Danno morale e danno da perdita di chance: riepilogo del diritto vivente

Cass. n. 25910 del 5 settembre 2023 , rel Rubino sez. III, sull’oggetto (segnalazione e link da studiolegalezardo.it)in un caso di intervento chirurgico di
mastectomia sottocutanea bilaterale con contestuale ricostruzione del
seno (finalizzata alla espansione mammaria).

sulla presumibilità del danno morale :

<<Per quanto concerne il danno morale, la corte d’appello, dopo aver
confermato l’accertamento di una rilevante invalidità permanente in capo alla Gianotti, comportante un rilevantissimo danno estetico ed
anche considerevoli limitazioni funzionali subiti da una giovane donna
nel pieno della sua vita relazionale e sessuale, si è solo
apparentemente conformata all’ormai consolidatosi orientamento di
legittimità secondo il quale, in tema di danno non patrimoniale da
lesione della salute, il danno morale consiste in uno stato d’animo di
sofferenza interiore che rileva autonomamente, a prescindere dalle
vicende dinamico relazionali della vita del danneggiato (che pure può
influenzare), insuscettibile di accertamento medico-legale (Cass. nn.
901 e 7513/2018; Cass. n. 9006 del 2022).
Ha però subito dopo, in poche righe, rigettato la domanda volta al
risarcimento del danno morale, affermando che si trattasse di
pregiudizi solo allegati dall’appellante ma non provati – dovendosi
intendere rinunciate le istanze istruttorie non reiterate in sede di
precisazione delle conclusioni di primo grado – consistenti nelle
sofferenze patite in conseguenza dell’isolamento sociale e
dell’abbandono delle attività lavorative, attinenti, questi ultimi, alla
sfera dinamico relazionale della lesione subita e già valorizzate nella
liquidazione del danno biologico.
Questa affermazione, nella sua scarna lapidarietà, e nella mancanza di
ogni riscontro motivazionale dell’aver effettivamente valutato sotto
questo diverso, seppur connesso profilo, la situazione emotiva della
vittima, si pone in contrasto con il principio della integrale valutazione
del pregiudizio non patrimoniale complessivamente subito, ed in
particolare con quello secondo il quale, ai fini dell’accertamento della
sussistenza di un danno morale, in tema di danno non patrimoniale
discendente da lesione della salute, se è vero che all’accertamento di
un danno biologico non può conseguire in via automatica il
riconoscimento del danno morale (trattandosi di distinte voci di
pregiudizio della cui effettiva compresenza nel caso concreto il
danneggiato è tenuto a fornire rigorosa prova), la lesione dell’integrità
psico-fisica può rilevare, sul piano presuntivo, ai fini della
dimostrazione di un coesistente danno morale, alla stregua di un
ragionamento inferenziale cui deve, peraltro, riconoscersi efficacia
tanto più limitata quanto più basso sia il grado percentuale di invalidità
permanente, dovendo ritenersi normalmente assorbito nel danno
biologico di lieve entità (salvo rigorosa prova contraria) tutte le
conseguenze riscontrabili sul piano psicologico, ivi comprese quelle
misurabili sotto il profilo del danno morale (Cass. n. 6444 del 2023).
La corte d’appello ha invece implicitamente escluso che un rilevante
pregiudizio estetico e funzionale con deturpazione permanente del
seno, in una giovane donna, potesse risultare elemento rilevante, in
via presuntiva, ai fini dell’affermazione del danno morale, idoneo cioè
a determinare una apprezzabile compromissione dell’equilibrio
emotivo-affettivo del soggetto. Non ha valutato affatto se ad esso
potessero presumibilmente associarsi conseguenze in termini di
sofferenza interiore, omettendo di indagare in ordine alla pur
presumibile predicabilità di tale stato d’animo conseguente alla lesione
di un diritto costituzionalmente protetto.
Ha poi circoscritto il contesto probatorio sul quale fondare la
valutazione del danno morale alle sole prove orali, la cui istanza non
era stata adeguatamente reiterata, senza prendere in considerazione
la situazione della giovane come processualmente accertata e valutarla
nella sua idoneità a produrre anche uno stato di sofferenza interiore in
termini di ansia, infelicità, disaccettazione di se stessa e del proprio
corpo così significativamente e irreparabilmente vulnerato
dall’intervento sanitario>>.

