La sopravvenienza di figli, a chi già ne aveva, non è equiparabile alla analoga sopravvenienza a chi non ne aveva alcuno: solo alla seconda fattispecie si applicarsi la revoca testamentaria ex art. 687 cc

Così Cass. 5 ottobre 2023 n. 28.043, rel,. Criscuolo, ove si legge:

<<Cass. n. 18893/2017 ha, infatti, affermato che il testamento redatto dal “de cuius” che, al momento della sua predisposizione,
già avesse figli, dei quali fosse nota l’esistenza, non è soggetto a
revocazione per il caso di successiva sopravvenienza di un altro
figlio, ex art. 687 c.c., attesa la natura eccezionale – e, dunque,
non suscettibile di applicazione analogica o estensiva – di tale
disposizione, che contempla la diversa ipotesi in cui il testamento
sia stato predisposto da chi non aveva o ignorava di aver figli o
discendenti>>

Questa la motivazione:

<<Tale precedente, dopo aver richiamato il dibattito dottrinale, circa
il fondamento soggettivo o oggettivo della previsione, ha reputato
preferibile optare per la seconda soluzione che ancora il rimedio
alla modificazione in sé della situazione familiare in relazione alla
quale il testatore aveva disposto dei suoi beni. A tale conclusione
è pervenuta nell’ottica prevalente della tutela dei figli, non senza
osservare che la stessa non si pone in irresolubile contrasto con il
diverso approccio volontaristico che è invece alla base dell’esegesi
della previsione di cui all’art. 803 c.c., deponendo in tal senso
anche le differenze evidentemente esistenti tra le due norme
(come testimoniato dal fatto dal fatto che la revocazione della
donazione è rimessa ad un’iniziativa del donante ovvero dei suoi
eredi, ed è assoggettata ad un breve termine di decadenza,
palesandosi in tal modo come la perdita di efficacia della
donazione sia ricollegata ad una specifica iniziativa individuale ed
al fatto che il ripensamento del donante debba intervenire in un lasso di tempo contenuto, laddove a contrario la fattispecie in
materia di testamento opera di diritto, ed anche laddove il de
cuius abbia potuto fruire di un termine, anche ampio, per
procedere alla revoca del precedente testamento ed ad una
eventuale nuova manifestazione di volontà).
La tesi cd. oggettiva trova poi il supporto anche del dato letterale
che non consente di ampliare l’ambito di applicazione della norma
al caso in oggetto. Inoltre, l’ancorare in chiave oggettiva la
revocazione ad una modificazione della situazione familiare, sia
pure nella prospettiva di assicurare una tutela della posizione dei
figli, impone di affermare che la modificazione debba essere tale
da creare un quadro oggettivo radicalmente mutato rispetto a
quello presentatosi al testatore alla data di redazione del
testamento, e che appaia quindi connotato dalla sopravvenienza
di figli, di cui si ignorava l’esistenza. Ciò che vuol dirsi è che non
ogni mutamento della composizione del quadro familiare, quale la
nascita di figli ulteriori può portare alla revocazione, ma solo
quello che denoti, con la necessità anche di un richiamo alla
ipotetica volontà del de cuius, legata alla preponderanza
dell’affetto nei confronti dei figli, non ancora provato alla data cui
risale il testamento, una situazione affatto diversa, e che possa
appunto giustificare la revocazione. Inoltre, ed a favore sempre
della lettura rigorosa della previsione di cui all’art. 687 c.c., sono
stati rimarcati alcuni inconvenienti che la più attenta dottrina ha
avuto modo di segnalare in relazione all’ipotesi in cui invece si
optasse per la revocazione anche in caso di sopravvenienza di figli
ulteriori. In tal senso si pensi al caso in cui il testatore abbia
deciso di non istituire il figlio a lui noto, preferendo altri soggetti
ovvero che al contrario, abbia deciso di istituirlo, in tutto il suoCorte di Cassazione – copia non ufficiale
Ric. 2018 n. 25845 sez. S2 – ud. 25-09-2023 -16-
patrimonio o anche solo in parte dello stesso. Nel primo caso, il
figlio noto, in assenza di figli sopravvenuti, potrebbe tutelare le
sue ragioni solo avvalendosi dell’azione di riduzione, mentre,
qualora vengano scoperti altri figli, o ne sopravvengano, e si
ammettesse l’estensione dell’art. 687 c.c., verrebbe alla
successione legittima, contro, però, la volontà (reale) del
testatore. Nel secondo caso, sempre ammessa l’estensione
analogica dell’art. 687 c.c., anziché essere soggetto all’azione di
riduzione, nuovamente il figlio noto, scoperti o sopravvenuti altri
figli, verrebbe alla successione legittima, ancora una volta contro
la volontà (reale) del testatore. Si è acutamente sottolineato che,
anche a voler ravvisare la ratio della norma in esame nella tutela
di interessi familiari, il «bilanciamento» fra questi ultimi interessi
e la volontà (reale) del testatore è stato compiuto nel momento in
cui sono state scritte le norme sulla successione necessaria, le
quali impongono di dover reagire nel caso di lesione avverso l’atto
che esprima la volontà (reale) del testatore, senza quindi poter
beneficiare (al di fuori dell’ipotesi di cui all’art. 549 c.c.) di una
caducazione automatica delle previsioni lesive dei diritti dei
legittimari. La «prevaricazione» della volontà (reale) del testatore,
in vista della tutela di interessi familiari può considerarsi
giustificata, solo se funzionale alla tutela dei figli ignoti al tempo
del testamento o sopravvenuti, come peraltro confortato dalla
previsione di cui al terzo comma della norma in esame, ma non
anche laddove il testatore si sia determinato a dettare le proprie
volontà in presenza di figli a lui noti, essendo quindi esclusa la
parificazione della fattispecie qui esaminata a quella invece
puntualmente descritta dal legislatore>>.

Lascia perplessi in un giudice di solito molto attento (ed espertissimo della materia successoria) l’equiparazione (parrebbe una confusione) tra analogia ed interpretazione estensiva di una norma eccezionale