Altra negata violazione del Primo Emendamento a seguito di blocco di account Twitter per Covid-19 misinformation

Non passa nemmeno qui la domanda di violazione del Primo Emendamento per blocco dell’account Twitter, basata su State action costituita da ingerenze/coercizioni del governo  verso la piattaforma.

Si tratta del Distretto sud dell’Ohio – Eastern division,  Case No. 2:22-cv-1776, 05.05.2022, MARK CHANGIZI c. DEPARTMENT OF HEALTH AND HUMAN SERVICES, et al.

In questo caso però  la domanda era stata avanzata solo verso il servizio sanitario nazionale HHS, non verso Twitter : <<Plaintiffs thus accuse HHS of “instrumentalizing” or “commandeering” Twitter to both censor and “chill” online criticism of the government’s pandemic response—activity which they assert infringed (and, in some respect, continues to infringe) (1) their rights under the First and Fourth Amendments of the United States Constitution, (2) the Administrative Procedure Act (the “APA”), and (3) 42 U.S.C. § 264(a). They now seek a range of declaratory and injunctive relief, including a preliminary injunction which requires HHS to both retract the RFI and abstain “from enforcing coercive policies or conditions that exert pressure upon Twitter and other technology companies to censor users.”>>

Qui interessa solo quella basata sul Primo Emendamento .  Il giudice non ne accerta alcuna vioalzione , alla luce della carenza di prova di coerzcizione di HHS verso Twitter e , sicchè non viene ravvisata State action : << To that end, the Court agrees with HHS that its efforts to confront COVID-19 misinformation, as alleged, do not “reasonably” constitute an exercise of “coercive power” over Twitter. Blum, 457 U.S. at 1004. Thus, because Plaintiffs’ allegations do not pass muster under the “state compulsion” framework, and because they do not make any colorable argument that any other exception to the state-action doctrine applies, Plaintiffs’ First Amendment claim fails>>, p 28

C’è da chiedersi se non ci sia responsabilità professionale per il legale che consigli simili azioni , dato il fermo e contrario orientamento giurisprudenziale (erano state però avanzate anche altre domande giudiziali, oltre a quella basata sul 1° Emend.)

(notizia e link alla sentenza dal blog del prof. Eric Goldman)

Ancora (male) per la tesi delle piattaforme come State Actors: sul diritto di parola verso un ente privato

Dei soggetti/gruppi no-vax gestiscono account e canali su Facebook e su Youtube.

Secondo le rispettive policy , però, vengono chiusi, per i contenuti disinformativi in tema sanitario

Allora i titolari ricorrono azionando il dirito di parola che oin bnase al 1 emendamento della costituizione usa non è mai inibibile dallo Stato.

Le piattaforme però sono gestite da imprese private, non dallo Stato; e solo contro questo il primo emendamento è azionabile.

L’azione è per vero estesa anche verso soggetti diversi, quando però vi sia dietro sempre lo Stato. Ma non è il caso delle piattaforme.

Il distretto nord della california (31.01.2021, Case 4:20-cv-09456-JST,  Informed Consent Action Network and founder Del Bigtree (collectively “ICAN”) c. Youtue altri) conferma l’orietnamento di gran lunga prevalente secondo cui le piattaforme non costituiscono State Actors (anche se di dubbia esattezza rigettando una possibile interpretazione storco-teleologico-evolutiva della norma costituzionale).

Il concetto di state action è declinabile in quattro modi: <<The Ninth Circuit has “recognize[d] at least four different criteria, or tests, used to identify state action: (1) public function; (2) joint action; (3) government compulsion or coercion; and (4) governmental nexus.” Id. (internal quotation marks and citation omitted). The inquiry to determine whether a private entity is acting through the state is “necessarily factbound.”>>

Nessuno dei due azionati (sub 2 e sub 3) viene però ravvisato dal giudice.

(notizia e link alla sentenza dal blog del prof. Eric Goldman)

Altri rigetti di domande verso le piattaforme: non sono State Actors

Altri due precedenti che negano illecito delle piattaforme vs. l’utente.

