Sul concetto di opere visibili e permanenti destinate all’esercizio di servitu non apparenti, al fine dell’acquisto per usucapione

Interessante decisione -in un caso per vero particolarissimo- offerta da Cass. sez. II, ord. 01/03/2025 n. 5.479, rel. Mocci.

Ivi si insegna che non è veduta apparente la finestra sul fondo vicino, quando sia occlusa da pignatte in laterizio, anche se solo appoggiate (quindi agevolmente rimuovibili a mano semplicemente spostandole altrove), anzichè fissate in modo da farne corpo unico.

<<L’apparenza della servitù si identifica nell’oggettiva e permanente presenza di opere suscettibili di essere viste, ancorché in concreto ignorate, che, per struttura e consistenza, inequivocamente denuncino il peso imposto su un fondo a favore dell’altro; tale requisito mira a garantire l’acquirente del fondo servente dalla presenza di vincoli ignoti e non verificabili e va valutato caso per caso (cfr. 25493/2024; cass. n. 32816/2023; cfr. altresì sul concetto di apparenza Cass. N. 24401/2014 secondo cui la visibilità delle opere, ai sensi dell’art. 1061 cod. civ., deve essere tale da escludere la clandestinità del possesso e da far presumere che il proprietario del fondo servente abbia contezza dell’obiettivo asservimento della proprietà a vantaggio del fondo dominante. E ancora, v. cass. 6403/1980; cass. 1028/1984 secondo cui il requisito dell’apparenza richiesto ai fini dell’acquisto del diritto di servitù per usucapione o per destinazione del padre di famiglia deve risultare in modo chiaro e certo, senza necessita di particolari ricerche o indagini da parte di colui che subisce la servitù stessa, e si configura come presenza di segni visibili, indicativi del collegamento tra l’esercizio della servitù e le opere permanenti che ne sono mezzo necessario e ne rivelano univocamente la sussistenza.

Nel caso in esame, la Corte d’Appello ha affermato: “Ebbene, nella concreta fattispecie, non vi è dubbio che le aperture in questione esistenti quanto meno dal 1986 costituissero opera finalizzata all’esercizio di servitù di veduta, non esclusa dalla circostanza che – essendo l’immobile della Bi.Ma. ancora allo stato rustico – le aperture fossero provvisoriamente chiuse (per non far entrare all’interno acqua piovana ed altro) con pignatte (laterizi simili ai mattoni forati) a secco e dunque amovibili, che venivano tolte ogni qualvolta era necessario, per far entrare aria od espletare lavori. Trattasi di opere costituenti, ad avviso del Collegio, indice univoco del peso imposto al fondo del Ca.Do. e dunque tali da far ragionevolmente presumere che egli ne fosse a conoscenza”.

Così argomentando, la Corte d’Appello si è discostata dai suindicati e consolidati principi di diritto perché, valorizzando la mera presenza di finestre, ha però minimizzato il fatto – tutt’altro che secondario – che esse fossero tamponate da pignatte (cioè da laterizi simili a mattoni forati), dando così per scontato che il proprietario del fondo servente (l’odierno ricorrente, originario attore) fosse a conoscenza della loro amovibilità o che fosse tenuto a compiere indagini in tal senso, presidiando i luoghi e verificando quando le pignatte venivano tolte ed esercitato l’affaccio.>>

Il decisum è esatto: l’appoggio a secco di mattoni non permette al vicino di comprenderlo e quindi le opere (l’esistenza di veduta) non possono ritenersi visibili

Servitù discontinua (di passggio) e servitù apparenti

Cass. sez. II, ord. 10/04/2024 n. 9626, rel. Varrone:

<<D’altra parte, la sentenza è conforme alla giurisprudenza di legittimità in tema di servitù discontinue secondo cui: l’esercizio saltuario non è di ostacolo a configurarne il possesso, dovendo lo stesso essere determinato in riferimento alle peculiari caratteristiche ed alle esigenze del fondo dominante; pertanto, ove non risultino chiari segni esteriori diretti a manifestare l’animus dereliquendi, la relazione di fatto instaurata dal possessore con il fondo servente non viene meno per l’utilizzazione non continuativa quando possa ritenersi che il bene sia rimasto nella virtuale disponibilità del possessore (Sez. 2, Sentenza n. 3076 del 16/02/2005, Rv. 586433 – 01).

