo relativo agli interessi), riconducendola, per l’appunto, ad un’azione di petitio hereditatis.>>

1) La petizione ereditaria non si applica al credito da conto corrente. 2) Unico legittimato all’azione di restituzione dell’indebito è il percettore diretto, non il terzo cui questi ne abbia trasferito una parte

Interessante (e frequente …) fattispecie concreta decisa da Cass. sez. 2, n° 19.936 del 21.06.2022, rel. Tedesco.

Muoino a breve distanza di tempo i due contitolari, coniugi, di un  conto bancario cointestato.

Il procuratore del secondo deceduto (moglie) ritira il saldo dal conto e ne traferisce metà ad un terzo.

Essendosi però  estinta la procura col decesso, il procuratore non aveva titolo : pertanto il vero erede esperisce azione nei suoi confronti e nei confronti del terzo beneficiario

La SC riforma la corte di appello laddove aveva applicato la petizioone di eredità (art. 534 cc) e nega che questa si applichi al credito da conto corrente.

Inoltre nega che il terzo beneficiario della metà del conto corrente abbia legittimazione passiva: .

Avendo natura di indebito, l’azione di restituzione delle somme illegittimamente prelevate dall’ex procuratore è strettamente personale, per cui solo quest’ultimo è legittimato passivo.    Del resto è proprio questa l’azione data al reale creditore verso il creditore apparente (art. 1189 c. 2 cc)

Principio di diritto: “L’art. 1189 c.c., in tema di pagamento al creditore apparente, è applicabile anche nell’ipotesi di pagamento delle somme depositate in conto corrente, effettuato dalla banca dopo la morte del correntista in favore di un soggetto non legittimato a riceverlo; conseguentemente l’azione accordata all’erede per la restituzione è quella disciplinata dall’art. 2033 c.c., che è esperibile solo nei confronti del destinatario del pagamento e non anc:he nei confronti di colui al quale la somma sia stata trasferita dall’accipens dopo che egli l’abbia indebitamente riscossa dalla banca debitrice

Non è però chiaro come possa dirsi che l’ex procuratore fosse creditore apparente e cioè <legittimato a riceverlo in base a circostanze univoche>, se la perocura si estingue ex lege in caso di decesso (§ 5 sentenza di Cass.)! Tanto più che il debitore (banca) è un soggetto abituato a trattare questo tipo di vicende giuridiche e operatore professionale qualificato!