La responsabilità amministrativa ex d. lgs. 231/2001 si applica anche alle s.r.l. unipersonali

Secondo Cass. penale 45.100 del 2021, ud. 16.02.2021, rel. Silvestri,  la responsabilità amminsitrativa da reato si applica anche alle srl unipersonali.

Il più interessante è il § 5: <<Si è già detto di come il tema della interferenza tra società unipersonali aresponsabilità limitata e socio unico attenga alla distinzione tra soggettività giuridicaautonoma e presupposti per la responsabilità dell’ente.Sotto il primo profilo, la società a responsabilità limitata unipersonale è un soggettogiuridico a cui il decreto legislativo si applica.

Quanto al secondo profilo, il tema attiene alla verifica dei limiti e delle condizioni inpresenza delle quali la società unipersonale possa rispondere ai sensi del d. Igs. 231 del2001.La questione non si pone nei casi di società unipersonale partecipata da una societàdi capitali o di società unipersonali che evidenzino una complessità e unapatrimonializzazione tali da rendere percettibile, palpabile, l’esistenza di un centro diimputazione di interessi giuridici autonomo ed indipendente rispetto a quello facentecapo al singolo socio.E tuttavia, anche nel caso di società unipersonali di piccole dimensioni, in cui laparticolare struttura dell’ente rende labile e difficilmente percettibile la dualitàsoggettiva tra società ed ente, tra l’imputazione dei rapporti alla persona fisica edimputazione alla persona giuridica, il tema attiene solo al se sia configurabile unaresponsabilità dell’ente sulla base del sistema normativo previsto dal d.lgs. n. 231 del2001.In tal senso deve essere conciliata l’esigenza di evitare violazioni del principio del bisin idem sostanziale, che si realizzerebbero imputando alla persona fisica un cumulo disanzioni punitive per lo stesso fatto, e quella opposta, quella, cioè, di evitare che lapersona fisica, da una parte, si sottragga alla responsabilità patrimoniale illimitata,costituendo una società unipersonale a responsabilità limitata, ma, al tempo stesso,eviti l’applicazione del d. Igs. n. 231 del 2001, sostenendo di essere una impresaindividuale.Il fenomeno è quello della creazione di persone giuridiche di ridottissime dimensioniallo scopo di frammentare e polverizzare i rischi economici e ‘normativi’.

Esiste allora un’esigenza di accertamento in concreto del se, in presenza di unasocietà unipersonale a responsabilità limitata, vi siano i presupposti per affermare laresponsabilità dell’ente; un accertamento che non è indissolubilmente legato solo acriteri quantitativi, cioè di dimensioni della impresa, di tipologia della strutturaorganizzativa della società, quanto, piuttosto, a criteri funzionali, fondatisulla impossibilità di distinguere un interesse dell’ente da quello della persona fisica chelo ‘governa’, e dunque, sulla impossibilità di configurare una colpevolezza normativa dell’ente- di fatto inesigibile – disgiunta da quella dell’unico socio.Un accertamento secondo i criteri dettati dal d. Igs. n. 231 del 2001 di imputazioneoggettiva e soggettiva del fatto della persona fisica all’ente, in cui la dimensionesostanziale interferisce con quella probatoria, in cui assume rilievo la distinzione e ladistinguibilità fra l’interesse della società e quello della persona fisica delrappresentante.

Una verifica complessa che si snoda attraverso l’accertamento della organizzazione della società, dell’attività in concreto posta in essere, della dimensione della impresa, dei rapporti tra socio unico e società, della esistenza di un interesse sociale e del suoeffettivo perseguimento.

In tal senso, proprio allo scopo di prevenire comportamenti abusivi, il codice civilericollega all’unipersonalità (nella s.p.a.) talune previsioni che finiscono per gravare laposizione del socio e degli amministratori di specifici oneri sia in tema di conferimentisia in ambito pubblicitario (a titolo esemplificativo, artt. 2478- 2497 cod. civ.); alrispetto di tali adempimenti è, tra l’altro, «condizionata l’applicazione del regime diresponsabilità esclusiva della società col proprio patrimonio sociale per le obbligazioniinsorgenti dalla propria attività».