Anche in riferimento al requisito dell’apparenza deve ribadirsi che: Il requisito dell’apparenza della servitù discontinua, richiesto al fine della sua costituzione per usucapione, si configura quale presenza di segni visibili di opere di natura permanente obiettivamente destinate al suo esercizio, tali da rivelare, in maniera non equivoca, l’esistenza del peso gravante sul fondo servente per l’utilità del fondo dominante e non un’attività posta in essere in via precaria, o per tolleranza del proprietario del fondo servente, comunque senza animus utendi iure servitutis; tale onere deve avere carattere stabile e corrispondere, in via di fatto, al contenuto di una determinata servitù che, peraltro, non implica necessariamente un’utilizzazione continuativa delle opere stesse (Sez. 2, Ordinanza n. 32816 del 27/11/2023, Rv. 669433 – 01)>>.

Un caso di servitù apparente (al fine dell’acquisto per usucapione)

Un’applicazione dell’art. 1061 cc trovi in Cass. sez. II, Sent. 29/12/2023, n. 36.341, rel. Varrone, circa una rampa che , passando per il fondo servente, portava al retrostante (rispetto alla pubblica via) fondo dominante:

<<La questione principale che pone il presente ricorso riguarda la censura sollevata con il primo motivo ed avente ad oggetto la sussistenza nel caso di specie del requisito dell’apparenza ex art. 1061 c.c. dello scivolo-rampa quale presupposto costitutivo dell’usucapione della servitù di passaggio oggetto della domanda.

La sentenza impugnata è conforme alla giurisprudenza di questa Corte che richiede ai fini della sussistenza del requisito dell’apparenza la presenza di opere visibili e permanenti obiettivamente destinate al suo esercizio che rivelino in modo non equivoco l’esistenza del peso gravante sul fondo servente, in modo da rendere manifesto che non si tratta di attività compiuta in via precaria, bensì di preciso onere a carattere stabile (ex plurimius Sez. 6-2, Ord. n. 11834 del 2021; Sez. 6-2, Ord. N. 7004 del 2017; Sez. 2, Sent. n. 25355 del 2017).

Nel caso di specie la Corte d’Appello, con giudizio di fatto sottratto al sindacato di legittimità, ha accertato che la rampa era destinata ad essere utilizzata per consentire il passaggio dalla strada pubblica al fondo dominante. In particolare, si legge nella sentenza impugnata che vi è un chiaro collegamento fra la strada pubblica e proprietà degli attori e che dalle deposizioni testimoniali è emerso che il fondo degli attori è posto in successione rispetto al fondo dei convenuti sul quale insiste la rampa e tale situazione logistica dimostra senza ombra di dubbio la funzione dell’opera visibile ed apparente di accesso al fondo dominante attraverso il fondo servente.

La motivazione della Corte d’Appello, insuscettibile di sindacato in fatto circa lo stato dei luoghi, è conforme alla giurisprudenza di questa Corte quanto ai principi in diritto da essa affermati circa l’apparenza dell’opera, svolgendo la rampa anche la funzione di accesso al fondo dominante attraverso il fondo servente. In altri termini, nella specie, sussiste quel quid pluris che la giurisprudenza di questa Corte richiede ai fini della dimostrazione della specifica destinazione dell’opera all’esercizio della servitù e che riguarda la sua oggettiva destinazione al servizio (anche) del fondo dominante in modo da rivelare in modo non equivoco l’esistenza del peso gravante sul fondo servente (Sez. 2, n. 13238 del 2010; Sez. 2, n. 2994 del 17/02/2004)>>.