Sulla pedita di chance:
<<Pertanto, la prova del danno da perdita di chance si sostanzia:
– nella dimostrazione della esistenza e della apprezzabile
consistenza di tale possibilità perduta, da valutarsi non in termini
di certezza, ma di apprezzabile probabilità – nel caso di specie,
in termini di affermazione economica o nel mondo del lavoro nel
campo prescelto – prova che può essere data con ogni mezzo, e
quindi anche a mezzo di presunzioni;
– nell’accertamento del nesso causale tra la condotta colpevole e
l’evento di danno – nella specie, le possibilità lavorative perdute
a causa delle condizioni fisiche permanenti, estetiche e
funzionali, della persona della danneggiata, con recisione delle
concrete possibilità di affermazione nel campo prescelto. Di tal
che il nesso tra condotta ed evento si caratterizza, nel territorio
della perdita di chance, per la sua sostanziale certezza eziologica
(i. e., dovrà risultare causalmente certo che, alla condotta
colpevole, sia conseguita la perdita di quella migliore possibilità),
mentre l’incertezza si colloca esclusivamente sul piano
eventistico (è incerto, in altri termini, che, anche in assenza della
condotta colpevole, la migliore possibilità si sarebbe comunque
realizzata).
Ne consegue che il soggetto che agisce per ottenere il risarcimento del
danno da perdita di chance è tenuto ad allegare e provare l’esistenza
dei suoi elementi costitutivi, ossia di una plausibile occasione perduta,
del possibile vantaggio perso e del correlato nesso causale (nei termini
sopraesposti), fornendo la relativa prova pure mediante presunzioni,
ed eventualmente ricorrendo anche ad un calcolo di probabilità (Cass.
n. 7110/2023).
In definitiva, il danno da chance perduta consiste non nella perdita di
un vantaggio, economico e/o non economico (ben potendo un danno
perdita di chance legittimamente predicarsi anche su di un piano non
patrimoniale: Cass. 7513/2018), che sia certo ed attuale, ma nella
perdita della concreta possibilità di conseguire un vantaggio sperato.
Nel rigettare la domanda della Giannotti, pertanto, la corte d’appello,
per un verso, non si conforma ai principi suesposti nel ritenere che la
valutazione in termini di danno risarcibile della chance debba essere
compiuta col metro della certezza e non piuttosto con quello della
possibilità qualificata secondo i canoni della apprezzabilità, serietà,
consistenza (Cass. 7513/2018)– così confondendo, sovrapponendoli, il
piano della causalità con quello dell’evento di danno – e, per altro
verso, omette totalmente di considerare alcune evidenze documentali
che ben avrebbe potuto, all’esito di una complessiva valutazione di tipo
inferenziale, ritenere, sia pur non determinanti o conclusive, pur
tuttavia esistenti in punto di fatto, e tali da non poter essere ignorate.
In particolare, tali fatti consistono, quanto alla limitazione della
capacità lavorativa generica, nel riconoscimento della invalidità civile
nella misura del 67%, come da verbale della Commissione medica
prodotto in atti; quanto al percorso fino a quel momento intrapreso
dalla giovane, nel book fotografico in atti predisposto dall’agenzia per
modelle con la quale la Gianotti collaborava; quanto alle prospettive
lavorative future, nelle le dichiarazioni provenienti dalla stessa agenzia
in ordine all’attività svolta all’epoca dalla ragazza – circostanze tutte da
valutare nella loro idoneità a comprovare non un avviato percorso
lavorativo in ordine al quale poter lamentare la perdita certa di una
capacità reddituale già in atto, ma la perdita della possibilità di
affermarsi nel campo che la ricorrente aveva prescelto all’epoca dei
fatti, della cui riuscita non poteva essere certa al momento dell’intervento sanitario, ma rispetto al quale aveva della apprezzabili
probabilità di conseguire un risultato diverso e migliore, che dopo
l’accaduto le sono state del tutto precluse>>.