Uno lo nega in una domanda contro Linkedin per sospensione dell’account (Perez c. Linkedin , Corte d’applelo 9 circuito 18.11.2021, D.C. No. 5:20cv07238EJD): provvedimento brevissimo, praticamente immotivato (la causa petendi era il primo emendamento)

L’altro lo nega in una domanda contro Youtube  per violazione di privacy, non avendola difesa da attacchi informatici al suo account e da conseguente harassment a se e alla famiglia (Sescey c. Youtube, Easter district od Pennsylvania, 18.11.2021, Case 2:21-cv-03311-GJP). La norma azionata era il noto paragragfo 42 U.S.C. § 1983, concedente azione per violazione di diritti costituzionali

Motivazione qui appena più significativa: <<Based on the Complaint’s allegations, it appears the named Defendants a private social media company and its legal department are not subject to liability under Section 1983. Cf. Prager Univ. v. Google LLC, 951 F.3d 991, 999 (9th Cir. 2020)  (affirming the dismissal of a First Amendment claim because YouTube was a private entity and not a state actor); see also Rutenburg v. Twitter, Inc., No. 210548, 2021 WL 1338958, at *2 (N.D. Cal. Apr. 9, 2021) (“Federal courts have uniformly rejected attempts to treat similar social media companies [such as Twitter, Facebook, YouTube, and Google] as state actors under Section 1983.”) (collecting cases). Sescey does not allege Defendants are state actors or that they had any connection to a state, county, or local governmental entity. Her Complaint does not allege any facts to show a “close nexus” between the private behavior of YouTube and its legal department and the state itself such that the challenged action here can fairly be treated as an action of the state. Leshko, 423 F.3d at 339. None of Sescey’s allegations support an inference that Defendants are anything other than a privatelyrun social media company and its internal legal department>>

Si noti spt. il riferimento al caso Prager University.

(notizia e link alle sentenze dal blog di Eric Goldman)

Azione contrattuale contro Youtube per discriminazione etnico/razziale respinta da una corte californiana

La corte del distretto nord della california, s. Josè division, 25.06.2021, KIMBERLY CARLESTE NEWMAN, e altri c. Google e altri, case No.20CV04011LHK, rigetta varie domande contrattuali di utenti contro Youtube, basate su pretese discrminazioni razziali.

Gli attori, gerenti canali su Youtube , ritengono di essere stati discriminati in vari modi: filtraggi ingiustificati, solo per la loro provenienza razziale, nella Restricted Mode; riduzione o impedimento delle chance di monetizzazine, non venendo agganciati ad advertisment; shadow banning e altre pratiche, ad es. qualificando i video come soggetti a Restricted Mode ( dettagli a p. 2-4).

La domanda di violazione ex sec- 1981 del 42 US CODE (Equal rights under the law: normativa antidiscriminatoria) è rigettata per assenza di prova dellelemenot intenzionaleò, p. 9 ss.

Ma qui interessa spt. il punto del Primo Ementamento, p. 15 ss: la condotta di Y,. non è state action nè tale diventa per la protezione di legge offerta dal safe harbour ex § 230 CDA (tesi alquanto astrusa, invero).

(notizia e link alla sentenza tratta dal blog di Eric Goldman)

Rimozione di pubblicità (già concordata) da giornale e state action doctrine: la rimozione è legittima, mancando state action

La pubblicità politica su giornale di provincia, a seguito di contratto,  può essere rimossa qualora ci si accorga che viola la policy del gioranle stesso, senza che ciò violi il Prmo Emendamento.

Infatti il giornale non è Stato nè suo organo nè public forum.

Nel caso specifico un soggetto aveva concordato una pubblicità politica sul giornale The Astorian (dell’omonima piccola città dell’Oregon-USA) per due candidati a successive elezioni locali. La pubblicità venne  poi rimossa perchè il soggetto, pur avendo inizialmente accettato  di far inserire la precisazione che si trattava di <paid advetisment>, non aveva invece accettato la sucessiva richiesta di inserire anche il proprio nome e indirizzo o telefono (informazione richeista ddall’advertisment policy del giornale).

Si tratta di U.S. D.C. dell’Oregon, 8 marzo 2021, Case No. 3:20-cv-01865-SB, Plotkin c. “The Astorian” ed altri.

In Discussion-I.A, il giudice ricorda i principi generali sulla free speech clause del 1° Emendamento.

Poi in particolare così ragiona <<Defendants argue that The Astorian acted as a private entity—not a state actor—when it removed Plotkin’s advertisement from its publication, and therefore Plotkin’s allegations fail to meet the threshold required to prove that Defendants’ actions violated the First Amendment.

The Court agrees. 

Like the public access television channel in Halleck, here a newspaper does not perform a traditional or exclusive government function. See Halleck, 139 S. Ct. at 1929 (“The relevant function in this case is operation of public access channels on a cable system. That function has not traditionally and exclusively been performed by government.”); see also Brunette v. Humane Soc’y of Ventura Cnty., 294 F.3d 1205, 1214 (9th Cir. 2002) (holding that a newspaper “was not liable as a state actor” under any of the plaintiff’s state action theories); Byers v. The Reg. Guard, No. CV 04-438-HU, 2004 WL 1615220, at *1 (D. Or. July 19, 2004) (dismissing civil rights claims against the Eugene Register Guard in light of “the absence of an allegation that the defendant acted under color of state law”).

