Cass. sez. III, 17.07.2023 n. 20.503, rel. Condello.
<<Trattandosi di recesso ‹‹titolato››, e in ciò distinguendosi dal recesso ad nutum, la comunicazione del conduttore non può, tuttavia, prescindere dalla specificazione dei motivi, con la conseguenza che tale requisito inerisce al perfezionamento della stessa dichiarazione di recesso e, al contempo, risponde alla finalità di consentire al locatore la precisa e tempestiva contestazione dei relativi motivi sul fattuale o della loro idoneità a legittimare il recesso medesimo (Cass., sez. 3, 17/01/2012, n. 549; Cass. 26/11/2002, n. 16676; Cass. 29/03/2006, n. 7241; Cass., 24/04/2008, n. 10677), dovendo conseguentemente escludersi che il conduttore possa esplicitare successivamente le ragioni della determinazione assunta (Cass., sez. 3, 30/06/2015, n. 13368). In tal senso si è espressa anche la sentenza di questa Corte n. 24266/2020, richiamata dalla ricorrente nella memoria illustrativa a supporto della doglianza.
Le ragioni che consentono al locatario di liberarsi del vincolo contrattuale devono, inoltre, essere determinate da avvenimenti estranei alla sua volontà, imprevedibili e sopravvenuti alla costituzione del rapporto, tali da rendere oltremodo gravosa per il conduttore la sua prosecuzione. Inoltre, con riferimento
all’andamento dell’attività aziendale, può integrare grave motivo, legittimante il recesso del conduttore, non solo un andamento della congiuntura economica sfavorevole all’attività di impresa, come è di intuitiva evidenza (Cass., sez. 3, 24/09/2019, n. 23639; Cass., sez. 3, 09/05/2023, n. 12461), ma anche uno favorevole – purché sopravvenuto e oggettivamente imprevedibile (al momento della stipula del contratto) – che lo obblighi ad ampliare la struttura aziendale in misura tale da rendergli particolarmente gravosa la persistenza del rapporto locativo (cfr. Cass., sez. 3, 10/12/1996, n. 10980; Cass., sez. 3, 20/02/2004, n. 3418; Cass., sez. 3, 21/04/2010, n. 9443).
Nel caso di sopravvenuto andamento favorevole della congiuntura aziendale, i fatti, per essere tali da rendere oltremodo gravosa la prosecuzione del contratto, devono innanzitutto presentare una connotazione oggettiva, non potendo risolversi nella unilaterale valutazione effettuata dal conduttore in ordine all’opportunità ed alla mera vantaggiosità di continuare a occupare l’immobile locato, poiché, in tal caso, si ipotizzerebbe la sussistenza di un recesso ad nutum, contrario all’interpretazione letterale, oltre che allo spirito della suddetta norma (cfr. Cass., sez. 3, 28/02/2008, n. 5293; Cass., sez. 3, 08/03/2007, n. 5328).
In tal caso, pertanto, la gravosità della persistenza del rapporto locativo deve essere valutata oggettivamente ed in concreto utilizzando come parametri comparativi, da una parte, la dimensione e le caratteristiche del bene locato e del nuovo locale e, dall’altra, le sopravvenute nuove esigenze di produzione e di commercio dell’azienda. Ne consegue che il giudice del merito non può limitarsi a prendere in considerazione il fatto che vi sia stato un aumento del fatturato aziendale o un aumento del personale lavorante, indici di per sé soli, utili ma non sufficienti al fine propostosi, ma deve altresì verificare, sulla base delle prove raccolte – il cui onere spetta al conduttore recedente secondo i principi generali in materia di ripartizione dell’onere probatorio – se nello specifico ed in concreto le caratteristiche dell’immobile oggetto di locazione siano divenute inadeguate alla accresciuta dimensione dell’azienda così da rendere oltremodo gravosa per il conduttore la prosecuzione del rapporto locativo (Cass., sez. 3, 26/06/2012, n. 10624; Cass., sez. 3, 29/04/2015, n. 8706)>>