Prova della simulazione e impugnabilità per simulazione di una donazione inserita tra le condizioni di separazione o divorzio congiunti

Cass. sez. II,  ord. 30/04/2024 n. 11.525, rel. Fortunato:

Sul primo punto:

<<Non può condividersi la conclusione cui è pervenuto il giudice di merito, secondo cui la prova della simulazione poteva esser data per testi o per presunzioni solo in caso di perdita incolpevole del documento contenente la controdichiarazione.

Secondo il costante insegnamento di questa Corte, nel caso di simulazione di contratti formali, la prova soggiace a limitazioni diverse a seconda che si tratti di simulazione assoluta o relativa.

Nel primo caso, l’accordo simulatorio, pur essendo riconducibile tra i patti per i quali opera il divieto di cui all’art. 2722 c.c., non rientra tra gli atti per i quali è richiesta la forma scritta “ad substantiam” o “ad probationem”, menzionati dall’art. 2725 c.c., avendo natura ricognitiva dell’inesistenza del contratto apparentemente stipulato, sicché la prova testimoniale (e per presunzioni: Cass. 5296/1981) è ammissibile in tutte e tre le ipotesi contemplate dal precedente art. 2724 cod. civ. e quindi 1) se vi sia un principio di prova per iscritto costituito da qualsiasi scritto, proveniente dalla persona contro la quale è diretta la domanda o dal suo rappresentante, che faccia apparire verosimile il fatto allegato; 2) quando il contraente è stato nell’impossibilità morale o materiale di procurarsi una prova scritta; 3) quando il contraente ha senza sua colpa perduto il documento che gli forniva la prova (Cass. 4339/1983; Cass. 850/1986; Cass. 2998/1988; Cass. 697/1997; Cass. Cass. 10240/2007).

Per contro, solo nel caso di simulazione relativa occorre distinguere, poiché se la domanda è proposta da creditori o da terzi – che, essendo estranei al negozio, non sono in grado di procurarsi le controdichiarazioni scritte – la prova per testi o per presunzioni non può subire alcun limite; qualora, invece, la domanda venga proposta dalle parti o dagli eredi, la prova per testi, essendo diretta a dimostrare l’esistenza del negozio dissimulato, del quale quello apparente deve rivestire il necessario requisito di forma, è ammessa soltanto nell’ipotesi di cui al n. 3 dell’art. 2724 c.c., cioè quando il contraente ha senza colpa perduto il documento, ovvero quando la prova è diretta fare valere l’illiceità del negozio (Cass. 697/1997; Cass. 10240/2007; cfr. Cass. 18204/2017 secondo cui, in caso di simulazione relativa di un contratto di donazione, non si richiede che la controdichiarazione sia contenuta in un atto pubblico, essendo sufficiente la produzione della scrittura privata).

L’errore della Corte distrettuale è consistito, quindi, nell’aver ritenuto indimostrata l’esistenza della simulazione in mancanza della dimostrazione della perdita incolpevole della controdichiarazione, potendo invece far ricorso alla prova testi o per presunzioni anche negli altri casi di cui all’art. 2724 c.c., trattandosi di provare l’inesistenza del contratto e non l’esistenza di un contratto diverso>>.

Sul secondo:

<<Sostenendo che i negozi contenenti attribuzioni patrimoniali tra i coniugi, ove recepite tra le condizioni della separazione coniugale omologata, non sarebbero impugnabili per simulazione, la sentenza si è conformata ad un indirizzo non più attuale, poiché, sviluppando le argomentazioni delle S.U (sentenza n. 21761/2021), in ordine alla valenza negoziale di detti accordi e alla natura dichiarativa della pronuncia che ne convalidi la conformità alla legge, all’interesse dei figli e all’ordine pubblico nell’ambito della separazione omologata o del divorzio congiunto, la successiva giurisprudenza di questa Corte ha chiarito che tali pattuizioni sono soggette alle ordinarie impugnative negoziali a tutela delle parti o di terzi (Cass. 24687/2022; Cass. 15169/2022; Cass. 10443/2019).

In caso di separazione consensuale o divorzio congiunto (o su conclusioni conformi), la pronuncia giudiziale incide sul vincolo matrimoniale mentre, riguardo all’accordo tra i coniugi, realizza – in funzione di tutela dei diritti indisponibili del soggetto più debole e dei figli – un controllo esterno.

Ne consegue la possibilità di far accertare la simulazione dei negozi familiari attributivi di beni immobili, non ostandovi l’intervenuto recepimento tra le condizioni della separazione omologata o del divorzio congiunto>>.

Norme civili e norme fiscali: il caso del canone locatizio “sottodichiarato”

Cass. 13.10.2020 n. 22.126 interviene sul caso del canone dichiarato inferiore al canone reale (la fattispecie concreta è più complessa, implicando pure una novazione)

Qui ricordo solo due passaggi: 1) prova della simulazione relativa (sull’ammontare del canone); e 2) effetti civilsitici della violazione di norme tributarie.