On the contrary, a press free and independent from the government is a basic tenet of our democracy. See Miami Herald Publ’g Co. v. Tornillo, 418 U.S. 241, 248-56 (discussing the history  of the press and how the separation between the government and the press is necessary to allow for “the free expression of views”).

Thus, Defendants are not state actors and Plotkin’s constitutional claims have no merit. >>

Nemmeno funziona la difesa del public forum.

<Plotkin attempts to salvage his claims by arguing that the dispositive issue here is not whether The Astorian is a state actor, but whether The Astorian’s creation of a public forum prevents it from limiting Plotkin’s speech under the First Amendment. (Pl.’s Resp. at 2-3; Pl.’s *6 Surreply at 2.)

The Supreme Court has rejected that argument, holding that when a private entity “provides a forum for speech, the private entity is not ordinarily constrained by the First Amendment because the private entity is not a state actor.” Halleck, 139 S. Ct. at 1930 (rejecting the same argument Plotkin raises here, because “[t]hat analysis mistakenly ignores the threshold state-action question”); see also Prager Univ., 951 F.3d at 997 (“YouTube may be a paradigmatic public square on the Internet, but it is ‘not transformed’ into a state actor solely by ‘provid[ing] a forum for speech'” (quoting Halleck, 139 S. Ct. at 1930, 1934)); Belknap v. Alphabet, Inc., — F. Supp. 3d —, 2020 WL 7049088, at *3 (D. Or. 2020) (“The Ninth Circuit, moreover, has explained that private entities who provide the public a forum for speech, including YouTube and Google, are not analogous to private entities who perform all the necessary municipal functions.”) (simplified). 

As a private entity, The Astorian is free to create a public forum subject to its own editorial discretion without running afoul of the First Amendment. See Halleck, 139 S. Ct. at 1930 (“The private entity may thus exercise editorial discretion over the speech and speakers in the forum.”); cf. Tornillo, 418 U.S. at 258 (holding that a privately-owned newspaper “is more than a passive receptacle or conduit for news, comment, and advertising” and “[t]he choice of material to go into a newspaper . . . constitute[s] the exercise of editorial control and judgment.”). Accordingly, Defendants did not violate Plotkin’s First Amendment 7 rights.>>

Pco sopra la corte aveva ricordato che <<A private entity may be a state actor when “the private entity performs a traditional, exclusive public function[.]” Id. (citation omitted). “It is ‘not enough’ that the relevant function is something that a government has ‘exercised . . . in the past, or still does’ or ‘that the function serves the public good or the public interest in some way.'” Prager Univ., 951 F.3d at 997 (quoting Halleck, 139 S. Ct. at 1928-29).>> e che però <<The Supreme Court “has stressed that ‘very few’ functions fall into that category.” Halleck, 139 S. Ct. at 1929 (citing the examples of running elections or operating a company town) (citations omitted). Further, “[t]he Court has ruled that a variety of functions do not fall into that category, including, for example: running sports associations and leagues, administering insurance payments, operating nursing homes, providing special education, representing indigent criminal defendants, resolving private disputes, and supplying electricity.” Id. (citations omitted). *5 Further, “merely hosting speech by others is not a traditional, exclusive public function and does not alone transform private entities into state actors subject to First Amendment constraints.” Halleck, 139 S. Ct. at 1930.>>.

(notizia e link alla sentenza dal blog di Eric Goldman)

Al social network non si applica la state action doctrine: altra decisione in tale senso

In Perez c. Linkedin,  la US DC Norther district of California, san Josè Division, 05.02.2021, caso n°  5:20-cv-07238-EJD,  affronta la ormai vechia questione del se esista un diritto dell’utente a non essere “zittito” da un social network (Linkedin, ne,l caso, che prima cancellò dei post e poi sospese l’account).

La risposta è negativa: il primo emendamento si applica solo a casi di <<state action>> e un social è un ente privato.

<< Tthe First Amendment provides that “Congress shall make no law . . . abridging the freedom of Speech. U.S. Const. amend. I. A fundamental precept of the First Amendment establishes “that the Free Speech Clause prohibits only governmental abridgment of speech.” Manhattan Cmty. Access Corp. v. Halleck, 139 S. Ct. 1921, 1928 (2019). The First Amendment does not prohibit a private entity’s abridgment of speech. Denver Area Educ. Telecommunications Consortium, Inc. v. F.C.C., 518 U.S. 727, 737 (1996). This separation of  constitutional enforcement between state actors and private individuals actually “protects a robust sphere of individual liberty.” Manhattan Cmty. Access Corp., 139 S. Ct. at 1928. Courts across the country have found social media companies are private, not state actors. See Young v. Facebook, Inc., No. 5:10-CV-03579-JF/PVT, 2010 WL 4169304, at *3 (N.D. Cal. Oct. 25, 2010); Shulman v. Facebook.com, No. CV 17-764 (JMV), 2017 WL 5129885, at *4 (D.N.J. Nov. 6, 2017).

