Le pagine Facebook e Twitter dei Trustees di una scuola pubblica sono “public forum” e devono rispettare il Primo Emendamento

Aprofondita sentenza di appello sull’oggetto, resa dal 9° Circuito, 27 luglio 2022, Nos. 21-55118 e 21-55157, D.C. No. 3:17-cv-02215-BEN-JLB, Garnier v. O’Connor-Ratcliff  e Zane.

Alcuni Trustees del Poway Unified School District (“PUSD” or the “District”) Board of Trustees (scuola pubblica, parrebbe: non si potrebbe ravvisare public forum per una scuola privata) bannarono due genitori dalla pagina Facebook (F.) per le loro critiche continue e estese , anche se non offensive

I genitori agirono per violazione del Primo  Emendamento (libertà di parola)  in relazione al 42 U.S. Code § 1983 – Civil action for deprivation of rights.

L’appello conferma il primo grado dicendo che ricorre State Action (color of state law) e che il Primo Emendamento va rispettato anche sui social media, se usati nel dialogo con i cittadini: essi infatti diventano Designated Public Fora.

Succo: << The Garniers’ claims present an issue of first impression
in this Circuit: whether a state official violates the First
Amendment by creating a publicly accessible social media
page related to his or her official duties and then blocking
certain members of the public from that page because of the
nature of their comments. For the following reasons, we
hold that, under the circumstances presented here, the
Trustees have acted under color of state law by using their
social media pages as public fora in carrying out their official
duties. We further hold that, applying First Amendment
public forum criteria, the restrictions imposed on the
Garniers’ expression are not appropriately tailored to serve
a significant governmental interest and so are invalid. We
therefore affirm the district court judgment
>>, p. 6.

Si v. poi:

– i quattro criteri per ravvisare State Action, p. 18.

– il concetto di <designated public forum> e di <limited public forum>, p. 35.

– non è spam giustificativo della censura la continuata rieptizione di post critici, p. 39 ss

– l’usare i filtri Word, permesso da F., non fa diventare chiuso quello che altrimenti  è un public forum, p,. 15 ss

(notizia e link alla sentenza dal blog del prof. Eric Goldman)

Altri rigetti di domande verso le piattaforme: non sono State Actors

Altri due precedenti che negano illecito delle piattaforme vs. l’utente.

Uno lo nega in una domanda contro Linkedin per sospensione dell’account (Perez c. Linkedin , Corte d’applelo 9 circuito 18.11.2021, D.C. No. 5:20cv07238EJD): provvedimento brevissimo, praticamente immotivato (la causa petendi era il primo emendamento)

L’altro lo nega in una domanda contro Youtube  per violazione di privacy, non avendola difesa da attacchi informatici al suo account e da conseguente harassment a se e alla famiglia (Sescey c. Youtube, Easter district od Pennsylvania, 18.11.2021, Case 2:21-cv-03311-GJP). La norma azionata era il noto paragragfo 42 U.S.C. § 1983, concedente azione per violazione di diritti costituzionali

Motivazione qui appena più significativa: <<Based on the Complaint’s allegations, it appears the named Defendants a private social media company and its legal department are not subject to liability under Section 1983. Cf. Prager Univ. v. Google LLC, 951 F.3d 991, 999 (9th Cir. 2020)  (affirming the dismissal of a First Amendment claim because YouTube was a private entity and not a state actor); see also Rutenburg v. Twitter, Inc., No. 210548, 2021 WL 1338958, at *2 (N.D. Cal. Apr. 9, 2021) (“Federal courts have uniformly rejected attempts to treat similar social media companies [such as Twitter, Facebook, YouTube, and Google] as state actors under Section 1983.”) (collecting cases). Sescey does not allege Defendants are state actors or that they had any connection to a state, county, or local governmental entity. Her Complaint does not allege any facts to show a “close nexus” between the private behavior of YouTube and its legal department and the state itself such that the challenged action here can fairly be treated as an action of the state. Leshko, 423 F.3d at 339. None of Sescey’s allegations support an inference that Defendants are anything other than a privatelyrun social media company and its internal legal department>>

Si noti spt. il riferimento al caso Prager University.

(notizia e link alle sentenze dal blog di Eric Goldman)

Linkedin non è uno state-actor e dunque non è soggetto al Primo Emendamento

Lo dichiara la  DISTRICT COURT FOR THE SOUTHERN DISTRICT OF TEXAS HOUSTON DIVISION, Perez c. Linkedin, 9 ottobre 2020,  caso NO. 4:20-cv-2188 .

Il sig. Perez aveva più di 7.000 connessioni su Linkedin (poi , L.).

Nel maggio 2020 L. gli rimuove molti post e restringe l’accesso al suo account, a seguito di sue violazioni dei terms of use.

Perez ricorre  per violazione del Primo Emendamento (libertà di espressione).

E’ noto che il Primo Emendamento sotto il profilo letterale è invocabile solo contro lo Stato o chi agisce per suo conto: la sua applicabilità in via analogica ai social media  è controversa.

La corte texana rimane nel mainstream e rigetta la domanda: <It is true that “the constitutional guarantee of free speech is a guarantee only against abridgment by government, federal or state.” … ; see also Lloyd Corp., Ltd. v. Tanner, 407 U.S. 551, 567 (1972) (“the First and Fourteenth Amendments safeguard the rights of free speech and assembly by limitations on state action, not on action by the owner of private property used  non discriminatorily for private purposes only.”).    The First Amendment does not apply to private parties, including  online  service  providers  and  social  networking  sites.     See,  e.g., Denver Area Educ. Telecomms. Consortium, Inc. v. F.C.C., 518 U.S. 727, 737 (1996)>, § 2 p. 5

Rigetta anche una non chiara (diversa? subordinata?) domanda di applicazione di un diritto al Free Speech sganciato dal Primo emednamento: la Corte non vede base normativa, § 6.

la Corte infine ritiene valida la clausola di competenza teritoriale posta da L., per cui competente è solo il Norhern District of California, San Jose Division.

Va osservato che la  motivazione è sostanzialmente inesistente: peccato, stante la importanza del tema ( si v. il mio saggio “La responsabilità civile degli internet service provider per i materiali caricati dagli utenti (con qualche considerazione sul ruolo di gatekeepers della comunicazione), § 20 , spt. p. 172 ss)

Peccato anche che non siano stati esplicitate le pretese violazioni ai terms of use,

(prendo la notizia della sentenza dal blog di Eric Goldman)