L’imputazione dell’illecito all’ente richiede un nesso «funzionale» tra persona fisicaed ente; ciò che conta, si legge nella relazione al decreto legislativo n. 231 del 2001, èche «l’ente risulti impegnato dal compimento […] di un’attività destinata a riversarsi nella sua sfera giuridica». In tal senso si spiega la previsione contenuta nel secondo comma dell’articolo 5 deld.lgs. n. 231 del 2001 che mutua dalla lett. e) della legge delega la clausola di chiusuraed esclude la responsabilità dell’ente quando le persone fisiche (siano esse apici osottoposti) abbiano agito nell’interesse esclusivo proprio o di terzi.

La norma stigmatizza il caso di “rottura” dello schema di immedesimazione organica;si riferisce cioè alle ipotesi in cui il reato della persona fisica non sia in alcun modoriconducibile all’ente perché non realizzato neppure in parte nell’interesse di questo»e,ove risulti per tal via la manifesta estraneità della persona giuridica, il giudice non dovràneanche verificare se essa abbia per caso tratto un vantaggio (Cosi la Relazioneministeriale al decreto legislativo; in tal senso, Sez. 6, n. 15543 del 19/01/2021,2Ecologia Servizi srl, Rv. 281052).>>

 

Responsabilità amministrativa dell’ente da reato: sul concetto di “nel suo interesse o vantaggio” ex art. 5.1 d. lgs. 231/2001:

Il concetto in oggetto (art.  5.1 d. lgs. 231/2001) è oggetto di ampio esame da parte di Cass. pen. sez. 4, n. 22.256 del 03.03.2021 (ud.), rel. Proto Pisani paola al § 3, p. 7 ss

Qui interessa il passo sulla rilevanza dell’omessa adozione di misure preventive (in particolare: di istruzioni sulla circolazione dei mezzi all’interno dell’azienda, avendo un muletto investito un lavoratore):

<<si ritiene che – onde impedire un’applicazione automatica della norma che ne dilati a dismisura l’ambito di operatività ad ogni caso di mancata adozione di qualsivoglia misura di prevenzione (che implica quasi sempre un risparmio di spesa il quale può, però, non essere rilevante) – ove il giudice di merito accerti l’esiguità del risparmio di spesa derivante dall’omissione delle cautele dovute, in un contesto di generale osservanza da parte dell’impresa delle disposizioni in materia di sicurezza del lavoro (ed in mancanza di altra prova che la persona fisica, omettendo di adottare tali cautele, abbia agito proprio allo scopo di conseguire un’utilità per la persona giuridica, e – quindi – in una situazione in cui l’omessa adozione delle cautele dovute sia plausibilmente riconducibile anche a una semplice sottovalutazione del rischio o ad un’errata valutazione delle misure di sicurezza necessarie alla salvaguardia della salute dei lavoratori), ai fini del riconoscimento del requisito del vantaggio occorre la prova della oggettiva prevalenza delle esigenze della produzione e del profitto su quella della tutela della salute dei lavoratori quale conseguenza delle cautele omesse: la prova, cioè, dell’effettivo, apprezzabile (cioè non irrisorio) vantaggio (consistente nel risparmio di spesa o nella massimizzazione della produzione, che può derivare, anche, dall’omissione di una singola cautela e anche dalla conseguente mera riduzione dei tempi di lavorazione) non desumibile, sic et simpliciter, dall’omessa adozione della misura di prevenzione dovuta>>, p. 11.

In altri termini , laddove non vi sia la prova – desumibile anche dalla sistematica sottovalutazione dei rischi – che l’omessa adozione delle cautele sia il <<frutto di una scelta finalisticamente orientata a risparmiare sui costi di impresa, (cioè di una specifica politica aziendale volta alla massimazione del profitto con un contenimento dei costi in materia di sicurezza, a scapito della tutela della vita e della salute dei lavoratori), e risulti, invece, l’occasionalità della violazione delle norme antinfortunistiche, dovendosi escludere il requisito dell’interesse, deve essere rigorosamente provato quello del vantaggio, che può alternativamente consistere in un apprezzabile risparmio di spesa o in un, sempre apprezzabile, aumento della produttività, e la motivazione della sentenza che riconosca tale vantaggio deve dare adeguatamente conto delle prove, anche per presunzioni, dalle quali lo ha desunto.>>