Può un motore di ricerca specializzato scandagliare i siti e relative banche dati di suo interesse , proponendone i risultat agli utenti tramite link? O viola il diritto del costitutore sulla banca dati?
Questo il quesito posto alla Corte di Giustizia (CG) , proveniente dalla Lituania, cui ha offerto il proprio (interessante, come sempre) parere l’avvocato generale (AG) Szpunar il 14.01.2021, C-762/19, SIA «CV-Online Latvia» contro SIA «Melons».
La normativa rilevante è data dalla direttiva UE 96/9 dell’11.03.1996 e , da noi, dagli artt. 102 bis-102 ter l. aut. (ma potrebbe essere un’opera dell’ingegno, artt. 64 quinquies-64 sexies l. aut.)
Una società lettone (CV) gestisce un sito con banca dati contenente annunci di lavoro. Un’ altra società (SIA Melons) gestisce un motore di ricerca specializzato negli annunci d ilavoro che opera scandagliando i siti ad hoc e dunque i loro database, generando gli esiti tramite link offerti ai suoi utenti. La ricerca avviene soprattutto sui meta tag per ciascun annuncio di lavoro vacante, contenuti nella banca dati scandagliata, costituiti dalle seguenti parole chiave: «denominazione del posto di lavoro», «nome dell’impresa», «luogo di lavoro» e «data di pubblicazione dell’annuncio», § 10
In linea di massima l’aggregatore di notizia opera effettuando uin <reimpiego> e/o un'<estrazione>: dunque invadendo la privativa altrui:
<<36. Orbene, come risulta dalle informazioni contenute nella domanda di pronuncia pregiudiziale e nelle osservazioni delle parti, la stessa capacità di esplorazione dell’intero contenuto di una banca dati (o, più precisamente, di più banche dati contemporaneamente) è offerta da un motore di ricerca specializzato, come quello della Melons. Tale motore di ricerca permette di effettuare ricerche in vari siti Internet di annunci di lavoro, secondo i criteri pertinenti e senza passare attraverso i moduli di ricerca propri di tali siti. Il risultato di tale ricerca fornisce all’utente l’accesso ad annunci di lavoro selezionati secondo detti criteri. Atteso che detti siti Internet sono qualificabili come banche dati protette dal diritto sui generis previsto dalla direttiva 96/9, il motore di ricerca in questione permette di esplorare l’intero contenuto di tali banche dati, procedendo al suo reimpiego, nel senso attribuito al termine «reimpiego» dalla Corte nella sentenza Innoweb. Inoltre, indicizzando e copiando sul proprio server il contenuto dei siti Internet, il motore di ricerca della Melons effettua un’estrazione del contenuto delle banche dati che costituiscono tali siti. La fornitura dei collegamenti ipertestuali verso gli annunci che compaiono nel sito Internet della CV‑Online e la riproduzione delle informazioni contenute nei meta tag di tale sito, menzionate nelle questioni pregiudiziali, sono soltanto manifestazioni esterne, d’importanza secondaria, di tale estrazione e di detto reimpiego. La situazione oggetto del procedimento principale dunque non differisce sostanzialmente da quella della causa che ha dato luogo alla sentenza Innoweb. 37. Si deve dunque concludere che un motore di ricerca che copia e indicizza la totalità o una parte sostanziale delle banche dati liberamente accessibili in Internet e successivamente permette ai propri utenti di effettuare ricerche in tali banche dati secondo criteri pertinenti dal punto di vista del loro contenuto procede all’estrazione e al reimpiego di tale contenuto, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 96/9. Ciò premesso, non ritengo che l’analisi debba fermarsi qui. Infatti, il diritto di vietare una simile estrazione ed un simile reimpiego, a mio avviso, deve soddisfare condizioni aggiuntive>>.
L’AG si confronta con la decisione Innoweb 19 dicembre 2013, C‑202/12, relativa a motori di ricerca per veicoli usati, e coglie poi le differenze tra il motore di ricerca sub iudice e quello di Innoweb , <metamotore di ricerca>, §§ 33-35.
Il punto interessante è quello in cui l’AG introduce un limite (meglio, un presupposto) al diritto del costitutore: non basta l’estrazione o reimpiego di <parte sostanziale> della banca dati, ma bisogna pure che <<l’estrazione o il reimpiego in questione rappresenti un pregiudizio per l’investimento relativo alla costituzione o al funzionamento della banca dati che si intende proteggere, nel senso che esse costituiscono un rischio per le possibilità di ammortizzare tale investimento, in particolare minacciando i proventi derivanti dallo sfruttamento della banca dati in questione. Infatti, lo scopo perseguito limitando la protezione alle sole banche dati che hanno dato luogo ad investimenti rilevanti sarebbe raggiunto soltanto in parte se tale protezione potesse essere fatta valere contro condotte che non arrecano pregiudizio all’investimento in questione.>>, § 46.
La ragione è evidentemente quella di conciliare il diritto del costitutore con l’esigenza collettiva di non inibire iniziative concorrenziali di terzi, soprattutto consistenti nel creare prodotti innovativi a valore aggiunto, § 40. Del resto CV è il più importante portale del settore in Lituannia, § 55. Inoltre, CV si oppone solo ai motori di ricerca specializzati , non a quelli generalisti come Google, § 56: per cui l’AG sospetta che la ragione vera sia quella di inibire pericolosi concorrenti, dato che opera nel medesimo settore dei metamotori di ricerca tramite altra società del gruppo, § 57.
Tale requisito (<pregiudizio all’investimento impedendone l’ ammortamento>) , però, non sta nelle disposizioni di legge: pertanto l’AG arricchisce la fattispecie costitutiva del diritto, senza alcun appiglio testuale. E’ una sorta di limitazione teleologica della fattispecie o di fair use pretorio (da vedere poi se sia proprio un fatto costititutivo del diritto del costitutore -come parrebbe- oppure fatto impeditivo , il cui onere allegativo-probatorio incomba sul terzo utilizzatore della banca dati).
Si v. però le sue consisderazioni sul profilo concorrenziale ai §§ 51-58