Cass. sez. un. 27.04.2022 n. 13.143 , rel. Terrusi, affronta sostenzialmente due temi: il rapporto dell’investitore con la società fiduciaria e l’estensibilità al MISE (corresponsabile ex art. 2055 cc per il danno) dell’interruzione della prescrizione avvenuta domandando l’ammissione al passivo della fiduciaria vigilata.
I principi enunciati:
<<XIX …. (i) Ai fini della responsabilità solidale di cui all’art. 2055 c.c., comma 1, che è norma sulla causalità materiale integrata nel senso dell’art. 41 c.p., è richiesto solo che il fatto dannoso sia imputabile a più persone, ancorché le condotte lesive siano fra loro autonome e pure se diversi siano i titoli di responsabilità (contrattuale ed extracontrattuale), in quanto la norma considera essenzialmente l’unicità del fatto dannoso, e tale unicità riferisce unicamente al danneggiato, senza intenderla come identità di norme giuridiche violate; la fattispecie di responsabilità implica che sia accertato il nesso di causalità tra le condotte caso per caso, per modo da potersi escludere se a uno degli antecedenti causali possa essere riconosciuta efficienza determinante e assorbente tale da escludere il nesso tra l’evento dannoso e gli altri fatti ridotti al semplice rango di occasioni.
(ii) In caso di capitali conferiti a società fiduciarie di cui alla L. n. 1966 del 1939, lo strumento giuridico utilizzato per l’adempimento è quello del mandato fiduciario senza rappresentanza finalizzato alla mera amministrazione dei capitali medesimi, salva rimanendo la proprietà effettiva di questi in capo ai mandanti; conseguentemente la società fiduciaria che abbia mal gestito il capitale conferito, e che non sia quindi in grado di riversarlo ai mandanti perché divenuta insolvente, risponde sempre ed essenzialmente del danno correlato all’inadempimento del mandato e alla violazione del patto fiduciario, e la relativa obbligazione, quand’anche azionata mediante l’insinuazione concorsuale, e quand’anche parametrata all’ammontare del capitale conferito e perduto, è sempre un’obbligazione risarcitoria da inadempimento del mandato, la quale concorre, ai sensi dell’art. 2055 c.c., con quella eventuale dell’organo (il Mise) chiamato a esercitare l’attività di vigilanza.
(iii) Nel caso di società fiduciaria posta in l.c.a., l’ammissione allo stato passivo determina, sia per i creditori ammessi direttamente a seguito della comunicazione inviata dal commissario liquidatore ai sensi della L. Fall., art. 207, comma 1, sia per i creditori ammessi a domanda ai sensi dell’art. 208 stessa Legge, l’interruzione della prescrizione con effetto permanente per tutta la durata della procedura, a far data dal deposito dell’elenco dei creditori ammessi, ove si tratti di ammissione d’ufficio, o a far data dalla domanda rivolta al commissario liquidatore per l’inclusione del credito al passivo, nel caso previsto dalla L. Fall., art. 208; tale effetto, ai sensi dell’art. 1310, comma 1, c.c., si estende anche al Mise, ove coobbligato solidale per il risarcimento del danno da perdita dei capitali fiduciariamente conferiti nella società soggetta a vigilanza divenuta insolvente>>.
Il passo sulla fiducia:
<<XII …. Va qui ricordato che le società fiduciarie sono dalla legge regolate secondo lo schema invalso sotto il nome di “fiducia germanistica”.
Allorché sia svolta in forma di impresa, l’attività sottostante presuppone, in base alla legge citata, che la società assuma l’amministrazione di beni per conto di terzi e la rappresentanza dei portatori di azioni o di obbligazioni (art. 1), sì da rimanere destinataria della sola legittimazione all’esercizio dei diritti relativi ai beni o ai capitali conferiti, senza trasferimento effettivo di proprietà.
Le società fiduciarie sono soggette a vigilanza del Mise (art. 2) in quanto strumento di costituzione di un patrimonio amministrato in forma anonima, senza trasferimento di proprietà.
Ciò comporta che le attività tipiche prese in considerazione dalla L. n. 1966 del 1939, sono, in pratica, tutte sussumibili nel concetto di amministrazione di elementi patrimoniali altrui, mediante contratti che legittimano le società a operare in nome proprio sui capitali affidati secondo lo schema del mandato senza rappresentanza.
