Il risarcimento del danno aquiliano non può cumularsi con l’indennizzo contrattuale da polizza sanitaria: la compensatio lucri cum damno non ha dignità giuridica

Netta presa di posizione  della Sc sul tema (Cass. sez. III, 10/02/2025 n. 3.429, Rel. Rossetti).

<<2.1.1. In primo luogo, è infondato perché il contratto di assicurazione è aleatorio e non commutativo; l’alea consiste nell’avverarsi del rischio; se il rischio si avvera ma le sue conseguenze fossero eliminate da un terzo, cessa l’alea e, insieme ad essa, l’interesse dell’assicurato all’indennizzo (art. 1904 c.c.). La tesi della ricorrente conduce pertanto all’esito paradossale di ammettere che possa esistere un obbligo indennitario dell’assicuratore, senza che esista un danno causato dall’avverarsi del rischio. Una tesi eversiva, perché sovvertirebbe la causa del contratto di assicurazione e lo trasformerebbe da contratto di indennità in scommessa. Così, a seguire la tesi della ricorrente, il derubato che abbia stipulato una assicurazione contro il furto avrebbe diritto al pagamento dell’indennizzo anche se il ladro gli avesse già reso il maltolto.

2.1.2. In secondo luogo, il motivo è infondato perché né il risarcimento del danno, né la stipula d’un contratto d’assicurazione possono mai arricchire il danneggiato o l’assicurato: nel primo caso lo vieta l’art. 1223 c.c. (c.d. principio di indifferenza del risarcimento), nel secondo caso il principio indennitario (di cui sono espressione, tra gli altri, gli artt. 1904,1909,1910 c.c.)>>.

Il divieto di cumulo può basarsi non tanto sulle prime due norme cit., non pertuinenti, ma sulla terza e in particolare sul c. 3.