Servitù apparenti e servitù discontinue nel possesso ad usucapionem

Utili precisazioni al pratico da Cass. sez. II ord. del 227-11-2023, n. 32.816 , rel. Mocci (testo da Altalex)

<<4.1) Sul punto, la Corte d’appello ha testualmente affermato
“Invero ed in particolare, non solo non risulta allegato, ma neppure
provato, l’intervenuto iniziale acquisto dell’effettivo esercizio del
potere di fatto uti domini della servitù, quale momento da cui far
decorrere il ventennio utile per il maturare dell’usucapione non
potendosi far coincidere questo momento con quello
dell’ultimazione dell’opera, che costituisce, in relazione alla
fattispecie reale invocata, un antecedente logico-naturale,
differente dall’esercizio del possesso esclusivo, della situazione di
fatto corrispondente al relativo diritto reale, non potendosi del
resto neppure omettere di aggiungere che difetta anche la prova
rigorosa (gravante sull’attore), del possesso pacifico, di cui anche
con riferimento alla servitù discontinua, è pur sempre necessaria
l’allegazione e la prova”.
4.2) In sostanza, la Corte distrettuale ha negato la declaratoria di
usucapione della servitù di veduta per la mancanza di prova sia
sull’effettivo esercizio del potere di fatto, sia sul possesso pacifico.
I giudici di secondo grado hanno però mancato di confrontarsi con
la giurisprudenza consolidata di questa Corte, secondo cui il
requisito dell’apparenza della servitù discontinua, richiesto al fine
della sua costituzione per usucapione, si configura quale presenza
di segni visibili d’opere di natura permanente obiettivamente
destinate al suo esercizio, tali da rivelare in maniera non equivoca
l’esistenza del peso gravante sul fondo servente per l’utilità del
fondo dominante, dovendo dette opere, naturali o artificiali che
siano, rendere manifesto trattarsi non di un’attività posta in essere
in via precaria, o per tolleranza del proprietario del fondo servente,
comunque senza “animus utendi iure servitutis”, bensì d’un onere
preciso, a carattere stabile, corrispondente in via di fatto al
contenuto di una determinata servitù che, peraltro, non implica
necessariamente un’utilizzazione continuativa delle opere stesse, la
cui apparenza e destinazione all’esercizio della servitù permangono,
a comprova della possibilità di tale esercizio e pertanto, della
permanenza del relativo possesso, anche in caso di utilizzazione
saltuaria (Sez. 2, n. 3076 del 16 febbraio 2005; Sez. 2, n. 8736 del
26 giugno 2001).
4.3) In altri termini, in tema di servitù discontinue, l’esercizio
saltuario non è di ostacolo a configurarne il possesso, dovendo lo
stesso essere determinato con riferimento alle peculiari
caratteristiche ed alle esigenze del fondo dominante.
4.4) Ma la sentenza impugnata si rivela carente anche con riguardo
al tema della visibilità delle opere, ai sensi dell’art. 1061 cod. civ., che deve essere tale da escludere la clandestinità del possesso e da
far presumere che il proprietario del fondo servente abbia contezza
dell’obiettivo asservimento della proprietà a vantaggio del fondo
dominante. Sotto tale profilo, esattamente censurato dalla
ricorrente, la Corte d’appello omette qualunque motivazione, ed
anche il richiamo a Sez. 2, n. 24401 del 17 novembre 2014 risulta
lacunoso e difficilmente comprensibile.
4.5) Siffatta indagine appare, per converso, doverosa, posto che,
secondo la giurisprudenza di questa Corte, l’esistenza di un’opera
muraria munita di parapetti e di muretti, dai quali sia
obiettivamente possibile guardare e affacciarsi comodamente verso
il fondo del vicino, è sufficiente a integrare una veduta e il possesso
della relativa servitù, senza che occorra anche l’esercizio effettivo
dell’affaccio (essendo la continuità dell’esercizio della veduta
normalmente assorbito nella situazione oggettiva dei luoghi), ne’
che tali opere siano sorte per l’esercizio esclusivo della veduta,
essendo sufficiente che le stesse tale esercizio rendano possibile
(Sez. 2, n. 20205 del 13 ottobre 2004; Sez. 2, n. 866 del 16
gennaio 2007)>