App. L’Aquila con sent. 1659/2021 del 09.11.2021, RG 295/2020, Facebook c. G.C., decide l’appello proposto da Facebook (F.) .
F. in primo grado era risultato soccombente in azione per danno non patrimoniale cusato da sospensione (4 mesi circa) dell’account per violazione dei community standards (post relativi al periodo monarchico o fascista).
L’appello è parzialmente accolto nel senso che alcune censure mosse da F. sono riconosciute legittime contrattualmente, altre no.
Punti principali nella sentenza:
-giurisdizione e legge italiana ex reg. UE 593/2008 (e 1215/20123)
– si tratta di rapporto contrattuale e di contratto per adesione. Sulla contraattualità ormai non ci son più dubbi (nè mai avrebbero dovuto esserci, per vero). Il corrispettivo a carico del’lutente è la cessione del diritto di usare i suoi dati personali, § 8.3: <<In questo quadro, sviluppandosi i principi affermati dal Consiglio di Stato, questo collegio ritiene di condividere l’affermazione che il contenuto patrimoniale di una prestazione possa ritenersi sussistente anche in quei casi in cui vengano ceduti, a titolo di corrispettivo per un servizio, beni diversi dal denaro che, per la loro potenzialità di sfruttamento commerciale, divengano suscettibili di una valutazione in chiave economico – patrimoniale. È, in sostanza, l’idoneità intrinseca del dato personale – legittimamente acquisito e trattato, s’intende, il che dovrà essere sempre attentamente valutato – a dover essere considerata, in quel determinato contesto, oggetto di proficuo sfruttamento commerciale, così consentendo di ritenere integrato il requisito della patrimonialità della controprestazione (volendo richiamare analogicamente un contratto tipico, questo schema richiama, a ben vedere, la permuta)>>.
– è valida la clausola sul potere di F. di rimuovere/sospendere , nè è vessatoria, §8.5.
– il servizio di F. “non è essenziale” : assai dubbio , se si intendse <essenziale> in senso ampio, cioè necesasrio per instaurare corrette relazioni sociali (però ora F. sta perdendo quote di mercato/diffusione , come si legge), ivi
– la violazione dei community standards è inadempimento contrattuale, § 9.1. Però F. deve fare attenzione: << d’altro canto, l’esercizio in concreto di tali poteri non deve sfociare in comportamenti apertamente violativi della sfera di libertà espressiva che, dietro concessione dell’autorizzazione all’uso di propri dati sensibili e non gratuitamente, costituisce il contenuto tipico e, per così dire, la ragion d’essere dell’adesione ad una piattaforma di questo tipo, la cui funzione è appunto quella di consentire agli utenti di esprimersi e condividere contenuti per loro importanti. Tanto più in un contesto nel quale non è neppure specificato con quali modalità si formuli il giudizio di congruità dell’espressione usata da parte di Facebook>>, ivi.
Quiesto è il punto più interessante: perchè mai la piattaforma non potrebbe porre limiti assai stretti ai contenuti pubblicabili, visto che è ente privato e presta servizio non essenziale?
– l’autotutela da parte di F. è da intendere in senso ampio: <<È corretto dunque sostenere che a legittimare l’esercizio di poteri di autotutela possa essere non solo il comportamento contrario alla legge (certamente rilevante, giusta l’espresso richiamo contrattuale) – e dunque ad esempio quel comportamento che integri, in ipotesi, il reato di apologia del fascismo – ma anche un comportamento diverso, non definibile come illecito>>
Il danno non patrimoniale è ridotto ad euro 3.000,00 e le spese di lite son interamente compensate per entrambi i grdi di giudizio.