Here, Perez has not put forth any facts or caselaw to suggest LinkedIn is a state actor subject to the First Amendment >>, p. 6.

La dottrina è divisa, invece: v. il mio <<La responsabilità civile degli internet service provider per i materiali caricati dagli utenti (con qualche considerazione sul ruolo di gatekeepers della comunicazione)>>,  alle note 379-380.

Strano che i giudici statunitensi non ragionino per analogia: come un tempo i pericoli alla libertà potevano provenire dallo Stato, oggi possono provenire (anche) da enti privati dotati di enormi dimensioni e poteri. In effetti impera (o imperava) la dottrina dell’originalism, per cui conta soprattutto l’intento del legislatore storico, portata avanto soprattuitto da Robert Bork (sulla cui figura v. ora Vinceti S.R., L’originalista: l’interpretazione costituzionale nel pensiero e nella vita di Robert Bork, Dirit. pubbl. comp. eur. online, 2020/4 .

(notizia e link alla sentenza dal blog di Eric Goldman)

Discriminazione su YouTube e Primo Emendamento

La Corte Distrettuale californiana-divisione San Jose, 06.01.2021, nel caso n. 19-cv-04749-VKD, Divino Group e altri contro Google, esamina il caso del se un’asserita discriminazione tramite la piattaforma YouTube possa essere tutelata con ricorso al Primo Emendamento

Gli attori, esponenti della comunità LGBTQ+, si ritenevano discriminati dalla piattaforma di condivisione YouTube in due modalità: i) non gli era permessa la monetizzazione  dei video caricati, che invece è normalmente ammessa da YouTube per i video di maggior successo come introito dalla relativa pubblicità; ii) erano immotivatamente stati qualificati video in <Restricted Mode> (vedi sub pagina 4/5 e pagina 2/3 sulle modalità di funzionamento di queste caratteristiche YouTube)

Gli attori dunque lamentavano la violazione del diritto di parola secondo il Primo Emendamento in relazione al § 1983 del Chapter 42 Us Code, che così recita <<every person who, under color of any statute, ordinance, regulation, custom, or usage, of any State or Territory or the District of Columbia, subjects, or causes to be subjected, any citizen of the United States or other person within the jurisdiction thereof to the deprivation of any rights, privileges, or immunities secured by the Constitution and laws, shall be liable to the party injured in an action at law, suit in equity, or other proper proceeding for redress, except that in any action brought against a judicial officer for an act or omission taken in such officer’s judicial capacity, injunctive relief shall not be granted unless a declaratory decree was violated or declaratory relief was unavailable. For the purposes of this section, any Act of Congress applicable exclusively to the District of Columbia shall be considered to be a statute of the District of Columbia>>

Le ragioni dell’invocazione del Primo Emendamento erano due.

Per la prima, YouTube costituisce uno state actor , quindi sottoposto ai vincoli del primo emendamento . Cio anche perché è la stessa Google/YouTube a dichiararsi Public forum for free Expression (p. 7).

Per la seconda ragione, Google , per il fatto di invocare <<the protections of a federal statute—Section 230 of the CDA—to unlawfully discriminate against plaintiffs and/ortheir content, defendants’ private conduct, becomes state action “endorsed” by the federal government>>, p. 8

Circa il primo punto,  qui il più interessante, la Corte risponde che la domanda è espressamente  ostacolata dal campo di applicazione del Primo Emendamento, così come delineato dalla nota sentenza Praeger University versus Google del 2020: le piattaforme non svolgono le tradizionali funzioni governative, pagina 8/9.

La seconda ragione non è molto chiara.   Sembra di capire che, per il solo fatto che la legge (§ 230 CDA) permetta la censura e quindi la selezione dei post, l’avvalersi di tale norma costituisce esercizio di pubblici poteri, sicchè tornerebbe l’applicabilità del primo emendamento.

La Corte però rigetta anche questa ragione (agina 9/11): <<plaintiffs nevertheless argue that government action exists whereCongress permits selective censorship of particular speech by a private entity>>, p. 11.  Il caso Denver Area del 1996, invocato dagli attori, è molto lontano dalla fattispecie sub iudice, ove manca  un incarico di svolgere pubbliche funzioni (pagina 11).

A parte altre causae petendi (ad es. false association e false advertising ex Lanham Act, sub 2, p. 12), gli attori avevano anche chiesto la dichiarazione di incostituzionalità del §   230 CDA. Anche qui, però,  la corte rigetta, seppur  per ragioni processuali , p .17-18

(sentenza e link tratti dal blog di Eric Goldman, che ora aggiorna su nuova decisione con post 14 luglio 2023).