Questa Corte ha da tempo riconosciuto la rilevanza di simile fenomeno, sempre sostanzialmente ripetendo che nella società fiduciaria i fiducianti vanno identificati come gli effettivi proprietari dei beni da loro affidati alla fiduciaria e a questa strumentalmente intestati (v. Cass. Sez. 1 n. 736418). Cosa che, per esempio, ha condotto a precisare che il mandato dei fiducianti a investire danaro, anche quando rimetta alla discrezione professionale della società fiduciaria l’opzione tra le diverse ipotesi di investimento considerate nel mandato, volge a costituire patrimoni separati da quello della società stessa e intangibili dai creditori di quest’ultima; tanto che l’eventuale mala gestio dei beni dei fiducianti, da parte degli amministratori e dei sindaci della società, non comporta una lesione all’integrità del patrimonio sociale, di modo che, ancora per esempio, i commissari liquidatori sono normalmente ritenuti privi di legittimazione ad agire per far valere la responsabilità degli amministratori e dei sindaci, visto che questa si compone nei confronti non della generalità dei creditori (per avere compromesso la funzione di generica garanzia del patrimonio sociale, ledendone l’integrità), bensì dei fiducianti medesimi; ai quali in vero (come ai terzi danneggiati) spetta la legittimazione in ordine all’azione individuale di cui all’art. 2395 c.c. (v. Cass. Sez. 1 n. 4943-99, e v. pure per le diverse situazioni possibili Cass. Sez. 1 n. 22099-13, Cass. Sez. 1 n. 23560-08, Cass. n. 29410-20).
La conseguenza fondamentale è duplice: da un lato lo strumento giuridico utilizzato per l’adempimento e’, quanto alle società di cui alla citata L. n. 1966 del 1939, quello del mandato fiduciario senza rappresentanza finalizzato alla mera amministrazione dei beni conferiti, salva rimanendo la proprietà effettiva di questi in capo ai mandanti; dall’altro e conseguentemente la società fiduciaria che abbia gestito malamente il capitale conferito, e che non sia quindi in grado di riversarlo ai mandanti perché divenuta insolvente, risponde essa stessa del danno correlato all’inadempimento del mandato e alla violazione del patto fiduciario.
Così che la relativa obbligazione, quando azionata mediante l’insinuazione concorsuale, se anche parametrata all’ammontare del capitale conferito e perduto, è sempre un’obbligazione risarcitoria da inadempimento del mandato>>
Quello logicamenet successivo sul rapporto con l’illecito del MISE da omessa sorveglianza, in relazione all’art. 1310 cc: <<Non è giustificato distinguere, allora, da questo punto di vista, come in parte è fatto in alcune delle richiamate decisioni di questa Corte e come in generale è preteso dall’avvocatura ricorrente, a riguardo dell’essere azionato, nella sede dell’insinuazione concorsuale, un diritto restitutorio, anziché risarcitorio, quanto ai capitali conferiti in amministrazione fiduciaria alla società sottoposta a l.c.a., così da impedire nel terzo (il Mise) l’assunzione della veste del coobbligato solidale – con il consequenziale venir meno dell’effetto interruttivo della prescrizione derivante dall’ammissione al passivo.
La domanda di restituzione dei capitali andati in fumo è in ogni caso, per l’investitore, il presidio della reintegrazione patrimoniale, e quindi (sotto questo profilo) del danno da inadempimento del mandato fiduciariamente conferito.
Ne’ rileva, per la risposta all’interrogativo di fondo circa l’estensione dell’effetto interruttivo della prescrizione nei riguardi del terzo, quale sia (e se vi sia), in base a un giudizio volto in prognosi, la prospettiva di recupero del credito in base all’insinuazione concorsuale.
Questo problema non interessa per la configurabilità del fatto dannoso imputabile (anche) al terzo.
E’ in grado di incidere solo sull’assetto quantitativo della fattispecie, vale a dire sulla possibile determinazione dell’entità patrimoniale ancora esigibile nei confronti del terzo corresponsabile ove vi sia stato – aliunde – un recupero anche parziale; cosa che peraltro, nella specie, l’impugnata sentenza ha escluso.
XVIII. – Trattandosi, nel senso dianzi sottolineato, dell’unico fatto dannoso imputabile sia alla società inadempiente al mandato fiduciario, sia al Mise quale organo di vigilanza, in dipendenza dell’asserito omesso esercizio dei poteri di controllo, l’effetto interruttivo permanente derivato dall’ammissione dei creditori al passivo si estende secondo il disposto dell’art. 1310 c.c., comma 1.>>
I principi così espressi circa la solidarietà sono ora fatti propri da Cass. sez. 3 del 7 luglio 2023 n. 19.378. rel. Saija, per la quale i termini giuridici rimangono gli stessi anche nel caso ivi deciso di società emittente non fiduciaria e di Consob come ente di vigilanza