Sul punto 1) il panorama è abbastanza pacifico; il punto 2) spesso solleva dubbi per gli operatori.

1)    PROVA DELLA SIMULAZIONE (§ 10.2) – In tema di prova della simulazione nei rapporti tra le parti , <<(arg. a contrario dall’art. 1417 c.c., che la prova per testi senza limiti ammette solo se la domanda è proposta da creditori o da terzi ovvero quando essa, anche se proposta dalle parti, sia diretta a far valere l’illiceità del contratto), se il negozio è stato redatto per iscritto vale la regola generale della limitazione dell’ammissibilità delle prove testimoniali (e dunque anche di quella per presunzioni, giusta il disposto dell’art. 2729 c.c., comma 2), onde, sia per la simulazione assoluta che per quella relativa, la prova può essere data – ove, come nella specie, si assuma che si tratti di patto coevo -soltanto in base a controdichiarazioni (art. 2722 c.c.; v., in tema di simulazione relativa del contratto di locazione, con riferimento al canone, Cass. 15/01/2003, n. 471)>>.  e poi circa il <principio di prova scritta> ex art. 2724 n. 1 cc: <Secondo la giurisprudenza di questa Corte, infatti, in tema di simulazione del contratto, il principio di prova scritta che, ai sensi dell’art. 2724 c.c., n. 1, consente eccezionalmente la prova per testi (e, quindi, presuntiva) deve consistere in uno scritto, proveniente dalla persona contro la quale la domanda è diretta, diverso dalla scrittura le cui risultanze si intendono così sovvertire e contenente un qualche riferimento al patto che si deduce in contrasto con il documento (Cass. 03/06/2016, n. 11467; 22/03/1990, n. 2401).>

2) EFFETTI CIVILI DELLA VIOLAZIONE TRIBUTARIA (§ 10.3.1, lett. g-l) :

<<  g) ne consegue che “se tale norma tributaria si ritiene essere stata elevata a “rango di norma imperativa“, come sembra suggerire l’evoluzione normativa e giurisprudenziale più recente e come precisato dalla stessa Corte costituzionale, deve concludersi che la convenzione negoziale sia intrinsecamente nulla, oltre che per essere stato violato parzialmente nel quantum l’obbligo di (integrale) registrazione, anche perchè ab origine caratterizzata da una causa illecita per contrarietà a norma imperativa (ex art. 1418 c.c., comma 1) tale essendo costantemente ritenuto lo stesso art. 53 Cost., la cui natura di norma imperativa (come tale, direttamente precettiva) è stata, già in tempi ormai risalenti, riconosciuta dalla giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 5 del 1985; Cass. ss. uu. n. 6445 del 1985)”;

h) ne discende ulteriormente che, “trattandosi di un vizio riconducibile al momento genetico del contratto, e non (soltanto) ad un mero inadempimento successivo alla stipula… deve allora ravvisarsi la diversa ipotesi di una nullità virtuale, secondo la concezione tradizionale di tale categoria – e, quindi, tradizionalmente insanabile ex art. 1423 c.c.: in tal caso, infatti, la nullità deriva non dalla mancata registrazione (situazione suscettibile di essere sanata con il tardivo adempimento), ma, a monte, dall’illiceità della causa concreta del negozio, che una tardiva registrazione non appare idonea a sanare”;

i) se in caso di omessa registrazione del contratto contenente la previsione di un canone non simulato ci si trova di fronte ad una nullità testuale n. 311 del 2004, ex art. 1, comma 346, sanabile con effetti ex tunc a seguito del tardivo adempimento all’obbligo di registrazione, nel caso di simulazione relativa del canone di locazione, e di registrazione del contratto contenente la previsione di un canone inferiore per finalità di elusione fiscale, si è in presenza, quanto al c.d. “accordo integrativo”, di una nullità virtuale insanabile, ma non idonea a travolgere l’intero rapporto – compreso, quindi, il contratto reso ostensibile dalle parti a seguito della sua registrazione (v. sentenza citata, par. 25);

l) in tale contesto ricostruttivo n. 392 del 1978, art. 79, assume rilievo di norma speculare a quella di cui alla L. n. 431 del 1998, art. 13, comma 1, previa analoga revisione dell’esegesi tradizionale (secondo cui la sanzione di nullità in essa prevista ha riguardo alle sole vicende funzionali del rapporto, colpendo, pertanto, le sole maggiorazioni del canone previste in itinere e diverse da quelle consentite ex lege, e non anche quelle convenute al momento della conclusione dell’accordo) nel senso che il patto di maggiorazione del canone è nullo anche se la sua previsione attiene al momento genetico, e non soltanto funzionale, del rapporto>> .